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Autore: Yssis    01/10/2014    2 recensioni
1/10/14. Per il trio che ha fatto la storia di questo anime, una shot ambientata in un tempo lontano, al tempo della magia e degli incanti.
Ispirata ai racconti de “Le mille e una notte”, troviamo Endou e Gouenij come due giovani mercanti che faranno un’interessante scoperta sotto le sabbie del deserto…
[I due stavano per incamminarsi lungo una spaccatura della roccia che pareva inclinata leggermente verso l’alto quando una voce potente e scura sembrò scaturire dalla pietra umida di quel luogo.
-Ah è così? Non solo piombate qui all’improvviso, ma avete pure il coraggio di invocarmi e poi ve ne andate senza dire una parola? Portandovi dietro il mio anello? Ma io non credo proprio, miei signori! Abbiate almeno la decenza di presentarvi!-
Mamoru si immobilizzò, Gouenji attraverso la tasca avvertì l’anello bruciare.
-T-Tu chi sei?- ]
5° classificata al contest “AU contest – Wherever you are” indetto da Emmastarr sul forum di EFP
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel/Shuuya, Jude/Yuuto, Mark/Mamoru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '~ Universi paralleli ~'
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Autore: Yssis
Fandom: Inazuma Eleven
Titolo: Echi d’infinito
Rating: Verde
Personaggi: Endou Mamoru, Gouenji Shuuya, Kidou Yuuto
Pairing: friendship!EnGou, accenni alla GouKido

AU scelto: AU! Fantasy #Le mille e una notte
Genere: Fantasy, Avventura, Sentimentale
Avvertimenti:
AU

NdA: *vedi in fondo*

Echi d’infinito

 

La notte era buia, gli astri lucenti di solito ben visibili erano coperti da strane nubi scure.
Masse d’aria spesse ed afose spingevano i due giovani mercanti lungo la sabbia nera e fredda del deserto ricoperto dal manto della notte buia.
Il caldo soffocante ed estenuante che fino a poche ore prima li aveva sfiniti, ora sembrava non essere mai esistito, tanto l’oscurità notturna ghermiva con le sue dita scarne e gelide i corpi che, seppur esausti, procedevano stretti nei loro mantelli.
La sabbia, dorata sotto la luce del sole, ora assumeva il colore e la consistenza della cenere: era scura, polverosa ma densa, si infilava fra le dita ed ostruiva i passi delle figure immerse in quell’oscurità terribile.
Il giovane in testa, che pareva il più grande, piegò il capo sotto una raffica di vento più forte e senza smettere di camminare gridò al compagno dietro: -Tieni duro! Forse ci siamo!-
-Tu dici? – la voce, soffocata dalla sabbia che il vento sollevava impetuoso, da dietro giunse: -Riesci ad orientarti?-
-In qualche modo sì…- ma questa volta il tono sembrò più traballante, insicuro – Con qualche punto di riferimento sarebbe più facile…!-
Il vento con la sua forza trascinò via quest’ultime parole senza che il più piccolo potesse sentirle.
Proseguirono ancora a lungo, la notte sembrava non avere mai fine, il deserto anche.
Era una marcia stanca la loro, sembrava che da un momento all’altro avessero intenzione di cambiare direzione per tornare da dove erano venuti: invece continuavano a proseguire.
Erano stati indirizzati dall’uomo per cui lavoravano, un noto mercante nella loro città, nel luogo in cui si stavano dirigendo.
Era stato detto loro che avrebbero trovato un immenso tesoro che avrebbero dovuto portare in città, e lui a quel punto li avrebbe ricompensati.
Erano dei poveri diavoli, i due ragazzini che ora avanzavano nel deserto nero, e non avevano altro da perdere: così si erano incamminati, ma ora la spossatezza cominciava a farsi sentire.
Il più giovane dei due arrestò improvvisamente il passo: sentiva di essersi impigliato a qualcosa.
Chiamò a gran voce il compagno, ma il vento copriva le sue parole. Cominciò a dimenarsi, scalciare, ma il piede non si smuoveva.
Il terrore lo colse, non sentiva altro che il vento intorno a lui e temeva di rimanere bloccato lì.
Chiamò di nuovo, questa volta più forte, e subito sentì una mano stringergli saldamente il braccio destro: -Idiota! Mi vuoi far prendere un colpo?! Si può sapere perché ti fermi?-
-Gouenji! – esclamò il ragazzo stringendosi saldamente alla presa del compagno: - Non riesco più a uscire, penso di essermi incastrato! -
-Aah, maledizione! Ci mancava solo questa!- Gouenji abbassò lo sguardo, cercando di individuare il punto in cui il piede del compagno poteva essersi incastrato, ma in quella densa oscurità poté solo provare ad indovinare. Prese forza e conficcò la mano dentro la sabbia nera, ma subito si pentì della sua mossa: sentì il terreno sotto più umido e stranamente caldo.
-Mamoru! Rimani calmo e non ti muovere. Queste sono le sabbie che si muovono e ti tirano giù!- (*)
-Gouenji…! – continuava a chiamare il più giovane, sentendosi andare a fondo. – Gouenji…!-
-Sono qui, Mamoru, sono qui. Ho detto di non agitarti! Non abbiamo niente a cui aggrapparci?-
-E come? E’ tutto buio qui, non si vede niente!-
-Lo so!- ormai il braccio di Gouenji era quasi completamente immerso, il giovane si reggeva in equilibrio solo grazie alla stretta ancora ferrea sul braccio del compagno, ma anche Mamoru affondava velocemente.
- Gouenji. – chiamò ad un certo punto il più piccolo, sentendo che l’altro stava allentando la presa su di sé mentre cadeva – Non lasciarmi.-
-Ma se ti mollo tu puoi far leva e tirarti fuori da qui! Io ti peso addosso come una zavorra!-
-Non ha importanza! Siamo partiti insieme e, se necessario, cadremo assieme. Non lasciare la mia mano.-
-D’accordo… Grazie Mamoru-kun.-
Nell’oscurità più nera, un sorriso sbocciò spontaneo sul viso del giovane, come un bellissimo fiore in un campo di fango.
Gouenji lo vide chiaramente, anche se il suo viso almeno in parte era già affondato. “Per sorrisi così vale la pena di vivere.” Pensò mentre chiudeva gli occhi.
Fu come affogare al contrario.
Invece di essere sommersi dall’acqua, in breve tempo i due corpi vennero completamente inglobati dalla sabbia nera.
Sentivano un formicolio terribile dappertutto, ed alle orecchie arrivavano suoni lontani… Echi confusi dalle profondità del suolo… Sembravano farsi infiniti.
Un rimescolamento continuo di luci ed ombre, suoni e silenzi.
Sembrava di nascere. Sembrava di morire.
Ad occhi chiusi, i due giovani videro un bagliore strano, come una polvere luminosa.
Poi un gran botto, e il buio.

Si ridestarono su un terreno fangoso e denso, ma non avrebbero saputo dire quanto erano rimasti stesi lì, privi di sensi.
Gouenji tirò immediatamente su il capo, cercando il compagno.
Endou era disteso a pochi metri da lui, i capelli castani erano scivolati fuori dal cappuccio del mantello e gli coprivano in parte il volto. Gli si avvicinò, cercando di fare meno rumore possibile, e constatò con un sospiro di sollievo che sembrava non aver riportato ferite gravi. Anche lui nonostante il mal di testa non avvertiva fastidi: questa era una buona cosa.
Si guardò attorno: l’ambiente in cui erano caduti assomigliava molto ad una spelonca buia ed umida, nonostante tutto c’erano alcune aperture che facevano trapelare fasci di luce.
“Questo vuol dire che è sorto il sole” dedusse il giovane alzandosi in piedi, quando sentì un rumore sordo, come il tonfo di qualcosa di piccolo che cade in una pozza di fango fluido.
Si voltò e guardò in basso spaventato: immerso nell’acqua torbida e limacciosa stava un anello lucente.
Incuriosito, Gouenji allungò un braccio per prenderlo ed osservarlo meglio: incastonata nella chiusura dell’anello c’era una piccola rosa, i suoi petali sembravano emettere luce. (**)
Il giovane stava per metterlo al dito, quando dei rumori attirarono la sua attenzione: Mamoru si stava svegliando.
Buttò, neanche tanto candidamente, l’anello in tasca e piano chiamò: -Endou? Endou sei tutto intero?-
-Shuuya?- il castano si strofinò un occhio, mettendosi seduto – Dove siamo?-
-Penso sotto la sabbia. Qua il terreno è più denso quindi penso che reggerà, non temere. sorrise, porgendo una mano al compagno per mettersi in piedi.
-Stai bene?- chiese Mamoru una volta in equilibrio.
-A me gira un po’ la testa, ma penso che non sia niente di grave.-
-Almeno non c’è più quel vento terribile.- il biondo scrollò le spalle a quelle parole, ma non disse nulla.
Endou raccolse il suo mantello da terra e si guardò attorno, esclamando: -Però da qui entra della luce! Vuol dire che non siamo poi così sotto! Magari da qualche parte c’è un’uscita.-
-Allora propongo di metterci a cercare, coraggio.-
I due stavano per incamminarsi lungo una spaccatura della roccia, che pareva inclinata leggermente verso l’alto, quando una voce potente e scura sembrò scaturire dalla pietra umida di quel luogo.
-Ah è così? Non solo piombate qui all’improvviso, ma avete pure il coraggio di invocarmi e poi ve ne andate senza dire una parola? Portandovi dietro il mio anello? Ma io non credo proprio miei signori! Abbiate almeno la decenza di presentarvi!-
Mamoru si immobilizzò, Gouenji attraverso la tasca avvertì l’anello bruciare.
-T-Tu chi sei?-
-Io chi sono?! Io chi sono?! La domanda giusta è chi siete voi!-
(***) All’improvviso i due giovani mercanti si trovarono immersi in una polvere luminosa e bianca: da essa emerse un essere gigante, mai si sarebbero immaginati qualcosa di così enorme!
Nonostante sembrasse evanescente, fatto della stessa polvere da cui era apparso, le sue sembianze erano umane, aveva un corpo massiccio e possente, grandi ali simili a quelle dei pipistrelli raccolte dietro la schiena, un volto orribile coronato di perle, diademi attaccati alle orecchie pelose e coperte parzialmente dai lunghi capelli bruni. Intorno agli occhi rosso sangue e sui riccioli della barba quasi nera stavano gioielli che brillavano nel buio dell’ambiente.

-Oh grande Allah…! Tu sei un Genio…! – mormorò Shuuya alla vista di quell’essere spaventoso, negli occhi un indicibile terrore.
L’imponente spirito gli si avvicinò, ficcando i suoi occhi cremisi dentro quelli neri e tremanti del ragazzo: Gouenji pensò di svenire, invece in qualche modo riuscì a rimanere cosciente di sé.
Il cipiglio seccato ed indagatore della creatura non aiutava affatto, ma in quel momento Mamoru distrasse l’attenzione di entrambi.
-Sei un Genio?! Uno vero?-
-No, uno falso. Certo che sono vero!-
-Scusa scusa, che caratterino…!- Endou alzò le braccia in alto, chinando appena il capo in segno di scuse.
Shuuya gli si avvicinò e parlò all’orecchio:- Ci credo che è rimasto per millenni confinato sotto la sabbia del deserto, con il carattere che ha non lo poteva sopportare nessuno…!-
-Guarda che ti sento, padrone…- Il Genio incrociò le braccia al petto apparendo all’improvviso alle spalle dei due, che fecero un salto dallo spavento.
Endou rideva, ma la sua era una risata nervosa. Shuuya invece aveva un’espressione perplessa e chiese stizzito, senza togliere lo sguardo dal gigante dagli occhi rosso fuoco: -Dici a me?-
-Sì a te, sottospecie di umano con i capelli bianchi e la faccia di chi si crede abbastanza importante da poter parlare come vuole con chiunque! Bada, sei entrato in possesso del mio anello e per questo ti servirò fino a quando tu lo desidererai, ma non mi piaci neanche un po’! Che sia chiaro fin da subito, padrone…-
-Tu non sei a posto. I-Io sarei il tuo padrone solo perché questo – tirò fuori l’anello dalla tasca, il Genio ebbe un fremito – si è incastrato nel mio mantello?
-Tu l’hai preso in mano poi. Se non ti interessava avresti potuto lasciarlo dov’era.- ribatté il Genio con tono di chi ha ripetuto per l’ennesima volta la stessa cosa.
-Non ti vado molto a genio, neh Genio?-
-Ti consiglio caldamente di evitare battute simili perché, davvero, non fanno ridere nessuno.-
Il battibecco fra i due venne interrotto dalle risa di Endou, che tenendosi la pancia aveva gli occhi lucidi dal ridere.
-Ehm… Già.-
-Come si chiama?-
-Chi?-
-Questo sasso! Oh padrone, sei davvero pesante! Parlo del tuo compagno, quello con la ridarella.-
-Si chiama Endou, e vedi di non rivolgerti a lui in malo modo perché è mio amico.-
Le risate facevano tremare la grotta, sembrava che da un momento all’altro l’intero deserto di sabbia potesse cadere sulle teste dei tre.
- … Posso almeno darci un coccio in testa?-
-Scordatelo.-
-Allora, padrone, visto che mi impossibiliti qualsiasi contatto con quell’essere, almeno fallo tacere tu! Altrimenti lo fulmino.-
-Guai a te. Tieni a bada i tuoi superpoteri per portarci fuori di qui.-
Il Genio tacque improvvisamente, e mentre Gouenji dava qualche percossa a Mamoru per evitare che soffocasse dal ridere, si ritirò in una buia spaccatura nella roccia.
Quando i due si voltarono, finalmente pronti e relativamente calmi, del Genio non c’era più traccia.
-Dove si sarà cacciato ora?-
-Ma dico io, ci fa prendere un colpo apparendo così all’improvviso, e poi se ne va, zitto zitto, senza neanche avvisare? Che razza di maleducato…-
-Così mi offendi, padrone…-
-GENIO!-
Il colosso evanescente comparve da una zona d’ombra poco distante, le mani dietro la schiena e molte ciocche castane sugli occhi e sulle orecchie.
-Che ti sei fatto ai capelli?- chiese il ragazzo biondo facendo un passo in direzione del Genio.
-Non penso ti riguardi.- rispose seccato, per poi rivolgersi al castano – Ti senti meglio, Endou?-
-Sì, grazie. Non so, penso di essermi spaventato prima, poi mi è venuto da ridere perché…-
-Sì sì sì, non mi interessa. Grazie tante.-
-Scusa, era per dire…-
-Padrone, sbaglio o prima mi hai detto di voler uscire?-
-Non sbagli, intendiamo uscire da qui il prima possibile.- disse Shuuya con tono perentorio.
-Quindi siete caduti per sbaglio qua dentro? Non cercavate nessun tesoro?- domandò lo spirito scintillante di perle. Per un attimo anche i suoi occhi brillarono.
-Tesoro? Quel tesoro?- esclamarono all’unisono i due.
-Ci sono un sacco di tesori nel mondo, miei signori. Non posso sapere a quale vi riferite voi.-
Il Genio fece un gesto scocciato del capo, soffiando in su per scostarsi una ciocca di capelli che gli faceva pizzicare gli occhi.
Gouenji chiuse gli occhi, prese un bel respiro profondo e parlò: -Fattelo dire Genio, hai proprio un caratteraccio. -
-E me ne vanto.-
-Fammi finire!-
-Uff…-
-Ma, anche se sei insopportabile…-
-Ora non esagerare…-
-… Anche se sei molto difficile da sopportare, dobbiamo portarti con noi. Guidaci al tesoro, e in fretta!-
-E ti pareva… Seguitemi allora.-

Il Genio giudò i due ragazzi attraverso una serie di cunicoli che scendevano sempre più in profondità. La temperatura crollava spaventosamente, ma più si calavano più cominciavano ad avvertire la presenza di un tesoro. Le pareti, umide e sgretolabili al tatto, erano crepate in molti punti e in queste spaccature si potevano ammirare bellissime gemme preziose; brillavano tanto da illuminare l’ambiente altrimenti buio.
Gouenji e Mamoru si guardavano intorno estasiati e raccoglievano più pietre preziose possibili, infilandole nei loro indumenti e fasciandole dentro i mantelli.
Il Genio proseguiva in silenzio, borbottando a volte parole confuse a cui nessuno prestava particolare attenzione.
Arrivarono poi ad una depressione del terreno, una bacinella sotterranea luccicante di gioielli e gemme.
Sembrava un incanto, una magia.
-E’ mai possibile che esista davvero qualcosa di simile? – esclamò il ragazzo biondo davanti a tutto quello splendore, più a se stesso che ad altri… Ma il Genio si sentì ugualmente in dovere di intervenire a proposito.
-Sai come funziona… Uno non ci crede finché non lo vede con i propri occhi. Ma ora è tutto davanti a te, padrone, puoi pure avvicinarti che non mordono. Anche se a molti il denaro fa uno strano effetto… Bah, in fondo la mente umana è così duttile. – concluse sconsolato il suo quasi monologo, mentre osservava con aria compatita i due giovani che si erano buttati a capofitto nel tesoro.
Quando Mamoru e il compagno presero a lanciarsi addosso gioielli e pietre preziose però, dovette fermarli prima che si ferissero seriamente.
-Signori! Signori, vi prego… Mantenete un po’ di contegno!-
Un monile d’oro impreziosito con dei rubini gli attraversò di netto il viso e si schiantò contro il muro poco distante.
-… Ottima mira, padrone. Purtroppo per te questo non è affatto il modo per liberarti di me, le cose materiali non mi impensieriscono né possono ferirmi. Ora, invece che giocare con due bambini, potete innanzitutto dirmi come avete intenzione di portare tutto questo tesoro alla vostra città, se è da lì che provenite…?-
Il Genio corrugò le sopracciglia ornate di perle, grattandosi nervosamente l’orecchio: neanche si erano girati nella sua direzione, quei bifolchi umani.
Continuavano ad esultare e ridere in tutto quello scintillio… Sembravano non essere più in loro. (****)
“Lo sapevo che finiva così… Non avrei dovuto portarli così in là, non sono in grado di reggere. Aah, quanta fatica per due inutili ragazzini…” detto questo schioccò le dita e l’umida caverna con tutto il suo luccichio scomparve. Sopra di loro, il cielo era un bellissimo manto cobalto punteggiato di stelle che copriva il mondo addormentato.
Volavano attraverso la notte su un tappeto cucito con fili dorati e splendidi colori che assumevano le tonalità del cielo. Il Genio volteggiava appena sopra le teste dei due ragazzi addormentati sopra il magico tappeto.
“Dormite, ora. Il viaggio è ancora lungo…”
Alzò lo sguardo verso il celeste: era da tanto, tanto tempo che non usciva più da quella grotta.
Chiudendo gli occhi, riusciva a sentire il respiro del mondo addormentato, quel lento cullare di sogni e profumi notturni in cui da sempre si rifugiava.
Erano echi che si ripetevano ogni notte fin dall’inizio dei tempi, così lontani eppure comuni al suo orecchio sovrannaturale… Echi d’infinito che lo consolavano ogni volta che ne aveva bisogno.

Quella volta fu Gouenji a svegliarsi per ultimo. Stropicciò i suoi occhi scuri e affilati con una mano, tirandosi a sedere. Non riusciva a ricordare precisamente quando si era addormentato… Appena mise meglio a fuoco l’ambiente intorno a sé vide tanto azzurro e un Mamoru particolarmente pallido.
-Endou-kun, ti senti bene?-chiese allora, temendo per la salute del compagno.
Quello fece spallucce, poi si avvicinò al più grande e gli cinse le spalle con un braccio: -Amico mio, non vorrei agitarti ma ti consiglio di non guardare giù…-
Come c’era da aspettarsi, la curiosità fu troppa da sopportare anche per un tipo calmo e riflessivo come Gouenji: così il ragazzo biondo si sporse appena da quello che sembrava essere… Un tappeto?
Sotto di loro la piana desertica ed arroventata dal sole scorreva veloce: nonostante fosse pieno giorno sentivano appena deboli raggi sulla pelle, un insolito vento li trasportava.
Shuuya si passò una mano sulla fronte improvvisamente umida di sudore, cercando di respirare regolarmente: si rimise seduto e vide Endou ridacchiare.
-Ti sei preso un bello spavento eh? Te l’avevo detto io di non guardare giù!-
-Ed il Genio? E’ stato lui a metterci qua sopra?-
-Può darsi…- I ciuffi castani e spettinati di Mamoru erano sollevati dal vento mentre parlava – Non si è più fatto sentire.-
-Forse è perché devo strofinare l’anello…- Gouenji a quel punto mostrò al compagno l’anello a forma di rosa che si era messo al dito.
-Ah! Allora è da quello che è uscito!-
-A quanto pare… Ora lo strofino, vediamo che succede…- il ragazzo cautamente ci passò un dito sopra e subito dalla nuvoletta di polvere argentea comparve l’enorme spirito, anche se era meno visibile sotto la luce prepotente del giorno.
-Eeeh, chissà che succede se strofini l’anello…! Niente di che, disturberai solo. E’ una passione la tua, padrone. Riesci a invocarmi nei momenti più incredibili…-
-Perché, che stavi facendo di così importante e strabiliante?- chiese malizioso il giovane.
-Nulla che ti riguardi! – per la prima volta il Genio si mostrò in difficoltà, e sotto tutti quei capelli e quelle gemme che adornavano il suo viso i due ragazzi intravidero del rossore. Ma forse era solo l’alta temperatura…
-Genio!- esordì a quel punto Mamoru, sorridendo – Sei stato tu a farci uscire ieri notte?-
-Sì- chinò lo sguardo, il colosso dagli occhi rosso sangue – Sono stato io. Non eravate in condizione di uscire con le vostre gambe, allora ho preferito farvi respirare l’aria della sera. E’ la migliore per riprendere conoscenza… Vi sentite meglio?-
-Aaaw, sentilo come fa il mammone…!-
-Pa-padrone! Ma cosa dici mai?! I-Io mi preoccupo per te e così mi ripaghi?!-
- Io non ti devo niente, sei tu che mi devi servire.-
-Certo.-
-E allora?-
-Allora cosa?!- sbottò il Genio: lo stavano mettendo in difficoltà, inoltre il sole lo infastidiva parecchio.
-Dov’è il tesoro?-
-Quale tesoro?-
-Quello nella grotta!-
-Ah sì. Beh, molti gemme ve le siete portate appresso, il resto è rimasto laggiù.- Incrociò poi le braccia al petto, con aria noncurante.
-Come sarebbe a dire “è rimasto laggiù”?! Noi dobbiamo portarlo in città!- sbraitò invece il biondo, allungando le mani verso lo spirito evanescente. Lo attraversò nettamente, rischiando di cadere dall’altra parte del tappeto. Per fortuna il Genio allungò una mano e lo afferrò prima che precipitasse nel vuoto, ma si prese la sua piccola vendetta facendolo penzolare per un po’, mentre Endou rideva di quel buffo siparietto.
-Va bene, d’accordo! Hai vinto! Ora rimettimi seduto!-
-Io vinco sempre padrone, ricordatelo.- disse il Genio con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
Gouenji non riuscì più a ribattere, tanto era senza fiato.
Endou srotolava dai mantelli le gemme preziose, pesandone il valore. Poi tutto sorridente si rivolse al Genio. – Perché sei così pallido? Non ti senti bene?-
Da sotto le spesse ciocche brune, gli occhi di questo si allargarono di stupore: -Ehm… Sì, in effetti il sole mi infastidisce molto, ma non posso cambiare forma se il mio padrone non lo desidera.- concluse, lanciando un’occhiata malevola al biondo che gli dava le spalle.
-Desidero solo che tu stia zitto e fermo per un po’, ora.-
-Eddai, Gouenji-kun!- il moro si avvicinò al compagno, dandogli una pacca sulla spalla – Tra un po’ non si potrà neanche più vedere, da quanto il sole batte forte! Non ha un corpo come noi, rischia di evaporare…-
-Non evapora da nessuna parte, sta tranquillo.-
-Oh, suvvia…!-
-E va bene! Basta che la smettete di frignare, fra tutti e due! Coraggio, prendi una forma che ti faccia riposare, Genio.-
Con un sorriso di gratitudine e un pizzico di vergogna negli occhi per aver ottenuto il permesso di assumere un nuovo corpo dal proprio padrone in una maniera così infantile, il Genio si fece avvolgere dalla nebbia di pulviscolo biancastro che componeva la sua figura, e dopo pochi attimi stava seduto in mezzo ai due giovani un terzo ragazzo, dagli occhi cremisi e i capelli bruni. Era coperto da una tunica semplice ma con alcuni decori dorati sulle cuciture; al polso portava fasce dure e brillanti color rubino che davano colore a quelle braccia pallide e magre. Il viso sembrava giovane e delicato alla vista, il mento appuntito e le labbra sottili e rosate.
-WOW!- esclamò Endou, battendo il cinque al ragazzino. – Sei davvero tu, Genio?-
-Sì, ho assunto un aspetto simile al vostro per passare più inosservato in città.-
Shuuya, pur essendo ancora arrabbiato con lui, non poté resistere ad una trasformazione simile da parte di quell’essere mostruoso che era apparso loro nella grotta.
Ora sembrava molto più… vulnerabile. Gli prese i polsi, stringendo sui bracciali rossi e splendenti.
-Con questi non passerai di certo inosservato, puoi starne certo. Toglili, è più sicuro.-
Il ragazzino scosse il capo con un sorrisetto strano sulle labbra. Ora Gouenji poteva guardargli meglio gli occhi e ci scorse malinconia fredda, quasi ironica.
-Non posso, padrone. Questi, così come prima tutti i gioielli che impreziosivano il mio viso, sono il segno della mia schiavitù. Non posso liberarmene, se non sarai tu a desiderarlo espressamente.-
il biondo distolse subito lo sguardo, gli occhi così puliti eppure cupi del ragazzino che gli stava davanti gli mettevano soggezione. –Oh!- lasciò la presa sulle mani dell’altro, soffermandosi un attimo sulle dita così morbide come non ne aveva mai sentite. – Vedremo…-
-Ehi senti! – Endou, che li aveva lasciati parlare in silenzio, prese di nuovo posto vedendo il compagno in difficoltà. Il Genio spostò allora lo sguardo, continuando a sorridere delicatamente.
“Forse….” pensò Gouenji mentre lo guardava di sottecchi “Anche lui adesso è più in soggezione rispetto a prima…”
-Non puoi continuare a chiamarlo “padrone” però, quando saremo in città. Sarebbe… Un po’ strano, ecco. Soprattutto perché abbiamo la stessa età.-
-Se volete posso diventare anche più piccolo…- propose allora a bassa voce.
-No no! – esclamò Shuuya subito, forse con troppa forza nella voce – Va bene così, assolutamente!-
-Okay!- sorrise allora Endou conciliante, di nuovo il ragazzo dagli occhi carmini voltò lo sguardo.
Shuuya sentiva uno strano vuoto dentro quando il Genio distoglieva l’attenzione da lui. Non l’aveva provata prima come sensazione, invece ora…
-Allora chiamiamoci semplicemente con i nostri nomi! Io sono Endou, lui invece è Gouenji!-
Il Genio alzò la mano in segno di saluto, poi si rese conto che era la cosa più sciocca che potesse fare ed arrossì di nuovo.
Questa volta era molto più visibile, ma Shuuya invece di arrabbiarsi o spaventarsi sorrise semplicemente, facendo confondere ancora di più il Genio.
-E tu invece?- continuava a dire la voce di Endou mentre gli occhi scuri e profondi di Gouenji erano ancora ancorati al suo rosso sanguineo.
-… Chiamatemi Kidou.-
Il suo padrone sorrise di nuovo, salutandolo con la mano. Kidou per la prima volta sorrise davvero.

Viaggiarono ancora a lungo sul tappeto, contemplando dall’alto il deserto dorato che si estendeva sopra di loro. Il caldo era terribile e non lasciava scampo, ma presto giunse la sera e i ragazzi si misero a dormire. Aspettarono che Kidou si addormentasse, poi si misero a parlare fra loro, sottovoce.
Il Genio fece finta di dormire per tutta la notte, origliando ad occhi chiusi le parole dei suoi padroni; e così scoprì che molto probabilmente, il seguente sarebbe stato il suo ultimo giorno in compagnia di quei ragazzi.
Ma naturalmente non lo diede a vedere, quando il mattino dopo si svegliarono.
-Siamo arrivati!- esclamò a gran voce infatti appena intravide, fra le nuvole chiare del mattino, la cittadina e il suo schiamazzo.
-Come si scende da qui, Genio?- chiese preoccupata la voce di Endou… Un attimo dopo, tutti e tre si trovarono impigliati sui rami di una palma.

La cittadina era in festa, quel giorno. O almeno così parve al Genio, che da tantissimo non metteva piede in un posto così affollato e vivo.
Endou saltellava tutto euforico in giro ed anche Gouenji pareva più sereno, pur sempre mantenendo quel suo cipiglio distaccato.
Il Genio con le sembianze di un ragazzino si faceva trascinare dal moro da una parte e dall’altra, ma lanciava sempre uno sguardo dietro di sé, per assicurarsi di non perdere Shuuya.
In realtà quello che più rischiava di smarrire l’orientamento era proprio lui.
Per fortuna i due giovani non lo lasciavano quasi mai solo, quindi aveva sempre un punto di riferimento su cui contare. E poi le chiacchiere di Mamoru erano inconfondibili, anche in mezzo alla folla avrebbe saputo riconoscerle.
Nella piazza e per le strade c’erano molti venditori con la merce più incredibile: aveva vissuto un sacco ed aveva avuto modo di conoscere molti generi di persone e luoghi, eppure, mentre Endou parlava di qualsiasi cosa e soprattutto lo guardava con quegli occhi scintillanti e gioiosi, gli pareva di vedere il mondo per la prima volta.
Un curioso personaggio lo attrasse in particolar misura: costui era un uomo con il volto scavato dall’età e la barba bianca, indossava abiti pesati e sulla testa aveva acconciati i capelli dentro un turbante. Stava accovacciato davanti ad una cesta di vimini intrecciata e fra le labbra teneva uno strumento musicale che produceva una melodia particolare e molto seducente.
Le dita dell’uomo sembravano compiere un’allegra danza balzando da un foro all’altro delle due canne, eppure agli occhi cremisi del ragazzo sembrava esserci qualcosa di macabro.
Endou e Gouenji erano già andati oltre, ma sembrava che i suoi piedi non si volessero più muovere.
Sentiva uno strano sibilo provenire da quella cesta, doveva assolutamente vedere cosa ci stava dentro. Conosceva bene quel verso, eppure la melodia dell’uomo lo distraeva.
Nei suoi occhi scoppiò una scintilla quando il coperchio del cesto venne spinto fuori da una testa squamosa e verdastra.
“Serpente!” Sorrise nel constatare di non essersi sbagliato, era davvero il sibilo tipico delle serpi quello che aveva avvertito quando era passato vicino alla cesta.
Il rettile ondeggiava leggermente a ritmo della melodia prodotta dal pungi (*****), quell’interessante strumento a fiato dell’uomo.
Il ragazzino porse una mano in direzione dell’animale, ma non fece in tempo a sfiorargli la testa che la musica si interruppe e le affilate zanne della serpe si conficcarono nella sua mano pallida.
Kidou rimase stupito ad osservare le sue dita tingersi di un colore scarlatto: alcune gocce caddero sulla pelle squamosa del rettile, che ora si faceva accarezzare sibilando appena.
Come si era interrotta, la musica ricominciò a diffondersi nell’aria e il serpente si volse verso l’uomo, ignorando il ragazzo.
A quel punto Yuuto si alzò in piedi e, tenendosi le dita ferite con la mano sana, rivolse un ultimo sguardo all’incantatore di serpenti.
Non l’aveva mai guardato negli occhi, eppure gli sarebbe piaciuto leggere, anche solo per uno sfuggevole attimo, gli occhi dell’uomo che faceva danzare le serpi del deserto.

Ritrovò i suoi compagni poco più in là; appena Gouenji lo vide gli venne incontro.
Kidou già da più lontano li aveva visti, stavano ancora discutendo.
Nelle increspature del sorriso sereno che sbocciò sulle sua labbra nel vederli abbracciati, si potevano intravedere schizzi di gelosia, così come il sole schizzava sul cielo terso i suoi ultimi raggi prima di morire dietro la linea dell’orizzonte.
Il tramonto, l’ora più malinconica e romantica della giornata.
-Kidou, sei qui. Vieni, dobbiamo parlare.-
Il tramonto, l’ora della verità e della menzogna.
-Sì, padrone.-
Uno di fronte all’altro ora stavano i due giovani. Si presero qualche istante per osservarsi meglio, o forse Gouenji non sapeva come iniziare e Kidou preferiva non tentare di indovinare. Non gli erano mai piaciuti i giochi d’azzardo, non era di certo prediletto dalla fortuna e preferiva a sua volta ignorarla.
Quel silenzio stava logorandolo da dentro, ma non poteva fare nulla: si impose un autocontrollo che faceva male, intanto il suo padrone non dava cenni di voler dire qualcosa.
-E’ stata una bella giornata.- gli uscì quasi di getto: il tono affaticato ma gioioso con cui lo disse però, stupì entrambi. Shuuya alzò gli occhi su di lui, Kidou subito ci vide agitazione.
Sorrise, i tormenti umani erano così commoventi ai suoi occhi eterni… Doveva cercare di farlo parlare, altrimenti non avrebbero risolto niente. Fin da subito il Genio sapeva come si sarebbe concluso il loro discorso. Non perché fosse preveggente o volesse in qualche modo manovrare le redini della conversazione: semplicemente doveva andare così, era la cosa più giusta.
-Dimmi, padrone, di cosa devi parlarmi?-
-Tu lo sai già, vero?-
Questa volta fu Gouenji a sorridere: ma in realtà erano solo smorfie per mascherare la sua agitazione.
Kidou ridacchiò ma i suoi occhi rimasero seri: -Posso immaginarlo, ma se tu non me ne parli non posso esserne certo.-
-Dimmi, Genio… Tu non hai mai pensato alla tua libertà?-
Un alito di vento gelido soffiò tra i rami delle palme loro vicine, il corpo umano del Genio tremò appena. Avrebbe voluto chinare il capo, ma si impose di continuare a guardare gli occhi scuri del ragazzo: -La libertà è per me un concetto effimero, tutt’altro che concreto. Sì, ci ho pensato e continuo a pensarci, ma lungi da me fare ai miei padroni una richiesta simile.-
-Perché?-
Kidou scosse il capo impercettibilmente, le ciocche castane ondeggiavano accompagnando le sue parole: -Perché la mia esistenza è eterna, padrone. Ho una vita infinita a mia disposizione per…-
-Ubbidire?- s’intromise Gouenji con tono seccato, quasi malevolo.
-… Sognare.- continuò invece il Genio, pacato.
-S-Sognare?- ripeté il giovane sbarrando un poco gli occhi.
Il Genio si avvicinò al ragazzo, gli sfiorò la guancia con un dito raccogliendo una lacrima. Brillava come le gemme di quel tesoro sotto la sabbia nera del deserto: era anche folle come quel tesoro, ma ugualmente incantevole.
-Sì, padrone, sognare. Infondo, io che sono e per sempre sarò un eterno schiavo, che altro posso fare se non sognare cosa farei se fossi libero?-
-Ma, Genio…!- lo interruppe il ragazzo biondo, prendendo coraggiosamente parola. Kidou subito si fermò, guardandolo con occhi docili. –Genio, tu… Potresti essere libero, perché dici così? Vuoi dire che se io ti proponessi la libertà, tu non l’accetteresti?-
-No, io non posso dire “sì” o “no”. Io obbedisco. Dimmi di te piuttosto, di te e del tuo compagno. Voi lavorate per un uomo più potente di voi, che vi sfrutta e vi ripaga del vostro lavoro con quel che appena basta per il vostro sostentamento. Potreste essere liberi, perché non avete ancora fatto nulla a riguardo?-
Mentre parlava, gli occhi di Kidou si tinsero del colore del vino, e il vino oscillava con i suoi riverberi rossi sul suo sorriso scarlatto. Era così tranquillo da sembrare fuori di sé…
-Noi? Ma noi che possiamo fare? Abbiamo bisogno di molte ricchezze per andarcene da qui e provare a vivere la libertà che tu dici…-
-Sì, appunto. C’è un uomo qui in città, un grande e potente uomo, che saprebbe ricompensarvi in tal misura… Infondo siete in possesso di qualcosa che vale molto di più di una manciata di gemme, tu non credi?- Yuuto accarezzò l’anello che il biondo teneva al dito, il suo respiro era impercettibile.
-Genio, noi…- Shuuya ingoiò qualcosa, ma Kidou poté solo immaginare che sapore poteva avere la disperazione. –Noi non vogliamo venderti… Ne abbiamo parlato tanto con Endou, ma non vogliamo che tu finisca in mani sbagliate. Il Sultano è certamente l’uomo potente di cui parli, ma non sappiamo cosa potrebbe chiederti e… -
Gouenji si bloccò; nelle sue parole non c’era ancora traccia di pianto, però si sentiva che quello era un discorso completamente diverso da quelli che avevano tenuto fin ad allora. Yuuto piegò il capo, accarezzando una guancia del ragazzo che gli stava di fronte e parlando con tono pacato disse: -Oh suvvia, spero davvero che non siate preoccupati per me. Tu e Mamoru non avete neanche idea di quanti padroni ho avuto, quanti capricci ho dovuto esaudire: pensate forse che un sultano qualsiasi possa fare la differenza?-
-Qualcuno la farà mai, Genio? La differenza. Qualche padrone si distinguerà?-
-Certamente. Qualcuno, quando si farà il grande appello finale e sarò finalmente libero, potrebbe essere ricordato in modo particolare. Ma per il momento è della tua libertà che dobbiamo occuparci, non della mia.-
Aveva un modo di sorridere tutto particolare: fra le increspature delle sue labbra sembrava celarsi tutta la tristezza e l’amore del mondo, il suo tono sapeva essere invidioso e grato nello stesso tempo. Era ambiguo, troppo per Shuuya che sentiva solo crollare a pezzi il mondo intorno a lui.
-Genio, noi avevamo pensato ad un’altra possibilità…- Ad un certo punto Kidou si ritrovò due occhi neri, fumosi e concentrati, fissi dentro di sé. Li stette ad osservare come un bambino osserva una liquirizia … - Tu puoi fornirci di tutte le ricchezze di cui abbiamo bisogno per andarcene. Puoi rimanere così, con queste sembianze, ed essere nostro pari… F-Faresti solo apparire qualche ricchezza se proprio ci occorresse, ma per il resto potresti essere libero, insieme a noi. Mi dispiace non poterti dare una libertà assoluta, perché in quel caso tu…-
-Io non sarei più vincolato a te, esatto. Quell’anello che porti al dito non avrebbe più alcun valore e io avrei il permesso di non portarti più rispetto. Non è per niente conveniente per te, lo capisco.-
-Genio… Non avercela con me, è solo una questione…-
-Una questione di libertà, lo so. Gouenji, so bene cosa significhi questo per te e per Endou, e siete stati molto gentili a dare spazio anche a me nel vostro futuro. Se questo è il vostro desiderio io lo accontenterò, ma andrebbe bene? E’ inutile che ora dici che sarò un vostro pari, perché so bene che non sarà mai così per davvero. Sarò sempre il tuo servo, se è questo il tuo desiderio. Io sarò alle tue dipendenze e tu alle mie. Perché senza di me torneresti all’istante ad essere il poveraccio che sei. Io sarei il tuo schiavo e tu il mio… Ti andrebbe bene?-
L’oscurità era calata in fretta, l’aria era gelida e il vento continuava a soffiare sempre più forte fra le ampie foglie di palma. Gouenij sembrava tremare, Kidou sentiva solo l’eco delle sue parole. -Se invece mi vendessi al Sultano, lui ti potrebbe fornire di ricchezze autentiche come ricompensa; così tu e Mamoru potreste essere liberi davvero. -
-E tu, Genio? Rimarresti a servizio di un altro padrone…-
-Beh, in un certo senso io esisto per questo, per servire il mio padrone. Ma tu Gouenji, tu non sai essere dato alla schiavitù, per questo ti chiedo di portare questo anello al Sultano, per poterti prendere cura di Endou e coltivare insieme il più gioioso dei vostri futuri. Perché la vita è una splendida avventura, e va vissuta interamente.-
-Proprio tu me lo dici, tu che vivi obbedendo ai desideri altrui invece che seguire i tuoi?-
-Proprio perché porto queste catene, ti sto dicendo di non ridurti al mio stesso livello…-
In quel momento Gouenji ruppe la distanza fra di loro, stringendolo forte a sé.
Era la prima volta che i loro petti combaciavano, e il rumore del vento non riusciva a contrastare i battiti dei loro cuori accesi di sentimenti contrastanti.
Non si erano mai stretti così, Yuuto rimase con le braccia penzoloni, immerso in quell’abbraccio inaspettato, che sapeva di lacrime e oscurità.
La notte e il vento scuotevano quei corpi pallidi e freddi, uniti in un contatto superficiale, ma che scavava nel profondo.
-Lo sai, Gouenji… La mia vita non è altro che un continuo ripetersi di esperienze già vissute, frasi già dette ed ordini già espressi. Echi, null’altro che echi. Questo tuttavia è un eco nuovo, mai vissuto.-
-Ho solo un ordine ancora per te: vorrei davvero che trovassi la felicità, un giorno. Non so se per te questo sarà sinonimo di libertà, ma in ogni caso vorrei che fossi felice.-
-Lo sarò, padrone.-
Allora il contatto si interruppe, Gouenji si raddrizzò e Kidou rimase a fissarlo.
Rimbombava ora un silenzio nuovo fra di loro: un nuovo eco nasceva mentre il cielo si punteggiava di stelle.
-Domani mattina.- disse il Genio
-Domani mattina. All’alba.- precisò Shuuya.
E si salutarono così, un cenno del capo e un sorriso sbilenco.
Poi la nebbiolina candida avvolse il corpo del giovane dagli occhi rossi che sparì all’interno dell’anello a forma di rosa.
Gouenji stette ancora un istante a guardare davanti a sé la città buia: qualche luce ancora resisteva, qua e là, oppressa dall’oscurità della notte.
Poi tirò un sospiro, una nuvoletta di vapore uscì dalla sua bocca. Avvicinò l’anello al dito e ci poggiò sopra le labbra inturgidite dal freddo: -Buonanotte.-    

Shuuya tentò invano di dormire, quella notte. Le parole del Genio continuavano a rimbombare nella sua testa senza dargli pace: a null’altro riusciva a pensare, mentre sperava che il Sole non sorgesse mai. Invece, suo malgrado, presto le prime luci del mattino rischiararono il cielo, spegnendo via via tutte le stelle.
Si era incantato a fissare un punto indeterminato davanti a sé, quel punto dove avrebbe potuto cambiare le cose ma non era stato abbastanza forte per farlo, quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Voltò lo sguardo, e i suoi occhi smarriti ma asciutti incontrarono quelli risoluti e caldi di Endou.
-Mamoru-kun…-
-Dobbiamo andare, coraggio. E’ già mattino.-
Shuuya titubava nell’afferrare la mano che Endou gli porgeva, il moro se ne accorse subito.
Si inginocchiò allora di fianco al ragazzo, per poterlo guardare negli occhi.
-“Non lasciarmi…” Ti ricordi? “Siamo partiti insieme”, non possiamo fermarci ora. Dobbiamo andare, dobbiamo farlo. Il Genio ci ha dato questa possibilità anche se nessuno glielo aveva chiesto solo perché vuole il nostro bene, il minimo che possiamo fare noi per lui è accontentarlo. Forza Gouenji-kun, “non lasciare la mia mano.”-
Sorrise Shuuya, nel sentire il compagno rievocare quelle parole. Si erano spesso incoraggiati nei momenti difficili, erano sempre andati avanti, insieme. Indugiare adesso era assurdo, non avrebbe portato a niente.
-D’accordo- acconsentì allora, afferrando la mano del moro e tirandosi in piedi – Andiamo.-

La reggia era immensa: entrarono in punta di piedi in quel suntuosissimo palazzo, quasi timorosi di poter rovinare qualcosa di quell’incredibile luccichio.
Il pavimento su cui camminavano era d’oro, talmente splendente che si poteva scorgere chiaramente il riflesso dei dipinti affissi alle pareti opposte. Erano circondati da enormi portali adornati con lussuosi drappeggi ed il riecheggio confuso di voci: servitori e soldati attraversavano continuamente quelle stanze luccicanti di meraviglie. I due giovani si tenevano per mano e, mentre venivano scortati da alcune guardie, sbirciavano ogni tanto tutti quei tesori. Sarebbe bastato portar via una sedia o una lancia appesa  alle pareti per godere di serenità economica per tutta la vita, giù in città. Immersi in tutto quello sfarzo, il mercato in cui erano abituati a vivere sembrava davvero desolato e povero.
Vennero scortati in presenza del Sultano; mentre si inchinavano davanti alla sua persona, continuarono a tenersi per mano, infondendosi coraggio. O per lo meno, per dimostrare all’altro di essergli vicino, qualunque cosa sarebbe successa da lì in avanti.
Un servitore si avvicinò all’orecchio del Sultano e disse parole che i due ovviamente non compresero.
Il sovrano assentì con un cenno del capo, facendo arretrare il ragazzo e rivolgendosi ai due mercanti disse: -Voi sareste dunque in possesso di un tesoro al di là di qualunque ricchezza io possegga in questa reggia… Interessante, molto coraggioso da parte vostra insinuare qualcosa di simile, ma avete stuzzicato la mia curiosità: mostratemi allora questo incredibile tesoro.-
Gouenji alzò un poco il capo in direzione dell’amico che gli rispose con un sorriso un po’ tremolante, ma caldo e rassicurante come al solito.
Allora il biondo mosse un solo passo in direzione del Sultano, si tolse l’anello dal dito, e qui un brivido lo avvolse, un terribile brivido che lo scosse da capo a piedi, ma si costrinse a stringere i denti e non ritrarre la mano che porgeva al principe orientale l’anello a forma di rosa.
-L’abbiamo trovato sotto le sabbie che si muovono, Sire. Mettetelo al dito e vedrete con i vostri occhi la sua potenza.-
Questi osservò l’anello di elegante fattura con un cipiglio curioso ma piuttosto titubante, poi lo fece scorrere fra le dita: dal contatto subito si generò una polvere biancastra di odore neutro ed impalpabile al tatto. Subito il Sultano arretrò sgomentato, e tre guardie gli si misero davanti.
Una voce profonda ed antica come il mondo ma lenta e musicale come il vento che accompagna le nuvole nelle giornate soleggiate, emerse dalla nebbia magica.
-Non abbiate timore, padrone. Sono un Genio, e sono assai potente, ma la mia magia e il mio sapere è a vostra disposizione. Sono qui per servirvi, o grande principe d’Oriente.-
Ed eccolo, davanti agli occhi stupefatti del Sultano, apparve in tutto il suo terribile splendore e potenza, il Genio, lo spirito dalla forza di un dio e dall’ubbidienza di un servo.
Gouenji e Mamoru alzarono lo sguardo, ma Kidou non rivolse loro una sola parola né un cenno di saluto.
Stava a capo chino, i capelli ora di nuovo raccolti, il volto pieno di gemme pendenti e le enormi ali nere piegate dietro la schiena pelosa.
Il Sultano sorrideva pensieroso, accarezzandosi il pizzetto nero e guardando il Genio apparso dall’anello. – Eccoti dunque, creatura tanto bramata.-
-Bramata, mio signore?-
-Per anni ho mandato i più coraggiosi ed intrepidi avventurieri di mia conoscenza laggiù, nel deserto infuocato dal sole cocente dove ti nascondevi, ma mai nessuno è riuscito a portarti da me. Ora, io deduco che tu sei un servo obbediente, quindi mi dirai la verità?-
-Certo, padrone. Solo la verità.-
-Tu uccidi, Genio?-
Mamoru e Shuuya trasalirono a sentire quelle parole. E guardando sgomentati prima in direzione del Sultano e dopo in direzione del Genio, sperarono che anche Yuuto avesse avuto paura. L’enorme spirito dagli occhi carmini non li aveva ancora guardati, ma era il rispetto per il nuovo padrone ad imporglielo: il suo cuore sì, aveva tremato.
-Sì, padrone. I miei poteri non hanno limiti o restrizioni, tutto mi è possibile. Anche uccidere.-
Il principe orientale, dall’alto del suo trono impreziosito di gemme splendenti, si alzò in piedi ed esclamò: -Bene allora. Esaudisci il mio primo ordine: esigo che i tuoi precedenti padroni muoiano all’istante.-
Gouenji spalancò gli occhi a quelle tremende parole, e subito Mamoru lo abbracciò stretto.
Il Genio si volse verso di loro, dando le spalle al Sultano: si guardarono fissi, quell’attimo che seguì sembrò durare un’eternità. Gli occhi dei due giovani mercanti, così scuri e pieni di sgomento, si rilassarono incontrando quelli frizzanti e furbetti del Genio.
“State tranquilli, non vi accadrà nulla.” sentirono nelle loro teste la voce semplice e musicale del ragazzino che aveva sorvolato il deserto con loro su un tappeto magico; era Kidou che parlava loro “ Fidatevi di me: sarò pure antipatico e sgraziato d’aspetto, ma ho una coscienza.”
Annuirono, stretti in quell’ abbraccio disperato, ed al Genio si aprì il cuore: erano due amici da salvare, quei due ragazzi.
Le stelle avrebbero guidato il loro cammino, mai si sarebbero fermati.
“Addio”
Lentamente i due cominciarono a sentirsi sollevare: avvertivano di star volteggiando, mentre dai loro piedi cadevano al suolo dei corpi esanimi, ma del tutto e per tutto identici a loro.
“Genio, cosa significa questo?”
“E’ solo un’immagine, ma accontenterà il Sultano: nessuno vi sta vedendo volare su, state tranquilli. Appena avrete attraversato il soffitto ci sarà il tappeto ad attendervi: quello è vostro, consideratelo un regalo.”
“Grazie, amico.”
“L’importante è che vi levate dai piedi, su su!” Mentre il Sultano rideva stridulo davanti ai due fantocci senza vita stesi sul suo pavimento dorato, il Genio guardava in alto i suoi amici. “… E buona fortuna.” Ma ormai avevano già attraversato il soffitto.
Se la sarebbero cavata: infondo, Gouenji e Mamoru erano due ragazzi in gamba, molte volte l’avevano dimostrato.
Kidou abbassò allora gli occhi, concentrandosi sul presente che doveva vivere.
-Avete altri ordini per me, padrone?-

Ma ogni notte, da quel giorno in avanti, il Genio attese con ansia il buio: mentre il suo padrone e tutti quelli che in seguito avrebbe servito dormivano, lui chiudeva gli occhi per riaprirli sopra un tappeto magico che attraversava deserti e mari, mentre Gouenij e Mamoru gli sorridevano con quella luce splendida negli occhi, raccontandogli le loro avventure: lui li stava ad ascoltare, rideva con loro e aveva sempre fra le mani alcune gemme che lasciava ai due ragazzi, in modo che potessero continuare a viaggiare sereni e godersi la loro libertà.
Durava solo per il tempo di una notte e l’atmosfera era tanto magica e vivace da sembrare un sogno: l’eco di un sogno che si ripete all’infinito.
Siete due splendidi amici; fate del vostro legame la vostra ricchezza, e sarete felici.
Ah, un’ultima cosa… Avete fatto voi la differenza.”

{Io vivo di accenti, di presentimenti, profumi che sento nell'aria...
E vivo di slanci, di moti profondi , fugaci momenti di gloria…
E nel silenzio del mondo, io sento echi di infinito} Echi d’infinito – A. Ruggeri

.: Note del testo :.

(*) Non ho idea se, nel tempo imprecisato in cui ho ambientato la mia storia, fossero già a conoscenza delle sabbie mobili -scientificamente parlando- come ne sappiamo noi oggi. Quindi ho preferito denominarle così.
(**) Ispirato da una strofa della canzone [Adesso si apre il cuore/Ma che sorpresa/(…) può nascere una rosa/Anche dal fango]
(***)I "Geni" fanno parte di molti racconti della raccolta araba “Le mille e una notte”. Essi sono enormi spiriti dalle sembianze umane ma dalla faccia orribile coronata di perle, diademi attaccati alle orecchie pelose e da gioielli sugli occhi e sui riccioli della barba. Fuoriescono da piccoli oggetti dei loro proprietari sotto invocazione e strofinio delle mani, come nel caso di Aladino e la lampada meravigliosa. I Geni sono anche proprietari di una loro città in una delle favole della raccolta. Tuttavia non sono esseri crudeli, sebbene possano far grande paura ai mortali per le loro ali simili a quelle di un pipistrello. Sono molto servili (tranne qualche eccezione) e sono pronti ad obbedire a qualunque richiesta del loro padrone. [Da Wikipedia, l’enciclopedia libera]
(****) Non ho idea se la cosiddetta “febbre dell’oro” fosse già conosciuta, ma considerando che il denaro e il potere hanno sempre dato alla testa chiunque e in qualunque secolo, penso sia credibile.
(*****) Il “pungi”, così denominato nella lingua hindi, è uno strumento musicale a fiato diffuso nella musica popolare indiana ed in particolare viene utilizzato dagli incantatori di serpenti. Si tratta di un clarinetto doppio ad ance interne semplici, costruito da due canne inserite in una zucca a bottiglia. [Da Wikipedia, l’enciclopedia libera]

.: Note dell’autrice:.

Salve gioventù~ (?)
Siete riusciti ad arrivare fino alla fine? Bravi, molto bravi uwu
Non avrei potuto non scrivere nulla in onore di loro, Endou, Gouenji e Kidou.
Penso che siano un trio mitico ormai, e questo contest è stata una splendida occasione per scriverci.
Mi affido quindi al giudizio di Emmastarr e di tutti voi lettori per quanto riguarda questo mio lavoro.
Il pacchetto che ho scelto era molto affascinante, spero di essere riuscita a rendere IC i personaggi anche in un contesto simile ^^
Avevo una canzone da utilizzare: una strofa l’ho inserita a fine brano, mentre alcuni concetti sono stati ripresi durante la stesura della stessa storia.
Volevo solo dire un’ultima cosa riguardo i personaggi: in questo giorno volevo ricordare la grande amicizia che lega la squadra della Raimon e in generale tutti i ragazzi di questo anime, rappresentati in minima parte dal legame fra Mamoru, Shuuya e Yuuto. Ebbene, non voglio che il messaggio che la mia storia trasmette possa essere frainteso, perciò cercherò di essere chiara qui: non intendevo, con questo, dire che gli amici si usano solo per necessità, e poi, appena arriva la prima occasione di riscattare la propria posizione sociale, ci si abbandona al proprio destino. In questa storia Gouenji ed Endou non hanno venduto Kidou per essere liberi: Yuuto ha scelto di cedere la libertà che i due ragazzi erano disposti ad offrirgli, per garantire agli amici una libertà ancora più evidente.
Kidou ha ceduto la sua libertà per quella degli amici: è portato ovviamente a livelli estremi, ma il messaggio che volevo trasmettere è proprio questo. Gli amici si aiutano, in caso di necessità sono pronti a sacrificarsi per fare in modo che l’altro stia di nuovo bene, sia felice.
Ecco, ci tenevo a specificarlo perché, così com’è posta la shot, il messaggio poteva essere frainteso e mi sarebbe proprio dispiaciuto: amici come loro non se ne trovano tutti i giorni * w *
Bene, detto questo penso di aver concluso.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e gradito, mi rimetto alla valutazione del giudice.

Sissy

  
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