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Autore: ___Page    06/10/2014    1 recensioni
"Puntò gli occhi al cielo, ricacciando indietro le lacrime di felicità e commozione, mentre la speranza tornava a scorrergli nelle vene, rigenerandolo.
Realizzò che, probabilmente, era passata la mezzanotte e quindi si trattava del giorno del suo compleanno e sorrise.
Un sorriso di sincera gratitudine perché proprio in quel compleanno, che aveva pensato di dover trascorrere da solo e lontano da tutto, aveva ricevuto il regalo più bello."
*Per il compleanno del nostro amato Chirurgo. Happy Birthday, Torao!*
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bepo, Trafalgar Law
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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IL REGALO PIÙ BELLO
 
 


-Smettila di seguirmi!!!- gli intimò, voltandosi un attimo con il busto, al colmo del fastidio per poi rigirarsi e proseguire la sua furibonda avanzata.
Era preoccupato e agitato.
Era riuscito a infiltrarsi su quella nave con facilità, un gioco da ragazzi dopo quello che aveva dovuto fare per uscire da Flevance, senza contare che, questa volta, a fargli compagnia c’erano dei barili e non dei cadaveri.
Ma si sentiva il loro fiato sul collo, se li sentiva alle calcagna e no, non voleva che lo trovassero, non voleva tornare.
Li aveva cercati lui, aveva chiesto lui di poter entrare nella Family ma, ora, Doflamingo gli aveva tolto anche l’ultimo affetto che gli restava e lui voleva solo restare solo.
Ogni volta che si affezionava a qualcuno a quel qualcuno accadeva qualcosa di brutto.
Sì, preferiva di gran lunga restare solo e non soffrire più.
Solo però significava solo.
E non con quella stramba creatura alle calcagna, che lo seguiva ormai da mezz’ora e cioè da quando era furtivamente sceso dalla nave, allontanandosi in fretta dal porto e dirigendosi verso il bosco, dove sperava di trovare una grotta o comunque un luogo riparato dove passare la notte.
Cosa avrebbe fatto l’indomani era un mistero persino per lui.
Non che gli importasse.
Non fosse stato per il suo ostinato spirito di conservazione, si sarebbe lasciato morire di fame durante la traversata anziché avventurarsi sul veliero per recuperare qualche tozzo di pane.
Nonostante si sentisse stanco, proseguiva imperterrito, trascinandosi dietro la sacca che aveva portato con sé, contenenti  pochi effetti personali.
Lo stetoscopio che gli aveva regalato suo padre, il sottomarino in miniatura da parte di Lamy, qualche erba curativa e un libro di medicina.
Sospirò schiacciandosi il cappello leopardato sulla testa.
Glielo aveva cucito la mamma e, insieme a stetoscopio e sottomarino, erano stati gli ultimi regali di compleanno ricevuti prima della tragedia che aveva colpito la sua città e, più in generale, gli ultimi in assoluto.
Non che con la Donquijote Family non avesse festeggiato in quei due anni ma loro avevano un modo tutto particolare di celebrare i compleanni.
Chiuse gli occhi, non aveva voglia di pensarci.
D’altra parte, non aveva potuto fare a meno di notare la data sul quotidiano che un marinaio al porto stava leggendo con interesse e solo allora aveva realizzato che si trattava del 5 ottobre e che l’indomani avrebbe compiuto 13 anni.
Sarebbe stato solo nel giorno del suo compleanno ma anche questo non gli importava.
Aveva capito che era il suo destino, essere solo, e non faticava, stoico com’era nonostante la giovane età, ad accettarlo.
In quel breve attimo di riflessione percepì chiaramente i passi dell’indesiderato ospite alle sue spalle farsi più vicini.
Strinse il cappello con le dita, strizzando gli occhi infastidito e sforzandosi inutilmente di mantenere la calma.
-Si può sapere cosa vuoi da me?!?! Voglio essere lasciato in pace, non voglio la tua compagnia!!!- gli vomitò addosso, iroso.
L’orso polare, che parlava e camminava su due zampe come un essere umano ed era appena più alto di lui, sobbalzò a quelle parole, arrestandosi, come se, anziché urlare, Law lo avesse colpito con un sasso.
Non sfuggì al moro l’espressione ferita e delusa della creatura, mentre chinava il capo con sconforto, facendogli capire che non lo avrebbe più seguito.
Non gli sfuggì e gli fece male, sebbene non smise di guardarlo truce finché non si girò nuovamente, prendendo ad allontanarsi ancor più velocemente di prima, non sapeva più se per fastidio o per l’incapacità di sopportare tutta la tristezza che leggeva sul volto dell’orso.
Quando trovò un punto tra gli alberi che giudicò abbastanza riparato per passarci la notte con tranquillità lasciò andare la sacca e crollò a terra esausto, addossandosi con la schiena ad un albero e sospirando.
Piegò la testa all’indietro, appoggiandola al tronco e, quando riaprì gli occhi, li trovò appannati dalle lacrime.
Sorpreso da se stesso, portò veloce il dorso della mano stretta a pugno ad asciugarli ma subito eccone altre ad inondarglieli.
Aveva voglia di piangere, Law.
Aveva voglia di piangere perché era tutto uno schifo.
Perché aveva tredici anni, era solo al mondo, in un bosco, obbligato a dormire per terra e al freddo la notte del suo compleanno.
E perché si sentiva in colpa per il modo in cui aveva trattato quel povero orso.
Riflettendo, si accorse che molto probabilmente quella sua stramba natura, metà animale e metà umana, lo aveva portato ad isolarsi e restare solo proprio come era lui.
E forse, in fondo, vedendolo aveva letto nei suoi occhi la sua stessa solitudine e aveva solo voluto provare ad avvicinarsi a qualcuno che sperava potesse capirlo.
Lui, invece lo aveva respinto, ferendolo, senza dargli nemmeno un’occasione.
Puntò lo sguardo sul punto tra gli alberi da cui era arrivato, prendendo in considerazione l’idea di tornare indietro a cercarlo, idea che scacciò immediatamente.
Punto primo non voleva fare la figura del patetico.
Punto secondo era veramente troppo stanco.
Si sdraiò nella nuda terra, usando la sua sacca a mo’ di cuscino, e, nonostante la scomodità di quella sistemazione e l’umidità che aleggiava nell’aria e gli faceva battere i denti, cadde presto in un sonno senza sogni.
 

 
§
 

Si svegliò stranito da quella sensazione.
I tremori erano passati ma ciò che più lo aveva colpito era il fatto di sentirsi al caldo e l’impressione di giacere su qualcosa di incredibilmente morbido.
Forse era morto assiderato ed era in paradiso.
Mugugnando si smosse, il corpo indolenzito dalla lunga permanenza sulla nuda terra e avvertì qualcosa solleticargli il viso.
Ancora mezzo addormentato socchiuse un occhio e ciò che vide ebbe il potere di svegliarlo del tutto.
Spalancò le iridi grigie incredulo, girandosi a pancia in su, dalla posizione fetale girata sul fianco in cui era solito dormire, e si strofinò gli occhi con il dorso della mano, un po’ per spannarli un po’ per essere certo di non stare sognando.
Ma dopo alcuni secondi dovette arrendersi all’evidenza che si trovava avvolto nelle calde zampe dell’orso polare.
Deglutì a fatica, tentando di mandare giù il groppo che gli attanagliava la gola.
Dopo tutto quello che aveva fatto, dopo il modo in cui lo aveva trattato, lui non si era arreso, lo aveva cercato e si era anche preoccupato di proteggerlo e scaldarlo con il proprio corpo.
Ne studiò il muso rilassato nel sonno, valutando che si trattava di poco più di un cucciolo, probabilmente il corrispettivo della propria età per gli essere umani.
Puntò gli occhi al cielo, ricacciando indietro le lacrime di felicità e commozione, mentre la speranza tornava a scorrergli nelle vene, rigenerandolo.
Realizzò che, probabilmente, era passata la mezzanotte e, quindi, si trattava del giorno del suo compleanno e sorrise.
Un sorriso di sincera gratitudine perché proprio in quel compleanno, che aveva pensato di dover trascorrere da solo e lontano da tutto, aveva ricevuto il regalo più bello.
Aveva trovato un nuovo amico che non lo avrebbe mai abbandonato.
E lui si sarebbe fatto perdonare e avrebbe ripagato la sua lealtà con un’amicizia indissolubile.
Eccome se lo avrebbe fatto!
Si girò completamente verso l’orso, affondando le mani e la guancia nel suo morbido pelo, stringendosi a lui e tornando a chiudere gli occhi.
Ora lo sapeva, non sarebbe stato solo mai più e fu con questa consapevolezza che si riaddormentò, con un sorriso sereno sul volto.  
 
  
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