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Autore: Atomic Chiken    05/10/2014    0 recensioni
La città di New York cade nel panico quando le persone iniziano a morire in circostanze molto strane. Il detective Harper farà di tutto per consegnare il colpevole alla giustizia, ma si ritroverà ben presto a combattere contro qualcosa che minaccia il mondo intero.
Genere: Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero in macchina con Kowalski, diretta all'obitorio dove avevano portato i corpi di Melanie Jhonson e Richard Watson. Thomas Willson non aveva nemmeno degnato un pensierino alla mia scoperta. Quel bastardo voleva solo archiviare il caso il più presto possibile, tipico di testa di cazzo. Anche Kowalski era fermamente d'accordo con lui. Mai una volta che prendesse le mie parti!
Da quando eravamo saliti in macchina non avevamo scambiato una parola. Se la tensione avesse avuto sembianze concrete, avrei potuto tagliarla come una torta.
Alla fine Kowalski cedette.
"Per quale altro motivo credi che non si tratti di suicidio?". Lo guardai di sfuggita, riportando subito gli occhi sulla strada. Eravamo a cinque minuti dalla destinazione.
"Uno: la cintura. Quale donna userebbe quella di un uomo, Alin? Due: l'urina. Melanie ha fatto la pipì mentre si toglieva la vita. Un po' strano, non trovi?". Kowlaski rimase in silenzio, e mi chiesi se stesse pensando alla possibilità di un doppio omicidio o quanto io fossi paranoica.
"Facciamo analizzare la cintura" disse infine "vediamo cosa ne salta fuori".
"Ti amo" gli dissi strizzando un occhio, Kowalski sorvolò la battuta con un gesto della mano "Spera solo che trovino tracce non appartenenti alla ragazza".


Per quanto tempo sia passato da quando mi sono arruolata nella polizia, non mi abituerò mai all'ambiente opprimente di un obitorio. Uno dei motivi è l'odore. Un odore pungente che ti assale le narici appena varchi la soglia, un odore talmente nauseabondo che ti rimane addosso fino a che non torni a casa e lasci che l'acqua scorra sulla tua pelle per ore. Il motivo principale però è la vista di un corpo nudo senza vita. A quel punto non ti rimane più niente, nè dignità nè rispetto. Ed è questa una delle mie paure più grandi, morire e lasciare che il mio corpo venga profanato da perfetti sconosciuti. Quando entrai nell'obitorio e vidi quelli dei due ragazzi provai una profonda pena. Era terribile vedere una vita appena iniziata spezzarsi in modo così crudele. Elizabeth Hayder mi aspettava accanto ad una delle barelle. Mi chiesi come riuscisse a stare chiusa in quel posto per tutto il giorno, e se riuscisse a pensare ad altro che gente morta una volta tornata a casa.
Kowalski la salutò con una delle sue pessime battute e Elizabeth lo accontentò con un sorriso sarcastico. Si vedeva ad occhio nudo che era preoccupata.
"Corrie, sei sicura che..."
"Sì" la interruppi "non lo verrà a sapere nessuno. Giusto Kowalski?". Quest'ultimo annuì fingendosi offeso. Eravamo lì contro il permesso del Gran capitano, lo stronzo più stronzo di tutti gli stronzi, e venire scoperti era un opzione che non volevo nemmeno prendere in considerazione.
Sapevo di potermi fidare di Elizabeth perché era una patologa e un medico legale molto abile nel suo lavoro, ma soprattutto perché eravamo amiche dalle elementari.
"Hai scoperto qualcosa d'interessante?" le domandai rimanendo a debita distanza dai corpi. La nausea iniziava a dare segni di vita.
"Non ho ancora avuto il tempo di fare analisi approfondite, ma posso finalmente dirvi più o meno l'orario in cui sono morti". Kowalski e io pendevamo dalle sue labbra.
"Il ragazzo è deceduto intorno alle diciotto, la ragazza alle diciannove e trenta circa".
"Ci sono segni di colluttazione o altro?". Speravo in una risposta affermativa.
"No" disse Elizabeth. Lanciai un'imprecazione sottovoce.
"Non sul corpo del maschio. Lei..." indicò Melanie chiedendoci di avvicinarci alle due "ha un segno alquanto strano lungo la schiena e sui glutei". In quei punti la pelle tendeva sul rosa acceso.
"Sembra quasi che sia stata trascinata" affermò Elizabeth guardandoci negli occhi. Il mio cuore prese a battere all'impazzata. Era la prova che mi serviva!
"Mentre vi stavo aspettando ho anche dato una sbirciatina ai loro vestiti. Ho trovato delle impronte e le ho subito analizzate. Non sono riuscita a dare un volto o un nome, ma ho scoperto qualcosa di altrettanto interessante".
Mi avvicinai a Elizabeth senza accorgermene, le orecchie in allerta.
"Il presunto assassino di Melanie era presente anche sulla prima scena del delitto. Inoltre, ho constatao che la ferita del ragazzo ha ricevuto molta più forza di quanto una ragazza di diciannove anni possa avere. La cosa buffa? Anche il collo della ragazza presenta la stessa pressione". Rimasi a guardarla sbigottita. Iniziavo a capire dove volesse andare a parare.
"Cosa dovrebbe significare?" chiese invece Kowalski. Elizabeth ci guardò con la stessa espressione vittoriosa con cui io avevo guardato Thomas e Kowalski qualche ora prima.
"Dal mio semplice punto di vista, Melanie non ha ucciso Richard e non si è tolta la vita. In parole povere, un assassino ha fatto fuori tutti e due".

 

*


Jessica Parker iniziava a dare segni d'impazienza. Da quanto era seduta lì ad aspettare, quindici minuti? Dio, perché quel maledetto autobus non partiva? Allungò lo sguardo verso il conducente. Guardava fuori da un'eternità, ma cosa? Per Dio, non c'era nulla da guardare fuori!
In preda ad una crisi di nervi si alzò e lo raggiunse, pronta a dirgliene quattro.
"Signore?". Il cuore le finì in gola e il respiro si ridusse a versi confusi.
Lo toccò e quello cadde a terra come un pupazzo. Era morto. Dio, era morto! Morto!
Jessica fece per darsela a gambe quando le porte si chiusero alle sue spalle. Il pensiero di rimanere chiusa lì dentro con un cadavere la fece sbiancare dalla paura. Provò a premere pulsanti a casaccio accanto al volante, sperando che un miracolo la aiutasse ad uscire da quell'incubo. Oh sì, perché altro non poteva essere che un incubo! Era solo uscita a fare la spesa e adesso voleva tornare a casa, lontana da quel postaccio. Due minuti dopo però era ancora lì.
"Aiuto! Qualcuno mi aiuti vi prego!" iniziò ad urlare come un'isterica. Se solo fosse stata più magra, avrebbe potuto scappare dal finestrino! Lacrime calde cominciarono a sgorgare mentre Jessica tirava fuori dalla borsa il cellulare. Lo lanciò dall'altra parte dell'abitacolo quando notò che la batteria era morta. Iniziava anche a fare caldo, troppo caldo.
All'improvviso, mentre era intenta a togliersi il giubbotto, sentì qualcosa. Jessica guardò fuori dalla finestra, sperando che fosse una macchina di passaggio. Ed invece la strada era deserta.
Il suono si fece più forte, e a Jessica si gelò il sangue. Il rumore non veniva da fuori, ma da dentro. Dietro di lei.
Si voltò e per poco non cadde dagli scalini.
"La prego di tornare a sedersi" le disse il conducente con un sorriso.
Jessica iniziò ad urlare con tutto il fiato che aveva in gola mentre l'uomo si avventava su di lei. Caddero tutti e due fuori dall'autobus mandando in frantumi le due ante della porta. Un pezzo di specchio si conficcò nell'occhio di Jessica, e per lei il buio divenne padrone.

  
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