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Autore: Kveykva    05/10/2014    3 recensioni

A quel punto scattai indietro.
Ma cosa stavo facendo?
Cosa diavolo stavo per fare?
Scesi dal divano, presi la mia borsa e mi diressi verso la porta.
-Em. Em!- mi chiamó Dave.
Aprii la porta ma lui mi prese per un braccio e mi costrinse a girarmi.
-Cosa stai facendo?-
-Me ne sto andando.- gli risposi.
-E perchč te ne stai andando, maledizione!?- mi chiese lui sconvolto.
Non avevo una vera risposta da dargli. Sapevo solo che quello che era quasi successo non sarebbe dovuto succedere mai pił.
Lui mi fissó, e mi sorpresi ancora una volta di quanto fosse bello, anche da arrabbiato com'era.
Era dannatamente bello.
-Non sei tu, Dave, ma...-
-Vuoi sapere una cosa, Emma Bennet? - mi interruppe. -Sei una maledetta stronza.-
Aprii la bocca e rimasi cosģ, scioccata.
L'aveva detto davvero?
-Tu hai bisogno di me.- mi disse.
Riuscii solo a fissarlo.
-Sai che č vero.-
Non seppi dire nulla, mi limitai a stringere i pugni tanto che si sbiancarono le nocche.
Se c'era una cosa che mi mandava in bestia era dare ragione a Dave.
E purtroppo, anche se non ero ancora completamente consapevole, aveva ragione.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Mi sembró che la mattinata seguente non passasse pił. 
L'ora di storia sembrava infinita, anche se non sapevo spiegarmi perchč: le informazioni e i dati che ci snocciolava alla cattedra non sostavano pił di dieci secondi nella mia mente.
Fu un sollievo lo scoccare dell'ora e volai in mensa in tre minuti esatti.
Quando entrai non c'era ancora nessuno al nostro tavolo, e quindi mi sedetti da sola, col mio piatto.
Piano piano la mensa si stava riempiendo fino a che non diventó caotica e chiassosa come sempre.
-Emma.- dissero salutandomi Lindsday e Robin. Quei due erano sempre in coppia, qualsiasi cosa facessero e dicessero.
Erano carini, senza essere stucchevoli.
-Avete visto Andrea?- chiesi.
Robin scosse il capo.
-No, ma arriveranno fra poco. So che aveva il corso con Jay e Mike.- 
Piluccai un po' di cibo, anche se il mio appetito sembrava essere sparito finchč  arrivó Andrea saltellando, seguita dai due ragazzi, e mi salutó con un bacio.
-Allora Emma...come va con Dave?- mi chiese dandomi una gomitata, Robin.
Strabuzzai gli occhi, e quasi il pezzo di pane mi andó di traverso.
Vidi Mike rabbuiarsi
-Cosa?- farfugliai.
Robin mi fece l'occhiolino, e Lindsday lo riprese.
-Smettila di fare il cretino.- gli disse dandogli uno schiafferņ sulla mano.
-Signori e signore, avete appena assistito alla prima parolaccia di Lindsday Lewman.- disse Mike.
Gli altri risero, e Lindsday diventó paonazza.
-E comunque non c'č niente di niente...figuriamoci!- risposi, mettendoci tutto l'impegno possibile. Alla fine, era proprio cosģ.
-Certo...- disse Robin con ancora l'ombra di un sorriso sulle labbra.
Passó un minuto senza che nessuno proferisse parola, e mangiammo normalmente.
-Oh mio Dio.- sussurró Andrea.
La risata di Mike si strozzó a metą perchč sulla mensa era sceso un silenzio di tomba.
Alzai la testa, cercai di vedere cosa avesse causato tutto quel silenzio e tutti quei bisbiglii e seguii la direzione delle centinaia di teste, girate tutte dalla stessa parte.
Restai di sasso quando vidi Dave: aveva una felpa grigia con un cappuccio tirato su, e un capellino verde scuro calato sul viso, probabilmente cercando di nascondere tutti quei lividi e quei tagli che gli rovinavano il viso.
-Per la miseria.-
Senza nemmeno pensare, mi alzai e camminai verso di lui.
-Ei, Yankee.- mi salutó con un sorriso forzato, cercando di rimanere indifferente alle occhiate di tutta la mensa verso di noi.
Grazie a Dio, Andrea cominció a parlare a voce altissima con Mike, e cosģ fecero Robin e Lindsday e a poco a poco le chiacchere, seppur a livello minimo rispetto a prima, ritornarono.
-Mi vuoi spiegare cosa ti č successo?- chiesi ancora sotto schock.
Continuavo a fissargli il labbro rotto e un enorme livido bluastro sulla mascella.
Era ridotto assolutamente male.
-Non č niente.- mi disse con un'alzata di spalle, facendo per superarmi.
-Stai scherzando? Dave dimmi cosa diamine hai fatto.- gli ordinai, trattenendolo per un braccio.
Gli comparve un sorrisetto.
-Sei proprio curiosa, Yankee.- 
-Sģ, e smettila di chiamarmi cosģ.- 
-Cosģ come, Yankee?- chiese stupito, strabuzzando gli occhi.
-Sģ, quello.- risposi annuendo decisa.
-Perchč?- 
-Perchč non ha senso e non stai rispondendo alla mia domanda.- gli dissi.
Scoppió in una breve risata.
Si chinó verso di me, e mi spostó una ciocca di capelli dietro l'orecchio: accostó la bocca e, mentre un fremito mi percorreva da cima a fondo, sussurró:
-Non qui, non ora.- 
Quando mi riguardó in faccia aveva un sorriso soddisfatto e vagamente consapevole sul volto.
Io incrociai le mani al petto:
-Va bene: oggi pomeriggio.-decretai, sperando che non si accorgesse delle mie guance diventare improvvisamente rosse.
Lui mi soppesó con lo sguardo.
-Non avrai risposte da me, Emma.- disse, stavolta completamente serio.
Mi sentii la rabbia prendere possesso del mio corpo pian piano.
-Grazie mille, per la fiducia.- dissi disgustata e lo superai con una spallata. 
Sentii che mi chiamava da dietro diverse volte, ma non mi voltai: ero furiosa.
Lui voleva avere il controllo su di me, sapere cosa facevo, quando e perchč ma quando lui arrivava con la faccia viola non si potevano fare domande.
Uscii dando una spinta alla porta.
-Emma.- sentii la sua voce.
-Per piacere Dave, va' via.- 
Incrociai il suo sguardo ferito e mi sentii un po' in colpa.
-Non č che non voglio dirtelo. Č che non posso, Em, davvero.- mi pregó, prendendomi le mani.
Io le guardai ma lo lasciai fare.
Sospirai.
-Qualsiasi cosa sia non ti fidi abbastanza di me.- replicai.
-Io mi fido di te.- replicó lui con fermezza.
-No, non č vero.- dissi io ancora pił dura.
Lui lasció andare le mie mani, e i suoi occhi divennero distanti.
Si calcó il cappello in testa ancora di pił.
-Mi dispiace che tu non capisca.- ed entró in mensa, senza guardarmi pił.
 In un modo o nell'altro finivamo sempre per litigare.
Quel ragazzo era impossibile.
________________________________________

-Emma domani č il compleanno di Chase.- mi disse Andrea, vestita di tutto punto sull'uscio della porta.
-Si...?- replicai, aspettando che proseguisse.
-Volevo prendergli un regalo, ma lo sai che ho bisogno di te.- mi disse, mangiucchiandosi le unghie.
Se c'era una cosa che Andrea non sapeva fare era comprare i regalo di compleanno: sembrerą pure una cosa da niente, ma non aveva mai la pił pallida idea di cosa comprare e a chi.
Era da anni che, per ogni data importante, la accompagnavo dappertutto.
-Non glielo hai ancora preso?!- le domandai scioccata.
Rise nervosa e tornó a mangiarsi le unghie.
-No..- 
Lasciai andare un respiro.
-Andrea, č tardi. Sono tutti chiusi i negozi ora.- le risposi, rigirandomi verso la televisione.
-Sono solo le sette, e qui siamo a Gainesville: sono apertissimi!- replicó raggiungendomi e tirandomi per una manica.
-Ma insomma, non ci puoi andare domani?- le chiesi furibonda mentre mi trascinava.
-Non posso! Voglio darglielo domani mattina!- protestó.
-Okey.- dichiarai con voce tombale.
L'unica che riusciva a piegare leggermente il mio carattere di ferro era Andrea.
Io l'adoravo, e forse era per questo che l'accontentavo in tutto e per tutto.
-Grazie!- trilló lei, buttandomi le braccia al collo e scoccandomi un bacio sulla guancia. 
Uscimmo velocemente e saltammo in macchina. 
Solo ad un certo punto, quando svoltammo sulla sesta, mi accorsi che non stavamo assolutamente andando verso il centro.
Io conoscevo quella strada. 
-Andrea. Fammi scendere.- le intimai, parlando lentamente, gelida.
Le sue guance si colorarono di un rosso acceso. Nel suo sguardo, appena lo incontrai, vidi un lampo di rimorso.
-Mi dispiace, Emma.- disse, con fare colpevole, tormentandosi il labbro inferiore coi denti.
Mi impuntai e mi girai verso di lei.
-Non me ne frega un accidenti delle tue scuse, fammi-scendere-da-qui!- urlai.
Lo sguardo di Andrea si indurģ.
-Non posso.- rispose, digrignando i denti.
-Come sarebbe a dire non puoi?- strillai ancora.
Giró il volante e sterzó a sinistra.
-Tu non vuoi ammettere cosa provi per lui. Ti sto solo aiutando.- mi rispose, fissandomi dura, ma sentii la voce cederle alla fine della frase, come presa dalla non veritą delle sue parole.
-Io non provo niente per Dave. Nulla.- dissi, e ci credevo davvero.
-No.- disse lei, guardando davanti a se'.
In quel momento mi resi conto che eravamo sotto casa di Dave.
-Non ci voglio entrare!- tentai all'ultimo, sperando che potesse provare un residuo di pietą per me e decidere di risparmiarmi.
Non proferģ parola, ma accostó, e spense il motore.
A quel punto rinunciai e misi le braccia incrociate.
-Smettila di far la bambina, Emma. Esci da questa cazzo di auto.- mi disse esasperata venendomi ad aprire la portiera.
Rimasi impassibile.
-Fai come vuoi Emma. Sono la tua migliore amica, ti conosco.- ritentņ.
Ancora una volta, non la degnai di uno sguardo; la sentii sospirare.
-Io vado su, c'č anche Chase. Puoi passare qui la serata.- mi disse, e chiuse la portiera.
La guardai finchč non la vidi entrare nella porta di Dave: fino a quel momento non avevo creduto che ci fosse davvero Chase, ma quando si affacció alla porta e la trascinó dentro ne fui sicura.
Ma non m'importava: avrei aspettato in macchina fino alla fine della serata.
Rilassai i muscoli, trattenuti fino a quel momento, e chiusi gli occhi, cercando di rievocare tutti i bei momenti passati con Andrea per impedirmi di ammazzarla.
Lo sapevo che non l'aveva fatto con cattiveria, eppure non potevo che sentirmi furiosa verso di lei.
Mi sentivo tradita.
-Pensi di startene qui a invecchiare?- 
Quella voce mi fece sobbalzare.
Guardai fuori dal finestrino con la bocca spalancata.
-Vattene, Dave.- gli intimai, č ripresi la posizione di prima.
-Sģ, come no.- disse, e aprģ la portiera.
Mi irrigidii appena sentii il suo profumo arrivare: era tremendamente buono.
Vacillai.
-Preferisco stare qui, grazie.- gli dissi, cercando di tenere un tono controllato.
Faticavo a tenere chiusi gli occhi: da una parte volevo incontrare quel verde spaventoso nello sguardo di Dave, dall'altra non volevo annegarci dentro.
Quasi persi un colpo quando sentii la sua voce nel mio orecchio,'il suo respiro sulla mia pelle.
-Non credo proprio.- sussurrņ. 
Dio, com'era sexy. Non dovevo vedere.
Dovevo rimuoverlo dalla mente, o lui avrebbe capito l'effetto che mi faceva. 
Fu un tormento non poter aprire gli occhi.
-Ritornatene a casa.- replicai divertita, con un mezzo sorriso sulle labbra.
In un attimo, fui sbalzata dal sedile, presa sotto le ginocchia č caricata sulle spalle di Dave.
Mi si mozzó il respiro.
-Ma che diavolo stai facendo? Mettimi gił! - gli intimai, ma rideva cosģ forte che dopo dieci secondi ridevo anche io.
Avere le sue mani addosso, sentire i muscoli della sua schiena rendersi...non avrei mai pensato potesse avere un tale significato per me.
Salimmo scale, e vidi la porta socchiusa.
Solo in quel momento, mi lasció andare e ritornai sulle mie gambe.
Mi asciugai le lacrime che mi erano scese dal ridere, e lo guardai: aveva un sorriso sereno sulle labbra.
-Sei tutta spettinata.- disse, ancora sorridendo, guardandomi.
Sembrava in adorazione.
Cercai di togliere i modo ai miei capelli, ma quando capii che sarebbe stato inutile mi fermai e lo guardai frustrata.
-Sono terribile.- dissi con il broncio.
Mi prese il mento fra le dita.
-Sei bellissima.- replicó.
Prima che potessimo arrivare troppo vicini dissi:
-Sģ, come no.- ed entrai.
Stavolta, la nostra parola, aveva salvato me e non lui.
Appena incrociai lo sguardo di Andrea, che stava gią bevendo un cocktail con Chase, mi ricordai che in veritą ero furiosa.
Con lei soprattutto, ma avevo intuito che non era stata una sua idea portarmi fin lģ.
Dietro, ci scommettevo, c'era lo zampino di Dave.
Lei peró, invece di rispondere al mio sguardo truce, mi guardó soddisfatta.
-Noi andiamo.- disse con tono morbido, guardando Chase.
Lui le sorrise mostrando 20372 denti.
-A che ora torni?- chiesi a lei.
-Tardi Em. Non aspettarmi.- disse sorridendo sincera. Le volevo troppo bene per potermi arrabbiare.
-Certo. Divertitevi.- le dissi con voce stanca e mi appoggiai al divano con gli avambracci.
La porta di casa si chiuse con un tonfo sordo, e solo in quel momento mi resi conto che ero a casa con Dave da sola. 
Quella era una cosa che NON doveva succedere. Ero gią arrabbiata con lui per la scenata di quel pomeriggio e non avevo voglia di ripeterla, visto che ogni volta che ci trovavamo assieme litigavamo come se non ci fosse un domani.
Anzi, io non dovevo assolutamente trovarmi lģ, dovevo andare a casa, ripassare, fare la doccia, stirare. Di certo non avevo tempo di stare lģ con lui.
Mi girai intenzionata ad andarmene ma incontrai i suoi occhi, con accesa dentro una speranza quasi assurda.
Mi rivolse un sorriso timido, il primo che gli avessi mai visto fare, e capii che probabilmente, ero caduta in un vortice dal quale non potevo pił uscire se non continuare a farmi trascinare a fondo.

________________________________________




Angolo:
Ciao a tutte! 
Spero di non aver aggiornato tardissimo ma la scuola č cosģ pesante che mi sta uccidendo.
Passiamo al capitolo: non giudicate male Andrea, voleva solamente aiutare Emma a capire i suoi sentimenti contrastanti, confusi, e non ancora identificati per Dave.
Ringrazio in anticipo chi leggerą la storia, e se avete qualche minuto di tempo, recensite il capitolo, perchč la vostra opinione di lettori č importantissima sia al fine di migliorare me e la storia, quindi se poteste lasciatemi un commentino.
Spero che la storia vi piaccia, e vi anticipo gią che nel prossimo capitolo co saranno...sorprese.
Un bacione, 
Kveykva.






  
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