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Autore: Midori No Esupuri    03/10/2014    3 recensioni
[WARNING: MORMOR/MORMORSTAN]
L'evoluzione del rapporto tra l'ex colonnello Sebastian Moran e il consulente criminale Jim Moriarty tramite messaggi.
(11.19) Mi sta assumendo come killer?
(11.20) Esattamente. JM

[...]
(11.24) Stia tranquillo, la sua ferita all’occhio non sarà un problema. So che possiede un conto bancario, mi occuperò di versarle la somma necessaria al costoso intervento che deve sostenere per recuperare la vista. JM
(11.26) Perché?
(11.26) Gliel’ho detto. Mi serve un collaboratore. JM

Nota: Capitoli comprensivi di messaggi e parte narrativa.
Genere: Angst, Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim, Moriarty, Mary, Morstan, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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#7: Allenamento
 
Lunedì 13 gennaio
 
Non credeva particolarmente nella sfortuna, non ci aveva mai dato troppo peso, ma stava iniziando davvero a rivalutare quel suo vecchio stile di vita. Quella mattina Jim si era svegliato più irritato del solito, stava attaccato al cellulare da mezz’ora e viaggiava per tutta la cucina, mentre Sebastian cercava di svegliarsi con un caffè bollente e senza zucchero. Il suo capo era arrabbiato con quello che definiva un cliente – non gli era ancora chiaro in quale senso – e ci stava discutendo in modo sempre più acceso.
-Non mi interessa minimamente se ha perso tutti i suoi dannati soldi al casinò, le ho detto.- gridò, Sebastian sospirò e tuffò la mano in una confezione di biscotti al burro, portandone un paio alla bocca senza troppa voglia. Come faceva Jim ad avere così tante energie al mattino, considerando che la notte prima non aveva minimamente chiuso occhio? Lo aveva sentito muoversi per tutta la villa, non si era nemmeno curato di non fare troppo rumore, ed era stato maledettamente irritante.
-Sono una persona esigente, non le conviene avermi come nemico, e mi pareva di averlo chiarito a sufficienza. Anche se lei è evidentemente troppo stupido per capirlo, mi risulta.
Il colonnello alzò gli occhi al cielo, Jim aveva quel difetto di riprendersela un po’ con tutti, considerando il mondo intero come una manica di idioti, tra i quali lui spiccava per la sua perfezione.
-Lei adesso alza il suo regale culo e viene a discutere con me, di persona, nel mio ufficio. Altrimenti, può scordarsi i miei servigi. A più tardi.
Chiuse la chiamata e sospirò straziato, facendo quasi tremare i vetri della cucina.
-Cliente difficile?- domandò Sebastian, per il puro gusto di stuzzicare il suo capo.
-Già. Dio, li odio. Cosa ci sarà mai di troppo complicato, dico io! Al diavolo, mi è passata la fame.- annunciò teatrale, spingendo via il piattino con una tazza fumante di the, Sebastian scosse di nuovo il capo.
-Fame, capirai. Era solo una tazza di the.
-Sì, comunque non mi va.- replicò l’altro, capriccioso. Aveva persino incrociato le braccia sul tavolo e ci aveva posato sopra la fronte, mugolando qualcosa di incomprensibile. Un bambino capriccioso ed irritante, ecco chi era il suo coinquilino. Ed era anche maledettamente disordinato, persino la sua scrivania era sommersa da fogli, penne stappate, buste di carta e qualche tazza di the vuota, se non di veri e propri bicchieri di vodka. Non si sarebbe mai aspettato tanto disordine da un uomo in apparenza così elegante e perfetta, che sembrava tenere più ai propri completi che al resto.
-Vado a vestirmi per accogliere il cliente.- lo informò dopo alcuni minuti di silenzio, scattando in piedi. Sebastian aveva ormai finito il caffè e stava sciacquando la tazzina nel grande lavello in acciaio, si voltò confuso verso il suo capo.
-Ma sei già vestito.- osservò, alzando un sopracciglio. Jim lo guardò come se avesse appena sentito la più stupida sentenza in circolazione nell’intero sistema solare, altra cosa che Sebastian trovava profondamente irritante.
-Secondo te, posso accogliere un cliente con un completo blu?! E’ ovvio Sebastian, ovvio, che il grigio è il colore più indicato per un colloquio!
-Oh, ma certo.- sospirò l’altro. -Mi perdoni per la mia incommensurabile ignoranza in materia di completi da ricconi snob.
-Lascia perdere, se dovessi scusarti per tutta la tua ignoranza, non ti basterebbero i trecentosessantasei giorni di un anno bisestile.- proferì Jim, annoiato. -E non darmi dello snob solo perché mi vesto bene.
Sebastian serrò la mascella, reprimendo l’istinto animale di sollevare il tavolo e colpire ripetutamente il viso del moro, che scappò al piano di sopra con aria offesa. Lui, lui aveva il coraggio di fare l’offeso, maledizione?!
-Ma va’ al diavolo!- sbottò, armandosi per pulire la cucina. Proprio non ce la faceva a stare in una casa sporca, gli veniva l’urto e si innervosiva, cosa che poi lo portava a discutere anche con Jim, e ne faceva seriamente a meno se poteva. Il cliente arrivò circa un’ora dopo, Sebastian era intento a fare zapping al televisore da quaranta pollici ultrasottile del salotto quando Jim gli gridò, da una stanza imprecisata al piano superiore, di scortare l’ospite fino al suo studio e preparare il the. Stava per chiedere se preferisse anche una tazza di the e dei pasticcini, quando il cliente suonò di nuovo il campanello della porta. Il colonnello si alzò, strascicando i pesanti anfibi sul pavimento lustro della villa, e aprì: si trovò davanti un omuncolo sulla quarantina d’anni, avvolto in un cappotto antracite e minuto di una ventiquattrore nera.
-Salve.- salutò, squadrandolo dall’alto in basso. Che razza di affari sbrigava il suo coinquilino, insomma?
-Mi segua, prego.
Non era proprio un genio nell’accogliere gli ospiti, si limitò soltanto a salire le scale verso lo studio di Jim e ad aprire la porta, con noncuranza.
-C’è il tuo cliente.- avvisò, per poi voltarsi velocemente verso l’uomo e attendere che entrasse. Questo lo guardò un po’ spaesato, indugiando sul suo viso come tutti sembravano avere la mania di fare, e Sebastian sospirò internamente. Sì, aveva un occhio bendato e una vistosa cicatrice su un lato del volto, ma era proprio necessario che tutti lo guardassero come se fosse Frankenstein, o come diavolo si chiamava quel mostro verdastro? Tra l’altro, non era nemmeno sicuro che fosse verde come veniva dipinto nei cartoni animati che vedeva insieme a sua sorella, ma scrollò le spalle e lasciò Jim alle prese con i suoi affari. Scese in cucina per preparare il the e colse l’occasione per farsi un altro caffè, nero e amaro come sempre, per svegliarsi un po’ di più. Si irritò nel rendersi conto, mentre saliva le scale con un vassoio in mano e due tazze fumanti di the, di somigliare ad un maggiordomo e digrignò i denti: lui era un dannato colonnello dell’esercito britannico, per quale motivo il suo capo non poteva accogliere i suoi adorabili clienti in cucina e preparargli da solo quel dannato the? Ah, forse non era capace di prepararselo, dopotutto non aveva nemmeno la patente. Scosse il capo, con che razza di persona stava condividendo la sua vita?
Aprì la porta, interrompendo palesemente un dialogo al quale non badò minimamente.
-Il the.- biascicò, posandolo sulla scrivania. Jim lo guardò, in silenzio e a lungo, per un attimo assottigliò le iridi nero pece e irrigidì la mascella chiara sotto la barba curata fino all’ossessione.
-Grazie, Sebastian.
Bene, poteva anche tornare al suo inveire contro il televisore, adesso. Non se lo fece ripetere due volte e scese di sotto, sprofondando malamente nel divano e cercando tra i canali qualcosa di interessante, finchè non trovò una partita improvvisata di calcio. Non aveva né idea né interesse di chi stesse effettivamente giocando, ma simpatizzò per gli ometti in divisa bianca, perché il color prugna dell’altra squadra proprio non lo reggeva. Seguì quindi i movimenti della minuscola palla sullo schermo, gli bastò qualche minuto per giudicare fastidioso il commento del cronista e abbassò il volume, fino a toglierlo del tutto con un gesto stizzito. Certo, con un televisore così grande, quasi si sentiva catapultato nel trentesimo secolo: era abituato a casa sua, dove c’era una tv sul bancone della cucina, mezza scassata e che trasmetteva in modo chiaro solo dopo una buona dose di pugni; il divano era incurvato per il peso di suo padre che ci crollava sopra ubriaco, invece quello di Jim era quasi di cemento. Non veniva usato spesso, probabilmente. Un giocatore della sua squadra di soldatini in bianco si portò vicino alla porta e Sebastian si drizzò sul divano, più concentrato, in attesa di gioire per un goal ben assestato… E l’avrebbe fatto, se solo il televisore non si fosse spento di punto in bianco.
-Ma che cazzo!- sbottò, alzandosi per andare a controllare che la tv non avesse bisogno di un pugno per riprendere a trasmettere la partita sconosciuta.
-Non azzardarti a muovere un muscolo.
Si voltò lentamente, sentendo la voce di Jim in un modo particolarmente inquietante, diversa da come si poneva di solito nei suoi confronti. Non era annoiata, non era suadente, non era canzonatoria, ma semplicemente… Arrabbiata. Anzi, furiosa era la parola migliore per descriverla. Non lo aveva mai sentito così, ma per quanto quel tono lo avesse fatto rabbrividire, non mostrò alcunché. La guerra gli aveva ridotto quasi a zero l’espressività, dopotutto.
-Siediti, Sebastian.- lo invitò Jim, facendo il giro del divano fino a portarsi davanti a lui, la schiena contro il caminetto e le mani infilate in tasca. Lo guardava minaccioso, il biondo preferì fare come gli era stato detto e si sedette al solito posto di prima, ricambiando l’occhiata di Jim leggermente perplesso.
-Mi risulta tu sia cresciuto in un buon quartiere di Londra, anche se vagamente fatiscente. Sbaglio?- chiese il suo capo, con la stessa espressione di un insegnante davanti al caso disperato di uno studente che non aveva studiato, per l’ennesima volta.
-No, non sbagli.- rispose, ancora più perplesso.
-E mi risulta che i tuoi genitori ti abbiano educato almeno un minimo, giusto? Prima di scomparire dalla tua mera esistenza. Giusto?
-Sì… Giusto.
L’espressione di Jim si tramutò in fretta, come per magia, e la sua bocca sottile si spalancò per liberare tutta la potenza delle sue corde vocali.
-E allora perché diavolo hai trattato in quel modo il mio cliente? Idiota!
Jim afferrò il telecomando di qualcosa e glielo tirò addosso, Sebastian si scansò appena in tempo.
-Non gli hai dato il benvenuto, non gli hai nemmeno chiesto se voleva togliersi il cappotto! Il cappotto, Sebastian! E devi bussare, prima di entrare nelle stanze altrui! Bussare, capito?!
Sebastian indietreggiò con la schiena nel divano, facendolo scricchiolare appena, sconcertato da quel tono improvviso. Il suo capo sembrava un genitore particolarmente intollerante, quasi poteva vederlo sbuffare fumo dalle narici appena dilatate, ma pareva che non avesse ancora finito.
-E, per l’amor del cielo, ti pare il modo di presentarti ad un cliente? Vestito così?! E’ un miracolo, un miracolo Sebastian, che non abbia creduto di essere capitato in una casa famiglia per senzatetto!
Il biondo si alzò in piedi, irritato. Era troppo, adesso.
-Mi stai dando del barbone?!- sbottò.
-Oh, è proprio la parola adatta, la tua barba sembra un dannato groviglio di sterpaglie del deserto!
-Non offendere la mia barba! E’ sensibile!
Jim sospirò, con evidente esasperazione, poi si forzò a calmarsi e guardò il suo sottoposto.
-Va bene. Va bene. Mi costringi ad usare le maniere forti.- disse, staccandosi dal camino. -Seguimi.
Il colonnello, perplesso, seguì Jim fino al portone della villa. Non servirono a nulla le sue proteste, si ritrovò a fare pratica su come ricevere i clienti – interpretati da Jim, ovviamente – e su come scortarli nello studio nella maniera più educata possibile, e per i primi quindici tentativi non riusciva a non ridere nell’aprire la porta e a dire “benvenuto, signore” davanti a Jim. A fine giornata era stremato per quante volte aveva salito e sceso le scale fino al secondo piano, crollò sul letto dopo aver cenato e giurò che non si sarebbe più mosso fino al pomeriggio del giorno successivo. O alla sera, dipendeva da quanto il suo corpo avrebbe deciso di rimanere ancorato al letto.
 
(21.40) Sei stato bravo. JM
 
(21.40) E’ stata la cosa più stupida che io abbia mai fatto.
 
(21.43) Ma per favore. Hai invaso l’Afghanistan. E sei stato con una minorenne. JM
 
(21.45) Potresti non ricordarmi che sai tutta la mia vita a memoria?
 
(21.47) Farò del mio meglio, ma non garantisco niente. Hai avuto una vita interessante JM
 
(21.53) Come no.
 
(21.55) Era così difficile accogliere i clienti? JM
 
(21.55) No. Ma era difficile non riderti in faccia.
 
(21.58) Potrei metterti in punizione per questo. JM
 
(22.00) Ma se hai riso anche tu, ad un certo punto! E non ti fermavi nemmeno, ti sei pure tenuto la pancia…
 
(22.01) Irrilevante. JM
 
(22.04) Sisi, come no. Buonanotte va’.
 
(22.07) Buonanotte. JM
 
Sebastian sbadigliò sonoramente, lasciò il cellulare sul comodino – acceso, tanto si era arreso all’evidenza che il suo capo lo avrebbe tormentato di sms lo stesso – e si addormentò in un attimo. Tutto sommato, non era stato così male quell’allenamento su come accogliere i clienti.
 
(22.25) E va bene. E’ stato divertente anche per me. Ma sei in punizione, niente partite di calcio per una settimana. JM


 
•Nota dell'autrice~
Salve a tutti coloro che hanno letto anche questo capitoletto! *^* State aumentando ancora, lettori e seguaci di questa ff abbastanza sclerotica, e sono davvero molto contenta. Ho pubblicato oggi perchè ho avuto degli impegni, ma riprenderò con l'aggiornamento settimanale, sperando di non avere più tanti problemi di ispirazione o altro xD Che dire, questo capitolo mi ha fatto divertire tanto come i precedenti, e ce lo vedo tantissimo Sebastian che apre la porta per accogliere Jim cliente, hahaha! Vabbè, ancora siamo nel lato comico della storia, i feels arriveranno molto presto perchè altrimenti non sarebbe una mia storia... E non sarebbe MorMor! Quindi, alla prossima settimana, e grazie ancora a chi legge, segue, recensisce e inserisce nei preferiti
Midori No Esupuri~
  
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