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Autore: Lady Moonlight    02/10/2014    9 recensioni
Freya è un'arma, una guerriera creata e plasmata per conquistare Asgard.
Il suo destino sembra tracciato, ma il fato prende una piega diversa la notte in cui i suoi genitori vengono uccisi.
Sfuggita alla morte, viene accolta da Odino e cresciuta insieme ai suoi figli.
Mille anni dopo, conclusosi l'attacco a New York, Loki è condotto su Asgard in catene, in attesa di conoscere il giudizio del Padre degli Dei.
Privato dei suoi poteri, è costretto a osservare mentre un nuovo nemico minaccia la sua vita e quella di Odino.
Freya e Loki.
Diversi, quanto simili, si troveranno a condividere insieme più tempo di quanto entrambi desiderino e il loro passato segnerà in modo indelebile il futuro di Asgard.
[…]"Tu sei come queste farfalle, figlia" le aveva detto un giorno suo padre.
"Ora sei solo una piccola larva, un bruco. Ma un giorno ti trasformerai e, come queste farfalle che si librano inconsapevoli tra i prati, diventerai un'arma perfetta. Tu sarai lo strumento che mi permetterà di avere Asgard tra le mie mani."

[Post Avengers] Loki/Nuovo Personaggio
Possibili accenni Loki/Sigyn
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 15: Cicatrici
 

 
Freya stringe i denti e soffoca il dolore, mentre, aiutata da Loki, cambia posizione. Vuole tenere sotto controllo l'entrata della grotta e vedere con i suoi occhi il nano che li ha aiutati.
Al momento sono soli, lei e il dio degli inganni. A quanto pare Thrain è uscito per controllare le trappole che usa per procurarsi qualche piccola preda e tarda a rientrare.
"Non puoi fidarti di quel nano." avverte Loki, maledicendo il Ghoul che l'ha ferita.
"Non mi fido, certo che no." replica lui. "Ma non potevo fare altro che seguirlo viste le tue condizioni." la accusa. "Credi di riuscire a camminare?"
Camminare? Freya scuote la testa e la appoggia alla parete di roccia. Strisciare, forse, o magari nemmeno quello.
Sta usando le sue energie per controllare il potere di Brísingamen e finché non imparerà a gestirlo Freya dubita di poterne fare ricorso.
Si accorge che Loki le sta osservando insistentemente la schiena e, da come la guarda, Freya capisce che deve aver visto le sue cicatrici. Vorrebbe riuscire a nasconderle con il Seiðr, come ha sempre fatto, ma non ci riesce e in ogni caso lui le ha già scorte.
Quando il dio degli inganni si decide ad esplorare quell'argomento, Freya non ne è sorpresa. Immagina che a parti invertite anche lei sarebbe curiosa.
"È stato... doloroso?"
"Sì." chiude gli occhi, avvertendo il tocco freddo di Loki sulla pelle. È una sensazione piacevole; la carezza confortante che da bambina ha atteso invano. "Fa ancora male." gli rivela, senza cercarne lo sguardo.
"Perché?"
"Disubbidienza." Era stata pura follia disattendere gli ordini di Víli.
"Chi è stato? Quando?" il tono di Loki è duro. Si è alzato in piedi e ora la fissa con troppa intensità.
E Freya cede sotto quello sguardo, non può farne a meno. Si chiede se una volta caduta sarà più facile rialzarsi. Se riuscirà finalmente ad andare avanti, lasciarsi tutto alle spalle, cancellare quelle cicatrici.
Per un attimo si concede quella debolezza, ma lo sa. Le cicatrici sono impresse sulla sua pelle come un tatuaggio. Resteranno per sempre.
"È accaduto molto tempo fa..."
 
 
Alfheim è un mondo che le piace; pieno di piante rigogliose e fiori colorati. Le trasmette una libertà che non ha mai avuto e mai potrà avere se continuerà a rimanere al fianco di Víli.
In mezzo a quella foresta verdeggiante, spruzzata di rosso e viola, da qualche parte, si nasconde l'elfo che suo padre le ha ordinato di uccidere. Non ha chiesto più informazioni del necessario, sapendo che in ogni caso Víli non le avrebbe dato alcuna motivazione.
Freya cammina sola, sotto le fronde di rami cadenti e si prende più tempo del dovuto per analizzare quel nuovo e sconosciuto terreno di caccia.
I pochi elfi che ha incontrato non l'hanno fermata ne hanno chiesto informazioni.
Ci mette due giorni per arrivare nel punto della mappa indicata da Víli.
È nella zona nord del pianeta, la parte più inospitale e selvaggia. Freya sa di dover fare attenzione, ma la distanza messa tra lei e i genitori la rendono troppo euforica e troppo distratta.
Per questo, quando una radice le si attorciglia attorno alla caviglia non è in grado di reagire prontamente come vorrebbe. È trascinata in aria prima che possa recidere il ramo verde e spinato che le irrita la pelle, sospesa sopra un bocciolo di fiore gigante che si schiude poco alla volta.
Freya conosce la storia sulle piante carnivore di quel luogo, sa di dover agire prima che i petali rilascino il polline paralizzante e così invoca l'aiuto del Seiðr.
È il vento a rispondere alla sua chiamata d'aiuto. Una folata leggera si trasforma in una lama letale e invisibile che recide il prolungamento del fiore.
Lei cade senza fare rumore, ma atterra in un terreno accidentato e la caviglia non riesce a reggere il suo peso.
Freya grida, sostenendosi su un solo piede. È zoppicando e mordendosi il labbro inferiore che attraversa il nuovo tratto di foresta. Ha innalzato una barriera protettiva, ma la durata dell'incantesimo è limitata e deve trovare un luogo dove poter vedere i danni della caduta e valutare come procedere.
Supera rami e oltrepassa rovi di spine, poi la vede. La grotta è come un bicchiere d’acqua nel deserto pietroso di Svartálfaheim e lei si lascia cadere a terra. Il dolore al piede è costante e impossibile da ignorare, così si decide a valutare i danni.
È una frattura e il Seiðr impiegherà giorni a sanarle la ferita. Troppo tempo.
Freya appoggia una mano sulla caviglia e inizia a mormorare la formula di guarigione.
 
 
L'incontro con l'elfo avviene alle prime luci dell'alba, quando nel cielo di Alfheim risplende una sola luna e Freya si sforza di tenere aperti gli occhi. Lui corre nella grotta con una ferita alla tempia e lei si mette immediatamente in allerta, afferrando un paio di pugnali da lancio.
Lo riconosce subito come il suo bersaglio: occhi violacei e capelli bianchi come la pallida luna di Asgard e Midgard.
Freya gioisce di quella fortuna inaspettata, mentre l'altro si immobilizza e la guarda stranito.
Fuori dal nascondiglio, lei percepisce chiaramente la presenza di altri individui, forse cacciatori di taglie. L'elfo non si muove, valuta le proprie alternative, poi decide di entrare.
È un pensiero strano quello di Freya, eppure non può fare a meno di notare quanto il suo obiettivo sia... bello. Diverso.
Si chiama Sylar, ricorda lei, ed è imparentato con la famiglia reale di Alfheim.
"Una ragazzina... di Asgard." constata lui. "Vi istruiscono sempre più giovani."
Freya non perde tempo a fingere, chiarito che entrambi sospettano l'identità dell'altro. La domanda le sorge spontanea e le parole sfuggono dalle sue labbra. "Perché vogliono ucciderti?"
"Ambisci alla mia morte e non lo sai, ragazzina?"
Freya socchiude gli occhi, infastidita. Dovrebbe ucciderlo e basta -non si conversa con il nemico- ma il desiderio di sapere è tanto.
"Sei la schiava di qualche cacciatore di taglie? Il tuo padrone ti ha mandata da sola?"
Lei inorridisce per quel paragone poco opportuno e offensivo. "Non ho alcun padrone." ribatte lei. E tuttavia, riflettendoci, Freya capisce che quell'affermazione non è del tutto vera.
"Oh... sei una di quelle orfane adottate per essere mandate al macello, dunque."
Freya scatta in avanti, malgrado la fitta di dolore alla caviglia. Non sopporta le parole di quell'elfo perché, anche se sbaglia, lei intravede comunque un frammento di verità. È cresciuta senza una vera famiglia ed ha imparato a sottostare ad ogni richiesta di Víli.
"Hai mai impugnato un'arma solo per il gusto di farlo e non per uccidere?" prosegue Sylar.
Freya ha gettato l'elfo a terra e ora è china su di lui. Basterebbero pochi secondi per porre fine a quella missione; solo un rapido movimento del polso per affondare il pugnale nella gola del suo bersaglio.
Gli occhi di Sylar sono due gemme viola e le labbra leggermente striate d'azzurro, sono piegate in una smorfia.
Lui deve averla vista zoppicare perché le afferra il piede ferito e stringe la mano sulla caviglia. "Pensaci. Sei un'assassina per scelta o per necessità? Desideri questa vita? La morte è la fine di tutto... Per ogni vita che prenderai, perderai anche un frammento di te stessa."
Solo parole, è quello che pensa Freya. Non sempre è possibile scegliere.
Non sempre.
 
 
"Ho risparmiato una vita che avrei dovuto recidere. Una scelta che mi è costata cara." mormora Freya e Loki la sente appena. "Lui mi ha fatto pagare la mia mancanza di obbedienza nell'unico modo che conosceva."
Il dio degli inganni schiude le labbra. Vuole sapere tutto, conoscere la verità.
"Chi è stato?" le ripete di nuovo. Vuole sentire quel nome, dare forma al sospetto che è andato crescendo nella sua mente.
Freya esita, emette un lamento di dolore e alla fine alza lo sguardo. È allora che Loki nota la somiglianza con Odino. Non ci ha mai prestato attenzione prima, ma la forma degli occhi e la forza che emanano è simile a quella del re di Asgard. Hanno assunto una sfumatura cupa, un colore simile alla cenere che il fuoco lascia dietro di sé.
"Per anni, dopo la sua morte, ho rifiutato di nominarlo. Sarebbe stata una debolezza, il sussurro di una paura che avevo imparato a non temere mai più."
Loki attende. Non vuole forzarla più del dovuto per paura che non gli riveli nulla.
"Víli." sibila Freya. "Figlio di Bor, fratello di Odino, marito di Skaði, detentore della spada Vanadis. Mio padre."
 
 
La frusta colpisce una, due, tre volte. Freya perde presto il conto del numero delle ferite che si aprono sanguinanti sulla sua schiena.
Víli è rapido e indifferente al dolore che le provoca.
Sono soli, lei non ha idea di dove si trovi sua madre e nemmeno vuole saperlo.
Una punizione giusta, continua a ripetere suo padre.
"Ti passerà la voglia di disubbidire." le alita in faccia, mentre le solleva la testa per i capelli. "Cento frustate ogni volta che lascerai scappare un bersaglio." continua. "Quell'elfo doveva morire."
Víli la lascia andare e Freya soffoca tutto: lacrime, dolore e rabbia. Non fa che ripetersi che permettere a Sylar di fuggire sia stato un errore.
"I ribelli non sopravvivono mai a lungo." commenta suo padre, osservandola alle sue spalle.
Freya cade a terra, incapace di sostenersi ancora sulle gambe ed è con gratitudine che accoglie il freddo proveniente dalle lastre del pavimento. Ha la vista offuscata, ma si rifiuta di svenire davanti a Víli.
"Non potrai usare il Seiðr per lenire il dolore e curare le ferite. Che questi segni ti rimangano sulla pelle. Saranno da monito alle tue azioni."
Lei deglutisce, contando le gocce di sangue che dalla sua pelle cadono a terra.
Alla fine non resiste più e cade in un piacevole oblio.
Quando si risveglia, ha la sensazione che le braccia le siano state strappate dal corpo e la schiena...
È Sonea a prendersi cura di lei, ma gli impacchi di ghiaccio e le pomate guaritive servono a poco contro il dolore. La veglia giorno e notte per dieci lunghi giorni, fino a quando il dolore scompare.
Non le cicatrici però. Quelle sono lì, orribili e rosse sulla pelle appena guarita.
Sono una confusione di linee orizzontali e verticali e Freya non riesce a fissarle a lungo. Vuole cancellarle dalla sua schiena, così come vuole cancellare dalla sua esistenza Víli e Skaði.
 
 
Loki muove un passo all'indietro e si immobilizza. La rabbia è emersa con il nome pronunciato da Freya, eppure c'è anche altro. È incredulo davanti a quella verità, sorpreso un'altra volta dei risvolti presi dalla vita della guerriera. Quei segni sulla schiena sono troppo reali per fingere che siano una menzogna.
Loki espira bruscamente e maledice per l'ennesima volta i bracciali che gli impediscono di utilizzare il Seiðr.
"Capisci, ora? Non sei stato l'unico a rimanere ferito da un padre." gli suggerisce Freya. "Ma Odino ti amava, Loki."
Lui non risponde. Quando si tratta di Odino, il dio degli inganni non è sicuro di nulla. Ma non può dimenticare ciò che gli ha fatto, quello che è successo.
Il Padre degli Dei l'ha tradito e la ferita gronda ancora sangue.
"Lui aveva bisogno di un'arma." replica. "Mi ha cresciuto per avere il controllo di Jotunheim."
"Sbagli." lo interrompe Freya. "Víli aveva bisogno di un'arma. Odino aveva tutto e ti ha accolto nelle sue braccia come un figlio."
"Voleva controllarmi." obietta.
"Desiderava che tu fossi felice."
Loki sogghigna e scuote la testa. Non troveranno mai un punto comune in quella faccenda e non gli interessa.
Freya si irrigidisce e punta lo sguardo sull'entrata della grotta, cercando qualcosa nella tormenta.
"Il nano è via da troppo tempo. È accaduto qualcosa." gli bisbiglia.
Loki annuisce. Che gli Jotun li abbiano trovati?
Riesce solo a pensare ai modi in cui verranno uccisi dopo che quel popolo primitivo scoprirà che sono di Asgard. Non riuscirà a proteggere né lui né tantomeno Freya.
Entrambi avvertono all'unisono i passi pesanti di qualcuno che arriva correndo. Devono appartenere a Thrain perché i giganti di ghiaccio farebbero più attenzione.
"Dove sei stato stupid-" Loki si interrompe quando vede l'altro irrompere nel rifugio. Un pugnale è conficcato nel petto del nano anziano e i vestiti sono zuppi di sangue. Thrain tossisce e si volta appena in direzione di Freya che lo guarda con gli occhi spalancati e l'espressione familiare di Sif quando desidera uccidere qualcuno.
"Sapevo..." dice con le ultime parole che gli restano. "... che sarei morto se mai ti avessi rivisto. Ma tu... perché sei ancora viva?"
Thrain crolla sulle ginocchia e poi cade in avanti. Loki non ha tempo per analizzare le ultime parole del nano. I loro nemici arriveranno presto e...
Freya è la prima a reagire. Con una mano afferra Vanadis e la pianta nel terreno ghiacciato per aiutarsi a mettersi in piedi. Barcolla in avanti e Loki capisce subito che è incapace di reggersi in piedi da sola.
Se anche li vedesse, Heimdall non potrebbe aiutarli in alcun modo senza l'ausilio del Bifrost.
Se è giunta la sua ora Loki intende combattere fino a quando non gli resterà più fiato in corpo. Anche Freya è del suo stesso parere, ma...
Morire... Non trova nulla di consolante nel sapere che la morte non giungerà per mano di Thanos.
"Andrò avanti per primo." mormora a Freya, deciso nel cercare di... salvarla? Non è in grado di salvare se stesso, figurarsi lei.
"Loki..."
Lui si volta appena a quel richiamo. Non crede di aver mai visto la paura sul viso di Freya, ma è quello che percepisce dall'espressione che lei gli rivolge.
La mano della guerriera si muove rapida sulle sue braccia, fino ad arrivare all'altezza dei polsi.
Loki trattiene il respiro quando le dita si fermano in corrispondenza dei bracciali dei nani.
"Devi andartene." gli dice Freya, risoluta. "Gli Jotun non conoscono il volto di Loki, il distruttore del loro mondo. Fa che continuino a non saperlo."
Le rune che lei pronuncia ad alta voce, nel giuramento che lo libererà dai bracciali, sono dette con chiarezza e risolutezza.
Quando le fasce di metallo si aprono e permettono a Loki di togliersi quegli oggetti imperniati di Seiðr, è sollievo misto a colpa ciò che prova il dio degli inganni.
Sente scorrere la magia nelle sue vene, ma non c'è gioia in quella riconquista.
"Scappa finché puoi farlo." gli suggerisce Freya.
Loki la guarda. Crede davvero che potrebbe abbandonarla, lasciarla nelle mani di quei mostri di ghiaccio?
Forse una parte di lui lo farebbe. Vuole salvarsi, ma non se significa essere ricordato come un codardo. Non darà altri motivi ad Odino per farsi beffeggiare ad Asgard.
Delle voci cavernose e profonde giungono dall'esterno e Loki si mette davanti a Freya per tentare di rallentare l'inevitabile. Lei sbuffa e tossisce.
"Non possiamo farcela, lo sai. Il Seiðr che stai riacquistando è ancora troppo debole. Ingannali e vattene."
"E poi?" le domanda con rabbia. "Vagherò su questo mondo di ghiaccio finché non mi troveranno?" È furioso con se stesso e con lei, che si offre tanto facilmente al sacrificio.
"Torna ad Asgard, trova il modo."
Mai. Loki si rifiuta di accettare una simile idea. Guarda la schiena di Freya, le cicatrici che le deturpano la pelle, e si domanda come potrebbe tornare da Odino e accettare un simile destino.
"Non restare per me."
Loki deglutisce. Per lei? Non lo fa per Freya, ma per il suo orgoglio.
"La decisione è mia e ho fatto la mia scelta."
"Pazzo!" sibila la guerriera ansimando per lo sforzo di rimanere in piedi.
"Devo proprio esserlo."
 
 
Rimanere in quella posizione le richiede sia uno sforzo mentale che fisico, ma Freya non ha intenzione di abbandonare Vanadis. Le occorre la spada per difendersi e non può lasciare che un'arma dei Nibelunghi cada nelle mani degli Jotun.
Ha liberato Loki dai bracciali dei nani ed è tormentata dall'idea che entrambi cadranno su Jotunheim, dimenticati da tutto e tutti.
Sarà colpa sua se il figlio di Odino morirà lì, sua, se Thor perderà un fratello e Frigga un figlio.
La presa sulla spada è debole e prima che lei possa rendersene conto l'arma le scivola dalle dita, cadendo sul sangue ghiacciato di Thrain. Gli occhi del nano sono opachi e spenti, ma lei li ricorda.
Thrain doveva essere alla villa il giorno in cui i suoi genitori morirono. Odino aveva fatto esiliare i nani sopravvissuti all'attacco e all'incendio su altri mondi ed evidentemente lui era finito lì.
Jotunheim. Patria dei giganti di ghiaccio, che avevano dato il via a molte guerre, che avevano attaccato Midgard che...
Era il pianeta d'origine di Loki.
Certo...
Freya sobbalza per l'intuizione che ha appena avuto, per il piano che potrebbe salvare almeno uno di loro. Al dio degli inganni non piacerà la sua proposta -oh, la odierà!- ma non avrà il tempo per sollevare obiezioni.
Raccoglie le ultime energie che le rimangano, concentrandole nel palmo della mano, e poi si protende in avanti fino a sfiorare la pelle scoperta del braccio di Loki.
È un attimo.
La pelle di lui muta in un azzurro sempre più scuro, fino a raggiungere un intenso colore blu. Gli occhi brillano di una sfumatura cremisi, mentre si volta a guardarla.
"Non rivelare il tuo vero nome." gli rammenta Freya, crollando sulle ginocchia.
Loki è furioso e sorpreso, ma anche colpito per quella trovata, lo capisce dalla sua espressione assorta.
"Di loro che sono una tua... una schiava. Un'esiliata di Asgard."
Freya non ha tempo di dirgli altro, una fitta alla schiena la fa crollare definitivamente a terra e cinque Jotun varcano l'entrata della grotta.
 
 
Loki maschera la sorpresa con l'arroganza tipica degli Jotun e afferra malamente Freya per un braccio. Lei è sua, di certo non ha intenzione di cederla a una di quelle creature di ghiaccio.
"Cosa abbiamo qui?" domanda la voce dello Jotun più alto, che si fa avanti per primo. Loki presume sia il capo di quella banda. Ha una parlata fluida che a primo impatto gli ricorda Laufey, ma la cosa al momento è del tutto irrilevante.
"Chi sei, ragazzo?" quello fa una pausa e allunga il collo a sinistra per esaminare il corpo di Freya. "Una femmina asgardiana?"
"Una schiava." si affretta a dire. "Il nano l'aveva... l'ha rapita. L'avete ucciso prima che potessi farlo io." aggiunge.
"Da dove viene?"
"Esiliata dalla città d'oro."
Lo Jotun muove un passo in avanti. "E tu? Sembri gracile quanto un asgardiano. Puzzi come lei."
Loki si sforza di mantenere un'espressione neutra. "La ragazza è schiava della mia famiglia da molti anni. Una piccola ribelle, ho dovuto punirla diverse volte." fa un cenno sbrigativo alla schiena di Freya mentre lei continua a tenere la testa rivolta verso il basso. "Ha tentato la fuga ed è stata trovata dal nano."
Lo Jotun grugnisce. "Credevi di poter scappare?" si rivolge direttamente a Freya, sputandole addosso. "Stupida asgardiana." La spinge con un calcio e la guerriera si lascia sfuggire un lamento.
"Ha uno strano accento. Da dove credi che venga, Khol?" interviene un secondo gigante di ghiaccio, riferendosi a lui e rivolgendosi al capo.
Loki ha studiato il pianeta in passato. Jotunheim è pressoché diviso in villaggi più o meno abitati, ci sono tre città più popolate ed una di queste è la capitale Jotunna[1].
Non ha idea di dove lui e Freya si trovino in quel momento. "Dal... sud." si sforza di ricordare il nome di qualche villaggio. "Jarja.[2]" Se non sbaglia fu uno degli insediamenti che gli asgardiani attaccarono al tempo della guerra.
"Un lungo viaggio... Perché? Sei qui per la sfida dei re?"
Loki annuisce con lentezza. Ha già sentito parlare di un evento simile, ma non ricorda i particolari di cosa consista.
"E la schiava?" Khol fa per afferrare i capelli di Freya, ma lui lo ferma, mettendosi in mezzo.
"Appartiene a me." sibila il dio degli inganni, stringendo il pugnale dietro la schiena.
Gli Jotun ridono, lanciandogli sguardi di scherno. Lui vorrebbe strappare loro gli occhi e squarciarli le viscere, ma il pensiero di Freya ferita lo trattiene dal lanciarsi in una battaglia persa in partenza.
"È solo una cagna asgardiana, ferita e sfregiata. Non sopravvivrà a lungo al freddo di Jotunheim."
Da come gli Jotun osservano la guerriera, Loki è certo che quelle parole non rispecchino affatto quello che le farebbero se lui non fosse presente. L'idea è così rivoltante che, mentre stringe i pugni, del ghiaccio si forma sulla superficie della pelle.
"Siete stati voi ad uccidere i nostri Ghoul da ricognizione? I sopravvissuti ci hanno condotto qui." ringhia Khol, mostrando i denti.
Loki serra la mascella.
"Prendeteli." ordina l'altro e immediatamente i quattro Jotun rimasti di schierano al fianco di Freya e Loki, immobilizzandoli.
"Verrete a Jotunna con noi. In un modo o nell'altro troverò il modo per farvi ripagare il vostro debito."
 
 
***
 
 
Quando Thor varca la porta della sala del trono e trova Sif inginocchiata davanti al trono di suo padre, capisce che è tardi. Il corvo che ha spiato la sua conversazione con Frigga è appollaiato sull'avanbraccio di Odino.
Avanza senza degnare la guerriera di un'occhiata e si inginocchia anche lui al cospetto del re di Asgard.
"Padre-"
"Con te e tua madre parlerò più tardi. In privato." lo ammonisce, accarezzando distrattamente le piume del volatile.
Thor serra la presa sull'impugnatura di Mjolnir e alza la testa. La sala è piena di guardie, consiglieri, ancelle e servitori del palazzo. Tutti hanno lo sguardo puntato su Sif e lui è perfettamente conscio che la guerriera deve aver riferito all'intera Asgard di Freya e... Loki.
In quel momento, Thor la sta detestando. Sif l'ha salvato innumerevoli volte in passato, ma... Il tradimento brucia come fuoco sul suo cuore.
Non può discutere con suo padre davanti a tutti quegli asgardiani, ma devono parlare. Odino non può tirarsi indietro da quella faccenda come ha fatto con Loki.
Il corvo inclina la testa verso il cielo e vola via nell'esatto momento in cui Odino si alza in piedi. "Vanno organizzate nuove difese." annuncia. "Il Bifrost sarà presto nuovamente utilizzabile. Scoveremo i traditori del regno e li distruggeremo!"
Thor decide di andarsene, prima di poter dire cose di cui si pentirebbe, e lascia la sala tra gli applausi del pubblico.
Sif l'ha seguito, a testa alta e con lo sguardo fiero, il modo con cui affronta ogni cosa.
"In questo momento, Sif, preferirei non discutere con te di nulla." accelera il passo, ma l'asgardiana non sembra intenzionata a chiudere lì il discorso.
"Qui non si tratta di Freya o di Loki, Thor. Si tratta di Asgard!" esclama.
Thor si ferma e torna indietro con occhi furenti. "Tu non hai idea di cosa Asgard abbia fatto a lei!" Ha alzato la voce più del previsto, ma nella mente ha impressa ogni parola che Frigga gli ha rivelato.
Sif è confusa e non può darle torto. "Freya?" Lei socchiude gli occhi come se potesse intuire cosa si nasconde dietro quella dichiarazione, ma Thor non ha intenzione di aggiungere altro.
"Basta così, Sif." la interrompe prima che possa dire altro. "Devo trovarli, che a mio padre piaccia o meno. Riporterò entrambi a casa. Asgard è l'unico luogo a cui entrambi appartengono."
 
 


 
 
 

[1] Jotunna: ho cercato in giro per il web ma non ho trovato notizie sul nome di una capitale per Jotunheim. Mi sono arrangiata di fantasia
[2] Jarja: villaggio inventato.



Ed eccoci al capitolo omonimo alla storia. Gustatevi l'aggiornamento perché vedo il mio futuro pieno di impegni! Sorry! T.T



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