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Autore: cliffordsjuliet    04/10/2014    6 recensioni
Ci sono storie che iniziano lentamente e si evolvono man mano.
E poi ce ne sono altre che, invece, iniziano solo finendo.
***
“Non dirò addio a nessuno, prima di andare via. Non saluterò i miei genitori, e nemmeno Jamie, né tantomeno Rebecca, l’unica amica che abbia mai avuto. Dire addio a qualcosa è il primo passo per imprimertelo dentro, e questa è proprio la cosa che voglio evitare.
Dimenticherò tutto.
Dimenticherò tutti.
Dimenticherò questo posto, Lui, e pure me. Che se mi scordo lui inevitabilmente scordo anche me stessa, che tanto non c’è differenza.
Siamo uguali da far schifo, Ashton, ma qualcosa di diverso lo abbiamo: io ricomincerò.
Tu no.

***
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=B29uqGz-sL4&feature=youtu.be
Genere: Mistero, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Io ad Ashton vorrei chiedere tante cose.
Se si ricorda di quell’altalena di legno scrostato, nel cortile sul retro della nostra palazzina. Se si ricorda di quella volta che mi spinsi troppo in alto e caddi, facendomi male al ginocchio, ma male davvero. Se si ricorda delle gare che facevamo, dei giochi, le corse, le lotte. I pianti, i litigi e poi gli abbracci. Quel volersi bene un po’ a modo nostro, un po’ odio un po’ amore. Farsi la guerra e poi finire ancora più uniti di prima.
Più di tutto ci sono delle cose che vorrei non scordasse. Dei particolari, così, momenti che però vorrei rimanessero impressi.
Tipo quella volta che compii quattordici anni. C’eravamo io e lui nella mia stanzetta, non facevamo nulla. Stavamo stesi, l’uno vicino all’altra, e fissavamo il soffitto. Eravamo andati avanti così per ore, fino a quando mia madre non mi aveva chiamata in camera sua. E allora ci eravamo risvegliati, e l’espressione perplessa che vedevo sul suo viso ero sicura che fosse presente anche sul mio. Lui mi seguii quando raggiunsi mia madre in camera. Lei era seduta sul letto con le gambe accavallate e, stranamente, quel giorno sorrideva. Di solito sorrideva pochissimo, mia madre, perché a lei quel posto le aveva fatto crescere il marcio dentro, lo stesso marcio che sarebbe cresciuto anche a noi. Quel giorno però no, quel giorno il suo sorriso c’era e lei acquistava vent’anni in meno, e per un attimo sembrò ancora una ragazza un po’ spaesata, che si è ritrovata dietro le sbarre ancor prima di riuscire a spiccare il volo.
“Beth, vieni qui, presto” mi incitò. Ed io mi avvicinai cauta, stringendo la mano di Ashton.
“Che c’è?”
“Ho una cosa per te. Questo era mio e lo misi al mio sedicesimo compleanno, ma dovrebbe starti bene, che sei alta tu. Hai preso tutto da tuo padre, mica sei come me che alla tua età ero un topino”.
Era orgogliosa del fatto che non fossi come lei, mia madre. Mi porse questa scatola di cartone un po’ ammaccata e consumata dagli anni, e dentro c’era quel vestito, quel vestito che non scorderò mai perché fu il primo che ebbi, la prima volta che mi sentii davvero una ragazza. Era un semplice vestito blu con un fiocco bianco sotto il seno e le spalline larghe, con quella gonna morbida in pizzo che scendeva fino a metà coscia. Era bello, da signorina bene, e magari non mi si addiceva quella definizione, ma per una sera avrei potuto fingere. Lo presi tra le mani sorridente ed emozionata, sfiorandolo con la delicatezza che si riserva alle cose preziose, quelle che non vuoi toccare troppo, che non vuoi rovinare.
“Allora? Vallo a provare, svelta!”. Non che ci fosse bisogno di dirmelo. Mi nascosi dietro l’anta dell’armadio e sfilai in fretta canottiera e shorts sporchi, e indossai quel vestito con la sensazione di star vivendo qualcosa di importante, qualcosa di nuovo. Avevo quattordici anni ed ero un maschiaccio, una ragazza che di femminile non ha un bel niente, e sapevo che nella vita non era un vestito elegante a fare la differenza, ma per una volta mi sentii una persona normale. Non ero più Beth l’egoista, Beth la scostumata, quella “dei palazzi”, quella cresciuta da sé, in mezzo alla polvere e la miseria. Per una volta avrei potuto essere qualcun altro, una persona diversa. Una persona migliore.
“Come sto?” sussurrai appena tornai davanti ai due, abbassando lo sguardo sulle mie gambe pallide e coperte da lividi e cicatrici, segni di vecchie botte e cadute. E mia madre sorrise di nuovo, e nel suo sorriso io ebbi la possibilità di vivere i suoi ricordi, e in quella quattordicenne che ormai sforava il metro e settanta che ero lei rivide sé stessa, mentre si affacciava timida e timorosa alle porte dell’adolescenza. Non come me, che le porte dell’adolescenza avrei voluto tirarle giù a suon di calci. Mi si posizionò vicino, prendendomi una mano per farmi piroettare.
“Sei bellissima, Beth” e per una volta, bella mi ci sentii davvero.
“Ash?” chiesi poi, rivolgendomi al mio migliore amico, che per tutto il tempo era rimasto appollaiato in un angolo del letto, in silenzio. Non l’avevo ancora notato, ma stava sogghignando. Le labbra gli tremavano e presto non ce la fece più a trattenersi, e scoppiò a ridere, rideva senza ritegno, mantenendosi lo stomaco.
“Che c’è? Faccio così schifo?” sbottai amareggiata, ma sempre con il mio tono rabbioso. Non ci riuscivo proprio a non fargli la guerra. E lui scosse la testa, cercando di tornare serio, ma continuando comunque a ridere.
“No, no. È che sei strana Beth. Ti vedi? Sembri una bambola infiocchettata”.
“Non è un male sembrare una bambola, Ashton”
“Sì ma tu non vai bene. Sei ridicola, togliti quel coso, è solo un vestito”.
Tu non vai bene. Furono quelle le parole che mi rivolse, facendomi sentire il peso di mille aghi che mi trafiggevano il petto. Tu non vai bene. E lo so che non vado bene Ashton, è una vita che me lo sento dire, ma se lo dici tu fa un altro effetto, non lo so perché, se lo dici tu è reale, e mi sento inadeguata così come sono, sbagliata come non sono mai stata.
“Vaffanculo Ash, se non vado bene io non vai bene neanche tu, ché ti diverti a fare tanto il superiore ma poi sei tale e quale a me: sei una bestia, non hai sentimenti” sbraitai, e con un gesto secco mi sfilai il vestito, quello stesso vestito che adesso mi sembrava contaminato. Non mi vergognai di mostrarmi in intimo davanti ad Ashton, ormai mi aveva vista tante volte che il mio corpo lo conosceva a memoria. Ci eravamo trovati, respinti e poi pian piano studiati, fino ad avvicinarci un po’ per volta, sempre un po’ in più. Fino a quel punto in cui indietro non si torna, in cui il mio sangue era il suo e viceversa. Per quel motivo quelle parole fecero così male. Lasciai la camera senza aggiungere altro, rivestendomi in fretta e correndo fuori da quella casa, che non avrei potuto sopportare di stare lì un minuto di più.
 
 
 
 
 
Io ad Ashton non feci conoscere mai Michael.
Lui era il mio segreto, lo vedevo così, come qualcosa da tenere nascosto agli occhi di tutti, da custodire gelosamente. Mike, così lo chiamavo, era bello. Aveva compiuto i sedici anni da poco ed era cresciuto ancora, superava il metro e ottanta, ma la sua faccia era sempre la stessa. Aveva quegl’occhi che sembravano scannerizzarti, chiari quanto impenetrabili. Non si faceva trovare impreparato Michael. Mica potevi capirlo, cosa pensava. Dovevi aspettare e sperare che fosse lui a decidere di uscire dal suo guscio, di mostrarsi a te, di renderti parte del suo piccolo mondo privato.
Passavamo tanto tempo insieme, io e lui. Ashton era geloso e questo si capiva, ed io per ripicca stavo con Michael ancora di più. Mi piaceva che fosse geloso, mi piaceva vedere che stesse male per me. Così capiva che io da lui potevo scappare, potevo andarmene quando volevo, e lui non poteva fare niente per impedirlo. E questo ad Ashton faceva paura. Io lo sapevo, che tanto lui poteva insultarmi, offendermi e scacciarmi quanto voleva, ma alla fine sempre da me sarebbe tornato. Lui aveva paura di perdermi, io no. Io sapevo che Ashton non sarebbe durato mezz’ora senza di me, e usavo questa cosa contro di lui. Avevo quattordici anni e non capivo il male che gli facevo, non capivo la cattiveria dei miei gesti, io volevo solo che Ashton si attaccasse ancora di più a me, volevo sentire che per qualcuno ero importante al punto di essere geloso di chiunque mi si avvicinasse. Non capivo che io, quel desiderio malsano, lo avevo sviluppato per sentirmi ricambiata. Perché quelle, quelle erano esattamente le stesse cose che provavo per Ashton. Non avevo paura che lui se ne andasse, ma ero gelosa marcia di chiunque gli si avvicinasse troppo. Ashton era mio. Neanche a Rebecca permettevo di stringersi troppo a lui, avrebbe potuto complicare le cose. Però intanto io stavo con chi mi pareva e piaceva. Lasciavo Ashton con Jamie giornate intere e poi passavo la mattinata in giro per i quartieri con Michael, era estate e faceva caldo, e non avevamo niente di meglio da fare. Le nostre giornate scorrevano tra gli allenamenti ai campetti, tra il suo appartamento che poi era anche quello di Andrew, e il cortile sul retro del mio palazzo. Ogni tanto fumavamo anche, insieme. Non era capitato spesso perché i miei genitori non mi avrebbero mai dato i soldi per le sigarette, non mi avrebbero mai permesso di spendere così ciò che loro racimolavano lavorando duramente. Mamma aveva anche il diploma, eppure era una semplice cameriera in un bar. Papà aggiustava le tubature. Però a volte Michael qualcosa in tasca lo aveva, e allora comprava sigarette per entrambi o, se ci andava, l’erba. Da noi l’erba la potevi chiedere a chiunque, spacciavano tutti, lì. A me stava bene fumare, e se Michael voleva spendere così i suoi risparmi poco male, erano problemi suoi. Non gli chiesi mai come guadagnasse quei soldi, anche se i lividi sempre più evidenti sul suo corpo giorno per giorno mi suggerivano qualcosa.
Ma io negavo tutto, negavo ogni idea mi passasse per la testa, e inconsapevolmente facevo esattamente ciò che mi ero ripromessa di non fare.
Lasciavo che la paura avesse la meglio sul resto.





#Chiara's corner.
Ciao!
Penso davvero di dovermi scusare per questo capitolo! L'ho scritto decisamente in fretta e furia stamattina e... be', questo è il risultato!çç. A me personalmente non piace molto, anche perché volevo dare ad Ashton un ruolo più centrale, ma dal prossimo lo avrà di sicuro. Nel prossimo vedremo anche di più Rebecca, la cara Rebs, e scopriremo qualcosa di abbastanza importante nella storia. Intanto vi lascio con una domanda: secondo voi Michael come se li procura i soldi per il fumo?
Sono curiosa di sentire le vostre teorie!
E nulla, come sempre vi ringrazio per le vostre recensioni che, davvero per me sono importantissime!(: E' solo grazie a voi se siamo secondi in uno dei settori delle popolari. Però anche voi lettori silenziosi... fatevi sentire ogni tanto, giuro che non mordo!lol
Hahah detto ciò vi lascio e vado a ripetere un po' prima di pranzo (studere, studere, post mortem quid valere?!).
A presto!!
Chiara.xx


 


Twitter: @_fadetogray
  
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