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Autore: ness6_27    03/10/2014    0 recensioni
[Welcome to the NHK]
Si credeva di aver sconfitto la NHK, di aver trovato una propria strada e un obiettivo.
Ma ancora non è del tutto finita, alcuni dubbi e incertezze rimangono.
Ancora qualche altro piccolo sforzo e l'aiuto di chi si ha a fianco!
N.B. Gli eventi dell'anime, del manga e del romanzo prendono pieghe leggermente diverse tra di loro. In questa storia seguirò il corso degli eventi presente nel manga.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Misaki scendi! È pronta la colazione!”
“Arrivo!”
Una tiepida luce entrava quella mattina dalle tende della stanza di Misaki. Non era mai cambiato niente da tanto tempo, Misaki non ha mai voluto modificare nessun aspetto della stanza, ed è rimasta quindi la graziosa camera forse un po' troppo infantile per una ragazza come lei, ma nella quale lei si sente sempre tranquilla e serena. Quel rosa di quella stanza le ricordava quando da bambina era sempre col sorriso stampato sul viso, meravigliandosi per tutto quello che c'era al mondo, sia dentro e sia fuori da quella stanza. Tra questi c'era anche il pupazzo di quel cagnolino che anche quella notte le aveva fatto compagnia, vegliandola con fedeltà e orgoglio dal comodino.
Da quanti anni aveva quel cagnolino con sé? Troppi. Fin da quando era un'ingenua ragazzina. Fin da allora quando succedeva qualcosa che non andava, perché ahimè scoprì presto che il mondo non è tutto rose e fiori, si stringeva forte forte quel cucciolo, che senza fare nulla la coccolava e la tranquillizzava. Anche ora, non ha mai smesso di prenderlo e guardarlo dritto negli occhi, quasi ad aspettare una risposta, che ovviamente non arriva mai.
Almeno, non come normalmente s'intende. La risposta arriva, ma lo sguardo di quel pupazzo aiuta solo a trovarla.
“Chissà...se Sato ha mai visto questa camera...non me lo ricordo.”
Misaki s'affrettò a scendere subito da letto e a cambiarsi. Oggi aveva grandi motivi per alzarsi presto. Scese di corsa le scale, senza nemmeno pensare a prepararsi, e spuntò in cucina con una camicetta da notte azzurra che sembrava quasi perdersi nel roseo della sua pelle. Anche il suo corpo era rimasto piuttosto infantile, e quella camicetta lo dava a vedere. Non si era mai sviluppata tantissimo in altezza, teneva sempre quel sorrisetto sul viso che le dava molti anni in meno di quanti ne avesse, il suo seno era rimasto sempre piccolo e sodo: era l'esempio più lampante per notare che i suoi tratti erano rimasti morbidi, non erano mai diventati troppo rotondi, mantenevano un'eleganza fanciullesca. Per questo non ha mai rimpianto particolari fisici più “adulti”.
“Ciao mamma!”
“Ehi! Pronta per oggi?”
“Sì!”
Quel giorno era un momento di svolta per Misaki. Si assumeva un grandissimo impegno si assumeva per il passo che stava compiendo, specie per una come lei.
Ebbene, avrebbe ricominciato la scuola. Con le sue conoscenze la madre ci aveva messo una buona parola per una riammissione veloce, si era preoccupata di tutti i preparativi. Ora toccava solo a Misaki continuare, per diplomarsi.
Mi raccomando, Misaki, qui tutti contiamo su di te!”
A Misaki non sono mai piaciute frasi di quel genere, quando le dicevano a lei. Anche se è riuscita a fare grandi cose come reinserire Sato nella società, lo ha fatto solo per la grande insicurezza che provava per sé stessa, messa a confronto con persone “migliori” di lei.
Ma quella volta era diverso. Quella volta ce l'avrebbe fatta.
“Va bene mamma.”
Di gran fretta si vestì dell'uniforme scolastica della scuola che aveva smesso di frequentare qualche tempo fa. Aveva sempre evitato di usare molto trucco, meno che mai a scuola, perciò non perse molto tempo a prepararsi. Prese la cartella e uscì di casa salutando la madre. Rallentò il passo mentre scendeva la collina sulla quale si posava casa sua.
Aveva preso questa decisione un mese dopo essersi separata da Sato e Yamazaki. Ognuno aveva preso la sua strada, nell'incertezza che si sarebbero incontrati di nuovo, mantenendo i contatti solo tramite internet e una telefonata ogni tanto.
Aveva scoperto ben presto che Yamazaki s'era sistemato con l'azienda di suo padre, mentre Sato aveva incominciato a lavorare part-time continuando a vivere dai suoi. Lei era l'unica che ancora aveva una meta da raggiungere. Anche se purtroppo non era una di quelle mete che aveva deciso di prefissarsi, era una cosa giusta da fare, che la poteva portare a una vita più felice con Sato. Tutti s'impegnavano in un modo nell'altro, ne era certa. E ora anche lei doveva impegnarsi.
Raggiunse in una decina di minuti la scuola. Un brivido di paura le percorse la schiena.
Alzò lo sguardo e contemplò quell'edificio. Una classica scuola dall'aspetto semplice e inespressivo, con quel suo bianco freddo che risplende nel sole mattutino.
Un edificio simile decide la sorte di tante persone, di troppi ragazzi che la prima volta entrano qui sospettosi. Chi felice, chi triste, chi sfiduciato, chi indifferente, chi tranquillo; ma sono tutti sospettosi. Sospettosi del fatto che si riuscirà o meno a essere accettati e ad andare avanti. Perché in queste scuole viene messo in atto la peggior guerra fredda che il mondo abbia mai visto. Io lo so. Lo so che si formano i gruppetti e tutti stanno lì a competere. E questo perché? Perché a nessuno viene in mente cosa si dovrebbe davvero fare. Nelle scuole inferiori, specie all'asilo, oltre a insegnare, ti spiegano le basi per comportarti con gli altri, s'impara a giocare, a divertirsi. Le aule sono sempre colorate, sia da disegni e fogli imbrattati di colori con le mani che dalle urla e le risate. Oppure dalle storie raccontate per far passare il tempo. E invece, a cosa si riduce la scuola dopo? A pareti bianche, silenzio, divieto di correre nei corridoi, e sguardi di sfida. Solo durante il festival scolastico tornano sempre i colori, ma anche lì tutto viene inteso come una pura e semplice sfida tra classi o club scolastici.
Di certo i ragazzi arrivati all'adolescenza hanno ancora bisogno di tante spiegazioni. Ma non di certo spiegazioni sul giapponese. Quanto su come si ci comporta nel mondo degli adulti, col primo amore, quando succede una cazzata, con i genitori che ancora ti vorrebbero il piccolo bambino che eri per paura che un giorno te ne andrai e li supererai. Oppure che cadrai nel baratro di quelle persone senza aspettative sul futuro.
La risvegliò di soprassalto dai suoi pensieri la campana della scuola e il vociferare di alcune ragazze che entravano. Alzò lo sguardo al cielo e cercò la luce del sole per riprendersi dal torpore della sua riflessione. Ma proprio davanti la soglia dove lei si era fermata a pensare era coperta da un albero al quale non aveva fatto nemmeno caso, quindi si dovette accontentare di quegli spiragli che oltrepassavano il groviglio di foglie e rami e fiori. Lasciò perdere, si voltò verso l'ingresso e lo varcò.
Si fermò ad ammirare gli armadietti delle scarpe, ricordandosi di quante parole dette lì, e di quanti messaggi venivano lasciati attraverso le fenditure. Cambiatasi, ignorò il corridoio centrale e mirò alle scale. Si ricordava bene dove doveva andare, sapeva la pianta di quella scuola. Si ricordava tanti particolari di quel posto, il medico troppo carino dell'infermeria, il box del bagno “maledetto”, e tanti aneddoti. Cose che ancora i diplomandi vanno a raccontarsi.
Toh, ecco le macchinette automatiche.
Lei ovviamente seguiva un corso particolare per recuperare quanto già fatto nell'anno. Sarebbe stato tutto un po' complicato, molte cose si sarebbero dovute fare bene ma con tanta fretta. Per iniziare al meglio il corso, teoricamente avrebbe dovuto riprendere tutto quello che era stato fatto prima. Misaki lo ha fatto, ma alla bell'e meglio.
Però ci sarebbe riuscita. Non avrebbe dovuto deludere nessuno.
Un raggiò di sole colpì la sua nuca, riscaldando irrimediabilmente la sua fronte. Quell'abbraccio caloroso la riportò con i piedi per terra, facendole notare di aver passato di alcune porte l'aula del suo corso.
Troppi pensieri per la testa.
Corse indietro precipitandosi verso la porta giusta.
Di scatto, due professori, leggermente spaventati per l'impeto col quale la ragazza aprì la porta, si girarono verso di lei staccando gli occhi dal programma di studio che avevano davanti.
Ah, direi in orario...bene signorina...Nakahara.”
La puntualità è importante, specie nelle condizioni in cui siamo messi ora...”
Misaki si bloccò sulla porta.
S-sono ironici? O sono stata puntuale sul serio? Oddio, non mi sarò messa in cattiva luce già da ora...no. No, così non va bene.
Cercò un aiuto girando gli occhi lungo la stanza vuota, ad eccezione dei banchi davanti la cattedra. La luce filtrava dalla finestra che si allungava lungo tutta la parete di fronte a lei,, dividendosi solo al centro, colpendo tutto il pavimento in legno, e mettendo un po' in controluce l'orologio messo in mezzo alle due vetrate. L'ora che segnava quell'orologio era perfetta, era anche arrivata in anticipo di un minutino...
Come vede, abbiamo anche qualche minuto per presentarci come meglio si deve!”
“Ah...va bene!”
Si accomodi pure.”

--


Come cinque ore prima quella porta si era aperta per lasciarla entrare, ora da lì Misaki esce, stanca, ma non esasperata o dubbiosa su quanto stava facendo. Aveva capito che i suoi timori erano fondati: il corso era vasto, e condensato in poco tempo. Ma i professori si erano detti soddisfatti da questo primo incontro con Misaki, e fiduciosi in lei, e anche lei era fiduciosa in sé stessa. Nulla le si metteva contro quel foglio di carta che era la sua meta.
L'ostacolo ora era un altro. Una paura che che aveva fin dai primi anni di scuola. L'uscita da scuola, passando per gli armadietti. Quei maledettissimi armadietti potevano riservare bruttissime sorprese, ma anche una lettera d'amore. Potevano capitare gli scherzi più brutti aprendo un semplice armadietto. E lei lo sapeva, le era capitato. A qualsiasi grado scolastico si trovasse, le era successo di ritrovarsi l'armadietto aperto e le scarpe scomparse, oppure l'armadio pieno di qualsiasi possibile cosa: più schifosa era, meglio veniva lo scherzo.
“Ma siamo ancora al primo giorno...non può essere...tranquilla, tutto andrà per il meglio!”
Si avvicinò al suo armadietto e si sedette. Nell'armadietto non trovò nulla se non le sue scarpe, ovviamente.
Nessuno aveva un'idea così negativa di lei al punto da punzecchiarla già il primo giorno. E in ogni caso, nessuno la vedeva per la stragrande maggioranza del tempo, quindi sarebbe passata molto probabilmente inosservata. Non ci sarebbero stati problemi. Semplicemente, tutto sarebbe andato bene.
Ehi, lo sai quale grande figura è tornata a scuola oggi?
Eh?”
Eh?
Ma si, l'hai vista pure tu, no?!”
...”
È tornata quella Nakahara.”
Misaki si era appiccicata all'armadietto nella speranza di sentire al meglio quello che avveniva dall'altro lato, col cuore in gola e ansimando.
Ma cosa avrebbe intenzione di fare?”
C-credo voglia solo prendersi il diploma ad anno iniziato.”
Certo, con quei corsi scemi che organizza la scuola!”
Rivoli di sudore incominciarono a scendere giù dal viso di Misaki, sempre più sconvolta da quelle parole.
Io lo so che vuole fare! Ha iniziato la scuola in ritardo approfittando di quel corso per evitare tutti noi! Si è sempre creduta una spanna più sopra di tutti gli altri in classe. Non ha mai voluto capire che in fondo era messa peggio di noi in tutto!”
No...non è vero nulla. Non andavo peggio di voi a scuola! E poi non è vero che vi ritenevo peggio di me: non ho mai avuto occasione di rapportarmi con voi! Non me lo avete permesso! Vi conoscevate già tutte, e io ero quella che si ritrovava sempre in disparte...e n-nel dire la mia voi eravate sempre pronti a controbattere e a denigrarmi.
Si accovacciò per terra, con la testa fra le mani, pregando solo di non sentire più quelle voci che sparlavano di lei aldilà del suo armadietto.
Che pezzo di perdente che era...”
N-no, non è vero. Non lo sono.
Chissà com'è ora?!”
Stanca di quelle parole, con tutta la rabbia che aveva dentro si alzò di scatto per uscire dalla scuola. Sarebbe stato corretto definirla una fuga, ma non lo voleva accettare. Diede un sonorosissimo colpo sul metallo degli armadietti per alzarsi e si mise a correre. Percorse tutta la stanza per uscire dall'altro lato e non dover incrociare gli sguardi di quelle due. Nel farlo, colpì con un braccio lo spigolo di un armadietto due file più avanti. Non pensò nemmeno al dolore, pur di fuggire al più presto da lì.
Una volta fuori, il sole diede fuoco al rancore che aveva dannatamente soffocato dentro la scuola.
Si mise a correre, incurante delle lacrime che, scendendo sulle guance, le rigavano il viso per buttarsi poi nel nulla dietro di lei, creatosi col vuoto che sentiva dentro.
“M...maledetti!”
Strillò fino a quando non giunse alla riva di un fiume. Nonostante fosse l'ora di uscita dalle scuole, in quel momento non c'era nessuno sull'erba arrossata dal tramonto.
Gridò inveendo contro i suoi ex compagni di classe, sperando che almeno il sole rossastro la ascoltasse.
Urlava.
“Brutti bastardi! Non mi avete mai accettata! Perché?!”
Piangeva.
“Non vi ho mai fatto nulla! Non ho col...Non ho colpe! Nessuna, capito?! Volevo solo che mi accettaste!”
S'accasciò sull'erba per sfogarsi immersa nel verde della perseveranza: ha sempre collegato il verde delle piante al loro necessario bisogno di seguire una legge naturale ben precisa per mantenersi in vita, e al fatto che seguissero questa legge in maniera fin troppo perseverante.
Anche lei doveva mostrarsi perseverante. Anche lei doveva completare quel cammino.
Ma in realtà, subito dopo, spuntò il dubbio a serpeggiare lungo la strada che aveva deciso di intraprendere.
Ce l'avrebbe fatta a sopportare i suoi compagni per tutto il resto dell'anno? Non era poco...
Non poteva fallire, ma nemmeno sarebbe riuscita a sopportare le probabili angherie...
“MERDA!”

--

Si era messa in cammino da un pezzo, ma in effetti non aveva trovato altre soluzioni. Lei la sua perseveranza non l'aveva persa, così come non aveva tolto la mira su quello che era il suo traguardo.
Semplicemente, doveva cambiare postazione, o usare un altro effetto.
Si armò di coraggio, e andò a confessare la sua decisione a sua madre. La reazione non fu di certo positiva, ma nemmeno alterata.
Io non ho idea di come debba fare con te. Non ho capito come mai tu non voglia semplicemente ammettere che quel diploma non lo vuoi prendere.”
“Non è così! Io voglio prendere il diploma! Ma le materie da studiare non sono l'unico problema...”
Ora stammi a sentire: tutti, e dico tutti, i problemi che devi affrontare durante la scuola sono importanti. Non ti credere che passare la scuola voglia dire solo sapere delle nozioni: la scuola deve anche a comunicare con gli altri e a risolvere tutti i problemi derivanti da questi rapporti. Non sto a dire che l'unico modo è diventare amico con tutti, ma ognuno affronta la questione soggettivamente. E serve per i rapporti che dovrai costruirti nel futuro in tutte le situazioni! Non riuscire ad affrontarla non è cosa positiva...è da debosciati!”
Dalla semplice ramanzina si era passati agli epiteti gratuiti...
E questo Misaki non lo sopportava. Stava per rispondere alla madre, ma preferì serrare la bocca e abbassare lo sguardo, alzandosi bruscamente da tavola.
Arrivò davanti alla porta della cucina e si fermò lì pensando a una frase da dare alla madre per chiudere lì quella discussione.
Però doveva girarsi...girarsi e risponderle negli occhi.
“A te interessa solo che io prenda quel diploma, no? Dovrebbe darti dimostrazione di come sappia affrontare tutti i problemi derivanti da quel foglio.”
...sì.”
Forse quel sì della madre era un sì non dettato dalla sicurezza della figlia, ma dalla sua stanchezza derivata da tutti gli sforzi fatti da sua madre nell'educare la figlia.
“E allora lo avrai...”
Va bene...”
Iniziò a correre su per le scale andandosi a rivestire.
“Sono una cretina!” pensò tra sé e sé.
Non si girò a guardare sua madre.
“...pronto?”
“...Sato?”
Si sentì un sospiro di stupore dall'altro lato.
“M-misaki! Ciao! E-era da tanto che non ci sentivamo!”
“Già...senti, te lo avevo detto che avevo intenzione di prendermi il diploma con un corso accelerato?”
“E-eh? N-no non mi sembra...”
“Sì beh...però...”
“M-ma questa è una bellissima notizia! Non hai idea di come mi rendi felice a dirmi questa cosa!”
“S-sì però aspetta!”
“C-cosa c'è?”
Ecco, ora come gli spiego che sono stata piena di buone intenzioni e prospettive, ma non ci ho messo abbastanza volontà per continuare per più di un giorn...
I pensieri di Misaki vennero improvvisamente interrotti da un rumore che proveniva dall'altro capo del telefono.
“Sato, ma è tutto apposto?”
Un pesante e affannoso respiro coprì la comunicazione tra Misaki e Tatsuhiro. Ed quest'ultimo ad avere il sospiro pesante.
“Sato, ma è tutto apposto?”
“B-beh, non proprio...vedi in realtà...”

|-|

Sato non aveva ancora compreso dove si trovasse realmente Misaki.
Non sapeva che lei fosse sotto casa sua. Strabuzzò gli occhi stupendosi per la velocità con la quale la ragazza salì in camera sua, pur non essendo mai entrata dentro quella casa.
“Ah eccoti!”
“Ma che ci fai con quella pera in mano?!”
“Beh, sono scappat...”
“Sei scappata?!”
“Nonono! Sono uscita di fretta – gesticolando Misaki si corresse – da casa e non mangio niente da stamattina. Avevo sbagliato strada ed ero capitata in cucina. E quin...ma tu che hai?!
“I-io credo che dovresti s-semplicemente chiamare un'ambulanza...”
“Ma c-che?!”
E Sato svenne lì sul pavimento. Misaki girò convulsamente la testa cercando un telefono, allungandosi verso il cordless sulla scrivania calpestò una cannuccia corta e un fazzoletto. Misaki si accovacciò e si rigirò tra le mani questi due oggetti. Perplessa, li gettò cestino vuoto che c'era accanto la scrivania. Si accorse allora di avere le mani sporche di qualche sostanza. Si girò allora infuriata verso Sato svenuto per terra.
“Ma che cazzo fai, stupido?!”
Si sfogò afferrando il cestino e lanciandoglielo sul petto. Ma non le bastava. Si buttò su di lei e incominciò ad agitare la braccia sopra il suo addome.
“Stupido stronzo, stupido stronzo, stupido stronzo!”
Era meglio se non perdeva altro tempo.

|---|

Commento dell'autore.
Ecco questo secondo capitolo che non sapevo nemmeno se/quando sarebbe uscito.
Sarò breve: pensavo di pubblicare una storia per ogni personaggio che ho scelto di usare(potrebbero essere solo loro due come potrebbero essercene altri), ma ovviamente non sono riuscito. Non riesco mai nei miei intenti originari. Chissà se va bene comunque.
Anyway, non vi dimenticate mai le recensioni, positive o negative che volete, e stay tuned.
A presto!(forse)

  
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