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Autore: TurningSun    04/10/2014    5 recensioni
** Questa storia si è classificata seconda al contest "Vi farò scrivere delle mie coppie preferite [HP contest]" di S.Elric **
Restarono in silenzio per alcuni minuti, poi il rosso si voltò verso di lei con un sorriso furbo e occhi che brillavano. “Che ne dici di andare a mangiare da Il Sushi Stregato? Dicono che il pesce sia magicamente buono!”
“È un appuntamento, Weasley?”
“Vuoi che lo sia?”
“Vediamo come va la serata.”
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angelina Johnson, George Weasley | Coppie: Angelina/George
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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La storia si è classificata seconda al contest, ricevendo anche il premio "Cuore" e Miglior GeorgexAngelina! :D



Frase scelta: 10- "Io ho paura di tutto, di quello che sono, di quello che faccio, di quello che dico e soprattutto ho paura che se me ne vado da questa stanza non proverò mai più quello che sto provando adesso…adesso che sono qui con te.." (Dirty dancing)

In questa storia ho utilizzato queste tre canzoni: 
Tenerife sea - Ed Sheeran
Photograph - Ed Sheeran
Let me in - Grouplove

 

Let me in

 

We are surrounded by all of these lies
And people who talk too much
You've got that kind of look in your eyes
As if no one knows anything but us
(Tenerife Sea - Ed Sheeran)

L’ingresso dello spogliatoio delle Holy Head Harpies era stato preso d’assalto dai giornalisti de La Gazzetta del Profeta, de I Magnifici Sette e altre riviste di gossip e sport, subito dopo il fischio di fine partita dell’arbitro.
George intravide anche la piuma incantata di Rita Skeeter svolazzare allegramente sopra il taccuino rosa della giornalista. Si chiese cosa stesse scrivendo, ma, ricordando gli articoli scritti dalla Skeeter, decise che era molto meglio se non tentava di scoprirlo. Di sicuro, avrebbe trovato quell’articolo sulla Gazzetta del Profeta del giorno seguente.
Sbuffò, guardando l’orologio dorato che aveva al polso. Possibile che Ginny ci mettesse tanto a farsi una doccia e vestirsi?
C’era da ricordare che era stata la più bella partita che avesse mai giocato, merito anche di Angelina Johnson, ovviamente. Quelle due insieme era davvero un portento. Esplosive, si disse. Ma questo non era bastato alla squadra per vincere: le avversarie avevano preso il boccino e la partita si era conclusa a 170 - 110.
Dopo due minuti decretò che era meglio se si fosse fatto un giro tra le bancarelle dei gadget, al di fuori dello stadio; sarebbe tornato lì almeno dieci minuti dopo.
 
 
Dopo aver visto gadget di ogni tipo - tra cui un modellino di sua sorella che volava sulla scopa, urlando “Go Holy Head Harpies!” - tornò agli spogliatoi. Erano ancora bloccati dai giornalisti, ma qualcosa era cambiato: qualcuno era uscito dalla porta.
Era Angelina e, dall’espressione dura della giocatrice, le stavano facendo domande particolarmente irritanti: apriva a malapena le labbra per rispondere e fissava trucemente il fotografo che non smetteva di premere il dito sul pulsante della macchinetta, illuminando la giocatrice svariate volte con il flash.
George era certo che, alla domanda successiva, Angelina avrebbe pestato il giornalista. Doveva agire.
“Ehi, ma quello non è Harry Potter?” Urlò indicando la folla che si accalcava all’uscita dello stadio.
“Dove?”
“Sarà venuto per Ginevra Weasley?”
“Corri, Frederick! Dobbiamo scattargli una foto e fargli delle domande!”
In pochi secondi, l’orda di giornalisti si dimenticò di Angelina Johnson e corse verso l’uscita dello stadio.
“George! Mi hai salvato la vita.” La giocatrice sospirò sollevata e si avvicinò al ragazzo con un’espressione riconoscente sul viso.
“Figurati, Ginny mi racconta spesso di quanto siano irritanti i giornalisti, sempre con domande inopportune.”
“Inopportune mi sembra proprio un termine adeguato.” Sorrise. “Aspetti tua sorella?”
George si grattò il collo. “Sì, dovremmo andare a cena insieme per festeggiare.”
Sul viso di Angelina, il sorriso svanì e guardò un attimo dietro di sé, in direzione degli spogliatoi. “Credo di doverti dare una brutta notizia.” Riportò lo sguardo su George. “È uscita dal retro: Harry la stava aspettando lì e sono andati a cena fuori.”
“Cosa? Fantastico! E io ora cosa faccio da solo? Appena la rivedrò, le darò una Merendina Canarina o del Torrone Sanguinolento.” 
“Da solo?”
“O potrei incantarle la scopa così, quando proverà a salirci sopra, diventerà come il suo pupazzetto.”
“George…”
“Oppure potrei dire alla mamma che si vede con Harry da sola in piena notte come le donne scarlatte.” Un sorriso furbo si disegnò sulle sue labbra.
“George!” Angelina usò il suo tono da ex-capitano di Grifondoro per riportare il ragazzo alla realtà: odiava non essere ascoltata.
Proprio come pochi anni prima, George fece un salto sul posto, spaventato a morte. “Merlino!” Ansimò, una mano all’altezza del cuore. “Volevi farmi morire?”
“No, stupido. Volevo soltanto chiederti se volessi venire a mangiare qualcosa con me. Non ho voglia di tornare a casa: mio padre mi bombarderebbe di domande sulla partita e, stasera, non è serata.”
“Oh.” Disse meravigliato, guardandola. “Certo, perché no? Sarebbe il primo appuntamento della mia vita.”
Angelina divenne, se possibile, rossa sulle guance. “Non è un appuntamento, Weasley! È un’uscita tra vecchi amici!”
“A me pare di essere abbastanza giovane. Se tu vuoi definirti vecchia…”
“Ma perché ho avuto la brutta idea di cenare con te?” Sbuffò incamminandosi verso l’uscita dello stadio.
 
Da quella sera, George e Angelina iniziarono, quella che chiamarono, la “Tradizione post-partita”: dopo ogni partita, andavano a mangiare fuori per poi fermarsi in un bar o fare due passi per la Londra babbana oppure vedere un film o un musical.
 

***

 
Quella sera, le Holy Head Harpies avevano vinto 170 - 40 e George aveva intenzione di portare Angelina a mangiare cinese: adorava vederla combattere con le bacchette, infuriarsi per il fatto che fossero progettate per testare la pazienza delle persone e, infine, decretare che la forchetta fosse l’invenzione più utile della storia dell’uomo.
In realtà, George iniziava ad adorare tutto di Angelina, sia fisicamente che caratterialmente.
Aveva senso dell’umorismo, era coraggiosa, era testarda e, quando voleva, sapeva essere anche dolce.
E il fisico. Beh, non che a George importasse molto, ma sentiva qualcosa allo stomaco quando Angelina lasciava i capelli sciolti e li spostava da un lato, così da dare un tocco sensuale al collo.
I suoi occhi, invece, era davvero quello che si definisce lo specchio dell’anima: avevano così tante espressioni che, a volte, credeva assumessero differenti sfumature di marrone a seconda del suo umore.
“George!” 
Si voltò verso Angelina che lo salutava con il braccio alzato. Stava per fare un passo verso di lei, quando Rita Skeeter e altri due giornalisti si avventarono sulla giocatrice.
“Angelina Johnson, posso farti alcune domande? Oh, ma certo che sì. Poi ti lascerò andare con il signor Weasley.” Senza aspettare una risposta, leccò la punta della penna per poi lasciarla in piedi sul taccuino; la penna prese vita e iniziò a scorrere velocemente sul foglio. “Non posso negare di aver notato una certa affinità con il suddetto signor Weasley, nonché fratello di Ginevra Weasley, tua compagna di squadra. Siete diventati molto intimi, non è vero?”
“Siamo amici. La mia vita privata non…” 
Ma fu interrotta da un flash che la prese in primo piano.
“I lettori sono così curiosi di sapere qualcosa di più sul vostro nascente amore! È vero che vi vedete ogni post-partita e che stiate soli per molte ore?”
“Non sono affa…”
“Avanti cara, un po’ di gossip non ha mai ammazzato nessuno. Guarda il signor Potter: da quando è nato è sotto i riflettori, eppure gode di ottima salute!” 
Angelina era furente: George sapeva benissimo che stava per prenderla per la giacca e lanciarla contro le tribute.
“Angie! Andiamo, si farà tardi.” Disse, passando tra i giornalisti e spingendo Rita Skeeter, tanto da farle perdere l’equilibrio e farla cadere a terra.
“Ma che modi..?” Ringhiò la donna rialzandosi con la velocità di una vipera.
“Oh, mi scusi. Le ho sporcato la giacca? Provi questo, di sicuro farà scomparire le macchie!” Prese una pasta dalla tasca interna della giacca e la spalmò al centro della schiena.
Mentre si allontanavano, sentirono le urla della giornalista sovrastare quelle dei tifosi. “È uno scherzo di cattivo gusto, signor Weasley! Da domani non avrà più un solo cliente del suo terribile negozio!”
“Ma cosa le hai dato?” Rise Angelina, rilassandosi.
“Pasta Sporcacciona, una mia nuova invenzione! Avevo bisogno di una cavia, in effetti.”
“E che diamine sarebbe questa pasta?”
“Hai presente quando hai un vestito o una maglia o un pantalone che detesti, ma che devi mettere per far contenta la mamma, la nonna o, nel mio caso, la zia? Bene, spalmi questa pasta e la macchia non va più via: l’unico rimedio che resta  è buttarla nel camino!”
Angelina rise, portando i capelli di lato, in modo da vedere meglio George. “Tu sei un genio!”
“Grazie.” Fu tutto quello che George riuscì a dire.
Restarono in silenzio per alcuni minuti, poi il rosso si voltò verso di lei con un sorriso furbo e occhi che brillavano. “Che ne dici di andare a mangiare da Il Sushi Stregato? Dicono che il pesce sia magicamente buono!” 
“È un appuntamento, Weasley?”
“Vuoi che lo sia?”
“Vediamo come va la serata.”
 
 
***
 
 
Loving can hurt
Loving can hurt sometimes
But it's the only thing that I know
And when it gets hard
You know it can get hard sometimes
It is the only thing that makes us feel alive
(Photograph - Ed Sheeran)
 
 
 
Angelina piegò la propria copia de La Gazzetta del Profeta e la lasciò cadere sopra il tavolo della cucina.
Prese la tazza di ceramica tra le mani e si appoggiò al lavello; aveva le dita intirizzite dal freddo. Per tutto l’allentamento, il vento gelido si era insinuato sotto il suo maglione, riducendo a zero l’utilità del mantello e del cappuccio: volare su una scopa a tutta velocità, di certo, non aiutava a scaldarsi.
Non si era nemmeno fatta una doccia decente. Non ne faceva una da tre settimane, ormai, da quando aveva deciso di chiudere i ponti con George.

 
Negli spogliatoi, le sue compagne stavano parlando del più e del meno e… dell’articolo di Rita Skeeter. 
Sapeva che da quando lei e George avevano iniziato ad uscire dopo le partite, i pettegolezzi su di loro erano aumentati esponenzialmente eclissando la ormai noiosa vita amorosa di Harry Potter e Ginny Weasley.
Le chiesero se davvero si erano baciati sotto il Big Ben o se avevano camminato per Hyde Park al chiaro di luna: ovviamente, lei aveva negato categoricamente ricordando a tutte loro che era Rita Skeeter ad aver scritto l’articolo e che, di lei, nessuno si sarebbe dovuto fidare.
Le sue compagne non parvero contente della risposta: non dissero nulla, ma, dai loro sguardi e dai bisbigli eccitati che si rivolgevano, si intuiva che credevano più a Skeeter che ad Angelina Johnson.
Il peggio fu sentire Ginny preoccupata.
“George ha dovuto installare un incantesimo di difesa contro i giornalisti. Se li ritrovava anche a negozio, pronti a fare domande sulle vostre uscite.”
Angelina sospirò, fissando l’acqua che cadeva dalla doccia.
“Certo, contro Rita Skeeter non ha potuto fare molto… Comunque non devi preoccuparti, Angie. Lui è felice da quando esce con te.”
Angelina girò la manopola della doccia, prese il proprio accappatoio ed uscì dalle docce. Pochi minuti dopo, era già fuori dallo spogliatoio, con i capelli bagnati, raccolti in una treccia, sotto al cappello di lana.

 
Lo sguardo cadde, ancora una volta, sul quotidiano.
Aveva fatto la cosa giusta.
Aveva evitato che George venisse bombardato dai giornalisti, che la sua privacy venisse calpestata per informazioni riservate.
Chiuse gli occhi e, nel riaprirli, vide le lettere del ragazzo nel cestino. Aveva continuato a scriverle, ogni giorno, chiedendo come andasse la sua giornata, dicendo che lui aveva avuto una pessima giornata al negozio o domandandole il perché di quel silenzio.
Agli allenamenti o a fine partita, Angelina si Smaterializzava, da dentro il bagno degli spogliatoi così da non dover uscire ed avere la probabilità di ritrovarselo davanti.
Le mancava George.
Ora che era in casa, da sola, poteva ammetterlo a se stessa.
Le mancava quel sorriso furbo e solare, quegli occhi celesti e quella miriade di lentiggini disegnate sulle guance e sul naso.
Più di tutto, le mancavano le serate con lui.

“Sai, non sono più sicura di voler uscire più con te!” 
Angelina era a quello che George definiva “lo stadio due”, ovvero stava imprecando contro gli asiatici e il loro innato desiderio di testare la pazienza altrui. 
“Avanti, hai quasi portato quel pezzo di sushi alla bocca, questa volta!”
“E questo non si può definire un appuntamento!”
George batté le palpebre un paio di volte, con il pezzetto di sushi a pochi centimetri dalla bocca aperta. “Perché, era un appuntamento?”
“Certo che sì, Weasley! Dopo essere usciti insieme per dieci volte!”
“Le hai contate?”
Si guardarono per alcuni secondi, l’uno più imbarazzato dell’altra, con le guance arrossate e le labbra aperte dallo stupore.
Il primo a riprendersi fu George, che soffocò una risata dietro la mano. Quando riportò lo sguardo su Angelina, anche lei iniziò a ridere.
“Che ne dici di uscire di qui ed iniziare un vero appuntamento?”
La ragazza si rilassò sulla sedia e lasciò le bacchette sul piatto. “Non vedevo l’ora.”
 
In silenzio, camminarono fino a I Tre Manici di Scopa, entrarono e si sedettero ad un tavolo accanto alla finestra.
Da lì, potevano vedere in lontananza il castello di Hogwarts.
“Pensi mai a dove siamo arrivati?” Angelina fu la prima a rompere il silenzio, da dietro il suo menù.
“Ogni tanto, ma pensare al passato… Beh, sto cercando di farlo il meno possibile.”
“Io invece lo faccio fin troppo spesso.”
“È perché sono identico a Fred, eh?” George sospirò, sapendo che prima o poi sarebbe venuto fuori questo argomento.
“Oh, no!” Ribatté subito Angelina, probabilmente con troppa veemenza tanto da far capire che stava mentendo. “Sì, in parte è per quello… Ogni tanto mi chiedo se le cose sarebbero andate diversamente se avessi scelto te per il Ballo del Ceppo.”
George rise, chiudendo il proprio menù. “Credo sarebbero andate esattamente così. Eri una compagna di squadra e non ti abbiamo mai vista se non come una tosta.”
“Gentili.” Fu tutto quello che riuscì a formulare la giocatrice di Quidditch, scorrendo il menù.
“Perché accettasti la proposta di Fred? Insomma, lo so che eravamo irresistibili, ma…”
Angelina lo guardò in viso. “Sarei stata una stupida se non lo avessi fatto. È stato come avere un biglietto gratis per una serata sensazionale, perché avrei dovuto negarmi tanto divertimento?”
“E ora perché hai accettato questo invito?” La guardò serio.
Molte volte, Angelina si era chiesto come fossero finiti ad essere amici che passavano almeno una volta alla settimana a cena fuori, che si mandavano gufi con barzellette o resoconti della giornata.
Ginny insisteva nel dire che Angelina provava qualcosa per lui, ma rispondeva dicendo che era impossibile. 
Almeno fino a questa sera.
A quanto sembrava, erano ad un appuntamento.
Angelina chiuse il proprio menù e lo mise sopra quello di George per poi appoggiare la schiena alla sedia. Era a disagio.“Perché non avrei dovuto? Mi piace stare con te.”
“Ma siamo ad un appuntamento.” Precisò il ragazzo sporgendosi sul tavolo, per andarle più vicino.
“Questo è ancora da accordare, non ricordi, Weasley?”
Era tornata al suo solito tono sfrontato e di sfida. A George non era sfuggita la piccola esitazione che aveva preceduto quella risposta.

CRACK.
Angelina sussultò spaventata, facendo cadere parte del proprio tè a terra e sul maglione. 
Guardò l’orologio sopra il tavolo della cucina e appurò che suo padre non poteva essersi Materializzato nel salotto, perché erano solo le quattro del pomeriggio, e neppure sua madre, perché era appena uscita per andare dal parrucchiere.
Poggiò la tazza nel lavello e prese la prima cosa che trovò a portata di mano: una padella.
Si diresse verso il salotto brandendola come una spada, camminando lentamente e accostata al muro.
Chiunque fosse lo sciagurato che si era appena Materializzato avrebbe dovuto fare i conti con lei.
Alzò la padella e urlò con tutto il fiato che aveva: “Hai…” Ma la voce le si spense vedendo chi era il mago di fronte a lei. “George?”
“Volevi darmi quella in testa, Johnson? Credevo che avessi passato i G.U.F.O. e potessi usare una bacchetta!”
Angelina si avvicinò al ragazzo e lo colpì sul braccio con la padella. “Non potevi mandarmi un gufo? Ti faceva schifo suonare il campanello? Chi ti ha insegnato l’educazione?”
Al quarto colpo, il rosso riuscì a prendere l’ “arma” e toglierla dalle mani di Angelina. “Sei più pericolosa di Hermione, con questa. E lei è un pericolo mortale vicino ai fornelli.”
Una foglia di quercia era intrappolata tra i suoi capelli rossi e arruffati, una ciocca gli cadeva sopra l’occhio destro. 
Gli occhi erano più scuri del solito, forse a causa del rosso vivo che colorava le sue guance. O, forse, era arrabbiato.
Angelina notò, anche, che non si era rasato da almeno tre giorni.
Si maledisse mentalmente e incrociò le braccia per recuperare un po’ di contegno e dignità. “Cosa ci fai qui, Weasley?”
Le sopracciglia del ragazzo si alzarono in un’espressione di sorpresa. “Wow, non mi chiamavi Weasley dal sesto anno.”
Angelina lo guardò posare la padella sul tavolino, davanti al divano. Aveva le dita arrossate dal freddo.
“Allora?”
“Sai, ora mi sto pentendo di essermi Materializzato qui se questa è l’ospitalità che ricevo.” Il tono era duro, sarcastico ed arrivò alle orecchie della strega come una nota stonata: George non era mai stato arrabbiato, non con lei. 
“Potevi mandarmi un gufo.”
“Oh, certo. Avresti sicuramente letto il mio invito.”
“Certo.”
Non riusciva a dire nient’altro. Una parte di lei, voleva saltargli addosso, scusarsi per il suo comportamento da bambina e dirgli che lo aveva fatto per difenderlo; l’altra parte, voleva soltanto che se ne andasse via per lasciarla sola.
George roteò gli occhi, sospirando annoiato. “Angelina, che diavolo sta succedendo?”
La ragazza strinse più forte le braccia attorno al proprio torace: doveva resistere l’impulso di saltargli addosso.
George la guardò, nella speranza che il pensiero che gli aveva appena attraversato la mente non fuoriuscisse dalle labbra della ragazza. “Tu… Ti vedi con un altro?”
“No! Come ti viene in mente?” Ribatté irritata.
Se da una parte George ne fu sollevato, dall’altra la situazione lo stava mandando alla pazzia. Erano dieci giorni che chiedeva a Ginny se avesse sbagliato qualcosa con Angelina, ma sua sorella era rimasta irremovibile. “Non so cosa abbia. Ho provato a parlarle, ma non sono riuscita a sapere nulla.” Così lui aveva iniziato ad arrovellarsi il cervello, giorno e notte, per capire cosa avesse fatto di male ad Angelina. Fino a che non si era deciso di affrontarla direttamente.
“Beh, scusami tanto se penso che tu possa vederti con un altro quando, da tre settimane, non rispondi ai miei gufi e te ne scappi dopo gli allenamenti e le partite.”
“Io volevo… Non capiresti, George. Va via, è meglio.”
“Volevi cosa? Merlino, hai paura che possa capirti più di quanto dovrei?” Aveva alzato la voce. Non lo aveva mai fatto con nessuno e George capì che se se ne fosse andato da quella stanza, non avrebbe provato mai più quello che stava provando in quel momento. Rabbia, frustrazione, delusione unite al desiderio di vederla sorridere, di abbracciarla e farla cantare.
Guardò Angelina negli occhi: era spaventata. Ripeté a voce più bassa, mentre muoveva un passo verso di lei. “Di cos’hai paura, Angelina?”
Lei abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore e stringendo le spalle. Le parole le uscirono come una canzone imparata a memoria da piccoli: dopo la prima parola, le altre seguirono con facilità. 
Io ho paura di tutto: che questa situazione mi sfugga di mano, che tu ti senta in gabbia per colpa mia; ho paura di quello che sono e quello che comporta: il mio carattere, il mio lavoro, i giornalisti; ho paura di quello che faccio: sì, ho paura di fare una mossa strana, di mettermi un vestito che potrebbe farmi sentire una stupida di fronte a te e ho addirittura paura di quello che dico.”
Angelina alzò lo sguardo, conscia che avrebbe incrociato quello di George, il quale le accarezzò la guancia, il pollice si muoveva lentamente sulla pelle mentre la guardava sorridendo.
“Lo dici maledettamente bene, Angelina Johnson.”
I loro nasi si sfiorarono e, come se fosse un comando, chiusero gli occhi.
Le labbra di George erano screpolate e fredde contro quelle calde e lisce di Angelina.
Si baciarono per quello che a George sembrò essere uno splendido secondo, ma quando sentì una mano contro il proprio torace e il corpo di Angelina allontanarsi, capì che si sbagliava. Ancora una volta.
“Credi che questa cosa basti per far finire tutto?”
George sbatté le palpebre un paio di volte, passandosi una mano sui capelli. “Ti ho appena detto che mi piaci, mi pare.”
“Ma io non… Stai rendendo tutto più difficile!” La ragazza si era morsa il labbro inferiore e aveva incrociato le braccia al petto.
“Non sono io quello che sta facendo una scenata per un bacio, che, francamente, non mi sembrava nemmeno orrendo. E non sono io quello che non ha le idee a posto!”
“Mi stai dando della matta?”
“Non l’ho mai detto! Merlino, sei… Impossibile! Vorrei proprio capire come posso essermi innamorato di te!”
“Innamorato?”
“Sì! Perché, se non lo avessi capito, a me non interessa dei giornalisti, dei loro articoli, del fatto di trovarmeli appostati al Tiri Vispi. A me interessa che per tre settimane tu non abbia dato segni di vita, che tu abbia deciso che era meglio per entrambi fermare sul nascere qualsiasi cosa che avevamo insieme. Ma sai? Le relazioni si fanno in due e se tu…”
Angelina prese il colletto del giacchetto di George tra le mani e lo tirò verso di sé. 
Lo baciò, con forza. 
Era stata una stupida: lui avrebbe superato qualsiasi cosa per lei e lei, invece, aveva avuto paura non per lui, ma del salto che avrebbe dovuto fare con se stessa.
“Allora mi dai ragione.” Il tono del ragazzo era tornato allegro e Angelina sentì lo stomaco stringersi dall’emozione.
“Zitto e baciami o ti colpisco ancora con la padella.”
“Agli ordini, madam.”

 
 
Gimme, gimme that love, I'll be waitin' for ya' 
Catch my hand, I'll be fightin' for ya' 
Let me in, yeah, let me get closer 
Got me runnin' wild like I feel it all over 
Catch my hand, I'll be fightin' for ya' 
(Let me in - Grouplove)
 
Fine




Giudizio:

Grammatica: 9.60/10

-“Di sicuro, avrebbe trovato quell’articolo…” la virgola qui non ci va, spezza solo la frase, neanche lunga, tra l’altro. -0.10
-“Angelina si era chiesto” chiesta. -0.05 (errore battitura)
-“Angelina notò anche che non era rasato da tre giorni.” Il verbo più corretto sarebbe che non si rasava da tra giorni (l’imperfett fa capire la continuazione dell’azione e esprime meglio il concetto che stai spiegando). -0.25

Stile/Lessico: 8.5/10
Uso citazione: 5/5
Uso coppia: 5/5
Caratterizzazione: 10/10
Felicità GiudiciA: 19/20

Totale: 57.10/60

Ciaooooo !!!
Mamma mia che bella questa storia ! Cominciamo con ordine però, perché le cose che ti devo dire sono tante xD
La storia l’ho trovata abbastanza scorrevole, tranne che in alcuni punti, magari potresti mettere più avverbi e figure retoriche per arricchirla e inoltre ci sono alcune ripetizioni (Skeeter all’inizio, Gadget, Doccia, Giornata, Materializzato, l’espressione saltargli addosso), che mi hanno fatto rallentare di poco la narrazione, te lo dico per perfezionare la storia. La coppia e la citazione sono usate alla perfezione, mi hai fatto sciogliere in tutto e per tutto, la parte finale mi ha fatto piangere dall’emozione, sono tutta un battito di cuore **
Specie per la citazione ti faccio i miei complimenti: l’hai arricchita aggiungendo altre parti e l’hai resa più completa, un ottima idea! Hai fatto un percorso logico dei loro incontri e ho capito come si sono amati pian piano, la caratterizzazione anche è davvero buona, hai inserito anche battute tipiche di George ho riso a tutte xD quella dei vecchi amici mi è rimasta impressa, che grande che è George! L’inizio mi ha poco convinto, non so è a sensazione personale, ma poi ti sei ripresa! Devo farti i miei compimenti, una storia romantica proprio come la volevo!
  
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