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Autore: AlexEinfall    03/10/2014    3 recensioni
Quando un eroe diviene il peggior nemico dell'umanità, quando ogni indizio conduce allo smantellamento di una maschera di bontà, quando è il cacciatore a divenire preda, chi potrà essere ancora dalla sua parte? Se Spencer Reid, un giorno qualunque, si risvegliasse con le mani sporche di sangue, chi potrebbe salvarlo dall'oblio? Tra lo spettro della dipendenza e qualcosa di molto diverso e più oscuro, la strada per la soluzione dell'enigma non potrà essere percorsa in solitudine.
Dal testo
Sangue. Nella nebbia della droga si era chiesto, tre o forse quattro anni prima, che odore potesse avere il sangue di un'altra persona sulla sua pelle. Possibile, si era chiesto, che le molecole odorose di qualcun altro, mischiate alle mie, possano dare come risultato un buon aroma? Soprattutto lo incuriosiva il pensiero che la morte, a contatto con la sua pelle, forse avrebbe avuto l'odore della vita.
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Morgan, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7
Manette
 

Non c'è in natura una passione più diabolicamente impaziente
di quella di colui che,
tremando sull'orlo di un precipizio, medita di gettarvisi.
Edgar Allan Poe

  Le valigie, consistenti in due sacche riempite in fretta, sono davanti all'entrata. Reid stringe la pistola con entrambe le mani e lo sguardo si perde sui mobili e sullo schienale del divano. A terra libri sparsi, segni della collutazione, impronte insanguinate.
  Contro una parete il corpo senza vita di Daniel. Gli occhi color ghiaccio si spengono nel bianco e nel petto si apre uno squarcio bruciato, dal quale il sangue ha smesso ormai di zampillare. La pozza si allarga, inzuppa le pagine, i mobili, i suoi piedi.
  Colpi alla porta. La bassa dose di dilaudid che piano piano smette di aver effetto, bruciata dall'adrenalina. A terra la siringa con ancora la dose completa, quella che lui ha cercato di iniettargli, quella che lo avrebbe certamente ucciso.
  Urla oltre le mura, sirene che squarciano il cielo rimbalzando sulla finestra.
  La porta viene scardinata e qualcuno si affolla nell'appartamento. Lo chiamano, ma lui non li sente. Non vuole.
  Stringe la pistola come se il semplice atto di mollarla possa far finire quell'istante in cui, per un attimo, può restare sospeso oltre la realtà.

  La porta viene giù con facilità: i cardini vengono divelti e il legno si spacca in più punti. Con tutta l'adrenalina che Morgan si ritrova in circolo, potrebbe sfondarne altre dieci. La prima cosa che vede è il sangue e l'allarme inizia a pulsargli nel craneo. La seconda è Spencer.
 Spencer che tiene una pistola tra le mani. puntata contro un cadavere. Il cadavere di Daniel Roland.
 Spencer che non sembra essere in quel mondo e che non si volta per degnar loro della minima attenzione.
 «Reid» mormora Prentiss, abbassando la pistola, mentre Hotch fa segno agli agenti di polizia di mantenere la posizione.
  «Non sparate» mormora appena, ma potrebbe benissimo gridare: Spencer appare sordo al mondo circostante.
  Gli occhi spalancati sono cerchiati di nero e sul volto si estende una macchia rossastra e una piccola ferita, segno della collutazione, come la camicia sgualcita.
  Hotch viene catturato dalla siringa abbandonata a terra e studia velocemente la situazione, decidendo di rinfoderare l'arma e tentare di avvicinarsi. Cerca di dimenticare che quello è il dottor Spencer Reid, il suo agente più giovane e brillante, il pupillo di Gideon.
  Jeson, perdonami...
  «Reid, sono Hotch» dice con calma, avanzando un passo dopo l'altro. Tende la mano in avanti, invitandolo a consegnargli l'arma. «Reid, mi senti?»
  Da quella vicinanza, Aaron riesce a vedere il laccio ancora legato attorno al braccio e i fori rossastri.
  Jason, non ci sono riuscito.
  «Dammi la pistola, Spencer. Sistemeremo tutto, ma devi darmi la pistola. Sai che devo chiedertelo.»
  Non sa più a cosa appellarsi. Lui, il supervisore capo Hotchner, non ha parole.
  Jason, cosa devo fare?
  «Ascoltami, quegli agenti sono addestrati per reagire ad un uomo armato, questo lo sai. Sai come andrà a finire se non mi consegni l'arma. Gideon non deve rivederti in una cassa.»
  Nel sentire il nome del suo mentero, Spencer ha un lieve sussulto e le sue labbra sembrano mormorare qualcosa, ma la voce non raggiunge l'orecchio di Hotch e gli occhi del ragazzo restano fissi nel vuoto. Improvvisamente ha uno scatto e sembra tornare alla realtà, a guardare qualcosa di reale.
  Hotch si volta e costanta con orrore che Morgan si è posto tra il corpo di Daniel e la pistola di Spencer, disarmato, le braccia lungo i fianchi e lo sguardo sicuro.
  «Morgan, cosa fai?»
  «Spencer» dice Derek, riuscendo finalmente ad ottenere la sua attenzione. Gli occhi del dottore si arrossano e le spalle hanno un lieve sussulto. «Hai fatto una stronzata e lo sai. Ma possiamo rimediare. Vuoi che ti ascolti? Vieni con me e avrai la mia totale attenzione. Mantieni la tua promessa.»
  Spencer abbassa la pistola, prontamente afferrata da Hotch, che la mostra ai polizzioti. Morgan sorregge il dottore, che sembra volersi accasciare al suolo, e lascia che pianga. È un pianto secco, con poche lacrime, ma che riesce a spazzare l'aria e a renderla insostenibile. Quando finalmente si calma, si distacca dal corpo dell'amico e si raddrizza. Slaccia il cordone di plastica dal braccio e se lo massaggia distrattamente.
  Poi, inaspettatamente, congiunge i polsi e li mostra a Derek, che resta allibito.
  «Reid, non è necessario» lo informa Hotch.
  Ma il ragazzo è irremovibile e fissa negli occhi Derek. «Devo subire un interrogatorio regolare. Fallo.»
  Con le manette ai polsi e la testa china, Spencer Reid lascia il suo appartamento con la sensazione che non vi farà più ritorno. L'ultimo sguardo che rivolge al corpo di Daniel è privo di amore, mentre nel cuore gli aleggia uno strano senso di quiete.
  Ora posso arrendermi.
 
 
  «Dobbiamo proprio farlo così?» sbotta Morgan, lo sguardo che evita la sala oltre il vetro a una via. Hotch, invece, non distoglie lo sguardo dalla figura quasi china sul tavolo di metallo.
  «Lo ha chiesto lui, vuole essere trattato come qualunque altro criminale.»
  «Ma, Hotch, lui non è un criminale!»
  Il supervisore capo si volta a guardare l'agente. «In termini giuridici, lo è. Se non manteniamo un certo distacco il caso verrà passato a un'altra unità.»
  «O agli affari interni» precisa JJ, stringendosi il grembo con le braccia. Ha lo sguardo lucido, ma non vuole davvero darlo a vedere.
  «Voglio parlarci» dice Morgan.
  Il capo scuote la testa. «No, andrò da solo.»
  «Oh avanti Hotch, credi che farei dei casini?»
  «No, credo che la tua presenza non lo aiuti. È troppo presto.»
  «Ma di che diavolo parli?» ringhia il ragazzo, prendendo la postura di un animale inferocito. «Se è per quello che è successo ad Atlanta-»
  «Non voglio che entri ora perché non sei lucido. Ha bisogno di qualcuno che appaia il più imparziale possibile.»
  «Certo, come no» mormora a denti stretti il ragazzo.
«Hotch ha ragione» dice JJ, facendoli voltare entrambi. «Sei l'unico che può farlo» aggiunge guardando Hotch, che in quel momento si prepara a indossare la sua maschera migliore.


  Nella piccola sala il freddo è secco e pungente, ma inutile: Reid continua a sudare e a bere acqua per reintegrare i liquidi. Hotch si siede di fronte, ottenendo che l'altro alzi la testa e lo guardi, con occhi che perdono pian piano il rossore e diventano due aghi perforanti.
  «Reid, vuoi parlarmi di cosa è successo?»
  Il giovane agente si morde un labbro e parla quasi in un sussurro. «Lui ha cercato di procurarmi un'overdose. La pistola era sul tavolo. Mi sono difeso.»
  Hotch annuisce e capisce che, per ora, non otterrà molto altro. Decide di cambiare argomento.
  «Ecco cosa faremo» dice il supervisore, aprendo la cartella dell'FBI. «Se sei d'accordo, ti mostrerò le informazioni che abbiamo acquisito e la nostra ricostruzione degli eventi.»
  Reid annuisce e congiunge le dita ossute sul tavolo, decidendo di rivolgere il suo sguardo ad esse.
  «Bene.» Hotch finge di leggere qualcosa, poi alza lo sguardo e fissa il ragazzo per tutto il tempo, monitorandone le reazioni. «Due donne sono state assassinate a distanza di tre giorni l'una dall'altra. La firma del SI è un numero sulla fronte, rispettivamente il cinque e il quattro. La nostra ipotesi è che stesse intentando un conto alla rovescia, ripercorrendo i cinque stadi del dolore. È un percorso espiatorio e un modo di ritorcere il proprio dolore su chi ritiene esserne responsabile.» Hotch prende dal fascicolo una foto e la gira verso Reid. Il ragazzo la guarda appena, ma poi distoglie lo sguardo. «Daniel Roland, lo riconosci di sicuro. Venticinque anni, intelligente e sociopatico. All'età di sei anni il padre muore e la madre cerca di crescerlo al meglio, ma le viene revocato l'affidamento a causa di gravi turbe maniaco-depressive. Due settimane fa la madre muore nella clinica che la ospitava da quindici anni. Mai una visita del figlio, una lettera o una chiamata. Siamo al fattore di stress. Gli omicidi vengono scatenati da questo articolo.» Hotch pone davanti alle mani di Reid anche l'articolo su Madison Lorenz. «Daniel perde il controllo e decide di uccidere Madison Lorenz, santificata a vittima ingiustamente. Nella sua mente si è già formato il piano. Contatta anche la seconda vittima, Jordan Norris, e la convince a precipitarsi a Washigton.»
  Reid poggia un polpastrello tremante sulla foto di Madison, poi lo ritrae quasi inorridito, sotto gli occhi vigili di Hotch.
  «Il suo piano diventa via via più grandioso: ora vuole colpire il sistema che lo ha abbandonato.»
  Spencer si acciglia davanti alla foto del murales.
  «Si dissocia, non riuscendo a sostenere il divario tra il suo bisogno di vendetta contro la madre e il potere, incarnato dal padre, e il senso di colpa per averla abbandonata. Parla di sé in terza persona, si giustifica, e cresce la sua frustrazione. Decide allora di avvicinare il membro più giovane di quella squadra che lui ritiene più in torto, perché quella che avrebbe dovuto capire e salvare i sociopatici come lui. È qui che entri in scena tu.» Hotch fa una pausa e osserva le mani del dottore torturarsi a vicenda. «In qualche modo viene a sapere delle tue debolezze e le sfrutta a sua vantaggio.» La vergogna sparge un lieve rossore sul viso emaciato. «Proabilmente tu saresti stato la sua ultima vittima, l'estremo atto vendicativo. Colpire l'FBI al cuore e compiere una vendetta a nome di Tobias Henkel.»
   Hotch, che nel parlare si era sporto in avanti, ora lascia andare la schiena alla sedia e attende, ritto e rigido, che Reid abbia una reazione. Inaspettatamente, il ragazzo esce dall'immobilità scuotendo la testa e mormorando un no che sembra una preghiera.
  «Ora tocca a te dare la tua versione dei fatti» gli ricorda Hotch.
  Le labbra del ragazzo hanno un tremito, un tentativo di sorriso che appare solo grottesco. Alza lo sguardo e lo punta in quello di Hotch. Le mascelle si serrano per un attimo, i nervi si tendono.
  «Tutto ciò che hai detto è...sensato» ammette Spencer. «Ma hai sbagliato su un punto fondamentale: Daniel non c'entra, se non come spettatore. Io ho ucciso quelle donne.»
  Hotch si acciglia. «Spencer, sei sotto shock. Quello che dici non è la realtà.»
  Il ragazzo non cede e ribadisce: «Le ho uccise io. E non sono sotto shock.»
   Oltre i vetri Morgan spalanca la bocca in un'espressione di stupore. Cerca gli occhi di JJ, spalancati.
  «Si è fuso il cervello!»
  
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