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Autore: Nimel17    03/10/2014    3 recensioni
Il prezzo che bisogna pagare per salvare Avonlea dagli orchi... è lui. Così vuole la Signora Oscura
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Tocca a te, caro.”
“Un istante.”
Belle sorrise a vederlo così concentrato. I ciuffi di capelli gli ricadevano sugli occhi e le belle dita reggevano il viso, mentre l’espressione seria gli conferiva un che di misterioso.
Rumpelstiltskin mosse il suo cavallo.
“La vostra regina è minacciata, Belle.”
Lei strinse gli occhi, poi sorrise.
“Minaccia annullata.”
Con il suo cavallo, eliminò quello di lui. Rimase di sasso quando lo vide sorridere e muovere l’alfiere.
“Scacco matto, mia signora.”
Maledizione, era vero. Storse la bocca.
“Tutta fortuna.”
“Se lo dite voi…”
Lei ridacchiò. Nessuno poteva accusarla di non saper perdere.
“Ti conosco, ormai, caro… nessuno mi ha mai battuta prima, come hai fatto?”
“Non penso che abbiate giocato a scacchi con molta gente, se mi è permesso dirlo.”
“No, anche questo è vero…”
“Comunque, ho notato che siete molto accesa quando si tratta delle donne… avevo previsto che avreste scoperto il re per proteggere la regina.”
Belle non si sentì intimorita dal fatto che lui l’avesse letta così bene, ma anzi sorrise.
“Le donne non hanno molte opportunità di dimostrare quello che valgono.”
“Per questo siete diventata la Signora Oscura?”
Vedendo  il sorriso di lei morire come sabbia spazzata dal vento, Rumpelstiltskin abbassò la testa, dispiaciuto.
“Perdonatemi. Non volevo essere indiscreto. Ma, se non potrò conoscere nessun altro per il resto della mia vita, non potrò almeno conoscere voi?”
Belle prese in considerazione l’idea di raccontargli la sua storia, ma per lei era una prova troppo grande.
“Un’altra volta, caro.”
Si nascose dietro la sua maschera scherzosa e agitò il dito con finto ammonimento.
“Forse vuoi conoscermi, o forse vuoi solo conoscere i segreti del mostro? Eh, eh, eh?”
“Voi non siete un mostro.”
Per la seconda volta in pochi secondi, Belle smise di sorridere, così si alzò e si legò i riccioli con un nastro blu.
“Ora ho da fare. Fra poco dovrebbe arrivare un ospite. Fa’ in modo di portare il the, caro.”
“Molto bene, Belle.”
Se lei fosse stata ancora una normale umana, sarebbe arrossita e avrebbe abbassato lo sguardo per quanto bene il suo nome suonava pronunciato da lui.
Chissà se diceva altrettanto bene quello dell’arpia sua promessa.
Sorrise un po’ malignamente al pensiero, poi prese dal cesto dell’arcolaio la paglia e iniziò a filare, prevedendo che il suo ospite avrebbe avuto gran bisogno d’oro.
Per la prima volta da molto, moltissimo tempo, le apparve nella mente l’immagine di suo padre.
Il volto pesante, gli occhi chiari, con pochi capelli, l’espressione buona ma un po’ ottusa.
Pover’uomo… Belle avrebbe provato pietà per lui se non l’avesse odiato tanto per ciò che le aveva fatto.
Sentì la familiare presenza della magia provenire dal lato opposto della stanza e si alzò per ricevere un uomo alto, con un lungo cappotto di pelle nera e un cilindro in mano.
“Jefferson, sei in ritardo.”
“Perdonami Belle, Malefica non era molto disposta a darmi quello che volevi e ci ho messo un po’ a convincerla.”
Lei alzò una mano per farlo tacere.
“Allora?”
L’altro le porse una sfera di cristallo, apparentemente molto comune, ma appena Belle la toccò, iniziò a riempirsi di un fumo violaceo.
“Bene, è proprio quella che cercavo. Le scarpe, le hai trovate?”
“Temo di no. Dovrò cercarle ancora.”
Belle lo guardò più fredda.
“Pensavo d’essere stata precisa, Jefferson.”
“Anche il mio cappello ha dei limiti, o Signora Oscura.”
“Come sta Grace?”
“Cresce a vista d’occhio. Thummy dice che la vizio troppo.”
Il cuore di Belle si strinse. Le faceva male parlare di figli.
“Sai, mi chiede spesso della bella signora che le faceva dei così bei regali e giocava così bene a prendere il the.”
“Grace è una cara ragazza, Jefferson.  Spero che tu tenga da conto un bene così prezioso.”
“Ovviamente. È il mio tesoro.”
“Prendi l’oro che ti serve, devo…”
Belle venne interrotta dalla porta che si apriva. Rumpelstiltskin si era fermato, chiedendole con gli occhi il permesso di entrare, evitando di guardare l’ospite.
“Oh, ecco il the. Vieni pure avanti, caro.”
Lei godette dell’espressione stupita del Cappellaio.
“Chi mai sarebbe costui, Belle?”
Rumpelstiltskin strinse le labbra e Belle decise di lasciarlo rispondere, affascinata dalla luce malevola in quegli occhi solitamente così calmi.
“Io sono Rumpelstiltskin, il servo della Signora Oscura.”
Le dispiacque che si fosse così sminuito, così scoppiò a ridere allegra.
“Caro, sei troppo modesto. Rumpelstiltskin è una delle poche persone la cui compagnia non mi annoia e, dulcis in fundo, è persino un principe ereditario.”
Jefferson s’inchinò senza malizia.
“Ho sentito che il vostro regno aveva stretto un accordo con la Signora Oscura, ma nessuno sa quale fosse stato il prezzo.”
“Mi sembra evidente, signor…?”
“Jefferson. Viaggio tra i mondi con il mio cappello.”
“Un saltatore di portali.”
Belle li interruppe e porse al Cappellaio un coniglio di pezza, morbido, con un orologio d’oro puro attaccato al frac di velluto blu.
“Tieni, portalo a Grace, per le sue festicciole. Non ho più bisogno di te, per ora.”
Rumpelstiltskin sbatté gli occhi.
“Non vi fermate per il the?”
“Ho promesso a mia figlia che avrei preso il the solo con lei. Arrivederci, Principe Rumpel, Belle, è sempre un piacere.”
Lei guardò il servitore con gli occhi socchiusi e un sorriso divertito.
“Rumpel… mi piace. Posso chiamarti così, caro?”
Vide che lui era piuttosto rigido e le mani gli tremavano mentre metteva le foglie di menta nel the.
“Siete la mia padrona. Potete chiamarmi come volete.”
Belle si rattristò per quell’atteggiamento impersonale. Le sembrava di essere tornata ai primi giorni della loro convivenza.
“Qualcosa ti disturba, caro? Jefferson non intendeva offenderti, sai.”
“Non è quello.”
Non gli avrebbe cavato più nulla di bocca, questo era evidente, così sospirò e iniziò a bere.
Rumpelstiltskin se ne andò quasi subito, lasciandola sola. Aveva trascorso un secolo in solitudine senza sentirne il peso, ma adesso che lui se n’era andato dalla sala la consapevolezza d’esserci solo lei nella stanza la schiacciò.
E, quando lei si sentiva sola, i fantasmi del passato le facevano visita.
Vide sua madre, i capelli scuri e il sorriso gentile, che sembrava volerla abbracciare. Aveva la stessa gonna rossa di quando era morta per un’epidemia.
Da quanto tempo non pensava a lei…
Accanto alla madre c’era suo padre, con lo stesso sguardo di disapprovazione di quando era vivo.
“Ce la mettevo tutta per te, papà, ma non era mai abbastanza. Non guardarmi così.”
Comparve un altro spirito, dai folti capelli neri, la mascella pesante e squadrata, i lineamenti e gli occhi crudeli, la mano posata sull’elsa della spada.
Belle distolse l’attenzione dagli occhi per soffermarsi sulla macchia rossa all’altezza del petto, ricordando con piacere quando gli aveva strappato il cuore per stringerlo fino a ridurlo in polvere.
Era stato il suo primo gesto da Signora Oscura.
Qualcosa le tirò la gonna e vide non un fantasma, ma piuttosto un’apparizione evanescente di una bambina dai boccoli castano ramati e le fossette sulle guance.
“Mamma, ti prego, mamma…”
“Tu non sei morta, non dovresti essere qua.”
“Mamma, mamma…”
La bambina le indicò qualcosa fuori dalla finestra.
“Sì, tesoro mio, è un uccellino.”
“Canta, vero?”
“Se tu lo vuoi, lo farò cantare per te. È timido, mio piccolo passerotto.”
La piccola rise e si attorcigliò i riccioli tra le dita, facendo una piccola giravolta.
“Andiamo al mercato, domani? Forse faranno quei dolci al miele.”
“Tutto quello che vuoi, tesoro.”
“Mi insegni a filare? Così sarò anch’io brava come te, da grande.”
Belle sorrise e le fece spazio sullo sgabello.
“Farò in modo che anche tu possa filare la paglia in oro, amore mio. Adesso, brava, mettiti così…”
“Con chi parlate?”
La voce brusca e stupita di Rumpelstiltskin la riportò alla realtà. Davanti a lei non c’era nessuna bambina, ma non si rivolse lo stesso al suo servo per non far vedere le lacrime di delusione che stavano iniziando a scendere.
“Con nessuno, caro. Ma io sono pazza.”
“Non mi sembra.”
Mai, mai prima di quel momento aveva sentito un vuoto così grande dentro di sé. Fece segno a Rumpelstiltskin di avvicinarsi.
“Vieni, caro. Ho deciso di insegnarti a filare la paglia in oro, per alleviare la monotonia delle tue giornate qui.”
Lui non ribatté che era un’occupazione da donne, come avrebbero fatto molti altri, ma si sedette a fatica davanti a lei, dove prima la sua immaginazione aveva posto la sua piccola.
“Sei fortunato, hai le dita giuste per filare. Sottili, ma forti.”
“Alcuni miei antenati erano tessitori.”
“Metti le braccia avanti, così.”
Con pazienza, gli mise le mani nella posizione giusta, chinandosi un po’ di più verso di lui, fino a sfiorargli la nuca con le labbra. Poteva sentire che si era irrigidito per quella vicinanza eccessiva, ma era quello che lei voleva. Aveva un profumo di spezie e cuoio, e i capelli gli erano cresciuti durante la sua permanenza al castello. Belle si chiese come avrebbe reagito se vi avesse fatto scorrere le dita.
Dopo qualche tentativo, Rumpelstiltskin era riuscito a fare azionare il meccanismo ed ora filava con scioltezza, come se fosse nato per farlo.
“Io… mi ero dimenticato…”
“Cosa, caro?”
“La mia nutrice mi aveva insegnato, da piccolo…. Poi non ho più filato, non so perché.”
Belle sorrise e appoggiò la testa sulla sua spalla. Per un attimo, le sembrò che anche lui stesse per appoggiarsi a lei, ma doveva per forza ingannarsi.
“Tuttavia, mio caro, stai filando semplice lana, adesso. Io voglio che tu la fili in oro.”
“Non doveva essere la paglia?”
“Partiamo da piccoli passi.”
“Non possiedo la magia.”
“Non serve vera magia, per questo compito. Serve emozione, emozione vera.”
Aspettò qualche minuto per vedere se lui aveva compreso, ma anche se ora filava più in fretta, la lana rimaneva lana.
Sorridendo, pregustando il piccolo divertimento che si sarebbe concessa nei prossimi istanti, si alzò leggermente e gli accarezzò la guancia con la mano, passando l’altro braccio sotto il suo per cingergli la vita.
“Emozione, Rumpelstiltskin.”
Questa volta non era la sua immaginazione. Lui aveva chinato la testa per guardarla di striscio, fino a sfiorarle la fronte con le labbra.
“Che tipo di emozione, Belle?”
Lei sorrise ancora e intrecciò le sue dita nella mano di lui.
“Tanto tempo fa… quando non ero ancora la Signora Oscura, dei soldati volevano prendere mia figlia. Io glielo impedii, e uno di loro mi buttò a terra, ordinandomi di baciargli lo stivale. Ora, nella mia mente, ripercorro più e più volte quel momento… prendo il cuore di quell’uomo e lo stringo nella mia mano, facendolo urlare, e poi… solo dopo qualche minuto… lo riduco in polvere, uccidendolo.”
Iniziò a baciarlo lungo la linea del mento rasato, scostandogli i capelli con la mano per lasciar passare le labbra.
“Sete di sangue.”
“Mi piace come definizione.”
Proseguì scendendo verso il collo, senza più guidarlo nei suoi movimenti.
“Una volta, un pirata si prese gioco di me, guadagnandosi l’ammirazione della mia promessa. Gli tagliai la mano, per vendicarmi.”
Lei rise piano, abbracciandogli il petto.
“Guarda, caro. È fatto.”
Tra le dita di Rumpelstiltskin c’era un perfetto filo d’oro.
Belle si rese conto che il loro momento era passato. Non erano più un uomo e una donna che si stavano corteggiando, accumunati da sentimenti di vendetta passati, ma la Signora Oscura e il suo servo principesco.
“Sono fiera di te, Rumpelstiltskin.”
Lui deglutì.
“Grazie, Belle.”
Lei si alzò e in un attimo era fuori dalla stanza, tremante e arrossata. L’amore era debolezza, e lei aveva giurato di non amare più nessuno finchè non avesse ritrovato Lily. Eppure, era mancato poco che avesse fatto l’amore con Rumpelstiltskin su quello sgabello, quando le poche esperienze con Gaston erano state dolorose e spiacevoli. Il suo servitore le portava sempre di più alla luce la dolce topolina di biblioteca che era stata Belle e lei aveva bisogno più che mai d’essere la Signora Oscura per terminare la maledizione.
Si sedette sulla sua poltrona, vagando tra il riflettere e il fantasticare.
Se avesse fatto sì che Rumpelstiltskin le fosse vicino anche durante la maledizione, in cui lei avrebbe ricordato tutto a partire dall’arrivo della Salvatrice, non ci sarebbe stato nulla di strano nel cercare di conquistarlo. E, una volta spezzato il sortilegio, sarebbe andata alla ricerca di Lily e forse lui le sarebbe rimasto accanto, diventando il padre che sua figlia avrebbe sempre dovuto avere.
“Ti sarebbe piaciuto come papà, Lily cara.”
Doveva stare attenta a quello che progettava. Presto Biancaneve e James avrebbero iniziato a fare patti con lei e poi avrebbe dovuto farsi arrestare.
Il tutto per far credere a Regina di avere lei tutte le carte vincenti.
Tuttavia, il problema di Rumpelstiltskin rimaneva. Era certa che non avrebbe mai potuto amarla, e come avrebbe potuto amare la persona che l’aveva strappato a tutti i suoi cari? Ma lei aveva un inspiegabile bisogno di lui, e non sapeva se doveva indulgere in quel sentimento o frenarlo.
Sentì bussare e aprì la porta con un gesto della mano, incuriosita.
Rumpelstiltskin era venuto a chiederle spiegazioni? O forse si sarebbe scusato, il suo animo da gentiluomo avrebbe probabilmente pensato che era stata tutta colpa sua.
“Perdonatemi, Belle, ma dovevo parlarvi.”
Lei rimase sorpresa dal suo stato. La camicia aveva parecchi bottoni slacciati, era spettinato e camminava a passi brevi ma affrettati.
“Quello che è successo prima…”
“Non dartene pensiero, caro. Tu e la tua promessa avrete fatto certo ben altro.”
Lui fece un sorriso cattivo, sprezzante, che Belle non gli aveva mai visto.
“Con Milah? No di certo. La disprezzo, e lei disprezza me.”
Anche il suo matrimonio con Gaston era stato qualcosa di simile.
“Molto bene, non ha più importanza ora che non la rivedrai più, giusto?”
“Belle…”
Lei gli pose un dito sulle labbra, gli occhi blu pieni d’urgenza.
“Ssh, caro, rispondimi a questa domanda, prima: cos’è, secondo te, l’amore?”
La risposta di lui fu veloce e certa.
“L’amore è forza.”
Belle capì che non poteva fidarsi a condividere i suoi sentimenti con lui. Era troppo idealista.
“Ti sbagli, Rumpelstiltskin. L’amore è debolezza, e non dimenticarlo mai. Ora va’, sei congedato fino a domani.”
“Ma…”
“Niente ma, caro. Devo fare una pozione e tu mi saresti solo d’intralcio.”
“Mettetemi alla prova.”
Belle sorrise. L’insistenza di lui era rinvigorente e la sua presenza le faceva vedere tutto più chiaro. Poteva permettersi d’ignorare il buon senso ancora per un po’.
“Questo lo vedremo. Seguimi, allora, se ci tieni tanto.”
Prima che potesse parlare, alzò un dito.
“E non provare a chiedermi il perché della domanda di prima, tanto non ti risponderò.”
Lo sentì ridere a bassa voce e poi tacere. Bene, stava imparando.
Lo tenne sempre d’occhio mentre contava le gocce giuste di pozione, osservandolo prima leggere, poi scrivere. Si chiese se stesse scrivendo un diario e, se aveva ragione a crederlo, cosa scrivesse su di lei.
Decise di domandarglielo, visto che trattenere la curiosità non era mai stata una sua qualità.
“Tieni un diario di prigionia, caro? Forse i miei servi del futuro ne troveranno le pagine in qualche vecchia stanza e le leggeranno, macchiandole con lacrime di pietà e comprensione.”
“Ne dubito. E poi, non è un diario.”
“Oh? Un libro, allora? Come sopravvivere alla Signora Oscura e vivere felici e contenti?”
Rumpelstiltskin sorrise, ma non disse nulla e Belle rispettò la sua riservatezza, ricordando come la sua Lily si chinasse sempre sulla parte di pavimento di legno dove disegnava con i suoi economici gessetti colorati.
È una sorpresa, non guardare!
“Il tavolo si sta fondendo.”
Lei sobbalzò e si accorse che aveva spostato l’ago, facendo cadere le gocce non nell’ampolla ma sulla tavola, ormai graziosamente costellata di buchi.
“Grazie, caro. Mi ero distratta.”
“Quell’uomo… Jefferson… è stato il primo ospite da quando sono arrivato.”
“Non ci fare l’abitudine, caro. Non ricevo molto spesso, a meno che qualcuno non abbia un accordo in mente.”
“Si tratta di un vostro amico?”
Belle nascose dietro il libro d’incantesimi un sorrisetto di soddisfazione e scosse la testa.
“Non esattamente. Io aiuto lui e lui aiuta me…. Ero amica di sua moglie.”
“Chi altri potrebbe presentarsi al vostro castello?”
“Vediamo… Malefica, una strega molto potente con un senso dell’umorismo invidiabile.”
“Non è quella che ha posto la principessa Aurora sotto una maledizione del sonno?”
“Sì. Ma ha fatto bene, non ho mai conosciuto una ragazza più irritante.”
“Poi?”
“Regina, la matrigna di Biancaneve. Tuttavia, quando verrà tu starai bene attento a non farti vedere.”
“Perché?”
“Perché lo dico io. È una donna imprevedibile e troverebbe sicuramente il modo per usarti contro di me. È gelosa del mio potere, nonostante le abbia insegnato io tutto quello che sa.”
Rumpelstiltskin si alzò dalla sedia per andarle vicino, distratto momentaneamente dalla questione di Regina.
“C’è un posto vuoto dove tenete le pozioni.”
“Diciamo che è riservato a qualcosa di speciale.”
“Cioè?”
“Al Vero Amore.”
Lui rise apertamente, sorprendendola.
“Non si può imbottigliare l’amore.”
“Certo che si può, caro. E chi ci riuscirà, potrà fare qualsiasi cosa.”
Osservò meditabonda i capelli di Rumpelstiltskin, poi scosse la testa.
Non aveva senso provare.
 
 
Angolo dell’autrice: Bene bene, chi l’avrebbe mai detto che sarebbe tornata l’ispirazione per questa storia che ero quasi sul punto di cancellare? Mi dispiace dire che ci saranno al massimo un paio di capitoli ambientati nella Foresta Incantata, poi si passerà a Storybrooke… senza rivelare nulla su chi sarà chi ;-) Buona giornata!!! 
  
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