25. Una questione d'orgoglio
“Non è da te
arrenderti così” la voce di Night le risuonò limpida
nella mente, nonostante il vento le fischiasse costantemente nelle
orecchie.
Era affacciata alla
merlatura dei camminamenti del castello dei McGregor, lo stesso
castello in cui la notte passata aveva passato dei pessimi momenti. E
non era stata l'unica.
Sotto di lei, nel
cortile interno si stavano sfidando il dranzerblader ed il rampollo
inglese, in un incontro che tutto pareva, tranne che un'amichevole.
Vestito di tutto punto con quella sua particolare armatura scarlatta,
Andrew impugnava fra le mani l'arma che era il suo lanciatore e
governava il suo bey con maestria e decisione. Altrettanto si poteva
dire di Kei, il quale sferrava un attacco dopo l'altro senza
risparmiarsi in potenza e velocità.
Yukiko li osservò
un momento, prima di tornare a fissare il paesaggio oltre quelle
mura, costituito da colline i cui colori autunnali erano affievoliti
dal grigiore del cielo e da alcuni sprazzi di verde spento. Non aveva
piovuto per tutto il giorno, cosa positiva per il paese in cui si
trovavano, ma il sole si era fatto piuttosto desiderare e lei di
certo non era riuscita a dormire. Il sonno arretrato si stava facendo
sentire sui suoi nervi, lo sapeva, che erano fin troppo tesi
dall'avventura trascorsa nei sotterranei.
Alla fine il
maggiordomo alle dipendenze di Andrew si era fatto avanti,
accogliendoli per la colazione e rivelando loro che erano stati
proprio gli uomini al servizio dei McGregor ad inscenare quello
scherzo. In realtà era stato lo stesso blader inglese a dare
disposizioni in merito, ma pareva che ci avessero preso un po' troppo
la mano e vi si fossero impegnati fin troppo seriamente, tanto da
riuscire a spaventare anche il mandante. Le scuse del maggiordomo
erano tutto men che contrite, con la scusante che il suo 'Signorino'
non era solito invitare amici a passare a casa qualche giorno ed era
loro ferma convinzione che, alla fine, fosse stata una bella
esperienza per il principale erede dei McGregor.
Andrew si era
inalberato, Kei lo aveva guardato piuttosto scocciato e lei.. non
aveva detto niente. Esatto, non aveva proferito una singola parola né
aveva avuto alcuna reazione al riguardo. Aveva semplicemente preso
nota della finzione di tutto quel teatrino e l'aveva accantonato,
presa da problemi decisamente più pressanti che la riguardavano da
molto più vicino. Gli stessi che la impensierivano in quel momento.
“Non hai
nemmeno provato a fare qualcosa al riguardo” nuovamente il suo
bitpower tentò di farla ragionare, guadagnandosi un'occhiata in
tralice da parte della mora.
Sapeva a cosa si
stava riferendo, sapeva che in fondo aveva ragione, ma era
spaventata. Temeva che, se avesse osato avvicinarsi troppo a quel
blader di fuoco - come lo aveva ribattezzato - ne sarebbe rimasta
bruciata.
Sbuffò, ironica. In
realtà era qualcosa di inevitabile, perché aveva già passato il
punto di non ritorno.
Ne sarebbe
sicuramente uscita distrutta emotivamente, ma poteva ancora salvare
il proprio orgoglio cercando di risolvere la cosa da sola, senza
accennare ai suoi sentimenti con lui. Un proposito piuttosto arduo da
mantenere, in quanto il semplice fatto di essersene innamorata
cambiava drasticamente ogni cosa. Lo sforzo di reprimere ciò che
sentiva nel cuore, aveva per lei lo stesso effetto di una ferita che
sanguinava di continuo, dilaniata costantemente. Eppure, la necessità
di non fargli capire quanto tenesse a lui era talmente intensa da
poter essere paragonata ad un bisogno fisico.
No, non gli avrebbe
detto nulla.
Avrebbe continuato a
fare come se niente fosse ed, una volta tornati in Giappone, avrebbe
fatto l'impossibile per dimenticarlo.
“Perché sei
convinta che ciò che avete vissuto non abbia alcun significato?”
rincarò la dose Night, fissandola seduto a mezz'aria, con le gambe
incrociate.
Yukiko sospirò di
nuovo – Perché è così – inutile dire che lo sguardo che lui le
lanciò di rimando le disse palesemente che non era stata esauriente,
così la mora espose meglio quel pensiero senza riuscire in alcun
modo a mascherare l'amarezza nel sorriso che gli rivolse – Il fatto
che sia stato gentile con me non vuol dire nulla. Ciò che è
successo la scorsa notte.. non posso permettermi di illudermi al
riguardo. Anche se dovesse essersi trattato di qualcosa di più di un
semplice impulso del momento, ciò non cambia le cose: non può
finire bene. Ed il motivo di questa cosa è uno solo e corrisponde a
quello che ci ha fatti incontrare – deviò di nuovo lo sguardo di
smeraldo verso l'orizzonte, cogliendo l'ironia della situazione in
cui si era andata a cacciare, finendo per esternare uno sbuffetto
divertito e malinconico al tempo stesso – La volontà dei nostri
genitori è qualcosa a cui non possiamo piegarci. Kei sicuramente non
è disposto a farlo, non se il prezzo dello stare con me è il suo
stesso orgoglio. E non potrei in alcun modo dargli torto.
“È davvero più
importante l'orgoglio della vostra
felicità?”
– Per due persone
come noi, sulle quali grava costantemente l'ombra del nome delle
nostre famiglie, sì.
Il silenzio che
seguì si protrasse tanto da farle dubitare che Night fosse ancora al
suo fianco, ma voltandosi a cercarlo lo vide esattamente nella stessa
posizione di prima, lo sguardo distante a osservare un paesaggio che
non vedeva realmente, perso nei suoi pensieri. Quando alla fine
parlò, lo fece con un tono tanto serio quanto greve, carico di
significato.
“Si tratta di
una vostra scelta, ma cerca di tener presente che non c'è mai
un'unica strada da poter seguire”
Non aggiunse altro,
prima di abbozzare a lei un mesto sorriso e scomparire in un
riverbero di luce bluastra, dopo aver impiantato in lei con le sue
parole un piccolo seme.
Il seme del dubbio.
Il seme di una
speranza.
Un freddo
incredibile, ecco cosa trovarono appena misero piede a Mosca.
Dall'estate
californiana erano passati all'autunno inglese, per finire ad
affrontare le rigide temperature russe.
Kei, che già aveva
avuto modo, in passato, di confrontarsi con quel clima, si era
premurato per tempo ed ora era oltremodo contento di aver ripreso ad
indossare la sua amata sciarpa bianca. Con le mani in tasca ed il
busto avvolto dal suo nero giubbotto in pelle, non soffriva
particolarmente il freddo, cosa del tutto prevedibile per uno che,
come lui, aveva già avuto a che fare con un clima del genere.
Guardandosi intorno,
mentre procedeva accanto alla moretta lungo una delle strade di
Mosca, il dranzerblader si ritrovò a confrontare i ricordi che aveva
con ciò che poteva vedere ora, trovando tutto praticamente immutato.
Tutto, tranne le masse di ragazzini appassionate di Beyblade. Quelle
sembravano meno presenti, un effetto dovuto a quanto probabilmente
era accaduto in quel posto parecchi anni prima, all'organizzazione di
Vorkof.
Venne distratto
dalle sue riflessioni dall'improvviso fermarsi di Yukiko, cosa che
gli fece render conto di essere finalmente arrivati di fronte
all'hotel.
Si guardarono un
momento, già prevedendo fra sé e sé di dover dividere - come
l'ultima volta - una camera matrimoniale. Il ché non avrebbe causato
poi tutti questi problemi in lui, se non fosse stato quasi sul punto
di baciarla, in quei sotterranei in Inghilterra. Da quel momento
aveva avvertito una costante tensione sottopelle, una sensazione che
non lo aveva più abbandonato, nonostante fossero trascorsi quasi due
giorni da allora. La cosa non era migliorata affatto da quando si era
ritrovato sull'aereo per la Russia, a causa di quanto si era
prefissato di fare una volta giunto a destinazione.
– Direi che è il
caso di entrare – azzardò la nightblader, infrangendo il silenzio.
Kei annuì,
concentrandosi sul presente e facendosi finalmente avanti per varcare
la soglia dell'albergo che li avrebbe ospitati per tutto il loro
soggiorno. Purtroppo, i loro timori si rivelarono fondati, poiché ad
attenderli trovarono una camera provvista di letto a due piazze ed
angolo adibito a salotto, non molto diverso dall'arredo tedesco.
L'unica differenza era la caratteristica un po' sfarzosa della
mobilia, in netto contrasto con il televisorino di vecchia
generazione posto sulla cassettiera, ed un'ampia vetrata che forniva
una splendida vista della città grazie all'altezza a cui si
trovavano, corrispondente al nono piano.
A quanto pareva, il
vecchio non aveva recepito il messaggio l'ultima volta che aveva
fatto loro quello scherzo.
– Andare a
protestare non servirà a nulla immagino – esordì con una smorfia
la sua compagna di viaggio, senza una particolare inflessione nella
voce.
Kei sospirò,
dovendo concordare con lei, e poi si mosse per appoggiare il proprio
zaino accanto al divano. Diede per scontata la suddivisione dei
ruoli, tenendo per buona quella decisa l'ultima volta, e l'altra non
sembrò aver qualcosa da obiettare, anche se indugiò parecchio sulla
porta prima di farsi avanti e posare la propria sacca sul letto.
Il dranzerblader
lanciò un'occhiata all'orologio: segnava le 18:37.
Avevano un'ora prima
di presentarsi al ristorante dell'albergo per la cena.
– Com'è la gente
da queste parti?
– Mh? – la
domanda della sua compagna di stanza lo prese alla sprovvista e ciò
lo indusse a scoccarle un'occhiata interrogativa.
– Mi chiedevo
soltanto come fossero i russi – tentò di spiegare lei, seppur con
una certa riluttanza, senza nemmeno guardarlo. Teneva il viso rivolto
dall'altra parte, negandogli la vista dei suoi incredibili occhi
verdi, cosa che fece nascere un moto di contrarietà nel petto del
blader.
– Non sono molto
diversi da tutti gli altri – commentò a quel punto, deviando il
proprio sguardo sullo scorcio di cielo che si intravedeva dall'ampia
finestra, senza riuscire ad evitare di corrucciarsi. Non riuscì a
capire il motivo di quella strana domanda da parte di lei e la cosa
non fece altro che alimentarne l'inquietudine, persino a cena.
E le cose non
migliorarono molto nemmeno il mattino seguente.
Fecero colazione con
calma prima di uscire, optando per fare un giro per la città.
Ripassando in vecchi
posti a lui conosciuti, Kei si sentì come ricatapultato indietro nel
tempo e non si sorprese più di tanto quando, intravedendo un
giubbotto color azzurro chiaro, per un attimo gli apparve davanti
agli occhi il ricordo della prima visita dei Bladebreakers in quel
paese, in occasione della finale del loro primo torneo mondiale.
Attraversando una
delle piazze che all'epoca aveva visto gremita di ragazzini intenti a
giocare, si fermò nello scrutare lo spiazzo vuoto, avvertendo in sé
un sentimento che era fin troppo simile alla nostalgia. Che fine
avevano fatto tutti quei blader? Che ne era stato dello sport che
aveva conquistato milioni di ragazzini in quella parte del mondo?
Erano semplicemente
cresciuti, abbandonando quella che per loro era stata quasi
un'ossessione giovanile?
– Kei? – la voce
interrogativa e preoccupata di Yukiko lo fece tornare in sé,
permettendogli di riprendere a camminare, senza tuttavia voltarsi a
guardarla.
– Siamo quasi
arrivati – le disse soltanto, procedendo senza indugio, le mani in
tasca e la sciarpa strattonata da una folata di vento.
Le strade erano
tutto sommato affollate e non v'era ancora traccia di neve sui bordi
dei marciapiedi o nelle aiuole. Inoltre, il sole splendeva pallido ma
vivo nel cielo privo di nubi, aiutandoli a combattere il gelo
dell'aria che si insinuava fra gli edifici e lungo le vie. Si sarebbe
potuta definire una bella giornata, quella che li vide presentarsi
davanti all'immensa struttura che aveva ospitato il torneo mondiale
di Beyblade.
Quando vi si
fermarono dinanzi, il dranzerblader si voltò a osservare la ragazza
che lo accompagnava. Yukiko, di fronte all'ingresso dello stadio,
spalancò gli occhi e per un attimo parve illuminarsi, l'iridi accese
da un raggio di sole, prima di voltarsi a guardarlo incredula. La sua
espressione lo fece sorridere.
– È quel che
penso io?
Lui annuì – È lo
stadio che ha ospitato i campionati mondiali di Beyblade di otto anni
fa.
– E possiamo
entrare?!
Non le rispose
direttamente ma si limitò ad avanzare verso l'ingresso, recintato da
un'altra rete metallica. Il cancello era chiuso, ma lui non ebbe
alcun indugio nell'aggrapparsi alle maglie della rete per saggiarne
la stabilità.
– K-Kei! Che vuoi
fare? – la domanda della mora lo fece voltare a guardarla. Gli
parve allarmata e ansiosa, soprattutto a causa del modo in cui si
guardava intorno, comportamento che gli fece nascere un mezzo sorriso
divertito sulle labbra.
– Entriamo –
esordì fermamente.
– Ma non possiamo!
– E chi potrebbe
impedircelo? Non c'è anima viva – le rispose senza batter ciglio –
Eri tu quella che avrebbe voluto assistere dal vivo alle finali –
le fece notare, cosa che suscitò nella ragazza un moto di
contrarietà che lui fu lesto a sopprimere sul nascere con una nuova
incitazione che non ammetteva repliche – Su, sbrigati. Ti aiuto a
scavalcare.
Dopo un momento
ancora di incertezza, alla fine la mora si risolse a fare come le
aveva detto e lui la sospinse verso l'alto dopo aver intrecciato ambo
le mani per crearle un sostegno temporaneo. Una volta che ella fu
dall'altra parte, gli ci volle poco per imitarla, puntellando la rete
con mani e piedi e arrampicandosi sino a saltare oltre.
Quindi, rialzatosi
dalla posa accucciata con cui era atterrato e ben consapevole della
presenza di qualche tipo di sorveglianza che comprendesse telecamere
a circuito chiuso, afferrò per un polso la nightblader e la condusse
a passo rapido verso l'ampio arco che costituiva l'ingresso vero e
proprio all'edificio di pianta semi-circolare.
Col cuore che
batteva all'impazzata e l'adrenalina in circolo, Kei si trovò per un
momento a considerare di aver già sperimentato una situazione simile
appena pochi giorni prima, con l'unica differenza che non stavano
scappando da qualcosa e che le parti sembravano essersi invertite. La
cosa gli causò un battito stonato al centro del petto, che ignorò
magnificamente mentre correva con lei lungo il corridoio deserto,
accompagnati dallo scalpiccio delle loro scarpe da ginnastica.
Si fermò soltanto
quando giunsero oltre l'arco che dava accesso al Beyblade-Stadio, uno
dei due ingressi adibiti all'entrata in scena degli sfidanti, ma una
volta arrestato il passo impiegò un secondo in più del dovuto a
lasciarla andare. Cercando di controllare il proprio respiro
affannoso, lanciò alla sua compagna di squadra un'occhiata da sopra
la spalla, cedendo alla curiosità di vederne di nuovo l'espressione
del viso. E ne rimase piuttosto soddisfatto.
Yukiko aveva gli
occhi talmente spalancati da mostrare completamente i bordi circolari
dell'iridi, in contrasto con il bianco circostante, mentre ammirava a
bocca aperta lo spazio circolare al cui centro era fissato il
semplice campo di gara di default. Notò un bel colorito sulle sue
guance, mentre avanzava di qualche passo, sorpassandolo e guardandosi
intorno con tutta l'aria di non poter credere ai suoi occhi.
Imitandola, il
dranzerblader sollevò gli occhi scuri per abbracciare gli spalti ed
un'ombra minacciò di avvolgerlo, al ricordo dell'ultima volta che
aveva messo piede in quel luogo. Un'ombra che venne prepotentemente
scacciata dalla voce di lei.
– Ehi Kei – lo
chiamò la mora, voltandosi su sé stessa per cercarlo.
Intercettandone lo sguardo, il ragazzo dai capelli d'argento si
ritrovò a trattenere il respiro, alla vista del luminoso sorriso che
lei gli stava rivolgendo, un sorriso che lasciava trasparire tutto il
suo entusiasmo – Ti va un incontro?!
Preso alla
sprovvista, lui di rimando inarcò un sopracciglio – Qui?
– Perché no? È
pur sempre un Beyblade-Stadio – confermò, senza batter ciglio ma
facendo anzi qualche passo per avvicinarsi alla piattaforma rialzata
riservata ai combattenti – Già che siamo qui, è stupido non
approfittarne!
Il giovane Hiwatari
la guardò salire gli scalini con rapide falcate, sorprendendosi nel
comprendere di star valutando seriamente la sua proposta. Quella
poteva essere una buona occasione per cercare di costruirsi nuovi
ricordi legati a quel posto, ricordi che non gli infondessero alcun
rimorso. Certo, questo era possibile solo se non si facevano beccare,
ma a conti fatti non stavano facendo nulla di male. In fondo, sarebbe
bastato fare in fretta e non distruggere tutto.
Sorrise – Non ci
andrò leggero.
– Non chiedo di
meglio – ribatté lei, con uno dei suoi mezzi sorrisi di sfida.
Kei si mosse,
raggiungendola e posizionandosi di fronte a lei, dall'altro lato del
campo da gioco. Bastò uno sguardo per entrare nel vivo del loro
spirito combattivo, mentre la tensione che in passato lo aveva
pervaso più volte di fronte ad una sfida ufficiale tornò a farsi
strada in lui, innescata dall'ambiente circostante. Fu come se fosse
stato catapultato nel passato, con l'unica differenza che di fronte a
lui non c'era Boris, ma Yukiko. Per un fugace momento fu come se
stesse ancora una volta per disputare la finale per il titolo di
miglior blader del mondo e si tenne stretta quell'impressione,
incatenandola nella propria mente con lo scopo di saggiare le stesse
emozioni di allora.
– Tre.
– Due.
– Uno.
– Pronti...
– Lancio!
–
esclamarono
all'unisono.
I beyblade
sfrecciarono l'uno contro l'altro andando a impattare esattamente al
centro dello spiazzo che li separava, ancor prima di toccare terra.
L'onda d'urto che sollevarono costrinse entrambi a socchiudere gli
occhi, sollevando un braccio per ripararsi dalla polvere. Nella mente
di Kei risuonò la voce di DJ-Man, il giudice di gara ufficiale dei
tornei, ripescata da un angolo del suo stesso subconscio.
“Si prospetta
un incontro senza esclusione di colpi, gente! Il match è iniziato
con un esordio incandescente, che ha visto i due beyblade avversari
scagliarsi l'uno contro l'altro senza nemmeno aspettare
di toccare terra!”
Staccandosi, Night e
Dranzer sfrecciarono in due direzioni opposte nel campo di gara, solo
per concludere con una traiettoria ad U che li vide lanciarsi di
nuovo l'uno contro l'altro. Le scintille che ne seguirono si spensero
ancor prima di adagiarsi sul rivestimento in metallo della
pavimentazione, il quale diffondeva le vibrazioni delle due trottole
come un'antenna parabolica.
– Dranzer!
– urlò, richiamando il potere del suo bitpower, determinato a
concludere.
– Night! –
lo imitò lei, sollevando un braccio al soffitto.
Il familiare fascio
di luce rossastra seguì quello bluastro del bit della ragazza, un
attimo prima che le due creature prendessero forma sulle loro teste.
L'Aquila e l'Anka si scagliarono l'una contro l'altro con un grido
che risuonò per tutto lo stadio, esprimendo la combattività dei due
blader di cui erano i compagni di battaglia.
– Tempesta di
Fuoco!
– Stella
Cometa!
Finì tutto così
com'era iniziato.
I due bey si
scagliarono nuovamente l'uno contro l'altro, avvolti rispettivamente
da fiamme e vento gelido, culminando in un'onda d'urto tanto forte da
sbalzare indietro lo stesso dranzerblader. Il colpo che diede con la
schiena al pavimento gli tolse il respiro dai polmoni e l'urto si
aggiunse al contraccolpo dato dallo spostamento d'aria, talmente
intenso da poter paragonarlo ad un assalto fisico. Il contrasto fra
caldo e freddo rese per pochi secondi l'aria talmente pesante da
dargli l'impressione di sentirla scricchiolare. Ci mise un attimo
ancora per riuscire a fermare il giramento di testa e ad aprire gli
occhi sul soffitto, e quando ciò accadde, non fu sorpreso di
distinguere delle stelline ammiccanti ai bordi del proprio campo
visivo.
Il silenzio che era
calato nuovamente nello stadio venne infranto da un gemito sommesso,
proveniente dal lato opposto al campo di gara, e Kei si rammentò
della presenza di Yukiko. Ignorando la protesta dei muscoli del
busto, si sollevò a sedere, cercando subito la ragazza con lo
sguardo. La trovò che stava cercando di sollevarsi a sua volta, dopo
essere stata sbalzata giù dalla piattaforma, a due metri dal punto
in cui si trovava prima di quell'ultimo attacco. I suoi abiti
recavano i segni di quel loro confronto, così come egli sapeva che
costellavano i propri, segni costituiti da un paio di usure da calore
e qualche incrostazione di quella che doveva essere brina.
Dopo essersi
assicurato con lo sguardo che stesse bene, il dranzerblader posò la
propria attenzione sul campo di gara, finendo per sgranare gli occhi.
“Una
conclusione spettacolare, signore e signori! Questa finale del mondo
si conclude con un pareggio!” esordì la sua immaginazione con
la voce di DJ-Man.
Night e Dranzer
giacevano infatti al centro del campo di gara, l'uno riverso contro
l'altro, al centro di quella che gli parve una pioggerellina di
stelle che si dissolse in fretta sotto il suo sguardo. I due bit al
centro, di nuovo inerti e spenti, erano l'uno rivolto verso l'altro,
come se gli emblemi su di essi raffigurati si stessero guardando
reciprocamente.
Lo stesso sguardo
che si scambiarono i due ragazzi nel momento in cui riuscirono a
scendere al centro del campo di gara per recuperare le loro trottole.
Kei, soffermandosi a fissarla, lesse negli occhi della mora le sue
stesse emozioni, una cosa che continuava a lasciargli in bocca un
sapore agrodolce, che gli ricordava un passato in cui non aveva avuto
altre preoccupazioni se non quella di diventare più forte. Per quel
singolo momento, ogni suo proposito, ogni sua preoccupazione o ansia
che lo accompagnava scomparve, lasciando soltanto la soddisfazione ed
il senso di complicità che aveva trasmesso loro quell'incontro.
Ed ancora una volta
lo assalì l'impulso di baciarla.
Un impulso che venne
accantonato l'istante successivo, giacché si ricordò del luogo in
cui erano e della necessità di non attardarvisi oltre. Raccolse
pertanto Dranzer, rimandando ad un altro momento l'esame dei danni
subiti, e dopo aver atteso che Yukiko facesse altrettanto si avviò
nella direzione da cui erano arrivati diversi minuti prima.
– Dobbiamo andare
– le disse soltanto, superandola con passo spedito.
Lei parve
sorprendersi un poco ma non ribatté nulla, limitandosi a scattare a
sua volta ed a raggiungerlo con un salto giù dalla piattaforma. A
quel punto ne intercettò l'espressione fra l'interrogativo e
l'apprensivo e lui, istintivamente, le scoccò un mezzo sorrisetto
velato di ironia, prima di afferrarla per un polso e trascinarsela
dietro.
Corsero fuori,
giusto in tempo per sentire il suono di una sirena in lontananza.
– Per di qua!
Raggiunsero in
fretta la rete ed il dranzerblader quasi scaraventò la compagna
dall'altro lato, prima di issarsi a sua volta aggrappandosi alle
maglie metalliche e scavalcare la recinzione. Col cuore in gola, se
la diedero a gambe, finché non raggiunsero un parchetto della zona e
optarono finalmente per fermarvisi, ormai lontani dalla “scena
del crimine”.
Piegato in due per
riprendere fiato, Kei avvertì le proprie spalle tremare in reazione
ad una leggera risata che gli nacque in petto, nata dall'esultanza di
essere scampati ad un epilogo piuttosto sfortunato. Eppure la prima a
ridacchiare ad alta voce fu proprio la moretta che, pochi secondi
dopo, finì con il tenersi le braccia sullo stomaco nel ridere di
gusto.
– Sei un pazzo! Un
pazzo! – esclamò, continuando a ridersela della grossa.
Fra il perplesso ed
il divertito per quella sua ilarità, lui finì per unirsi a lei
senza ribattere alcunché, assaporando quella sensazione di libertà
che gli dava il poter scoppiare a ridere liberamente a quel modo,
senza avvertire minimamente la necessità di frenarsi o limitarsi.
Con lei, comprese, si sentiva proprio così: libero di essere sé
stesso.
Bastò quel pensiero
per far scemare il buon'umore nato da quell'avventura.
No, non poteva
essere completamente sé stesso. Non con lei.
Non avrebbe potuto
in alcun modo rivelarle quella parte del suo passato che egli stesso
aveva tentato di lasciarsi alle spalle in ogni modo. Un passato che
doveva affrontare una volta per tutte, per capire se realmente era
riuscito ad accantonarlo come aveva creduto sino a quel momento.
Per questo motivo,
dopo aver mangiato qualcosa in una paninoteca per pranzo, si decise a
fare ciò che si era ripromesso ormai da tempo e si alzò dal
tavolino.
– C'è una cosa
che devo fare – annunciò serio, quasi cupo.
– Non vuoi che ti
accompagni..?
– No. È una
questione personale – affermò senza mezzi termini, già muovendosi
per allontanarsi dal tavolo – Non mi ci vorrà molto.
Ne ignorò lo
sguardo interrogativo, ben consapevole che lei aveva capito che non
si trattasse di uno dei suoi soliti giri in solitaria.
Ne apprezzò la
discrezione quando comunque ella annuì solamente, senza fargli
domande o lanciargli qualche commento fine a sé stesso.
Sarebbe tornato
entro un paio d'ore, si ripromise.
Eppure, una parte di
lui già sapeva che non sarebbe stato così semplice mantenere quel
proposito.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Boom! Che cos'avrà mai intenzione di fare Kei?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo ;D non vi anticipo nulla.
Ultimamente mi ritrovo un po' a corto di commenti da fine pagina XD chiedo venia se alcuni di voi si aspettavano qualcosa di più - anche se dubito che ci sia davvero qualcuno che rimpianga i miei papiretti di quest'angolo! Devo dire che cmq, trovare un titolo per questo capitolo è stata dura e non sono convintissima del tutto nemmeno di questo, quindi se vi va potete sempre suggerirmene uno migliore.. anzi, fatelo vi prego! Stasera non ero proprio ispirata!
Sperando che, oltre a propormi titoletti sostitutivi, mi facciate sapere cosa ne pensate, vi saluto..
un 'ciao-ciao' con la manina dalla vostra
Kaiy-chan