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Autore: Kira05    01/10/2014    1 recensioni
La guerra contro Gea e i Giganti si avvicina. I sette semidei della profezia stanno ritornando al Campo Mezzosangue quando incontrano una nuova semidea. La ragazza non sembra avere niente di speciale, ma presto i versi della famosa profezia si riveleranno inesorabilmente legati a lei.
Sarà Katja a portare il mondo incontro alla propria fine? Riuscirà a mantenere il giuramento fatto? La battaglia tra Greci, Romani e Giganti sta per avere una svolta che nemmeno l’Oracolo poteva prevedere.
Tratto dalla storia:
“Lo fissò dritto negli occhi: Nico poteva vedere i suoi fiammeggianti di rabbia e traboccanti di lacrime non piante. “Non m’importa,” gli disse “non m’importa ciò che vuoi dirmi, ne ciò che pensi: ho fatto una promessa e ho intenzione di mantenerla.”
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
Incontro

Ciao a tutti sono Kira05 e questa é la mia prima storia su efp. In realtà in passato l'avevo già pubblicata una volta, ma solo il primo capitolo perché poi, per qualche strana ragione, si é cancellata. In ogni caso ho deciso di ripubblicarla, con qualche piccola modifica, sperando non sia venuta una schifezza... Comunque accetto critiche di ogni genere, perché voglio capire dove sbaglio e, se possibile, migliorare. I primi capitoli forse non vi piaceranno, ma la storia migliorerà con il tempo. Vi dico solo che é ambientata tra il quarto e il quinto libro della serie degli Eroi dell'Olimpo: ho cercato di immaginarmi cosa sarebbe successo nella Casa di Ade e di inventarmi un seguito diverso. Spero non ci siano SPOILER, ma non penso, se però ne trovate qualcuno sappiate che non era assolutamente mia intenzione. Un'ultima cosa: è prbabile che la storia subirà delle modifiche anche dopo la sua pubblicazione, 
Baci a tutti dalla, per così dire, autrice e buona lettura!^_^

“ Smettila di scappare: fermati e combatti come si deve!”
Katja ignorò la vocina fastidiosa nella sua testa e continuò a correre. Ultimamente riusciva a darle pessimi consigli, come quest’ultimo: fermarsi a combattere contro un mostro nonostante fosse ferita e completamente esausta, infatti, non si poteva definire certo un’idea geniale. Ormai non aveva più le forze neanche per continuare a scappare e sentiva una terribile fitta all’altezza del torace. Poteva sentire i passi del suo inseguitore dietro di lei farsi sempre più vicini e gli alberi del bosco che crollavano al suo passaggio. Poi, improvvisamente, il rumore cessò e calò il silenzio. Katja si sedette dietro un cespuglio e aspettò che il suo respiro tornasse normale. Sentiva il cuore battergli forte nel petto, quasi tentasse di uscire e andarsene via. Lo avrebbe seguito, se avesse potuto, ma le gambe erano diventate della stessa consistenza della gelatina. Attese ancora un po’, le orecchie pronte a captare ogni singolo rumore sospetto, ma il mostro sembrava essersi dissolto nel nulla. Impossibile, si disse, ma che importanza aveva?  Non sarebbe riuscita ad andare via lo stesso, tanto valeva starsene lì a riposare un po’. Katja si distrasse osservando i giochi di ombre che la lieve luce del sole riusciva a creare passando attraverso il fitto fogliame della foresta. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando si era seduta a riprendere fiato, ma a un certo punto delle voci disturbarono la sua piccola quiete. Si mise meglio a sedere e, assicuratasi di essere nascosta a sufficienza, sbirciò attraverso il cespuglio: un gruppetto di tre ragazze e cinque ragazzi, più o meno tutti della sua età, stava passando proprio in quel momento davanti al suo nascondiglio, sbraitando a più non posso. Katja era a dir poco sorpresa: si era rifugiata in quel bosco sperduto nel sud dell’Italia proprio perché sperava di non dover incontrare umani o mostri, ma non era stata fortunata. Il gruppetto si fermò esattamente davanti a lei e non sembrava intenzionato ad andarsene, preso com’era dalla discussione. Un ragazzo dai capelli riccioli e le orecchie a punta discuteva animatamente con una ragazza dai capelli biondi; ogni tanto la ragazza con una treccia castana interveniva, cercando di calmarli, ma invano. Come se non ci fosse abbastanza casino, anche altri due ragazzi, uno con i capelli neri spettinati e l’altro alto e biondo, intervenivano, spesso a sproposito, mentre gli ultimi tre membri, una ragazza piccola e di pelle scura con i capelli castani e ricci, un ragazzone asiatico dai capelli neri a spazzola e uno pallido e magro con i capelli scuri e disordinati, se ne stavano in disparte, aspettando che i loro compagni si dessero una calmata. Come se il gruppo non fosse già abbastanza strano di suo, Katja notò con orrore che la maggior parte di loro portava delle armi addosso, una cosa decisamente non comune per dei normali ragazzi a passeggio per i boschi. Il ragazzo riccioluto sembrava fuori di sé.
- Ti ho già detto, Annabeth, che non ci siamo persi: sono sicuro che l’Argo II sia qui da qualche parte! – si difese, ma la biondina sembrava poco convinta.
-  Come fai a dirlo? – gli rispose – Stiamo girando intorno da mezz’ora e ancora ti ostini a voler avere ragione! Sei veramente…! – la ragazza con la treccia però la interruppe:
-  Annabeth, non ha senso prendersela così: adesso cerchiamo un modo per chiamare il coach Hedge e farci venire a prendere, ok?
Il ragazzino riccioluto però non aveva ancora finito di dire la sua.
-  Ma sentila! Guarda che è colpa tua Piper se ci siamo cacciati in questo guaio, tu e la tua voglia di fare passeggiate nei boschi! – disse, prendendosela con la mora.
Lei lo squadrò dalla testa ai piedi, lo sguardo accigliato: - Cosa?!
Lui però non le diede ascolto e si mise a scimmiottarla, cosa che la fece imbestialire ancora di più e inevitabilmente tirò in ballo anche i restanti membri del gruppo. Insomma, una classica gita felice tra amici. Peccato che Katja non avesse il tempo per godersela, ma doveva assolutamente andare. Pregando tutti gli dei del cielo e della terra che le dessero un po’ di fortuna, si accinse a fare il primo passo per andarsene, ma un rametto si spezzò, producendo un insignificante “crack”: qualsiasi persona normale non avrebbe dovuto sentire un così lieve suono, ma evidentemente loro dovevano avere le orecchie molto allenate, perché in un attimo smisero di parlare e si misero in ascolto. Katja si bloccò di colpo. Il ragazzino dalle orecchie a punta parlò per primo:
-Avete sentito? - e con fare lento e inesorabile si avvicinò a quello che ormai era l’ex nascondiglio di Katja. La ragazza si sforzò di restare lucida e calma, ma la paura prese il sopravvento e, quando sentì il ragazzo proprio sopra di lei, fece la prima cosa che le venne in mente: si alzò in piedi e gli tirò un pugno in piena faccia, poi fuggì a gambe levate. Appena fu sicura di averli seminati si gettò dietro un albero e rimase in ascolto. “È fatta”, pensò, ma aveva cantato vittoria troppo presto; dopo pochi secondi sbucò dal fogliame il ragazzo che aveva colpito: il naso si era ingrossato un poco e ora sembrava più arrabbiato che mai. Katja sentiva rumori di passi dietro di lei: presto l’avrebbe trovata e allora cosa sarebbe successo? Dopo un attimo, Katja sentì gli amici del ragazzo chiamarlo e, sbirciando da dietro l’albero, vide che lo stavano raggiungendo. Il biondo intanto gridava a squarciagola:
-  Leo, torna indietro! Dobbiamo ancora trovare la nave! Probabilmente era solo una ninfa che voleva farti uno scher…
Non finì la frase: quello che vide lo prese così alla sorpresa da fargli morire le parole in gola, ma questo successe più o meno a tutti i presenti. Tutti tranne quello di nome Leo che, preso com’era dalla sua ricerca, non si era accorto del nuovo arrivato: il ciclope troneggiava alle sue spalle e faceva roteare una pesante clava sopra la testa. Katja sapeva cosa stava per succedere, e così anche il gruppetto di ragazzi vicino a lei. L’asiatico si stava già preparando per colpire il mostro con una freccia, ma ormai non c’era più tempo: se non si fossero sbrigati, ben presto di Leo non sarebbe rimasto più niente.
“Salvalo, cosa aspetti?” Per una buona volta Katja diede ascolto alla voce: si fece coraggio e si lanciò fuori dal nascondiglio, buttandosi a terra insieme al riccioluto un attimo prima che la clava del ciclope gli tranciasse via la testa. Poi, mentre il ciclope si stava ancora domandando dove diavolo fosse finita la sua cena, l’asiatico lo colpì con una freccia proprio al centro dell’unico occhio, facendo gridare il mostro dal dolore. Questo non ebbe neanche il tempo per vendicarsi che l’aria divenne carica di elettricità e Katja sentì stapparsi le orecchie: il ciclope fu colpito in pieno da un fulmine e si disintegrò in una polverina d’oro, che ricoprì tutti. Katja aveva assistito alla scena con la bocca spalancata: nella sua breve esperienza come semidea mai avrebbe pensato che un mostro potesse essere sconfitto così facilmente.  Mentre era persa nei suoi pensieri, qualcuno le porse gentilmente una mano per rialzarsi.
-  Ti senti bene? – le chiese Leo mentre l’aiutava a mettersi in piedi. Katja annuì, ma quando si rialzò sentì ogni singolo muscolo del corpo urlare di dolore: solo in quel momento si rese conto di quanto era stanca in realtà.
-  Capisci quello che diciamo? – le domandò il moro che affiancava la ragazza bionda.
Parlavano tutti un americano stretto, ma Katja lo capiva benissimo.
- Sì – rispose timidamente, poi chiese: - Siete come me?
I ragazzi sembravano incerti se risponderle o meno, poi però la ragazza bionda prese parola:
-  Sì, siamo semidei.
“Loro sono come me, sono esattamente come me”, pensò Katja felice. La ragazza con la treccia le sorrise:
-  Grazie mille per il tuo intervento: senza di te ora il nostro amico sarebbe morto.
Katja sorrise debolmente: era bello sentirsi utili di tanto in tanto. Sembravano tutti dei bravi ragazzi e Katja pensò che forse aveva trovato degli amici.  Stava giusto per rispondere quando sentì le gambe cedere sotto il suo stesso peso e poi divenne tutto buio.
 
 
  
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