Anime & Manga > BeyBlade
Segui la storia  |       
Autore: Kaiyoko Hyorin    02/10/2014    2 recensioni
[Estratto dal primo capitolo]
Non fece in tempo a realizzare quell'unico fugace pensiero che ella si accorse di avere i suoi occhi scuri puntati addosso, cosa che ne aumentò drasticamente la soggezione che provava nei suoi confronti ed a stento riuscì a impedirsi di sussultare nuovamente, preda di un imbarazzo senza pari.
“P-perché mi fissa in quel modo?!”
[Fine Estratto]
Era iniziato come un lavoretto di revisione e invece mi sono ritrovata a stravolgere completamente la trama, creando qualcosa di nuovo ed inaspettato! Ad oggi è l'opera più lunga che abbia scritto e spero che il risultato sia valso lo sforzo, augurandomi che risulti comunque una lettura gradevole, a prescindere! Vi auguro una buona lettura!
Attenzione: aggiunto OOC per il cambiamento caratteriale a cui i personaggi vanno incontro nel corso dell'intera storia, in accordo con la trama, senza comunque arrivare ad uno "stravolgimento" nel vero senso della parola; quindi non spaventatevi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Unione d'affari'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


24. Il castello dei McGregor


Yukiko era appena precipitata in una botola di dubbia profondità e l'unica cosa che Kei, sporgendosi oltre il bordo del riquadro oscuro, riuscì a vedere era completa oscurità. Che la luce intermittente e fin troppo fioca delle lampade di emergenza non lo favorisse era secondario.
– Yukiko! – la chiamò di nuovo.
Niente.
– Non può essere – commentò Andrew a mezza voce, attirandosi l'attenzione del giapponese lì accanto. Lui lo fulminò con lo sguardo, ignorandone l'espressione evidentemente sconcertata mentre fissava il trabocchetto segreto, finché non ne incrociò lo sguardo – Quella botola era sigillata.
– Che stai dicendo? – gli ringhiò, cercando di non cedere all'impulso di afferrarlo per il bavero di quella sua stupida vestaglia.
– Sto dicendo che non si sarebbe dovuta aprire! – esclamò questi di rimando, senza farsi intimidire.
Il dranzerblader non perse la sua espressione corrucciata, mentre la sua mente intanto elaborava le informazioni – Mi stai dicendo che qualcuno l'ha riattivata? – assurdo. Chi avrebbe avuto interesse nel fare una cosa del genere, se non i padroni di casa?
– Non ci sono altre spiegazioni. Si tratta di un accesso rapido alle segrete, che generalmente veniva utilizzato per spedire in cella i prigionieri, ma da diversi anni ormai la parte relativa a segrete e fondamenta è stata chiusa ai più, perché giudicata troppo pericolosa.
– E perché dovrei crederti? Potrebbe benissimo essere tutta opera tua.
A quell'accusa l'inglese drizzò le spalle, punto sul vivo – Volevo solo spaventarvi un po', mica uccidervi!
Ah, ecco. Ora si spiegavano molte cose.
Kei non si sorprese di quella confessione involontaria e si alzò nuovamente in piedi con calma, la sua attenzione ora tutta su un problema più urgente del farla pagare al suo antico rivale: recuperare la sua compagna di squadra il più in fretta possibile e assicurarsi che stesse bene. Il fatto che non desse ancora segni di vita gli causava un'ansia che a stento gli permise di non scaraventare giù per il buco il padrone di casa.
– Qual'è l'altra via per i sotterranei? – gli domandò, spiccio.
– Ce n'è due, ma sono entrambe state murate – gli rispose Andrew, muovendosi con passo deciso. Il dranzerblader lo seguì senza parlare, osservandolo aprire una porta incassata nel sottoscala vicino per mettere a nudo il varco in questione, completamente murato da una serie di mattoni pieni e dalla tonalità brunastra. L'inglese allora richiuse l'anta lignea con un cigolio, prima di voltarsi a guardarlo direttamente – Chiunque abbia attuato questo scherzo non è passato di qua. Questa era la via più diretta per l'ala dei sotterranei in cui dovrebbe trovarsi Yukiko, l'altra è una porticina secondaria che si trova nelle cucine – detto questo si mosse, avviandosi nell'ala del castello adibita a tale scopo, entrando in un'ampia stanza squadrata, dalle pareti intonacate e ritinteggiate di bianco. Dietro uno degli scaffali in compensato dell'angolo adibito a dispensa, i due ragazzi trovarono ciò che cercavano: la porticina. Quando provarono ad aprirla, la trovarono ermeticamente sigillata.
– Questa era l'unica alternativa – affermò apparentemente calmo l'inglese.
– Se davvero quella botola è stata sbloccata, allora chi l'ha fatto deve aver utilizzato un'altra via per accedere ai sotterranei – affermò impassibile Kei dopo un attento esame di quell'accesso. Non avrebbe lasciato la mora in fondo a quel buco, di questo era più che sicuro – Hai delle torce?
– Sì, dovrei averne nel vecchio studio.
– Allora vedi di procurarcene almeno un paio – gli si rivolse senza mezzi termini, muovendosi per tornare ad ampie falcate nell'atrio – e vediamo di risolvere in fretta questo mistero.
Non era disposto a perdere altro tempo.
Sarebbe andato laggiù, anche a costo di saltare lui stesso in quella dannatissima botola.


Quando si riprese, la ragazza ci mise una manciata di secondi buona, per collegare il senso di stordimento al volo che aveva fatto prima di perdere i sensi. L'oscurità quasi totale intorno a lei era rischiarata da un vago chiarore proveniente dal trabocchetto nel quale era caduta e che ancora permaneva dischiuso sopra la sua testa, ad un'altezza di circa quattro metri.
Gemendo, si tirò a sedere, portandosi poi una mano alla testa per cercare di attenuare invano il dolore della botta. Le sarebbe venuto un bel bernoccolo, ma a parte questo sembrava tutto in regola. Stabilite le proprie condizioni, la mora tentò di guardarsi intorno, ritrovandosi a distinguere una stanza in spessa pietra grigia, di cui una parete era occupata da quelle che sembravano vecchie sbarre arrugginite. Sotto il palmo delle mani, polvere e ruggine si confondevano dandole una sensazione simile a quella del terriccio contro la pelle del palmo. L'odore inoltre non era dei migliori, conservando una fragranza piuttosto acre, tipica di ambienti scarsamente arieggiati.
Reprimendo una smorfia, la nightblader fessurizzò gli occhi verdi per distinguere meglio i contorni di quell'ambiente in penombra, trovandolo totalmente vuoto a parte la sua stessa presenza. Inoltre, fra quelle sbarre fin troppo esili, sembrava esservi un varco che dava sul corridoio adiacente.
– Vedi di recuperare qualche antica mappatura del castello – la voce perentoria di Kei le fece di nuovo alzare lo sguardo verso l'alto, sussultando ed avvertendo al contempo un sentimento di commozione per quella presenza conosciuta a pochi metri da lei.
– Kei!
– Yukiko! – la chiamò lui di rimando, affacciandosi oltre il varco. Le puntò un fascio di luce giallastra negli occhi, cosa che la costrinse a pararsi con una mano – Stai bene?
– Sì, sto bene – esordì lei, cercando di vedere oltre il proprio arto i visi dei due ragazzi – ..ho solo fatto un bel volo.
La breve pausa di silenzio che seguì finalmente la vide tornare a rilassarsi, sollevata dal cambio di direzione della luce della torcia. Sbattendo più volte le palpebre, le ci volle un po' perché le pupille tornassero ad adattarsi alla penombra circostante e non ci riuscì del tutto, la fonte luminosa proveniente dalla botola che non riusciva a liberarla del tutto della sua presenza.
– Yukiko – di nuovo la voce del dranzerblader si fece sentire, inducendola a sollevare di nuovo lo sguardo verso l'alto – Ti lancio la torcia: prendila.
La nightblader annuì di rimando con un cenno del capo e, dopo essersi sollevata cautamente in piedi ed essersi spazzata le mani sui pantaloni, si predispose a quel compito. Afferrò la torcia al volo per miracolo, soltanto grazie alla buona mira del ragazzo, il quale gliela lasciò cadere fra le mani, ma una volta appropriatasi di quello strumento provvidenziale avvertì un nuovo guizzo di coraggio animarla. Non che si fosse sentita così spaventata in precedenza, doveva ancora riprendersi del tutto dal susseguirsi di avvenimenti frenetici di quella nottata, ma ora che aveva una fonte di luce stabile poteva anche azzardarsi a cercare un modo per uscire da lì.
Non ebbe nemmeno il tempo di fare un passo che dietro di sé avvertì un tonfo sordo ed uno spostamento d'aria così vicino da farla sobbalzare. Con un urletto si scostò, ruotando su sé stessa con un balzello e puntando il fascio di luce dritto sull'erede della famiglia Hiwatari. Questi, raddrizzandosi come niente fosse, la guardò con apparente e perplessa sufficienza.
– Ma che cazzo fai? – sbottò infastidita la ragazza, premendosi una mano sul petto.
– Pensavi che ti avrei lasciata girovagare qui sotto da sola? – fece lui in tutta risposta, rivolgendole quella domanda retorica con un velo di strafottenza nel tono di voce.
Presa alla sprovvista, Yukiko si ritrovò combattuta fra l'offesa suscitatale dal modo in cui lui le si era rivolto e l'impressione favorevole della premura intrinseca in quell'accortezza. Optò per la seconda, seppur si curò di non darlo a vedere, e approfittò del momento in cui i due ragazzi tornarono a parlarsi per puntare la luce verso la loro via d'uscita.
– Vedete di non andarvene in giro a vuoto – si raccomandò Andrew – Io cercherò un'altra via.
– Non preoccuparti, troveremo senz'altro un'uscita – lo rimbeccò a tono il blader dai capelli d'argento.
La mora ebbe l'impressione che fra i due fosse in atto una rivalità molto simile a quella che aveva visto in qualche documentario fra due leoni dello stesso branco, pensiero che la fece ridacchiare sommessamente e le fece così guadagnare un'occhiata in tralice piuttosto perplessa da parte di entrambi. Ovviamente lei ammutolì e, facendo finta di niente, si incamminò verso l'arco fra le sbarre.
– Vediamo di uscire da qui in fretta.
Kei non le rispose ma le fu subito accanto, procedendo al passo con lei in quell'oscurità e affacciandosi sul corridoio che si snodava oltre quella stanza spoglia. Puntando il fascio di luce lungo lo stesso, la mora individuò alcune aperture che dovevano essere stanze simili a quella da cui erano appena usciti, prima che il passaggio svoltasse in un angolo retto verso sinistra. Il soffitto alto quanto quello delle celle contribuì a rendere ancor più macabro quell'ambiente dimenticato dall'uomo, dando l'impressione di uno spazio stretto e continuo, dal quale non si potesse uscire facilmente.
Proprio confortante, insomma!
Sospirò. Non era più molto sicura di apprezzare gli antichi castelli medievali.


Procedendo a passo misurato lungo il passaggio, i due giapponesi effettuarono alcune svolte prima di arrivare ad un bivio. Da una parte saliva una rampa di scale a chiocciola che scoprirono condurre alla prima delle due porte murate che erano l'accesso al piano superiore, mentre dall'altra il corridoio si snodava nell'oscurità in una serie tre diversi passaggi. Non fu facile per loro determinare la giusta direzione da prendere, nemmeno sul pavimento sembrava esservi traccia di un passaggio recente, cosa piuttosto strana agli occhi del dranzerblader: doveva per forza essere passato qualcun altro lì sotto recentemente, oltre a loro due.
Era ancora immerso nei propri pensieri quando la voce della sua compagna di viaggio lo riportò alla realtà.
– Ehi, hai sentito?
Lui inarcò un sopracciglio, tendendo le orecchie. Poco dopo colse un rumore in sottofondo.
– Sembra un corso d'acqua – commentò a mezza voce, per non disturbare il silenzio che pareva avvolgere l'intera struttura. Si accostò alla parete dietro la quale sembrava provenire quel nuovo suono e, dopo aver confermato per mezzo dell'udito la presenza di un qualche torrente dietro la parete rocciosa, tornò a cercarla con lo sguardo – Proseguiamo.
Lei annuì semplicemente con un cenno del capo prima di avanzare, precedendolo di mezzo passo in virtù del fatto che era proprio lei a reggere la loro unica fonte di luce. Approfittando della cosa, il dranzerblader ne studiò la sagoma di schiena: pareva procedere senza troppe incertezze, tenendo saldamente il fascio di luce puntato in avanti a illuminare loro il cammino. Non c'era traccia della paura che le aveva visto riflessa nello sguardo quando gli era finita fra le braccia diversi minuti prima, cosa che lo sorprese.
Ficcandosi le mani in tasca, il ragazzo assunse una smorfia. Quella ragazza riusciva ancora a sorprenderlo continuamente, in qualche modo.
Nell'oscurità proseguirono per diversi metri, seguendo le varie svolte e ritrovandosi ancora una volta a dover decidere che direzione intraprendere quando giunsero ad un nuovo bivio.
– Questo posto sembra un labirinto – si lamentò Yukiko.
Kei non le rispose, convenendo con quanto da lei detto soltanto fra sé e sé e limitandosi a ripiegare sulla destra. Aveva già perso la cognizione del tempo, potevano essere lì sotto da pochi minuti come da più di un'ora e si chiese che fine avesse fatto Andrew. Era casa sua quella, almeno una delle tante, se lui non era stato in grado di trovare quel terzo accesso ai sotterranei allora c'erano poche probabilità che potesse riuscirci qualcun altro.
In quel momento, dopo aver effettuato l'ennesimo passo, Kei avvertì qualcosa sotto la suola della propria scarpa cedere, seguito da un sommesso clangore metallico e da un rumore raschiante. Fu un istante, prima si sentirsi spintonare di peso da un lato e schiacciare contro la parete. La torcia rimbalzò per terra, un secondo prima che davanti agli occhi del blader passasse quella che sembrava una lama, che falciò in un arco l'aria esattamente dove era stato lui l'attimo precedente.
Premuto contro il muro di schiena, il ragazzo rimase a fissare quella falce di ferro arrugginito con occhi sgranati, ricordandosi di riprendere fiato soltanto quando percepì i polmoni bruciargli per la mancanza di ossigeno. Col cuore ancora in gola, cogliendo con la parte razionale della mente la pressione che gli gravava ancora sul petto, abbassò lo sguardo e si rese effettivamente conto della presenza della mora che, con la sua prontezza di riflessi, gli aveva appena salvato la pelle. Lei stessa stava cercando di riprendersi dallo spavento, piuttosto pallida persino in quella penombra, appoggiata a lui con tutto il suo peso. Il suo odore gli solleticò le narici e lui ne distinse la vaga fragranza di gelsomino, quasi completamente messa in secondo piano dall'odore proprio di lei. Gli piacque, inutile nasconderlo, e lo aiutò a riemergere da quello stato di torpore dovuto all'accidente che si era preso soltanto per catapultarlo in una trance differente.
La vide sollevare lo sguardo alla ricerca del suo e si perse all'interno di quegli occhi di smeraldo, il suo viso così vicino da poter distinguere il contrasto fra iride e pupilla; così vicino, da poter cogliere il suono del suo respiro, tanto flebile quanto irregolare. L'adrenalina ancora in circolo contribuì ad acuire le sue percezioni, i sensi talmente all'erta da riuscire a captare la tensione nei muscoli di lei, che era pari alla sua.
Così vicina, che avrebbe potuto facilmente rubare un bacio a quelle labbra leggermente schiuse, tanto invitanti persino in quel particolare frangente. Il silenzio intorno a loro era assoluto, fatta eccezione per il battito dei loro cuori, tale da dar l'impressione di non doversi calmare mai più. La stessa cosa era per le innumerevoli sensazioni che stavano correndo sottopelle al dranzerlader, tutte intense allo stesso modo e pulsanti nei punti in cui lei premeva le proprie piccole mani sul suo petto, oppure dove la pressione contro il suo bacino combaciava con il basso ventre di lei ed una gamba sfiorava l'interno della sua.
Eppure, a prescindere da tutto questo, a mandarlo alla deriva delle proprie emozioni era quella coppia d'iridi luminose, liquide quanto profonde, le quali esercitarono su di lui una forza magnetica che non tentò nemmeno di contrastare. Con lentezza quasi esasperante la distanza fra i loro volti si accorciò sempre più, il tempo scandito soltanto dal battito dei loro cuori, finché persino questo parve fermarsi quando lui ne sfiorò la punta del naso con la propria, reclinando leggermente il capo verso destra.
Ancora pochi millimetri e avrebbe dato pace all'intenso desiderio di assaporare quelle labbra.
Ancora pochi istanti e avrebbe potuto dar sfogo al profondo sospiro di sollievo che racchiudeva nel petto, al pensiero di soddisfare quell'intimo desiderio.
Le loro labbra si sfiorarono... e la parete, contro la quale Kei era poggiato di peso, cedette.
Il muro di massiccia pietra si scostò, ruotando su cardini invisibili e facendo sbilanciare entrambi i ragazzi all'indietro, causandone la rovinosa caduta sul pavimento del nuovo passaggio segreto. La botta che diede di schiena alla dura pietra gli tolse il respiro, in aggiunta al peso della ragazza che gli finì addosso ed il cui urletto di sorpresa si sommò al senso di vertigine che gli aveva fatto girare la testa e chiudere la bocca dello stomaco.
Ci impiegò un paio di secondi ancora, prima di schiarirsi abbastanza la mente da aprire gli occhi e visualizzare nel proprio campo visivo un volto ben noto.
– Eccovi, finalmente! Ho trovato una serie di passaggi segreti che fa al caso nostro – annunciò loro Andrew, con stampata in volto un'espressione sorniona – Lo so che ci ho messo un po', ma io vi avevo detto di non muovervi.
Kei sbuffò, scoccandogli un'occhiataccia di fuoco, prima di avvertire finalmente il peso della mora venire meno e potersi rialzare a propria volta. Una volta in piedi, si spazzò la polvere dai vestiti e si rimise a posto la sciarpa, per poi incrociare ambo le braccia sul petto e rivolgersi direttamente all'inglese, che pareva aver trovato anche il tempo di vestirsi.
– Allora, come facciamo ad uscire da qui?
Non riuscì in alcun modo a mascherare il fastidio della propria voce, dovuto al pessimo tempismo di questi: aveva ancora il cuore in tumulto per ciò che era appena accaduto fra lui e la nightblader al suo fianco, qualcosa che era destinato a rimanere in sospeso.
– Seguitemi – Andrew fu piuttosto bravo ad ignorare quella sua reazione, sebbene sembrò sfoggiare uno strano sorrisetto che contribuì ad irritare maggiormente il dranzerblader, sicuramente non famoso per la sua pazienza.
Yukiko, rimasta in silenzio sino a quel momento, ricomparve accanto a loro con la sua torcia stretta in una mano, miracolosamente funzionante dopo essere caduta sul pavimento a quel modo pochi minuti prima. Fu la prima a seguire il blader inglese, aiutandolo a far luce lungo il cammino mentre i tre avanzavano lungo il passaggio, largo appena da permettere a due persone di procedere affiancate.
In quel nuovo silenzio, percorsero qualche metro quando Kei tornò a far sentire la propria voce.
– Hai notato segni di un passaggio recente?
Andrew sembrò rifletterci un istante – Si può dire di sì, visto lo stato piuttosto pulito di alcuni cunicoli. È così che vi ho trovati.
Yukiko si voltò a scoccargli un'occhiata carica di sottintesi e lui annuì di rimando, leggendovi i suoi stessi dubbi: se l'inglese aveva constatato lo status in buone condizioni di alcuni passaggi piuttosto che altri, così come sembrava vigere quello che stavano attualmente percorrendo, ciò voleva dire che il meccanismo che aveva azionato l'ultima trappola in cui erano incappati era stato riparato per l'occasione. E probabilmente, quel qualcuno non era troppo distante da loro.
In quel momento arrivarono ad un incrocio che si apriva in tre direzioni diverse, ma prima di riuscire a imboccare una via, lungo i condotti si diffuse di nuovo uno strano suono molto simile ad uno stridio di catene, tanto vago quanto di breve durata. Nel silenzio a seguire, Kei si scoprì piuttosto nervoso e non fu l'unico ad accusare la tensione del momento: il rumore precedente era sembrato provenire da ognuna delle direzioni in cui si diramavano i passaggi.
– Per di qua – esordì a basso tono Andrew, facendo loro strada.
Imboccarono il cunicolo sulla destra seppur, prima di chiudere la fila, il dranzerblader si ritrovò a rabbrividire a causa di un umido alito di vento che gli sfiorò la nuca. Gli si rizzarono persino i capelli neri e riuscì a malapena a contenere la tensione relativa alla situazione in cui si erano cacciati.
Che nel bel mezzo di tale situazione vi fosse anche quello che doveva essere il loro anfitrione poi, aveva quasi del ridicolo.
L'oscurità era totale all'infuori del raggio delle torce, l'aria immota in quella nuova via, finché non sbucarono in una camera dall'alto soffitto a cupola. Illuminandola, notarono subito gli anelli in pesante acciaio affissi alle pareti, così come alcuni strumenti di metallo arrugginito, a ridosso di alcuni resti in legno di quello che probabilmente era stato il mobile in cui dovevano essere stati riposti. Al centro, alcune assi di legno marcio e delle catene.
Kei intuì subito che stanza fosse, ma ci pensò l'inglese a esternare quel pensiero a parole.
– Questa doveva essere una sala degli interrogatori...
Sembrava del tutto indifferente alla cosa, ma il modo in cui non soffermava la luce su nulla in particolare gli fece intuire quanto in realtà quell'ambiente dovesse inquietarlo. Si sentì un po' più sollevato nel constatare che non era l'unico a provare simili sentimenti per quel luogo piuttosto lugubre e non riuscì in alcun modo a frenare una smorfia, nel pensare agli orrori a cui quelle pareti dovevano aver assistito nel corso dei decenni.
– Da che parte? – domandò spiccio alla loro guida.
– Dovrebbe esserci una porta più avanti.. – stava dicendo l'inglese, voltandosi appena in sua direzione e bloccandosi, nel momento in cui posò il suo sguardo sul compagno.
Il dranzerblader in quel momento avvertì nuovamente un brivido gelido corrergli su per la schiena e per riflesso si aggiustò meglio la sciarpa sotto il mento, inarcando al contempo un sopracciglio nell'osservare il volto del blader europeo. Questi aveva smesso improvvisamente di parlare e, il fascio di luce puntato verso il basso, sembrava improvvisamente pallido quanto un lenzuolo nel fissarlo ad occhi sgranati. Perplesso, Kei scoccò uno sguardo alla sua compagna di viaggio apparentemente ignara di tutto e la vide indugiare un secondo nell'osservare il resto della sala, prima di voltarsi a sua volta verso di loro, mostrando un sopracciglio inarcato con aria palesemente interrogativa. Un'aria che mutò nel preciso istante in cui inquadrò il dranzerblader nel proprio campo visivo, il quale poté così vederla sgranare a sua volta quegli occhi verdi che, fino a pochi minuti prima, l'avevano attratto così prepotentemente. Si rese conto che i due ragazzi non stavano guardando lui soltanto in un secondo momento, quando avvertì un tocco tanto leggero quanto gelido sulla spalla sinistra.
Gli bastò ruotare leggermente il capo per inquadrare la sagoma scheletrica di quella mano avvolta da una debolissima luminescenza azzurrognola, così come l'attimo seguente gli si gelò letteralmente il sangue nelle vene nell'affondare gli occhi scuri in un fosco cappuccio al di sotto del quale intravedeva appena, nella penombra, dei lineamenti ossuti e spigolosi, all'apparenza quasi spettrali.
KYAAAh!!!!
Il grido di Yukiko rimbombò per tutta la sala, sommato a quello di Andrew, facendogli prendere letteralmente un colpo prima che entrambi lo afferrassero, uno per braccio, e lo trascinassero via di peso. Corsero via a gambe levate, imboccando il primo passaggio a loro disposizione ancor prima che l'eco di quell'urlo si spegnesse, tutti e tre egualmente spaventati, nonostante l'adrenalina in circolo nelle vene di Kei fosse dovuta più alla reazione comune che al resto. Se si fosse fermato a ragionare un secondo, probabilmente avrebbe capito che sotto quelle spoglie immortali si celava una creatura umana in tutto e per tutto mortale, ma non riuscì nemmeno a pensare di rallentare mentre procedevano come frecce impazzite lungo il cunicolo un po' più largo dei precedenti.
Io non ho paura! Io non ho paura! Io non ho paura!
Ad aprire la fila una Yukiko più veloce di quanto ci si sarebbe aspettato, che continuava a proferire quell'unica frase a ripetizione in un tono tanto terrorizzato da rendere vano quel tentativo di autoconvincimento da parte della moretta.
Subito dietro c'era lui, ovviamente, che era troppo preso a riempire i polmoni d'aria per pensare di dire o pensare qualunque cosa, mentre accanto a lui Andrew riusciva a mantenere il loro passo fin troppo bene, con le braccia che seguivano il moto di quella corsa a perdifiato nell'oscurità.
Corsero più velocemente che poterono, senza risparmiarsi nemmeno quando il terreno iniziò a salire sotto di loro e la strada che stavano seguendo raggiunse il suo epilogo contro quella che parve loro come una massiccia botola in legno rinforzato. Non ci pensarono su un solo istante, vi si gettarono contro di peso e questa cedette con fin troppa facilità sotto quell'improvvisa pressione, spalancandosi. Si ritrovarono fuori, lanciandosi letteralmente sul pendio erboso sotto quell'uscita di fortuna, finendo a ruzzolare sul terreno umido ed intriso di pioggia con un gran chiasso di imprecazioni e urla.
Dietro di loro la botola si richiuse da sé a causa del contraccolpo con le mura sotto le quali si stagliava, nascosta fra i cespugli, isolando un'altra volta quei sotterranei dal mondo esterno.


Quando Yukiko si riebbe dal volo fatto nello sbucare da quel passaggio, si ritrovò piena di graffi all'interno di quello che doveva essere un folto cespuglio carico di foglioline. Dolorante, riuscì a liberarsene a fatica ed una volta riversa carponi sul prato, cercò con lo sguardo i suoi due compagni di disavventura, il cuore che ancora le risuonava nelle orecchie per lo spavento presosi pochi minuti prima.
Andrew non era messo meglio: era riverso su quel pendio a braccia spalancate, gli occhi sgranati sul cielo volto all'albeggiare e il fiato altrettanto corto degli altri. Kei invece era seduto con ambo le mani a puntellare il terreno intriso di pioggia sul quale doveva essere scivolato - questo almeno a giudicare dalla quantità di fango che gli macchiava i pantaloni - col capo riverso all'indietro ed il petto che si gonfiava prepotentemente ad ogni inspirazione.
La volta celeste sopra le loro teste era punteggiata di nubi, ma un vago chiarore stava tingendo gli squarci nel manto nuvoloso di sfumature quali l'azzurrino, il rosa e l'oro: l'astro diurno doveva essere già in procinto di sbucare all'orizzonte, oltre il profilo delle colline circostanti.
Quando la nightblader tornò a guardare i due ragazzi a poca distanza da lei, intercettò lo sguardo ancora stralunato del figlio dei McGregor e quello magnetico del suo compagno di viaggio, cosa che le suscitò un nuovo brivido lungo la schiena, uno di quelli che non avevano nulla a che fare con la paura sperimentata poc'anzi.
– Che diavolo era? – chiese, la voce ancora spezzata dal respiro irregolare.
Lo vide scuoter il capo in segno di diniego, in un modo che le sembrò più sconsolato che confuso in realtà, come se non avesse alcuna intenzione di affrontare l'argomento. Qualunque cosa fosse successa là sotto, meritava di rimanerci. Lo sguardo di Andrew le fece comprendere che era della stessa idea se non di più, mentre sul suo viso dai lineamenti occidentali era ancora presente quel pallore da morto di paura che lo aveva assalito sin dal momento in cui si era accorto di quella presenza dietro al dranzerblader.
Sospirando, la mora reclinò il capo verso il basso, lasciando che i propri capelli le pendessero in avanti in un drappeggio scomposto, così come era scomposto il resto di lei. Lo risollevò soltanto un paio di secondi dopo, quando alle orecchie le giunse un suono che non credeva avrebbe mai avuto occasione di sentire. All'inizio fu talmente lieve che, scoccando un'occhiata al diretto fautore, dovette scrutarne il viso delineato in un sorriso per convincersi che non si stava sbagliando.
Kei scoppiò a ridere sotto i suoi stessi occhi.
Una risata che crebbe in volume, liberatoria quanto potrebbe esserlo una corsa sfrenata in reazione ad una felicità incontenibile, riempiendo il silenzio calato nell'aria del primo mattino, che lo costrinse ad abbandonare il capo d'argento fra le sue ampie spalle, scosse da quel moto d'ilarità. Quella reazione la lasciò spiazzata, completamente, assolutamente priva della possibilità di avere una qualsiasi reazione per un paio di minuti buoni oltre al fissarlo a bocca aperta.
Kei stava ridendo. Stava ridendo di cuore.
A quel suono si unì ben presto anche la voce di Andrew, il quale scoppiò a ridere a sua volta in una risata nervosa e poi sempre più divertita e fine a sé stessa. L'improvvisa ed incomprensibile esternazione di tutto quel buon umore contagiò ben presto anche Yukiko che, in preda al sollievo comune di essere uscita da quell'avventura da brivido, si unì alla comitiva.
L'incredulità tuttavia non scemò affatto in lei, ridendo mentre la sua mente ancora non riusciva a ricollegare il blader con cui aveva passato l'ultimo mese a quello che ora se ne stava lì, seduto a terra, a bagnarsi i vestiti ed a ridersela di quanto era appena accaduto loro. E poi comprese.
Comprese di essersi sbagliata sino ad allora.
Comprese di aver preso una cantonata colossale dal momento in cui l'aveva definito come un blader di ghiaccio.
In realtà il potere del suo bitpower gli calzava a pennello: lui era un blader di fuoco. Era come un vulcano dormiente sotto un ghiacciaio e pronto ad eruttare da un momento all'altro. Era l'emblema stesso della passionalità e dell'istintività, l'unico motivo per cui le era sembrato il contrario era la sua capacità di contenersi e dominarsi, di far prevalere la sua parte razionale. Ma quella impulsiva era sempre lì, sottopelle, pronta ad esplodere appena le difese che il ragazzo aveva accuratamente eretto intorno a sé avevano un cedimento.
Con la franca risata del blader ad accompagnare le loro, avvertì al centro del petto una sensazione di calore che si sprigionò prepotentemente verso l'esterno, dolce e amara al tempo stesso, talmente inattesa da lasciarla senza difese di fronte all'evidenza dei suoi sentimenti.
Comprese di essersene irrimediabilmente innamorata.
Non aveva idea di come fosse accaduto di preciso, di quando quella semplice attrazione si fosse evoluta in qualcosa di più profondo, ma non ebbe alcun dubbio al riguardo: lo amava.
Lo amava con tutta sé stessa.
Amava quel suo lato distaccato e scontroso, così come amava quella parte gentile e premurosa che le aveva mostrato nei giorni precedenti, ed ancor di più amava quella sua anima passionale quanto poteva essere il fuoco più rovente.
Lo amava come non aveva mai amato nessun altro, tanto da sentir dolere il cuore al centro del petto, ed in quel momento comprese che ciò che provava era destinato ad essere un sentimento a senso unico.
Rise di sé stessa, piegandosi sino a posare la fronte sull'erba bagnata.
Rise appoggiando ambo gli avambracci accanto a sé per sostenersi, mentre calde lacrime le scivolarono roventi sulla pelle, ricadendo fra quegli steli verdi, confondendosi con la rugiada del mattino. In quel momento di comprensione totale, non ebbe più alcun dubbio su sé stessa: era davvero una stupida.





...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Ho rischiato di non farcela, perché sono piuttosto di corsa, quindi scriverò giusto due righette!
Ringrazio chi mi segue e chi si è aggiunto fra i lettori di questa mia opera, che ormai ha preso una piega tutta nuova XD L'originale era decisamente diversa. Credo che ormai della fanfic precedente siano rimasti soltanto i personaggi. Fine. Ahah!
Vabbè, sperando che questo capitolo sia piaciuto vi saluti e vi mando un bacio, rimandandovi al prossimo aggiornamento! Fatemi sapere che cosa ne pensate per favore!
Kaiy-chan
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > BeyBlade / Vai alla pagina dell'autore: Kaiyoko Hyorin