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Autore: Irina_89    10/10/2008    0 recensioni
Non ce la faceva più ad essere ciò che non era. Lei era lei. Nessun’altro! Perché, allora, non poteva far altro che fingere con gli altri?
Ipocrita.
Così si definiva lei stessa.
Sì, era ipocrita, perché per farsi accettare doveva negare i suoi sentimenti, le sue emozioni, dando spazio a quelle che invece doveva far trapelare in presenza di certe persone.
Ipocrita e falsa.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prigione di ogni giorno

Prigione Di Ogni Giorno

 

 

Non ce la faceva più ad essere ciò che non era. Lei era lei. Nessun’altro! Perché, allora, non poteva far altro che fingere con gli altri?

Ipocrita.

Così si definiva lei stessa.

Sì, era ipocrita, perché per farsi accettare doveva negare i suoi sentimenti, le sue emozioni, dando spazio a quelle che invece doveva far trapelare in presenza di certe persone.

Ipocrita e falsa.

Si odiava. Lei per prima non poteva sopportare individui del genere, e ora, invece, proprio lei era diventata così.

Sorridere e rattristirsi. Negare ed annuire. Parlare e zittirsi.

Tutto era programmato a seconda degli eventi. Non c’era più naturalezza. No. C’era solo menzogna. Solo bugia.

 

Era stesa sul letto da almeno un paio di ore, gli occhi fissi sul soffitto. Quel soffitto così vuoto, che poteva comparare con se stessa.

Ormai, era una settimana che non dormiva. Il sonno non c’era. Era come svanito.

Si alzò stancamente dal letto, dirigendosi verso il bagno, illuminato dalla luce della luna che attraversava debolmente le spesse tende della finestra. Posò le mani al bordo del lavandino per avere un valido sostegno per il suo corpo debole e stanco.

Poi, alzò lo sguardo sulla superficie dello specchio davanti a lei. Quello specchio che non faceva altro che riflettere ciò che vi trovava davanti. Quello specchio che in fondo considerava il suo migliore amico. Sì, perché lui era uno delle poche persone che non rideva se lei piangeva. Che sorrideva se anche lei sorrideva. Che era triste se lo era anche lei.

Questa volta, lo specchio era stremato. Quegli occhi scuri, che continuavano a scrutarlo, erano stremati. Quel viso candido, da sempre stato solare e raggiante, era stremato.

Lei era stremata.

 

Un improvviso mal di testa la costrinse a serrare gli occhi ed ad appoggiarsi totalmente al suo sostegno. Poi, una volta sicura di non rischiare di cadere a terra, premette una mano contro la fronte, come se quell’insignificante gesto potesse far cessare quel dolore.

Tutto ciò avveniva sempre più spesso.

Riaprì lentamente gli occhi e portò nuovamente lo sguardo sul suo riflesso.

Un rivolo di sangue scendeva dal naso, mostrando un certo contrasto con il candido viso, anche se ormai, più che candido, poteva essere definito pallido. A lei non era mai capitato di avere emorragie come queste, ma da qualche tempo, questo era diventato parte dell’ordinario.

Aprì il rubinetto dell’acqua fredda, per raccoglierne un po’ con le mani e bagnarsi il viso, sperando di lavare, oltre al sangue, anche tutti i suoi problemi. Ma non servì a niente. I suoi problemi rimanevano.

Paura.

Stanchezza.

Frustrazione.

Delusione.

Solitudine.

Sì, si sentiva sola. Non aveva nessuno con cui parlare. Non aveva nessuno per farsi aiutare. Certo, c’erano i genitori, ma anche se lo avessero saputo, cosa mai avrebbero potuto fare? Niente. E allora perché parlarne?

Per questo rimaneva nel silenzio. Quel silenzio che sempre più spesso la portava verso un baratro di sofferenza. Lei aveva bisogno di parlare, ma nessuno l’avrebbe potuta aiutare.

 

Perché era successo tutto questo? Lei non era così!

Lei da sempre era stata una ragazza vivace, solare, raggiante. E ora? Ora era solo una ragazza stanca e debole. Sì, debole.

Debole era una parola in cui lei si rispecchiava molto. Non aveva la forza e il coraggio di agire. Perché stare male per persone così false ed ipocrite?

Semplice. Aveva paura della solitudine. Aveva paura di rimanere sola.

Ed anche se realmente era già sola, lei aveva paura di rimanere sola anche fisicamente.

Anche se lei si sentiva lontana da tutto e da tutti, non poteva far a meno di stare con quelle persone. Sì, non poteva, perché loro le davano l’illusione di poter avere qualcuno. Tuttavia, era pur sempre un'illusione, benché lei non lo volesse ammettere.

 

Il cellulare vibrò sul letto e lei si trascinò stancamente verso di esso.

Un messaggio.

Sempre loro. Sempre lei.

L’invito ad uscire quella sera era ancora sullo schermo, ma lei non accennava a rispondere. Come sarebbe andata a finire? Avrebbe dovuto indossare ancora quei vestiti che odiava. Avrebbe dovuto parlare di cose che non le interessavano. Avrebbe dovuto giustificare i comportamenti infantili della ragazza. Avrebbe dovuto sembrare felice.

Era stanca di questo modo di vivere.

Lasciò cadere il cellulare sul materasso e scivolò con la schiena contro il letto. Perché non riusciva a ribellarsi?

 

Un altro messaggio.

Non voleva nemmeno sapere chi fosse. Voleva soltanto poter rimanere da sola.

Ma si girò e ne guardò il contenuto.

Ancora lei. Chiedeva la sua compagnia perché gli altri erano occupati.

Sorrise con malinconia. Ecco cosa era lei. Niente. Serviva solo quando gli altri non c’erano. Ma pur di continuare a stare vicino a qualcuno, non diceva niente. Le andava bene. Doveva andarle bene.

Per un attimo, avvertì la tentazione di gettare il cellulare lontano da sé, come se insieme al piccolo oggetto avesse potuto allontanare anche quel gruppo che frequentava.

Sospirò. Gli occhi le bruciavano. Non sarebbe servito a niente.

 

Si alzò e prese i vestiti per uscire. Li indossò con le lacrime agli occhi.

Quella non era lei. Quei pantaloni attillati che le fasciavano le gambe, quelle scarpe eleganti che mostrava ai piedi, quella maglia decorata con trine e merletti… Lei non era così.

Eppure, non si fermò.

Tornò in bagno e si truccò per far svanire il pallore ed i segni del pianto silenzioso dal suo viso. La matita intorno agli occhi per nascondere la stanchezza.

Uscì dalla piccola stanza e prese il giacchetto comprato sotto consiglio delle sue amiche.

Aprì, quindi, la porta e la richiuse alle sue spalle.

 

Ecco che la vita continua come sempre.

  
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