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Autore: Le notti con Salem    03/10/2014    0 recensioni
Un momento di solitudine di Dagran e una chiacchierata con Ariela e la mercante d'armi Jenna mentre tornano alla Taverna.
Perché non c'è bisogno di passare ogni singolo momento a lottare: qualche volta è necessario fermarsi e pensare ad altro. Magari farsi predire il futuro da un'indovina, anche se può essere molto pericoloso...
(Questo racconto e tutte le sue parti sono già stati pubblicati sul mio account su DeviantArt)
Genere: Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Al mercato

La piazza d'ingresso era gremita come sempre, nonostante fosse ora di pranzo. Dagran e le sue due compagne dovettero faticare parecchio per riuscire a superare la folla senza intoppi. Una volta sfuggiti a quel caos, fecero per dirigersi verso la Taverna, al centro di Lazulis, quando Ariela si fermò di botto.
«Aspettate, prima devo fare un salto al mercato. Ho promesso a Mina di andare a trovarla, e poi devo anche rifare scorta di cibo: ieri Mirania ha mangiato quasi tutto quello che avevamo.»
«Come ti capisco...» replicò Dagran pensando al proprio portafogli quasi vuoto a causa dei mastodontici “spuntini” che aveva offerto alla sua amica mercenaria.
«Se vuoi tornare subito alla Taverna vai pure, non ti voglio obbligare a venire.»
«E lasciarvi da sole a portare tutto quel peso? Figuriamoci! Che razza di Aspirante Cavaliere sarei?»
«D'accordo allora» rispose Ariela con una risata. Presero una delle vie laterali e si inoltrarono nel labirinto di stradine di Lazulis, verso la loro meta. Le case, addossate una all'altra, lasciavano poco spazio per muoversi, costringendoli perfino a procedere in fila in alcuni punti. I loro passi riecheggiavano solitari per le strade lastricate. Pochi altri, intabarrati nel tentativo di non respirare quella dannata “polvere” che aleggiava ormai ovunque, attraversavano quelle vie anguste. A furia di fare continue svolte, Dagran aveva quasi perso il senso dell'orientamento, quando finalmente arrivarono all'ampia strada in cui si teneva il mercato principale.
Entrambi i lati della via erano occupati per intero da bancarelle e tendoni e da ogni direzione venivano i richiami dei mercanti che esaltavano la qualità della loro merce. Ariela si allontanò alla ricerca della sua amica, mentre Dagran e Jenna si guardavano intorno.
«Chissà quanto paga questa gente per mettere qui il suo banco... magari potrei venire anch'io a vendere le mie armi, qualche volta. La Taverna è comoda, senza dubbio, ma qui all'aperto passa più gente» fece la donna.
«Se ti metti d'accordo con qualcuno, puoi condividere uno spazio in cambio di una piccola percentuale.»
«Sembri informato. Per caso sei venuto qui a vendere qualcosa?»
«Non io, ma Zael. Quando siamo arrivati ha fatto un favore a uno dei mercanti là in fondo e quello gli ha permesso di usare parte del suo spazio.»
Jenna fischiò impressionata.
«Vi siete dati da fare fin da subito! Ha fatto buoni guadagni il tuo amico?»
«Abbastanza. Avevamo un po' di roba inutile da parte e ce ne siamo sbarazzati guadagnandoci qualcosa. In realtà ne abbiamo ancora, se t'interessa...»
«Certo che sì!» rispose lei «Uno di questi giorni tu e i tuoi amici passate da me e vedremo che si può fare.»
«Allora siamo d'acc...»
Un grido seguito da un tonfo fecero voltare i due.
Accanto al banco di un fruttivendolo, una ragazza bionda era seduta a terra. Con una mano si massaggiava la schiena mentre con l'altra teneva in grembo una scodella di legno vuota. Sparse tutt'attorno molte arance rotolavano per il lastricato. A giudicare dall'abito semplice e dal grembiule doveva essere lei a occuparsi del banco.
«Mina!» Ariela era tornata da loro e aveva riconosciuto la ragazza. «Ti sei fatta male?»  
«Ahia... niente di grave. Mi hanno sparso di nuovo le biglie vicino al bancone» le rispose infelice. A quel punto Dagran si avvicinò tendendole la mano.
«Aspetta, che ti aiuto...»
«Dagran, attento!» lo avvertì troppo tardi Jenna.
La mercante fece appena in tempo a concludere la frase che Dagran era già faccia a terra poco distante da Mina.
La maggior parte dei passanti era troppo impegnata nel fare acquisti per prestare attenzione alla scena, ma lui fu certo di averne sentiti almeno un paio sghignazzare alle sue spalle.
«Sembra che le biglie questa volta abbiano fatto due vittime anziché una. Tutto bene?» gli chiese Jenna chinandosi su di lui, mentre Ariela raccoglieva quei giocattoli malefici.
Grugnì una risposta affermativa ma poco convinta mentre si metteva in ginocchio. Era caduto su alcune arance e oltre alle fitte per la caduta, adesso aveva la cotta sporca di pezzi di frutta e la pelle umida di succo appiccicoso.
«Mi dispiace!» fece Mina, che nel frattempo si era rimessa in piedi e provò a raggiungerlo.
Purtroppo alcune biglie fuggitive minarono di nuovo i suoi passi e mulinando le braccia nel tentativo di mantenere l'equilibrio, la ragazza lo colpì forte alla fronte con la scodella che teneva ancora in mano. Per qualche secondo Dagran non vide altro che scintille. Mina era sempre più agitata e continuava a scusarsi.
«Non preoccuparti» cercava di rincuorarla massaggiandosi la fronte «Se bastasse così poco a mandarmi al tappeto, come mercenario non sarei durato un giorno.»
«Sono mortificata. Vorrei poter fare qualcosa per rimediare...»
«Un panno per asciugarmi andrà benissimo.»
Dagran era di nuovo in piedi e aveva iniziato a togliersi di dosso i pezzi d'arancia. Almeno i pantaloni di cuoio e la mantella si erano salvati.
«Oh, la cotta sarà tutta appiccicaticcia! Guardi, posso darle un ricambio: casa mia è giusto una porta più in là» fece Mina indicando la viuzza alle sue spalle.
«Dai, non è necessario. Questa si è sporcata con roba ben peggiore...» 
«Ma adesso lavori per il Conte, no?» si intromise Ariela «Andare in giro sporchi di cibo non è adatto a un simile impegno.» 
«Senza contare che ha già troppi animali alle sue dipendenze...» aggiunse sottovoce Jenna lanciando un'occhiataccia a un paio di guardie dalle lunghe giacche bianche dall'altra parte della via.
Seguendo lo sguardo della donna, Dagran notò che i due stavano importunando un panettiere. Dopo uno scambio di battute tutt'altro che amichevoli, le guardie avevano strappato dalle mani del panettiere una cesta piena di pane e dolci e se ne erano andate via ridendo senza pagare.
Strinse le labbra in un'espressione dura.
Vendicare la sua famiglia era solo l'inizio. Era giunto lì in cerca di potere sufficiente per far sì che nessun altro patisse quello che aveva passato lui e senza neanche farlo apposta Zael aveva risvegliato quel potere sepolto sull'isola: l'Ignoto. Era esattamente quello che stava cercando, tuttavia quella forza evocata dalle stelle era spezzata a metà: per portare a termine i suoi piani, doveva ottenere anche la parte mancante...
Mentre seguiva con lo sguardo le due guardie, si sentì tirare le braccia.
«Forza, su» Ariela e Jenna lo stavano trascinando verso la porta in cui era entrata Mina.
«E va bene...» fece lui, vedendo che non aveva scelta.
Il locale in cui l'avevano portato era semplice: giusto un tavolo con quattro sedie e una cassettiera. Dritto di fronte a lui, una tenda separava la cucina dal resto della stanza, mentre il lato destro era occupato quasi per intero dalle scale che portavano al piano superiore.
«Ecco.»
Mina stava scendendo le scale e invitò Dagran a raggiungerla dietro la tenda della cucina. Lì gli porse un asciugamano, una sacca di tela e una grossa maglia color crema.
«Questa è di mio fratello; non credo che gli dispiaccia se ve la presto, però mi sa che è un po' grande. Quando non vi servirà più potete tornare a farmi visita o darla ad Ariela.»
«Grazie.»
La ragazza gli rivolse un timido sorriso e poi tornò dalle altre, tirando la tenda per lasciargli un po' di riservatezza. Mentre scioglieva i lacci lungo i fianchi della cotta pensò che riguardi simili non ne aveva ricevuti quasi mai. Dopo averla tolta la ripiegò, la ripose nella sacca - l'avrebbe pulita con calma alla Taverna - e prese dell'acqua dal lavello per sciacquarsi di dosso il succo colato tra gli anelli. Dall'altra parte della tenda sentiva le ragazze parlare fra loro, ma non ci badò.
«Bel tatuaggio.» 
Con la coda dell'occhio, vide Jenna dietro di lui. Aveva scostato la tenda quel tanto che bastava da permetterle di infilarsi nella cucina e ora stava appoggiata al muro giocando con una delle sue corte ciocche castane.
«Ha un significato?» chiese continuando a guardargli il disegno alla base del collo.
«Non saprei» le rispose mentre si asciugava «Quando me lo sono fatto avevo sì e no undici anni: l'avevo scelto solo perché mi piaceva la forma delle ali.»
«Magari ha a che fare con il desiderio di libertà...»
«Può essere, ma credo che all'epoca volessi solo dimostrare che ero un duro.»
«Senza dubbio. In fondo, i bambini che possono contare solo su se stessi per vivere, sono costretti a crescere più in fretta degli altri.»
Dagran la guardò per un attimo. Le era bastato così poco per capire parte della sua storia?
«Ne so qualcosa anch'io» proseguì con un sospiro «e ho anche un tatuaggio simile al tuo, ma più in basso. Magari un giorno possiamo scambiarci qualche aneddoto sulle nostre cicatrici...»
Mentre parlava, gli si era avvicinata sempre di più, studiando la sua schiena con la stessa attenzione che lui aveva visto negli occhi di Lowell quando passavano vicino a una bella donna.
«...anche se da quel che vedo, sembra che tu non ne abbia, almeno dietro.»
«Io e Zael ci siamo sempre guardati le spalle a vicenda: a quanto pare ha fatto un buon lavoro con me.»
«Parli di lui così spesso» notò lei con un sorriso «Siete molto legati, vero?»
«È normale, siamo cresciuti insieme: in pratica siamo fratelli» le parole gli uscirono con una sfumatura più triste di quanto non volesse.
Jenna aveva visto giusto sul loro legame. Ma da quando Zael aveva conosciuto Calista, le cose erano cambiate. Il colpo di fulmine tra lui e la nipote del Conte Arganan col tempo aveva giovato parecchio ai piani di Dagran, rendendo il suo amico più incline a obbedire agli ordini del Signore di Lazulis, ma adesso la faccenda stava iniziando a complicarsi. Lei cercava in tutti i modi di liberarsi dal controllo dello zio e ciò distraeva Zael dal suo obbiettivo. In realtà Dagran condivideva le loro idee di libertà, ma assecondarle poteva distruggere tutto ciò per cui aveva lavorato. Senza contare che la loro vicinanza sempre più profonda stava iniziando a infastidirlo, rendendolo quasi geloso.
Me lo sta portando via...
«Ho detto qualcosa che non va?»
«Mmh?» Dagran si accorse che Jenna lo guardava con aria preoccupata.
«Ti sei incupito all'improvviso...»
«No, è solo che mi era venuta in mente una cosa stupida. Niente di cui preoccuparsi» la tranquillizzò.
Lei fece per dire qualcosa, ma Ariela la chiamò e poco dopo la ragazza, seguita da Mina, li raggiunse.
«Possiamo?» fece scostando un poco la tenda «Jenna, che fai lì?»  
«Stavamo giusto facendo quattro chiacchiere» rispose Dagran al posto della donna infilandosi la maglia e scostando del tutto la tenda. In effetti Mina aveva ragione sulle sue dimensioni: anche se lui era molto alto, gli arrivava comunque a metà coscia ed era talmente ampia che le spalle, per quanto le avesse larghe, quasi gli uscivano dal colletto. Suo fratello doveva essere un gigante! Guardando come la maglia gli cadeva addosso, Dagran non poté fare a meno di chiedersi come fosse possibile che qualcuno continuasse a fare scherzi a Mina con un fratello così in giro. Si tolse la mantella e la riallacciò più stretta attorno alla vita per mascherare la taglia sbagliata dell'indumento.
«Direi che così può andare. Grazie ancora, Mina.»
Prese la sacca con la cotta sporca e dopo averla assicurata alla cintura, si rivolse ad Ariela.
«Ora, non avevamo delle provviste da prendere? Ormai tuo padre starà cucinando i mobili per far mangiare i clienti.»
La ragazza lo guardò confusa, ma le bastò poco per ricordarsi l'altro motivo che l'aveva portata lì. Accompagnati da Mina, i tre uscirono dalla casa e fecero in fretta il giro dei banconi del mercato, prendendo accordi per le consegne con i venditori e portandosi dietro ciò che potevano prendere sul momento. Dagran insistette per portare da solo quasi tutto il carico; cosa di cui si pentì presto. Con una cesta grossa quasi come lui e piena di carne sulla schiena, un paio di piccole botti di birra e due enormi sacchi di ortaggi tra le braccia, arrancava a fatica lungo la strada quasi senza vedere dove stava andando. Quando arrivarono in vista del fiume che tagliava a metà la città, Ariela e Jenna lo affiancarono preoccupate.
«Sicuro di non voler lasciare a noi almeno i sacchi? Le nostre ceste sono quasi vuote...»
«Tranquille, ce la faccio» replicò ostinato col poco fiato rimasto. Le due però  notarono il suo volto paonazzo per lo sforzo e il sudore che gli grondava dalla fronte e decisero di affiancarlo e sorreggerlo quanto potevano lungo il percorso.
Dopo una breve pausa, i tre proseguirono lungo la via. Nel giro di una decina di minuti raggiunsero la grande piazza centrale della città e dopo aver fatto un cenno di saluto all'indovina ancora seduta al suo banchetto, entrarono nella Taverna.
L'ambiente era accogliente e i posti ai tavoli erano tutti occupati, inclusi quelli del soppalco da cui si accedeva alle stanze per gli ospiti, da quanto poteva vedere Dagran. Al bancone sulla destra del salone, il taverniere Kentis stava servendo quelli che sembravano gli ultimi pezzi rimasti di un arrosto quando li vide oltrepassare il portone. Alla vista di quella carne, Dagran si ricordò della fame che aveva e ringraziò che il locale fosse così pieno e rumoroso: i ruggiti che venivano dalla sua pancia potevano fare quasi concorrenza a quelli di Mirania, e questo era tutto dire! Kentis uscì da dietro il bancone facendosi largo tra i presenti con la sua enorme mole, li raggiunse e guardò con aria burbera la figlia.
«Dove diavolo ti eri cacciata? Hai visto che ore sono? Ho dovuto fare i salti mortali per servire i clienti!»
«Scusa pa'»
Kentis sbuffò e si grattò la barba bionda.
«Almeno vedo che sei passata dal mercato. Adesso va di là e cura le pentole.»
Dopo che Ariela se ne andò dietro il bancone seguita da Jenna rivolse la sua attenzione a Dagran.
«Grazie per aver dato una mano a mia figlia, Mastro Dagran.»
«Di nulla» rispose mentre il taverniere lo liberava dall'ingombro del suo bagaglio «In fondo le vostre scorte - lasci pure, questa la posso portare ancora - non sarebbero così vuote se non fosse per il mio gruppo.»
«Beh, fa piacere avere clienti che apprezzano la buona cucina.»
Kentis sorrise sotto i baffi e guidò Dagran sul retro del locale. Posate le provviste, l'omone iniziò a suddividerle e ne portò un po' in cucina.
«Ah, è passato Mastro Zael» disse strada facendo «Vi cercava per una richiesta che gli hanno fatto.» 
«Ha detto di cosa si trattava?»
«Solo che un soldato gli aveva parlato di una grotta. Gli altri però erano andati tutti all'Arena e non sono ancora tornati. Ora, se volete scusarmi, è meglio che prepari altra roba da mangiare. Volete che vi serva qualcosa subito?»
«No, credo che aspetterò il ritorno degli altri.»
«Allora vi farò trovare delle porzioni abbondanti, così sarà soddisfatta anche la vostra amica Mirania» aggiunse il taverniere con una risata.
Dagran fece un cenno di assenso, ringraziò Kentis per le informazioni e si avviò verso l'ingresso. Di fronte al portone c'era Jenna ad aspettarlo.
«Sembra proprio che oggi tu non voglia star fermo! Oh be', basta che ti ricordi di farmi una visitina: mi hai incuriosita, con la storia del mercato. E poi dovrei avere nascosto da qualche parte un gilè rinforzato che a occhio dovrebbe essere della tua taglia, se t'interessa.»
«Verrò senz'altro.»
«Un'ultima cosa...»
La donna gli si avvicinò e dopo avergli passato un braccio al collo, gli sussurrò divertita all'orecchio «La prossima volta che vai a zonzo per l'isola, portati dietro qualcosa da mangiare: si sentiva benissimo la tua fame!» e con la mano libera gli diete un debole pugno allo stomaco per sottolineare le sue parole.
«Speravo che fosse passato inosservato...» ridacchiò massaggiandosi.
Quante volte lui e gli altri avevano preso in giro Mirania per quello stesso motivo!
«Ecco perché Ariela parlava a voce così alta!»
«In parte, sì... ma per fortuna eri con due signorine ben educate e non te l'abbiamo fatto notare. Comunque per quando torni ti farò trovare una mia miscela speciale per pulire la tua cotta. Stammi bene.»
Jenna gli dette un paio di pacche sulla schiena e si allontanò verso la stanza dove Kentis le lasciava vendere le sue armi. Decisamente una donna interessante.
Con quell'ultimo pensiero in testa, Dagran aprì il portone e uscì dal locale per raggiungere i suoi compagni.
   
 
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