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Autore: Natalja_Aljona    02/10/2014    1 recensioni
Novosibirsk, 2013.
Aljona Sergeevna Dostoevskaja e Lev Fëdorovič Puškin, l’aspirante pattinatrice e l’ex terrorista.
Lei quindici anni di sogni, lui ventidue anni di illusioni.
Lei scandalosamente bionda, coraggiosa e incosciente come poche.
Lui troppo impulsivo e troppo innamorato.
Lei frequenta il penultimo anno del Ginnasio, lui ha passato sei anni in carcere per un attentato a Putin.
Perché lui davvero non ci riusciva, a non idealizzare quel Paese, quella Siberia feroce e opprimente, il cuore bianco e grigio della sua Russia sanguinaria e corrotta, a non cullare l'illusione di una Patria gloriosa sotto le macerie della violenza fine a se stessa e le sue stesse cicatrici di ragazzino che credeva ciecamente nel suo mondo immaginario, nei suoi miti bellissimi e impossibili, perché non c'era davvero quella gloria, non c'era davvero quella Patria.
Non c'era davvero quella luce, c'erano solo loro.
Lev con la pelle mangiata dalla prigione e il cuore rubato da Aljona e Aljona fatta di ghiaccio, musica, libri e capelli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Centosette

Вакулу непутёвого

Vakulu neputyovogo

Quel buono a nulla di Vakula


Durante i provini Layla stava sempre seduta accanto a Emel'jan, che le accarezzava il viso e i capelli con la stessa frequenza con cui respirava e ricambiava i suoi sguardi sognanti e adoranti.
Ogni ragazzo a cui l'aveva presentata aveva mostrato un rispetto reverenziale nei confronti del suo nome.
Per la Layla di Eric come per la Layla di Emel'jan.
La dea di Emel'ka, molto più di una musa, molto più di una donna.
Lo scricciolo che aveva ricevuto dalle braccia di suo fratello Roman, che aveva capito molto prima di loro che Emel'jan Julajev, il ragazzo con l'eredità di due eroi, era l'unico in grado di proteggere Layla come aveva fatto lui da quando era nata.
L'unico a cui avrebbe potuto affidare la vita di Layla.
Roman da Vasilij aveva ereditato la disperata e struggente dolcezza, che suo padre aveva dimostrato solo a pochissime persone e non senza prima averle maltrattate e fatte soffrire, e Layla l'immensa fragilità.
Anastasija assomigliava di più a Khadija, e li proteggeva entrambi, come Khadija aveva sempre protetto Vasilij, a modo suo, dal suo costante e logorante bisogno di attenzioni e di approvazione che a volte lo faceva diventare tanto cattivo, anche se crescendo aveva perso gran parte del suo egoismo giovanile.
Roman, come tutti i fratelli e in particolare quelli di Nostal'hiya, aveva faticato ad arrivare a pensare con serenità al giorno in cui sua sorella avrebbe amato qualcun altro oltre a lui.
La prima volta che ci aveva pensato aveva semplicemente decretato con spaventosa sicurezza che non esisteva un ragazzo degno della sua Layla.
Poi aveva sentito Emel'jan suonare e gli aveva visto negli occhi una sicurezza conquistata e non innata come quella di David Puškin, che pure era sempre stato il suo idolo d'infanzia, adolescenza, gioventù e meno, come lui stesso aveva definito Lev per Vasilij.
E così gli aveva concesso il cuore di Layla molto prima che glielo concedesse lei.
Per Emel'ka scoprire di essere all'altezza di Layla era stato una sorta di miracolo, di stella cadente afferrata al volo.
Moriva dalla voglia di dimostrarle quanto la adorava, quanto aveva sospirato per ogni volta che lei aveva inclinato la testa, lo sguardo e i suoi occhi di luna verso di lui, quanto aveva fantasticato su ogni speranza, pur essendo convinto di non averne il diritto.
Ogni giorno andava a prenderla a scuola, e puntualmente Timur Yablokov faceva commenti spiacevoli su di loro e soprattutto, a causa del desiderio misto a risentimento che gli smuoveva dentro Layla ogni volta che la guardava e che gli impediva di odiarla del tutto per aver preferito un altro a lui, su "quel chitarrista fallito che non è riuscito a trovarsi una ragazza della sua età ed elemosina affetto e altro da una verginella del Ginnasio", sottolineando bene la parola "altro".
Quella stupidina, nemmeno più tanto verginella, ormai.
Cosa ci trovava in lui?
Tutte le volte che si trovavano vicini faceva in modo di sfiorarle un braccio, una spalla o i capelli, e il modo in cui lei si ritraeva di scatto lo faceva ridere, ma di una risata cupa e rabbiosa.
Aveva capito che Layla aveva dato l'anima al suo chitarrista.
Anche lui, probabilmente, avrebbe voluto tutto da quell'incantevole ragazzina, eppure la trattava con una delicatezza quasi sconcertante.
"Sono i sensi di colpa per essersi fatto una minorenne", sputava Timur, sprezzante, ma in realtà era sinceramente impressionato dal rapporto che c'era fra il chitarrista e la piccola Layla, che sembrava tanto magico e unico.
Dal lungo abbraccio in cui Emel'jan Julajev stringeva la ragazzina appena lei lo raggiungeva, limitandosi a tenerla contro il suo petto e ad affondare il viso nei suoi capelli, più incredulo che possessivo.
Inoltre era evidente che, cosa niente affatto scontata, Layla aveva una fiducia incondizionata nel suo fidanzato.
Era a quel punto, di solito, mentre Emel'jan e Layla si allontanavano mano nella mano, bisbigliando fra di loro, che Timur distoglieva lo sguardo.
A modo suo anche lui era innamorato di Layla, ma nonostante le continue provocazioni e gli sguardi torvi era meno cattivo di quanto lei credesse.
Quella sua definizione di Emel'jan, però, "chitarrista fallito", aveva riportato alla mente di Emel'ka Dóra, la sua prima fidanzata.
Layla aveva percepito il velo di tristezza che era calato su di lui e gli aveva accarezzato una guancia, facendolo sorridere.
-Allora eri così piccola! E mi dicevi le cose più belle del mondo, sai? La sera della festa per Lilija ho suonato per lei solo grazie a te. Da quel giorno in poi è stato sempre così-
Layla gli rivolse lo sguardo che a Emel'ka faceva sentire il mondo intorno a lui sciogliersi.
-Sono ancora tanto piccola?-
-No, ma per me lo sarai sempre. Anche se sei cresciuta, e più crescevi più pensavo che sarei morto, quando qualcun altro ti avrebbe avuta al posto mio. Ma a quanto pare...-
-Nessuno mi avrà mai al posto tuo- concluse per lui Layla.
-Questo è un pensiero che mi dà molto alla testa. Prima vivevo nel terrore di quando avresti avuto un ragazzo. Chiunque fosse stato, l'avrei odiato ferocemente-
-Ma io non volevo un ragazzo. Io volevo solo il mio Emel'ka-
-E io sono solo il tuo Emel'ka-
-Solo?-
Layla scosse la testa, sorridente.
-Non hai idea di cosa significhi per me, che tu sia solo il mio Emel'ka-
Emel'jan le strinse più forte la mano e finalmente le rivelò:
-Ho pubblicato un annuncio sul giornale e un altro su internet. Per il gruppo. E hanno risposto in due-


Vremena proydut
Gody proletyat
Pervuyu lyubov'
Ne vernosh' nazad

Vidno ne sud'ba
Vidno net lyubvi
Vidno nado mnoy
Posmeyalsya ty


I tempi passano

Gli anni volano

Il primo amore

Non torna indietro


Non vedo destino

Non vedo amore

Non vedo me

Tu ridi

(Veter s morya dul, Natali)


A Svetlana, in tutta sincerità, Dóra non era mai piaciuta neanche un po'.
Le dava l'idea di essere una piccola snob altezzosa che si dava un sacco di arie e guardava tutti dall'alto in basso, compreso il suo bellissimo figlio.
Per lei, permalosa Nostal'hična che a quarantun anni era ancora identica ad Ani Lorak a trentacinque e per di più era incinta del suo terzo figlio del marito più dolce e adorabile della città, non c'era biondina ungherese che tenesse.
Budapest era una delle città più belle del mondo, niente da dire, ma il suo Emel'ka meritava molto di meglio di quella determinata ungherese.
Dóra aveva lo stesso parere su di lei, con la differenza che la sua diffidenza nasceva dal fatto che Svetlana, nonostante Emel'ka ripetesse quanto fosse brava a cantare, faceva la fioraia.
Igor', invece, in quanto proprietario di un'azienda e non di una casa discografica, ai suoi occhi era un fallito come suo padre.
Gli altri la tolleravano abbastanza bene, pur non scoppiando d'affetto per lei, ma Svet faceva davvero fatica a degnarla di uno sguardo meno disgustato.
Emel'ka, Dio solo sapeva perché, era innamorato di lei, e la giustificava per i suoi comportamenti un po' altezzosi spiegando che a San Pietroburgo, dove lavorava sua madre, era abituata a frequentare persone "diverse", valeva dire ricchi arroganti e presuntuosi, con i cui figli però Dóra si trovava più a suo agio che con i Nostal'hičnyy.
Doveva esserci una via di mezzo, tra Nostal'hiya e la San Pietroburgo dei ricchi, una Russia un po' più innocua, né pregiudicata né corrotta, ma non la conoscevano né lui né Dóra.
Zsuzsanna Kerényj Braschné (né era il suffisso ungherese che significava "moglie di", nel caso di Zsuzsanna moglie di Árpád Brasch) poteva permettersi di pagare alla figlia il migliore albergo di Novosibirsk per i giorni in cui Dóra andava a trovare Emel'jan, e dal centro della città la ragazza raggiungeva il fidanzato a Murav'ëv Apostol' con i mezzi, ma Emel'ka, nella sua orgogliosa ingenuità di figlio di Nostal'hičnyy, finiva sempre per portarla a Nostal'hiya.
Murav'ëv Apostol' era un quartiere più bello e ordinato, ma ancora troppo giovane per poter custodire i sentimenti che vibravano a Nostal'hiya, e a Nostal'hiya c'erano tutti i luoghi dell'infanzia di Emel'ka e della sua famiglia.
Dóra guardava demoralizzata le vie disastrate e i palazzi cadenti di Nostal'hiya, un po' ristrutturati negli anni ma sempre estremamente miseri agli occhi di una ragazzina assuefatta al lusso più sfrenato, e davvero non riusciva a vedere oltre, ma in quel periodo la stretta di mano di Emel'ka era sempre un po' più forte del disagio che provava.
Il quartiere ucraino della periferia siberiana.
Cosa c'entrava con lei?
Lei non aveva letto
A Pál utcai fiúk (I ragazzi della via Pál), ma chiamava Emel'jan "il mio Nemecsek" con una tenerezza che, anche se allora nessuno dei due voleva ammetterlo, già sfociava nella pietà.
Ma un giorno Emel'jan si era messo in testa di farle cambiare idea su sua madre facendole vedere il dvd ricavato dal video del concerto del matrimonio.
L'etichetta, che Svet ripassava con il pennarello indelebile blu ogni volta che lo vedevano, riportava "Svetočka e Igorek, 2 Ottobre 2015", e Dóra aveva sorriso dicendo:
-Non pensavo che tua madre fosse una persona romantica-
Figurarsi, lei a tratti dubitava perfino che Svetlana fosse una persona.
-A modo suo- aveva specificato Emel'ka, raggiante.
-Ora vedrai che zvezda era a diciassette anni ed è ancora, quando non ha nessuno da infamare-
Dóra l'aveva visto, e si era scatenata con i commenti.
-Chi è quella sottospecie di escort? Quella bionda-
-Quella è Aljona, la migliore amica di mia mamma. Non lo vedi che è incinta di cinque mesi? Aspettava Al'ja, la sua seconda figlia-
-Al'ja?-
-Natal'ja-
-E il padre era un cliente?-
-Dóra, Aljona fa la pattinatrice, è stata due volte campionessa olimpica e adesso insegna, e suo marito è un professore di russo-
-Ah... Va bene. Oddio, tre comparse di un film di guerra!-
-Quelli sono mio zio Arkadij e i suoi due migliori amici, tra cui Lev, il marito di Aljona-
-Il professore?-
-Eh-
-E quell'esaltato che canta e si dimena accanto alla zingara?-
-È il migliore amico di mio padre e fa l'avvocato, mentre la zingara, che non è affatto una zingara, è una fotoreporter ed è l'altra migliore amica di mia madre. Vasilij e Khadija-
-Oddio, scusa...-
-Figurati. Finché non ti sente mia madre...-
-Ma c'è scarsità di stoffe, a Novosibirsk?-
-No, perché?-
-Così, chiedevo...-
Emel'jan fece un rapido calcolo mentale.
Li aveva insultati tutti?
Aljona, Khadija, Vasilij, Arkadij, Lev e Nikolaj...
Beh, quasi.
Meglio così.
Più ne aveva già insultati, meno gliene rimanevano.
-Quanti di loro sono stati in carcere? Mia mamma mi ha detto che in quartieri come questo almeno sette su dieci...-
-Tre-
-Chi?-
-Mio zio, il marito di Aljona e suo padre, quello con i capelli neri-
-Ma no! Lui mi sembrava una brava persona!-
-Lo è-
-Ma se è stato in carcere...-
-Ci sono tantissime cattive persone che non sono mai state in carcere e mai ci andranno-
-Sarà. Comunque lo sapevo, che tuo zio e il professore erano pregiudicati. Si vede subito. Lei invece no?-
-Lei chi?-
-La esc... La bionda-
-Aljona? No!-
-Oh, d'accordo. Tranquillo, eh!-
Se sua madre l'avesse sentita parlare così di Aljona, Khadija e Vasilij l'avrebbe decapitata.
E forse a lui non sarebbe nemmeno dispiaciuto, se sua madre l'avesse sentita.
Le prime tre canzoni erano S
ertsya ne kray, Ya zhe govorila e Obnimi menya.
Dóra, che pure aveva la sua personale e criticissima opinione sulla musica russa -che per certi versi Emel'ka poteva anche condividere, ma Ani non gliela dovevano toccare, era un'istituzione di famiglia-, si era fatta tradurre il testo di
Ya zhe govorila (Io ho detto), anche nota come Pesnya Oksany (La canzone di Oksana).
La canzone era tratta dal film di cui Ani era stata protagonista, che aveva come argomento
La notte prima di Natale di Gogol' e l'amore inizialmente non ricambiato del fabbro Vakula per la splendida Oksana, la ragazza più bella del villaggio.
Vasilij l'aveva sempre crudelmente definita
"la canzone di Aljona e Pavel", ma da quel giorno Dóra, divertita, aveva cominciato a chiamare affettuosamente Emel'ka, oltre che "il mio piccolo Nemecsek", anche "Vakulu neputyovogo", Quel buono a nulla di Vakula.


Spektakl' okonchen
Gasnet svet
I mnogotochiy bol'she net
Ostanovi muzyku
Spektakl' okonchen
Happy end


Spettacolo finito

Si spengono le luci

E niente più punti

Si ferma la musica

Spettacolo finito

Lieto fine

(Spektakl' okonchen, Polina Gagarina)


[...]


Ne ver' mne bol'she , ne ver' mne bol'she
Prekrasneye chem bylo uzhe byt' ne mozhet
Ne ver' mne bol'she
Vskryvaya konvert
Prosti menya za moy otvet
I vsyo taki net


Non fidarti più di me, non fidarti più di me

Più bello di quanto è stato non potrebbe più essere

Non credermi più

Apri la busta

Perdonami per la mia risposta

E ancora no

(Net, Polina Gagarina)


Emel'ka aveva sopportato tutto col sorriso, nell'anno e mezzo in cui erano stati insieme, perché era stato davvero innamorato di Dóra, ma probabilmente certe volte, come il giorno in cui avevano visto il dvd di Svetlana con i Brat'ya Kuragin, il suo sorriso doveva essere stato molto teso.

Adesso invece sorrideva sempre, e non si sentiva mai a disagio.

Solo troppo fortunato.

Non sapeva in che modo Dóra fosse stata innamorata di lui, cosa di lui l'avesse spinta a rimanere e a tornare in quel quartiere che odiava per un anno e mezzo, pur senza rassegnarsi a rispettare i suoi abitanti, e cosa di lui avesse amato esattamente.

Doveva aver avuto qualcosa di buono, la sua Dóri, qualcosa che l'antipatia degli altri Nostal'hičnyy e il suo folle amore per Layla, il più vero di tutti, con gli anni avevano offuscato.

Doveva essere stata una brava ragazza, a modo suo, anche se troppo diversa dai Nostal'hičnyy per poter essere accettata.

Di pregiudizi ne avevano tanti anche loro.

Non aveva senso dire che non era stato vero amore e che non ne era valsa la pena, perché probabilmente era stato vero amore e ne era valsa la pena.

Solo diverso, infinitamente diverso da Layla, e altrettanto lontano.

E se anche, paradossalmente, Dóra fosse rimasta con lui per tutta la vita, non avrebbe potuto fare a meno, ad un certo punto, di innamorarsi di Layla.

Sarebbe stato inevitabile, ne era sicuro.

Forse se Dóra non l'avesse lasciato si sarebbe aggrappato a lei meno disperatamente, ma l'avrebbe fatto comunque, perché non aveva mai desiderato così tanto niente in vita sua.

Mai sognato così intensamente una persona prima di lei.

Dopo c'era stata solo lei.

Lui Layla l'avrebbe sposata, l'anno dopo, nel 2048, in cui lei avrebbe compiuto diciotto anni.

Era anche per lei che voleva suonare, sempre.

E lei avrebbe visto la nascita del suo gruppo.


La prima canzone che Emel'jan aveva voluto provare era una delle più romantiche e struggenti del repertorio russo, che, anche se era un po' diversa dal genere che avrebbe voluto suonare nel suo gruppo, per lui aveva e avrebbe sempre avuto un significato particolare.

Lebedinaya vernost', La fedeltà del cigno, la canzone dei suoi nonni.

Pavel che era morto in carcere e Zoya che era morta dentro.

La nascita di Julaj, il suo primo nipote, aveva strappato Zoya al suo dolore almeno per un po', e i figli di Igor' e Arkadij l'avevano aiutata molto, ma non aveva mai realmente superato la morte del marito.

Così Emel'ka ce l'aveva messa tutta, per suonare e cantare quella canzone alla perfezione, e Layla aveva parlato per giorni del modo incantevole e profondamente commovente in cui l'aveva fatto.


Quando Emel'jan piangeva per Dóra Layla saliva sulle sue ginocchia, gli stringeva le braccine esili intorno al collo e gli faceva appoggiare la testa sulla sua spalla.

Gli accarezzava i fini capelli chiari e gli dava tanti bacetti sulla testa.

-Ne plach', Emel'ka, ne plach'. (Non piangere, Emel'ka, non piangere) Un giorno starai meglio, te lo prometto- gli sussurrava dolcemente, e non aveva idea nemmeno lei, neanche dalla stretta sempre più forte con cui Emel'ka la teneva accanto a sé, per respirare tutta la bontà e l'innocenza dei suoi nove anni e lenire la sua ferita, di quanto lo stesse aiutando.

-Un giorno ti ringrazierò per tutto questo come meriti, piccolo angelo- le prometteva lui, lisciandole i capelli di seta con dita già meno tremanti ma piene di venerazione.

-Lei non aveva il diritto di farti così male, lo sai? Lo sai, Emel'ka?-

-Lei non pensa ai diritti...-

-Tu adesso hai anche Lilija. Lei non ha nessuno, solo quella che pensa di essere. Io non credo che faccia bene. Non sarà più tanto fiera di essere quella che è, adesso che non ha più te-

Per Layla non aveva senso, quello che aveva fatto Dóra.

Allora era troppo piccola per capire quanto fosse importante per Dóra frequentare la migliore scuola di canto e recitazione di Budapest, nel suo Paese, ma le sembrava assurdo e incredibilmente masochista scegliere di stare senza Emel'jan, quel ragazzo sempre allegro e ottimista che suonava fino a farsi sanguinare le dita ed era troppo poco cosciente di quanto fosse speciale e bello.

Quanto a lui, l'unica cosa di cui era veramente consapevole in quel periodo e anche dopo era di quanto fosse straordinaria Layla.

Questo non l'aveva mai dimenticato.

Roman si era accorto che Emel'jan si era innamorato di Layla molto prima di sua sorella, dal modo in cui la guardava come se fosse stata una creatura miracolosa e le diceva che le voleva bene, sfiorandola appena, e si era accertato che il chitarrista sapesse che gli stava affidando la cosa più preziosa che aveva.

Layla era davvero una creatura miracolosa, non era solo il suo amore a fargliela vedere così.

Loro due erano la parte più vulnerabile di Vasilij, e insieme ad Anastasija la più preziosa.

Pochi giorni prima di tornare a Budapest Dóra aveva voluto cantare Ya zhe govorila suonata da Emel'jan, senza rendersi conto di quanto a lui sembrassero veritiere e crudeli al limite dell'accettabile le parole di quella canzone.

Vederla tanto spensierata e insensibile mentre cantava "V sele takogo khloptsa net s kem ya svyazala by sud'bu. Shob byl zhenykh intelligent, a ne kuznets kakoy-nibud'" e "I yesli dazhe polyublyu Vakulu neputyovogo to vsyo zhe zamuzh za nego vovek ne poydu".

Nel villaggio non c'è nessun ragazzo a cui legherei il mio destino.

Io voglio un marito intelligente e non un fabbro qualsiasi.

E anche se mi innamorassi di quel buono a nulla di Vakula, comunque non lo sposerò.

Alla fine l'aveva baciato, ma Emel'ka era troppo triste per poter ricambiare come avrebbe fatto prima.

Si ricordava bene le canzoni che aveva suonato dopo essere stato lasciato.

Can't find my way home dei Blind Faith, Verni moyu lyubov' e Bez tebe di Ani Lorak e Gimi ukhodyashchim mechtam di Ani e Philipp Kirkorov.

Quest'ultima decise di aggiungerla alla scaletta.

Layla era rimasta incantata quando lui gliel'aveva suonata per la prima volta.

Insieme ad altre tre delle sue canzoni preferite, Leningrad e All about soul di Billy Joel, che aveva dedicato a Layla, e Wheels dei Foo Fighters, poteva considerarla completa.


Lebedinaya vernost'

Gimi ukhodyashchim mechtam

Leningrad

All about soul

Wheels


Il primo a presentarsi era stato Pavel, il batterista, un biondino che Emel'ka aveva trovato istintivamente simpatico, anche se quando aveva posato lo sguardo su Layla si era irrigidito.

Non doveva mai smettere di proteggerla.

Lei l'aveva salutato gentilmente, ma con un po' di diffidenza.

Faceva ancora molta fatica a fidarsi degli estranei, per quanto quel ragazzo le sembrasse innocuo e garbato.

Pavel aveva chiesto se Layla facesse parte del gruppo, ed Emel'ka aveva scosso la testa, ma con un sorriso che aveva fatto brillare gli occhi della ragazzina.

-Lei è tutto per me-

Allora Pavel l'aveva guardata con simpatia e le aveva sorriso ancora di più di un momento prima, durante le presentazioni.

In quel momento Layla aveva deciso che piaceva anche a lei.

Al contrario di Aleksej, il secondo chitarrista, che aveva modi bruschi e sgarbati e non staccava gli occhi da Layla, sorvegliandola costantemente con uno sguardo sfrontato e impietoso, ma era terribilmente bravo e capiva al volo il modo in cui Emel'jan voleva che risultasse una canzone.

Non parlava mai con Layla, ma non smetteva mai di guardarla.

Non aveva una famiglia né una ragazza né degli amici, ma aveva la sua chitarra e la ferocia dei suoi occhi.

C'erano anche ragazzi come lui, a Nostal'hiya, e rimanevano abbagliati e feriti in egual misura dalla luce che filtrava da una famiglia come quella di Emel'ka.

-Emel'ka- aveva ripetuto, ironico, dopo aver sentito Layla chiamarlo così.

Nessuno l'aveva mai chiamato Alëša con quel tono, quella dolcezza straziante che dalla voce di Layla illuminava il viso di Emel'jan in un modo che lo costringeva a distogliere lo sguardo.

Da quel momento in poi l'aveva sempre chiamato Emel'jan, senza usare vezzeggiativi.

Quelli li lasciava a Layla e Pavel.

E poi avevano suonato Gimi ukhodyashchim mechtam, la canzone preferita di Layla.


Kto pridumal strannoye slovo mechta
Yesli v nego nikogda ne poverit moya lyubov'?

Razve v nebe eta lyubov' lish' kapriz
Yesli vdrug padayet vniz ona ?

V mechtakh , vo sne nam lyubov' iskat'

Zachem tumanami ?

Obmanut oni
Skazat' proshchay nesbyvshimsya mechtam
Oni do zvezd i vyshe pust' ukhodyat neslyshno
Ot nashey s toboy lyubvi

Mozhet v oknakh slishkom zemnykh gorodov
Priyut obretayut lyubov' navechno

Ne na nebe, v etom nesbyvshemsya sne
Tam nas naydet na zemle ona

Chi ha inventato la strana parola sogno?

Se il mio amore non ci crederà mai?


Nel cielo questo amore è solo un capriccio

Se improvvisamente cade in basso?


Nei sogni, nei sogni amiamo guardare

Perché ci sono le nebbie?

Ci hanno ingannato

Dire addio ai sogni irrealizzati

Salgono fino alle stelle e li lasciamo andare silenziosamente sopra

Dal nostro amore


Forse sulle città della terra

L'amore eterno può trovare un rifugio


Non in cielo, in questo sogno irrealizzato

Lo troveremo a terra


Per la prima volta da quando suonava con Emel'ka e Pavel, Aleksej si era rilassato.

E aveva sorriso.

Gli piaceva suonare e cantare i cori di quella canzone.

Gli piacevano le parole.

Trovava incantevole la commozione di Layla ogni volta che guardava Emel'jan suonare e gli piaceva suonare con loro, dopotutto.

-Direi che è andata bene, Emel'ka- aveva commentato alla fine.


Un bassista teoricamente ce l'avevano già, e anche piuttosto vicino, ma non si sentiva all'altezza e, parole sue, "non voleva rovinare la band di Emel'ka".

Emel'ka l'avrebbe strangolato, perché la rovinava non partecipando, ma lui non lo capiva.

Philipp Arkad'evič Julajev era nato il 17 Maggio 2022 e suonava il basso da quando aveva dodici anni.

Ne era innamorato, ma era il ragazzo più insicuro che Emel'ka avesse mai conosciuto, anche adesso che aveva venticinque anni.

La sua unica vera certezza era di essere il cugino preferito di Lilija.

L'aveva presa per la prima volta a diciassette anni dalle braccia di Emel'jan, e la sensazione che aveva provato era stata pari solo a quella che provava quando prendeva in mano il basso.

Era biondo come suo padre e le sue sorelle, ma, a differenza di Svetlana e Luna, aveva gli occhi azzurri di sua madre, solo un po' più chiari, di un celeste delicatissimo.

Il suo più grande sogno era di far parte della band di Emel'jan, ma non poteva accettare la proposta di suo cugino: non si sentiva affatto bravo quanto Emel'ka.

E poi aveva sentito quell'Aleksej Zalevskij, che di tutto il mondo sembrava avere coscienza solo delle corde che pizzicava, e sembrava amare solo loro, e quel Pavel Danikov che faceva gli assoli di batteria più strepitosi che Phil avesse mai sentito dal vivo.

No, non c'era semplicemente verso di suonare con quei tre.

Lui suonava solo per se stesso e per Lilija, per lui che faceva tutti i suoi assoli solo con dolcezza, senza la violenza che avevano certi bassisti che toglievano il fiato e pretendevano che il pubblico ignorasse il cantante e il resto della band per tenere gli occhi incollati su quelle sei corde attraversate da una tale magia.

E per Lilija che gli voleva troppo bene e lo guardava con occhi sognanti anche quando sbagliava palesemente gli accordi.

Per lui esisteva solo la dolcezza, anche così poteva creare una cascata di note in grado di filtrare attraverso ogni vena del cuore, note capaci di strappare un brivido anche se chi le suonava di pretese non ne aveva, e non suonava mai per qualcosa che andasse oltre alla canzone a cui aveva affidato il suo sogno in quel momento.

Emel'ka, Alëša e Pavlik avrebbero trovato un bassista alla loro altezza.


Il giorno del suo matrimonio, il 13 Maggio 2048, Layla indossava un abito di tulle bianco lungo fino ai piedi dietro e due spanne sopra il ginocchio davanti, stretto in vita con una cintura argentata come i sandali intrecciati che aveva ai piedi.

I suoi lunghi e liscissimi capelli neri erano raccolti in una semplicissima treccia che spiccava luminosa sul bianco abbagliante del vestito e il suo bouquet, sull'azzurro-indaco, scrupolosamente curato da Svetlana, era composto da iris siberiani e fiordalisi.

Emel'jan avrebbe suonato Layla nel sagrato della chiesa, e si chiedeva solo come avrebbe fatto ad arrivare all'ultima nota senza piangere.

Non ci sarebbe riuscito.

Ma aveva il diritto anche di piangere, era il suo matrimonio.

Continuava passarsi una mano fra i capelli compulsivamente, e ogni volta che Layla si girava a cercare il suo sguardo lo trovava più spettinato.

Ma era carinissimo, e le mancava il respiro ogni volta, quando lui le sorrideva, raggiante, e poi tornava a tormentarsi i capelli.


Mentre suo fratello suonava, Lilija stava seduta a gambe incrociate per terra accanto a Phil e si sentiva semplicemente euforica.

-Io non lo so, sarà che ha diciannove anni in più di me e che quindi non siamo esattamente cresciuti insieme, ma lo trovo sempre troppo adorabile, non ci riesco a litigare con lui, neanche quando mi fa arrabbiare. È un problema, lo so, avere un fratello -anzi, due, ma Julaj è ancora più angelico di Emel'ka- e non poterci nemmeno litigare... Ma secondo te il fatto che lui sia tanto egoista da essere troppo adorabile per farmi arrabbiare o per arrabbiarsi con me potrebbe essere un motivo per litigare?-

-Cosa?-

Phil aveva sempre saputo che Lilija era più intelligente di tutti loro, anche a otto anni, ma quell'ultima frase l'aveva turbato davvero profondamente.

-No, non riesco a ripeterlo. Non uguale a come l'ho appena detto, almeno-

-Ah, ecco-

Povero angelo, a volte era troppo intelligente perfino per se stessa.

-Però guarda i suoi occhi. Brillano sempre, non smettono mai. Soprattutto quando fa le due cose che lo rendono più felice al mondo, guardare Layla e suonare la chitarra. E oggi ha sposato Layla e sta suonando la chitarra. Infatti ormai è diventato fosforescente-

Phil all'età di Lilija non conosceva neanche la metà delle parole che usava la bambina, ma evidentemente lui faceva ancora parte degli Julajev bacati, mentre Lilečka era la cognata di Layla, e si vedeva.

La band di Emel'jan si chiamava Vakulu neputyovogo, in onore sia di Gogol' sia di Ani Lorak, anche se alla fine non erano buoni a nulla né il Vakula di Gogol' né Emel'ka Julajev.

Questo Phil lo sapeva bene, perché era convinto di esserlo lui.

Ma non lo era altrettanto Lilečka, che prima della fine del 2047 era riuscita a convincerlo a diventare il loro bassista e sapeva quanto ne era felice.

Per convincerlo che ne era assolutamente all'altezza con ogni probabilità avrebbe dovuto aspettare il suo, di matrimonio.

E dato che aveva otto anni ne doveva ancora fare, di lavoro.

La ragazzina sospirò e diede un pizzicotto su un braccio al cugino.

-Sono troppo commossa per Em e Lay, ti va se litighiamo un po', così mi passa?-


Ya noshu tvoye serdtse
Noshu v svoyem serdtse
I potomu ty vsegda so mnoy
Ya ishchu tebya vzglyadom
I ty vsegda ryadom
Gde by ty ni byl angel moy

Ved' nebo i zemlya
Eto tol'ko ty
Vsye moi mechty
O tebe odnoy


Io porto il tuo cuore

Lo porto nel mio cuore

E perché tu sei sempre con me

Io cerco il tuo sguardo

E tu sei accanto a me

Ovunque tu sei stata il mio angelo


Dopotutto il cielo e la terra

Sei solo tu

Tutti i miei sogni

Sono solo su di te

(Ya tak lyublyu tebya, Philipp Kirkorov)





Note


Vakulu neputyovogo: Ya zhe govorila (Pesnya Oksany), Ani Lorak.


Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ora devo scappare, quindi lo lascio commentare a voi ;)


A presto! :)

Marty




  
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