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Autore: WhiteRecklessFist    01/10/2014    1 recensioni
Camminare al chiaro di luna era magnifico. Anche se la mano continuava a far male ero tranquillo.
Poi un rumore attirò la mia attenzione. A destra... No, a sinistra. Allungai la mano verso la spada. Non c'era! Ero uscito disarmato. Piegai le ginocchia pronto a scattare e mi preparai a combattere. Tutto silenzio. Finché... Ora! Mi lanciai all'attacco verso dei cespugli con la mano nasod pronta a sparare quando da quest'ultimo spuntò un cannone che mi scaraventò addosso una raffica di colpi. Volai via cercando di pararne il più possibile ma alcuni andarono a segno e uno particolarmente forte mi colpì il fianco destro facendomi cadere.
-Chi sei?!- Urlai una volta atterrato.
Sentii solo un sussurro. -Inseguitore esplosivo.- E un proiettile enorme volò verso di me.
(Prima ff che scrivo! Leggete e se volete lasciate una recensione, sarà molto gradita :3)
Genere: Azione, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 9: Sentimenti.

 

-Raven che-che hai fatto?- Elsword mi fissava sconcertato.

-Sei un pezzo difettoso...- Disse secca Eve.

Io non risposi, rimanendo con lo sguardo rivolto verso di loro ma vuoto e spento.

Fu Rena la prima a riscuotersi e, puntando l'arco verso di me, gridò: -Lui ormai non è più il Raven che abbiamo conosciuto, quello con cui abbiamo lottato fianco a fianco! La sua parte nasod ha preso il sopravvento... ora è solo una macchina creata per uccidere.-

Gli altri la guardarono incerti, passando il loro sguardo prima su di lei e poi su di me.

“Ecco contro chi volevo combattere veramente.” Pensai.

Iniziai a camminare verso di loro, sempre più veloce, fino a correre, con un ghigno sul volto.

Saltai e scaglia una serie di colpi che Eve prontamente parò per poi contrattaccare; uno dei suoi gravitatori mi colpì buttandomi a terra violentemente. Aisha, con le lacrime agli occhi, mi scagliò contro delle stalattiti di ghiaccio che mi congelarono quasi del tutto mentre Elsword scattò con la spada alzata gridando -Non uccidetelo!- e seguito a ruota dalle frecce scagliate da Rena.

La mano si surriscaldò e si scongelò in tempo per bloccare l'attacco. Riuscii ad afferrare la sua spada e con la mano umana gli assestai un paio di pugni allo sterno che lo lasciarono senza fiato per poi scagliarlo a terra.

-Forza! E' tutto qui quello che sapete fare?- Chiesi schernendoli. -Se non avete intenzione di fare sul serio morirete qui.- Aggiunsi.

Aisha corse da Elsword e lo aiutò ad alzarsi; quell'attimo di debolezza mi bastò per essere addosso ad entrambi, pronto a dar loro il colpo di grazia.

La mano però si bloccò. O meglio, venne bloccata. Oberon era dietro di me e cercava di trattenermi mentre Ophelia era già davanti ai due ragazzi pronta a contrattaccare.

Eve si avvicinò e, dopo avermi fissato per un attimo, come indecisa sul da farsi, mi mise una mano sulla testa e una potente scarica si propagò per tutto il mio corpo.

Urlai per poi cadere in ginocchio esausto mentre la mano nasod fumava come in cortocircuito.

-E ora cosa ne facciamo di lui?- Ansimò Elsword.

-Lo riprogrammerò io... O almeno ci proverò.- Rispose Eve.

-Ma-ma tornerà come prima?- Singhiozzò Aisha terrorizzata.

Nessuno le rispose.

Mente loro discutevano sul da farsi Rena si avvicinò ai resti di Chloe.

-Saresti stata un'abile guerriera se solo fossi rimasta con noi...- Disse. -...Amica mia...- Sussurrò.

Poi si voltò con le lacrime agli occhi e fece per raggiungere il gruppo.

“Più vicina” pensai. “Ancora un po'...”
Un altro passo ed era tornata in cerchio con gli altri. Per il resto bastò poco. La potenza della mano mi avvolse completamente, ridandomi abbastanza vigore da permettermi uno scatto per portarmi in mezzo al gruppo ed urlare: -colpo del protettore!-

Una croce infuocata apparve per poi esplodere su se stessa numerose volte. “Che ironia”, pensai mentre quattro corpi, avvolti dalle fiamme, volavano lontano da me, “sto distruggendo quelli che un tempo erano miei amici con l'attacco che invece avrebbe dovuto difenderli... Sono un mostro.”

La parte nasod dentro di me ruggì, aggredendomi e riprese subito il controllo perso in quei pochi attimi nei quali ero riuscito a formulare un pensiero quasi umano. Mi rialzai a fatica: le ferite che avevo subito finora si facevano sentire prepotentemente, quando alle mie spalle avvertii un rumore di passi ed un pianto soffocato. Mi voltai trovandomi davanti Chung inorridito e scosso dai singhiozzi, che si reggeva in piedi appoggiandosi al suo cannone.

In qualche modo quella visione fece vacillare la mia mente e un forte dolore al petto mi mozzò il fiato costringendomi in ginocchio.

-R-Raven...?- La sua voce mi colpì più violentemente. Sentire il mio nome pronunciato da lui mi svegliò ma il braccio Nasod si riaccese più forte di prima facendomi gemere.

-Chung... Vattene.- Riuscii a dire.

Lui si limitò ad osservare la desolazione che avevo creato e, dopo aver notato che il resto del gruppo era vivo, abbandonò il cannone e si diresse verso di me.

Il braccio si mosse da solo e lanciò degli aculei che lo ferirono al viso e alle braccia.

-Non ti avvicinare!- Gridai; ma ottenni solo un suo sorriso come risposta.

La mano era fuori controllo; scagliò una palla infuocata nella sua direzione che gli sfiorò alla gamba scottandolo. Lui non urlò ne si fermò; digrignò i denti e continuò ad avvicinarsi, con le braccia aperte. Afferrai il braccio Nasod e lo costrinsi a terra mentre dentro di me cercavo di combattere quella rabbia che mi spingeva a distruggere ciò che amavo. Se avessi fatto del male a Chung non me lo sarei mai perdonato.

-Non voglio ferirti! Vai via!- Gridai disperato. -Ti prego...- sussurrai.

Ma ormai era troppo vicino; quei pochi centimetri di distanza non l'avrebbero potuto salvare dal potere che stavo cercando di trattenere, lo sapevo; eppure ero felice. La sua vicinanza mi rendeva sereno e, quando mi abbracciò, chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dalla sua voce, dal suo calore e dal suo profumo. Poi l'abbraccio finì ed io mi persi nei suoi occhi chiari, velati di lacrime, che mi fissavano dolcemente.

-Giuro che non avrò più dubbi su un futuro “noi” se anche tu ti impegnerai a non averne.- disse ad un tratto. -E ti prometto anche che smetterò di fare troppo vapore in bagno!- Aggiunse poi sorridendo, come se fosse una normalissima conversazione di tutti i giorni.

Sorrisi. -Sei uno stupido...- dissi mentre posavo la fronte sulla sua.

Per tutta risposta trovai le sue labbra morbide che sfioravano le mie mentre sussurrava un “ti amo” che si perse nel bacio che seguì subito dopo. Il tempo si fermò e sentii il mio cuore battere, come se finora fosse rimasto fermo, in attesa di qualcosa; come se avessi appena trovato la cura allo strazio che mi dilaniava, perchè lui stesso era la mia cura. Alzai allora le braccia per accarezzargli i capelli e stingerlo finalmente a me, quando mi accorsi che la mano Nasod stava pulsando, pronta ad attaccare. Aprii gli occhi in tempo per vedere Rena pronta a scagliare i suoi aculei diabolici, diretti ad entrambi. Non ebbi nemmeno il tempo di pensare a come reagire perché il braccio si sollevò da solo per sparare nella sua direzione; sinceramente l'avrei anche lasciato fare perché lei l'avrebbe schivato facilmente, ma il colpo, per raggiungere Rena, avrebbe dovuto trapassare il corpo di Chung e io non gliel'avrei mai permesso.
Perciò feci la cosa che in quel momento mi parve la più ovvia: la mano aveva fame di morte? Allora l'avrei accontentata! Afferrai il polso metallico e puntai il palmo della mano sul mio petto mentre, alzandomi, spostai il ragazzo dalla traiettoria delle freccie. Quello che successe dopo fu un attimo. Alcuni aculei mi colpirono, altri no, ma la mano non mancò la mira. Caddi in ginocchio annaspando in cerca d'aria mentre il sangue scoreva, quasi scappando da me, e mentre Chung mi abbracciava urlando il mio nome, disperato.

L'unica cosa che riuscii a fare fu guardarlo negli occhi poi, con un sorriso triste sul volto, dissi semplicemente -Scusa...- Perchè quella era l'unica parola che in quel momento poteva racchiudere tutto ciò che provavo, perché sapevo che stavo per fare qualcosa di imperdonabile e perché quella parola significava tuttora molto per me.  

  
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