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Autore: Hoshimi_    01/10/2014    1 recensioni
Ian si è iscritto a West Point, campus nel quale sogna di allenarsi sin da bambino per poi andare a combattere nell'esercito. Paura e ansia lo accompagnano in questo luogo fino a quando un ragazzo -Mickey Milkovich- non si offre di aiutarlo ad ambientarsi, sebbene in maniera sarcastica e disinteressata. Un ragazzo solo all'apparenza sicuro di sè, che cercherà una modo per essere salvato in Ian.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ian strizzò gli occhi quando fu svegliato dalla luce del sole che entrava dalla finestra: la testa gli pulsava fortemente e percepiva nella sua bocca la lingua impastata.
Si girò dando le spalle ai pallidi raggi che tangevano il suo corpo e il movimento gli provocò il voltastomaco; allungò una mano verso la pancia e dal ruvido contatto dei polpastrelli contro la superficie della tuta realizzò di essere andato a dormire vestito.
Nella sua mente vagavano ricordi indistinti, nei quali Mickey lo sorreggeva dietro una recinzione mentre vomitava il liquido ambrato che aveva bevuto la sera prima, o dove il ragazzo lo stendeva a letto assicurandosi che stesse bene e coprendolo con una coperta; aveva inoltre un'immagine impressa nella mente in cui le mani di Mickey sfioravano la pelle del suo addome giocando con l'apertura della sua cintura, ma la respinse prima che da essa potessero scaturirne altre.
Era stranamente adirato con quel ragazzo: come si permetteva di farlo ubriacare così in quel posto? Di trasgredire le regole in quel modo strafottente?
Aveva faticato per entrare a West Point, fatto doppi turni e supplicato il padre di prestargli del denaro con la promessa che in futuro l'avrebbe restituito. Ora arrivava lui, con quella camminata spavalda e quell'atteggiamento da uomo vissuto, con i suoi misteri e sicurezze e voleva distruggere tutto quello per cui aveva lottato?
Decise di chiedergli spiegazioni il più presto possibile e di chiudere quell'amicizia malsana prima che andasse troppo oltre.
Dopo vari tentativi riuscì ad alzarsi dal letto e con camminata ciondolante si diresse a lezione.
L'aula di fisica si trovava nell'ala est del campo e quando vi si recò la trovò occupata da pochi allievi, tra i quali riconobbe Mickey, che si trovava nell'ultima fila, all'ombra di una libreria colma di tomi. Ian si diresse con passo fermo verso il banco situato di fianco a lui, spostandolo leggermente a destra per evitare le righe di luce che entravano dalle tapparelle abbassate. Mickey era seduto in maniera scomposta, le braccia lungo i fianchi, un piede appoggiato ad un cassetto che sporgeva da una scrivania vicina. Non diede segno di averlo notato, né alzò lo sguardo quando Ian tirò indietro la sedia con eccessiva enfasi lasciandosi cadere su di essa a peso morto.
Mentre Ian si sporgeva dal banco per parlare all'altro entrò l'insegnante previsto per quell'ora e fu costretto a rimandare la conversazione ad un momento successivo.
La lezione trascorreva lentamente: le parole dell'insegnante, un uomo magro e vestito elegantemente, si disperdevano nell'aria arrivando ad Ian distanti e confuse; il ragazzo cercava di carpirne il senso focalizzando la sua attenzione sulla bocca dell'insegnante, quando in realtà continuava a guardare con la coda dell'occhio Mickey che tamburellava ritmicamente la sua penna contro il banco creando un suono metallico e fastidioso.
''La vuoi finire?'' Sibilò il ragazzo dai capelli rossi, voltandosi di scatto dopo una mezz'ora di ticchettii fastidiosi.
Mickey si fermò irritato, senza distogliere lo sguardo dal cappuccio argentato della biro, gli occhi azzurri con un'insolita sfumatura malinconica.
Battè d'impulso ancora due volte la penna e si alzò dirigendosi verso la porta e chiudendola forte dietro si sé sotto lo sguardo noncurante del professore, che continuava a sproloquiare teorie alle quali nessuno prestava ascolto.
Ian si costrinse a rimanere seduto e a non seguire Mickey dovunque stesse andando. Doveva seguire la lezione.
Non si sarebbe fatto distrarre ancora.
Iniziò a giocherellare con la sua cintura, sperando di calmare il tremore di nervosismo che stava pervadendo le sua mani.
Ebbe un flash: mani che sfilavano la sua cintura, mani forti, dei segni pallidi che risaltavano sulle dita.
''Cazzo.''
La sua esclamazione irruppe facendo calare un imbarazzante silenzio sull'aula.
Si alzò di colpo, scosso e incurante degli sguardi interrogativi che lo seguirono fino alla porta.
Doveva cercare Mickey.

                                                                                                                                  ***

Trovò il ragazzo dietro ad una struttura abbandonata, appoggiato alla parete con una sigaretta in mano, gli occhi azzurro cielo persi del vuoto.
''Mickey.''
Ian pronunciò lentamente e piano il suo nome, con un piccolo accenno di timidezza, tanto che la parola suonò come una domanda.
Lo sguardo del ragazzo si fece meno vacuo, concentrandosi sulla voce di Ian e sul fremito che stava provando sentendo il proprio nome uscire dalle sua labbra, tentando di ignorarlo senza dare a vedere quanto lo avesse scosso.
Ian attendeva una risposta, gli occhi impazienti fissi sull'altro cercando di carpire le riflessioni: sulla sua fronte corrugata si stagliavano delle lunghe linee ondulate che racchiudevano pensieri a lui proibiti; le sopracciglia, leggermente alzate riflettevano l'insieme di stupore e scetticismo tipici del ragazzo.
Il suo corpo era rilassato, nonostante gli innumerevoli mozziconi di sigarette ai suoi piedi, sintomo del nervosismo che stava provando.
''Cosa è successo ieri notte?''
Ian fece un passo in avanti per trovarsi di fronte a Mickey che continuava a tacere senza il coraggio di sostenere lo sguardo dell'altro.
''Ti sei ubriacato. Ti ho riportato a letto. Fine della storia.''
Fece per andarsene ma Ian gli afferrò la spalla premendola contro il muro.
''Non mi stai dicendo tutto.''
''Hai vomitato addosso a me e a te. Neanche ti reggevi in piedi; non c'è di che comunque.''
Ian non voleva fare l'insolente continuando con quelle domande pressanti, ma doveva sapere... Doveva sapere se quel flash era stato un prodotto della sua immaginazione o se c'era qualcosa di vero; se il modo in cui l'aveva toccato era stato reale o un mero scherzo della sua fantasia mescolata all'alcool.
I suoi occhi stavano comunicando le parole che non riusciva a dire, riflettendosi in quelli di Mickey che invece sembravano tormentati quanto un mare in tempesta.
''Sappiamo entrambi cosa è successo.''
La voce di Ian era calma, lo sguardo fisso sul volto di Mickey alla ricerca di un segno che gli desse una qualche conferma.
''Vaffanculo Gallagher.''
Si divincolò con agilità dalla sua presa, dirigendosi a passo spedito verso il dormitorio.
Quando Ian tornò a letto quella sera gettò un'occhiata veloce al letto del vicino: i suoi effetti personali erano spariti, la brandina vuota.


                                                                                                                                     ***
Ian e Mickey non si parlarono per mesi.
Quando si incrociavano nei corridoi non si guardavano nemmeno e se per caso si trovavano costretti a qualche attività insieme la eseguivano contro voglia e senza parlare: Ian aveva cercato più volte di abbandonare quell'atteggiamento ostile provando ad instaurare un dialogo e a scusarsi -sebbene fosse convinto di non aver fatto nulla di male- eppure niente sembrava essere in grado di smuovere Mickey dalla sua apatia.
Con il passare del tempo aveva lasciato da parte ogni tentativo di riconciliazione; si era fatto nuove amicizie, notando da lontano come Mickey invece non fosse intenzionato a relazionarsi con gli altri membri del campo.
Peggio per lui.
Ian era lì e ci sarebbe stato sempre.
E lui lo sapeva perfettamente.

Ian era particolarmente di buon umore dal momento che quel fine settimana si sarebbe tenuta la giornata di accoglienza delle famiglie dei cadetti del campo: non vedeva l'ora di riabbracciare la sua famiglia.
Telefonò a suo padre con la speranza che non si fosse dimenticato di quella circostanza così importante per lui.
Gli rispose la sua sorella maggiore.
''Fiona!''
''Ian! Come stai? Come vanno le cose lì?''
''Benissimo, spero di potervi raccontare tutto questo fine settimana.''
''…''
''Sai... La giornata di accoglienza?''
''Oh. Ero sicura fosse la settimana prossima.
Chiederò a Lip d portare gli altri.''
''Ma non ci vediamo da mesi!''
''Mi dispiac... Hey Robbie!
Scusa Ian ci sentiamo più tardi.''
''Ma-''
Aveva messo giù.
''Fantastico.'' Mormorò il ragazzo tra sé, indeciso se strappare la cornetta dall'apparecchio telefonico o contenere l'ira che lo stava pervadendo.
Scelse la seconda opzione e si allontanò di corsa dal centralino, diretto verso uno spazio aperto in modo che l'aria fredda potesse schiarirgli i pensieri e sciogliergli il nodo alla gola che stava nascendo insieme a lacrime di delusione.
L'avevano dimenticato.
Erano passati solamente pochi mesi e già non era più parte delle loro vite. L'emozione che aveva provato nel sentire la voce della sorella dunque non era stata uguale per entrambi né altrettanto importante: quando aveva deciso di iscriversi a West Point nessuno lo aveva appoggiato o era stato orgoglioso di lui dopo che aveva superato i test di ammissione a pieni voti.
Sentì i suoi occhi verdi velarsi di lacrime, appannandogli per poco la vista, il suo respiro si fece affannoso in cerca di un'aria che non riusciva a respirare; cercò di auto controllarsi e di non crollare lì, nel bel mezzo del campus dove tutti lo potevano vedere.
Corse verso una porta di servizio alquanto anonima e la oltrepassò sperando con tutto se stesso di non trovare nessuno all'interno.
La porta cigolò quando la aprì e si trovò in un locale illuminato a stento da un anonimo neon sul soffitto. Si acquattò in un angolo buio, rannicchiandosi su se stesso e premendo forte gli occhi contro le ginocchia.
Non era il primo attacco di panico che aveva.
Sentiva i polmoni dilatarsi in cerca di aria, eppure non riusciva ad inspirare: era come se ci fosse qualcosa oltre alle lacrime a bloccargli naso e bocca così da impedirgli di prendere fiato.
Sentiva il corpo insolitamente inerte, abbandonato in quell'angolo di nulla.
Doveva solo calmarsi e poi tutto sarebbe andato...
Tutto sarebbe..
No. Niente sarebbe andato bene.
Era solo.
A nessuno importava di lui.
L'avevano lasciato solo.
Sentì la porta aprirsi di scatto e sussultò.
''Ian.''
Il tono di Mickey non era sorpreso, ma quasi sollevato.
Attraversò il piccolo corridoio che li divideva e si sedette accanto a lui.
''E' tutto sbagliato.'' ''Va tutto bene.''
Pronunciarono le frasi nel medesimo istante e il loro contrasto fece spuntare un sorriso sul volto scavato dalle lacrime di Ian.
Mickey lo guardava di sottecchi, la testa inclinata cercando gli occhi dell'altro il quale nascondeva ancora il viso contro le ginocchia; passò l'indice lungo il suo braccio sperando di calmarlo, ma poteva sentire i fremiti che stavano lo stavano scuotendo.
''Hey, non deve andare per forza così.''
''Ah no?''
C'era l'eco di un sorriso amaro in quelle parole.
'''Ian, Cristo ascoltami.''
Ian girò la testa di qualche centimetro, attento alle parole di Mickey.
''Mi dispiace ok?
Tu hai delle possibilità qui.
E... E non voglio che incasini le cose per colpa mia''
Ian alzò la testa appoggiandola contro il muro; una lacrima rigò la sua guancia, percorrendo poi il collo e fermandosi sul colletto della t-shirt: stava respirando le parole di Mickey, che avevano la capacità di calmarlo e salvarlo dal vuoto in cui si stava perdendo.
Mickey si allungò verso il suo volto, gli occhi azzurri di uno che si specchiavano in quelli verdi dell'altro, e accostò le labbra a quelle di Ian con un tocco timido e delicato mentre gli circondava la testa con una mano e con l'altra continuava ad accarezzargli il braccio lentamente.
E lento fu il loro bacio, lente le labbra sovrapposte le quali lasciarono che le lingue si trovassero e si unissero con decisione lambendosi a vicenda.
Le mani di Ian circondarono i fianchi di Mickey mentre altre lacrime sgorgavano dai suoi occhi.
''Hey. Shh.
Va tutto bene.
Shh.''
Mickey baciava con dolcezza ogni lacrima prima che potesse arrivare alla mascella dell'altro.
Ian cercò di nuovo la bocca di Mickey, impaziente di ristabilire il contatto tra le loro lingue. Gli girava la testa mentre con affanno premeva le proprie dita contro l'addome del ragazzo, stringendone i fianchi e strofinando allo stesso tempo la lingua contro la sua senza dargli il tempo di riprendere piano.
Il contatto tra le loro bocche gli faceva desiderare di essere sempre più vicino a lui, tanto da far aderire il proprio corpo a quello dell'altro ragazzo. Sentiva il suo sapore pervadergli la bocca ed era sicuro che non gli sarebbe bastato mai.
Emise un gemito quando Mickey si staccò da lui con il sorriso in volto per dargli un bacio in fronte e circondarlo in un abbraccio.
Ian si rifugiò in quella stretta, premendo il viso contro la scapola di Mickey che lo cingeva circondandolo con le sue braccia.
Credeva sarebbero rimasti così per sempre.
Sapendo che non l'avrebbe lasciato.
Non questa volta.
Non lui.

  
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