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Autore: Chains_    06/10/2014    14 recensioni

N= {a, i, l, n} A= {a, i, l, n}
Allin guardò il pezzo di carta passatole dal suo compagno di banco e si accigliò, non capendo subito le sue intenzioni.
“A meno N...” Sussurrò Niall scrivendo l'operazione d'insiemistica.
“Uguale insieme vuoto.”
“I nostri nomi!” Esclamò sorpresa la ragazza.
“Sì, sono composti dalle stesse lettere.”
“E se uno viene sottratto all'altro...”
“L'altro si annulla.” Concluse Niall sorridendo.

Quando Allin ebbe la possibilità di frequentare il liceo di Mullingar, non avrebbe mai pensato che la sua vita sarebbe stata sconvolta dalla presenza di un ragazzo. Per sfortuna gitana, acrobata nel circo di famiglia, non avrebbe voluto né potuto innamorarsi di un irlandese. Eppure fu grazie a Niall che Allin iniziò a credere in un futuro in cui essere zingara sarebbe stato solo un ricordo. Ma il peggio doveva ancora venire. I due dovevano ancora esser separati.

"Sai cosa c'è, cugina? C'è che è sempre stato A-N, non N-A. Chi vieni sottratto a chi? Ora lui sta ad XFactor ed io qui, distante chissà quanto!"

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=t652GzFXWqc
La Fanfiction prende ispirazione dal vero.
[Personaggisecondari: LittleMix, 5Sos...]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Neither hell nor paradise.
 

 
Bene, nuovo capitolo andato in porto finalmente! Niente, oggi son di poche parole, vi prego solo di una cosa: non uccidetemi per il finale, okay? Buona lettura, spero vi piaccia! Per chiarimenti, anticipazioni, ci son le note a fine pagina, come sempre vi invito a lasciare una recensione. c:
 

 
"La vita va avanti, diventa così pesante."
-Dal diario di Allin

Dicembre
 
Gennaio
 
Febbraio
 
Marzo

 
“Fonti certe affermano di aver visto il cantante irlandese della boyband più in voga al momento in compagnia di una ragazza. Per le fans del Regno Unito e tutto il mondo è già partito il toto nome.”
Questo il titolo del giornale che Allin aveva trovato zuppo all’uscita dalla sede del corso e che ora teneva tra le mani. Era la quinta volta che lo rileggeva, senza trovare il coraggio di cercare l’articolo all’interno. Infondo, quella no, non era la prima volta che leggeva qualcosa simile su Niall, eppure non ci aveva mai rimuginato così. Aveva forse sbagliato? Liam le aveva consigliato di sbrigarsi, le aveva pure proposto di andare con lui... Rifiutarsi era stato un errore?
«E se ora si è rifatto una vita?» si domandò la bionda con il giornale stretto al petto, lasciandosi cadere sul pavimento freddo e stantio di quella soffitta che Tabatha aveva deciso di cederle «In cambio di abbracci» perché lei proprio non se ne stava facendo nulla. Facile capirla, considerandone lo stato. 
Cosa poteva difatti spingere una ragazza della sua età ad andare ad abitare in una singola stanza, in quelle condizioni poi? Preferiva abitare con la madre e i tre fratellini, considerando che i soldi per restaurare quel locale non li avevano. Tra i mobili accatastati alle pareti, il vecchio materasso matrimoniale che, con qualche molla in meno rispetto a quando era stato comprato, fungeva da letto e quei soprammobili della madre della madre di sua nonna - lampade, centrini, cornici- di certo quella soffitta non era delle più allegre. Per di più, le pareti una volta bianche con il passare degli anni erano diventate quasi grigie dallo sporco e macchie d'umidità, filtrata probabilmente dal tetto, non solo avevano creato incrostazioni dell'intonaco ma bagnato anche il pavimento in legno, che difatti era marcito in alcuni punti. Avevano dato una sistemata, Allin e Tabatha, ma loro malgrado si era rivelato piuttosto impossibile ottenere risultati soddisfacenti, senza tirar fuori neanche una moneta dal portafogli. Ad ogni modo, alla bionda non dispiaceva poi particolarmente quella sistemazione, non avendone altra. In più, amava passare il tempo rilassandosi sul cornicione di uno dei lucernari che affacciavano su strada. Proprio ora si trovava lì con le gambe a penzoloni avvolta in una spessa coperta di plaid, con il vento a sfogliarle il settimanale da sé. E subito raggiunse proprio l'articolo su Niall che, in compagnia di una ragazza, appariva infastidito allo scatto della fotocamera, mentre la teneva sottobraccio con premura. Allin sbarrò gli occhi, quindi bloccò la pagina prima di perderla, e scrutò attentamente la fotografia, affondandovi quasi il viso. Solo poi, quando si era tranquillizzata reputando la foto niente d'importante, vide l'altra. Lì Niall sorrideva, sorrideva dolcemente alla stessa ragazza, offrendole qualcosa da bere. La bionda chiuse gli occhi, cercò di prenderla con filosofia, ma dalla sua espressione crucciata sembrava che le avessero dato un pugno sullo stomaco, tanto che il giornale le scivolò dalle mani. Cullato dal soffio del vento, esso si posò sulla chioma di un albero. La ragazza neanche se ne accorse, impegnata com'era di lottare contro se stessa e il carattere paranoico che si ritrovava perché non sarebbe stato proprio il caso di implodere in un attacco di nervi. «Scommetto che adesso Niall ha proprio bisogno di me haha, lei è carina però :P» scrisse ridacchiando perché dai, si sentiva così ridicola. Con un falsissimo sorriso a curvarle le labbra screpolate dal freddo, selezionò “Liam Payne”, poi inviò.
«Niente che non mi aspettassi» borbottò tra sé e sé, rientrando per buttarsi di peso sul letto. Sventrata, solo per alcune fotografie.


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E, a solo qualche metro in linea d’aria da lei, fuori da un pub desolato nell’orario pomeridiano, Gonzalo passava nervosamente da un marciapiede all’altro, avanti e indietro, tutto pur di mantenere i nervi saldi mentre, con le braccia incrociate al petto e gli auricolari infilati nelle orecchie era intrattenuto piacevolmente in chiamata da Tacho. 
«Ascoltami, devi lasciar perdere Allin. Non la trovo io, non la trovano i tuoi, è passato tanto tempo ormai, che senso ha continuare a cercare a vuoto?» sbottò esausto l’uomo, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi. Quella situazione lo mandava ai matti. Vedere suo fratello in carcere, sapere delle nipoti in difficoltà, gravare su sua figlia -perché lui così iniziava a pensare Allin- costretta a prostituirsi per sfuggire non solo dal ragazzo, ma anche da lui, era lacerante. Un mix di dolore e delusione.
«Io voglio lei» si limitò a ribadire Tacho seccato.
«Allin non c'è, quel vecchio ti avrà mentito» insistette il circense, con le mani quasi tra i capelli dall’esasperazione. Proprio non riusciva a levarsi dai piedi quel ragazzino, al diavolo la voglia di assicurarsi denaro con il matrimonio combinato.
«Due dei miei uomini, prima di esser ritrovati morti a causa di una rissa fuori da un locale hanno detto di averla vista! Ho una foto!»
«Ma anche se fosse, cosa te ne frega adesso? L'orgoglio non é tutto nella vita, ne ho pagate le spese.» 
«Basta!» esplose infine il giovane zingaro, «verrò a cercarla io personalmente: mi sono stancato di questo, sono enormemente stufo!» gridò al microfono.
Gonzalo spalancò gli occhi, il cuore prese a martellargli nel petto. «Che cazzo hai intenzione di fare?» chiese sbigottito.  
L’unica risposta che ricevette fu il bip della segreteria. Tacho aveva infatti già chiuso la chiamata, pronto a pensare ad un'altra delle sue: doveva saperne di più.
 
 
#


Erano passate due ore dal messaggio e Liam ancora non le aveva risposto. Mentre preparava la borsa per andare al Magic, Allin credeva di impazzire. Non che lo desse a vedere, anzi, era diventata un’attrice eccezionale e migliorava, di malavoglia, giorno dopo giorno. Era frequente il pensiero che, in caso di bocciatura all’esame conclusivo del corso, avrebbe potuto senza problemi darsi alla recitazione. Quando mancava ormai al fine del corso e all’inizio del tirocinio? La bionda schiacciò sul tasto di blocco del cellulare e, non appena vide che si era fatta questione di pochi mesi, lo rimise subito nella tasca del borsone che aveva a tracolla, quasi si fosse scottata. In verità non aveva idea di come sarebbero andati gli esami, non riusciva a reputarsi pronta abbastanza per affrontarli, né per cominciare un tirocinio coi fiocchi. Si sentiva ancora così piccola, ma sapeva di accusare unicamente il non avere un appoggio a sorreggerla ed incoraggiarla, un padre, una madre. Al solo pensarci su, una lacrima minacciò di scorrerle lungo il viso e lei la fermò, con gesto indifferente della mano. Non aveva pianto poco prima, non avrebbe ceduto né adesso né a breve. Allora si specchiò alla malridotta specchiera vicino l’ingresso e poi uscì, con un sorriso a trentasei denti stampato sul viso perché «Cazzo: non mi si è neanche rovinato il trucco!».


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«Sei seria?» domandò Alex, il cellulare incastrato tra guancia e spalla, mentre puliva il piano bar sporcato da un adorabile cliente che, ubriaco a inizio serata, aveva trovato opportuno dar di stomaco proprio lì. 
«Sì. Ci sono le foto e ce n'è una in particolare così... Rido per non piangere» mormorò Allin in risposta, svoltando l'angolo per raggiungere l'entrata sul retro del Magic. Dovendo spostarsi a piedi, senza un mp3 con cui intrattenersi, ogni sera in cui era di turno chiamava Alex.
«Magari è solo un'amica, o una parente! Cazzo, te lo ha detto pure Liam, no?» rispose innervosito. Reagendo così si faceva solo del male e lui proprio non voleva questo. 
«Quattro mesi fa» precisò lei, «è giusto così, Al» ribadì.
Dall'altra parte della cornetta il ragazzo sbuffò, un po’ per il cattivo odore costretto a respirare, un po’ perché la testardaggine di Allin nel voler fare la tosta era decisamente infinita. «Quanto ci stai male per quelle foto?» 
«Non lo so.»
«Da uno a dieci?»
L’irlandese socchiuse gli occhi, scrocchiandosi il collo. «Dieci» ammise finalmente, scocciata. Resasi conto di essere largo anticipo per l'apertura del locale, si sedette già stanca sulle scalette dell'ingresso, poggiandosi con una guancia al borsone tenuto sulle gambe. 
Alex sorrise dolcemente al sentir la voce squillante di Allin farsi timida, poi lanciò un’occhiata al proprio orario di lavoro. Dentro sé, esultò: avrebbe fatto in tempo per andarla a prendere fuori dal Magic, quella sera. «Stanotte film e popcorn da me!» esclamò entusiasta l’istante dopo.
«Okay. Al, devo andare» tagliò corto la bionda. Aveva l’impressione che quel discorso su Niall sarebbe perdurato ancora ed era dell’idea che, come per gli scatti dei giornali, era inutile perderci tempo. Non voleva piagnucolarsi addosso.
 

#
 

«Questa serata non fa per me!» esclamò Ivy lottando con la cerniera dei pantaloni in pelle traslucida che, come le altre, avrebbe dovuto indossare per quella serata a tema. 
«Che poi, che cazzo di topic è "Shake your catty'?» Borbottò Iris, il labbro inferiore stretto tra i incisivi.
Scarlet, seduta sulla scrivania del trucco, roteò gli occhi. «Solite porcate di un night, non lamentatevi» sbuffò. «Siate persone adulte, professionali soprattutto» aggiunse fulminando le amiche.
«Ha ragione» convenne Allin fino ad allora taciturna, indossando una maschera sul volto, dotata addirittura di due grottesche orecchie a punta.
Tabatha entrò nel camerino. «Comunque, questo è il programma della serata» annunciò prendendo fiato, «alle ventidue apre il piano bar. Bionda, tu ed io serviremo ai tavoli. Iv, ti tocca la stanza degli specchi. Scar, Rì, a voi l'esibizione sul palco. A mezzanotte dobbiamo essere tutte lì, per, audite audite, il mitico streap tease!» disse con ironico entusiasmo, sospirando. 
Le altre, persino Scarlet,  la imitarono poi subito presero a truccarsi come meglio potevano, non c’era tempo da perdere. 
 

#
 

Come ogni sera, appena giunto l'orario d'apertura, il locale già traboccava di gente di ogni età, tipo, etnia. Da tempo ormai Allin non si faceva più domande sul perché fosse così, né prestava attenzione a chi si ritrovava davanti o tra le gambe. 
«Non serve a niente, se non a convincersi di scappare da qui» si ripeteva, «lusso che io non posso decisamente permettermi.»
Ragazze che ondeggiavano al ritmo di musica, le luci che già si facevano protagoniste della scena, la bionda era diventata impassibile anche davanti a tutto questo e, se prima si irritava a star lì tra la mischia, adesso parte di lei addirittura si divertiva. Servire ai tavoli la piaceva, sentire le chiacchiere degli altri, farsi un'idea sulle loro personalità riusciva a distrarla. Poi, con le giuste moine, non era raro che qualche cliente le offrisse una cospicua mancia o si prenotasse per seguirla su nelle camere. Tutto andava per il meglio quando la vista di un ragazzo biondo in compagnia di una mora la fece rabbrividire. Sapeva che non era Niall, lui lo avrebbe riconosciuto tra mille, ma le sembrava così strano, come se le foto uscite nel pomeriggio prendessero vita davanti a lei e basta questo a capirla. Infondo tutti noi quando siamo innamorati di qualcuno non è di certo una novità che qualunque cosa ci riporti proprio a quella persona che ci ha rubato il cuore. Così accadeva ad Allin che quella sera, pur di non restare impalata ad osservare la coppia e corrodersi l’anima si costrinse a bere una doppia dose dell'alcolico tanto familiare, lo stesso 'intruglio' -come lo chiamava Tabatha- che era in grado di farle perdere il senno se preso più di quanto consigliato, trasportandole i pensieri alla deriva, svuotandole la mente. E così si sentì, infatti, appena qualche minuto dopo. Libera, sollevata, ora che non riusciva quasi a reggersi in piedi. Le piaceva questa sensazione, in un certo senso la trovava terapeutica e non dispiaceva neanche ai frequentatori del club, bisogna dire. Toccarla, in ogni parte del suo corpo snello senza ricevere uno schiaffo era divertente. Si era fatta giusto mezzanotte, quando un uomo di mezza età le si avvicinò. Piuttosto basso, tozzo, non era di certo affascinante con quel suo modo rozzo di vestire e comportarsi e forse per questo era lì, al Magic, per godersi del sesso che di certo non poteva ottenere senza pagare. Dalla sua però, aveva un'appetitosa somma di denaro tra le mani callose e rovinate che ad Allin non sfuggì ovviamente alla vista. A fatica, la ragazza gli fece cenno di seguirlo, poi ondeggiando con i fianchi salì su alle camere e «'sti cazzi se fa schifo» si ripeteva ad ogni passo. 
«Siediti pure sul letto, ti prendo qualcosa da bere» le disse lui appena aprì la porta per il “paradiso”. Allin, colta alla sprovvista, annuì quasi in imbarazzo e si sistemò sul letto. Sempre accontentare il cliente, questa era la regola delle regole. Non immaginava cosa sarebbe successo da lì a poco, non pensava che qualcuno potesse decidersi a drogarla, pur di abusarne completamente. Era buona lei,  troppo per avere diciannove anni e proprio non riusciva a vedere il male, prima che questo l'attaccasse. Era semplicemente una bambina che, non avendo vissuto la propria infanzia, aveva deciso di non crescere, non fino in fondo. Sì, la sua terza abbondante di seno, i suoi fianchi stretti e quella camminata che sinuosa ammaliava chiunque la guardasse, non la rendevano una donna. Non che fosse un'immatura, era solamente un'ingenua e gli ingenui da che mondo e mondo sono quelli che soffrono di più. Quando l'uomo le offrì quel cocktail rosso fuoco, difatti, l'irlandese gli sorrise addirittura, bevendo tutto d'un sorso e brindando insieme alla propria bellezza che lei notava particolarmente ma che lui le ripeteva di trovare decisamente fuori dall'ordinario. Poi, nell'arco di cinque minuti, qualche chiacchiera in cui disse di chiamarsi Davon, la situazione cambiò. La pasticca di stupefacente disciolta nel bicchiere non riusciva quasi più a tenerla sveglia, annebiandole i sensi. Lì per lì Allin neanche capì, seppur andando in panico: lei che amava controllarsi pensava di essersi rovinata da sola. Solo Davon avrebbe potuto farla ricredere e, appena la vide roteare gli occhi da una parte all'altra, sghignazzò: la festa poteva pure incominciare. Con mano esperta, fece alzare la ragazza davanti a sé, le abbassò la zip dei pantaloni aderenti e prima che lei potesse voltarsi glieli abbassò, insieme al tanga in pizzo. Lussuria? Neanche. Di certo se l'Inferno Dantesco non fosse solo fantasia, alla morte gente come lui non ne occuperebbe il girone. Perché ciò che spingeva Davon era solo voglia animale di sentirsi proprietario di qualcuno, integralmente, a questo scopo la droga. Così, il momento successivo, già esplorava con indice e medio l'intimità della ragazza che, ad occhi chiusi, cercava di riprendersi da quello stato di demenza che le impediva anche di parlare. «Sei così eccitante, principessa» gemette l'uomo, muovendosi fuori e dentro lei, le dita bagnate dei suoi umori. «Principessa» biascicò Allin con voce spezzata da mormorii che non riusciva a controllare. La carne è debole, infondo. 
E lo era anche lei, sebbene le scocciasse ammetterlo e ci stesse lavorando. Era debole se qualcosa riguardava Niall e... 
Era febbraio del 2010 quando, durante la lezione di Fisica, il biondo l'aveva chiamata in quel modo per la prima di un'innumerevole serie di volte. «Principessa, ne vuoi un po'?» le aveva chiesto, porgendole da sotto il banco -se quella strega della prof lo avesse visto sarebbe stato nei guai- il proprio pacchetto di patatine, quelle che amava.
Ma il passato era passato e nel proprio presente Allin, in piedi sulle sue gracili gambe, combatteva contro i conati di vomito mentre Davon continuava ad indugiare sul suo corpo, risalendo lungo il ventre lasciato nudo dal top. Per propria sorpresa, in quel momento riuscì a voltarsi. Confusa, lo guardò negl'occhi e subito si ritrovò con la schiena contro le lenzuola di seta. Davon, sopra di lei, ghignò compiaciuto, poi con naturalezza provò a baciarla e sarebbe un eufemismo dire che non aveva idea del danno che avrebbe causato. Il tutto avvenne in un attimo: Allin sbarrò gli occhi appena la barba di lui le sfiorò il naso e con forza si spinse indietro, inarcando la schiena. Non riuscì a dosare la forza, avviluppata dalla droga non aveva nemmeno potuto rendersi conto che si trovava così vicina al bordo del materasso. 
Violentemente, la ragazza picchiò la testa contro uno dei pilastri in ferro battuto del baldacchino.
In un nonnulla sentì il corpo farsi pesante, come se un qualcosa vi gravasse sopra e la sua anima parve andare in blackout. Allora perse conoscenza, il mondo per lei si fermò d'improvviso. E cosa le passò per la testa, mentre lottava per aprire gli occhi, non saprebbe spiegarlo neanche lei eppure quando si ritrovò in una bianca stanza d'ospedale, con le luci a neon che fredde rischiavano d'accecarla, qualcosa era cambiato, nel profondo.


#

 
«Lin! Oddio, Irlanda!» esclamò Tabatha vedendola rinvenire. 
Al sentire l’amica, la bionda stropicciò gli occhi, stiracchiandosi. «Ahi» mugugnò quando sentì l'ago che le avevano infilato nelle vene per un prelievo. Qualcosa ricordava: il tentato bacio del cliente, il dolore lancinante percepito sulla nuca. «Sono... svenuta?» domandò perplessa, alzandosi sulla schiena. 
Con gli occhi perlustrò la stanza che, da senza contorni che era, senza profondità, si fece man mano più chiara. Sorrise, quando notò che con Tabatha era venuto anche Mike, ma soprattutto il suo Alex. «Piccola!» esclamò il barista, alzandosi dal divanetto blu elettrico in cui si era appisolato per andarle incontro. Attento a non smuoverla troppo, la strinse a sé, affondando il viso tra i suoi lunghissimi capelli dorati.
«Comunque sì, sei svenuta. L'uomo che stava con te è sceso giù, avvisato Nicholas...» le spiegò dopo svariati minuti in cui gli unici rumori erano stati lo scontrarsi dei loro respiri, il bip dei macchinari e il borbottare complice di Tabatha e Mike. 
«Si è arrabbiato?» chiese subito preoccupata. Si era forse giocata il posto?
Alex la guardò severo. Prendendola in giro, le fece credere che sì, era stata licenziata. E forse Allin non era la sola con una spiccata inclinazione per la recitazione perché abboccò appieno allo scherzo dell’amico. Solo quando lo guardò con le lacrime agli occhi, lui le diede un buffetto sulla testa, sbottando in una risata sollevata. «Un po’, ma è tutto apposto: abbiamo trovato un compromesso!» le rivelò tirandole una guancia tre indice e pollice, come si fa con i bambini, poi, appena lei tentò di parlare le tappò la bocca. «Da lunedì dovrai mettere del nastro adesivo nero sulle labbra, così da rendere erotico anche questo tuo blocco» spiegò entusiasta della propria idea e di come Nicholas l’avesse trovata geniale aggiungendo che, in caso di malattia di qualche ragazzo, lo avrebbe chiamato seduta stante. «Ma non capisco...» si accigliò l’irlandese. 
Alex la guardò confuso. «Non capisci cosa?» 
«Per quale motivo non dovrei lasciarmi baciare?» gli domandò in risposta l’amica.
Lui scattò sull’attenti. «Allin...» mormorò per non farsi sentire da Tabatha e Mike.
«Uh?» insistette lei, non capendo davvero dove fosse stato il problema nel farsi baciare.
L’inglese impallidì, sentendo il respiro farsi affannoso. «Niall...» balbettò nervosamente, il sopracciglio destro alzato, come ogni volta in cui c’era qualcosa che non andava. 
La bionda di riflesso lo imitò. «Chi?» chiese sconcertata. 
 

#
 

Quando Mr Lawer aveva chiamato, Niall non sospettava di ricevere buone notizie, dopo tante porte in faccia in pochi mesi.
«Abbiamo trovato una pista!» esordì elettrizzato il professionista, dopo i soliti convenevoli.
Il cantante, dacché era stravaccato sul divano di uno dei tour bus, scattò in piedi. «Cosa? Seriamente?» domandò mettendo il vivavoce affinché anche Zayn, appena entrato nell’abitacolo, potesse sentire.
Tutto eccitato, gli spiegò a gesti il motivo per cui Lawer l’aveva contattato.
«Ho ingaggiato alcuni volontari per andare in giro per Mullingar con una foto della ragazza che cerchiamo e qualcuno dice di averla vista verso metà Giugno al parco comunale!» spiegò tutto d’un fiato l’uomo.
«Zayn...» mormorò con tono quasi implorante Niall che sembrava aver perso capacità di parola.
Il moro gli sorrise, quindi gli sfilò l’iPhone dalle mani. «Altro?» chiese facendone le veci.
Il detective ridacchiò, fantasticando sulla possibile reazione del biondino. «I due senzatetto hanno detto di averla vista anche la mattina dopo. Loro erano all'entrata e lei ne é uscita. Se la ricordano perché gli ha offerto tre sandwiches ancora sigillati, gesto non da tutti» aggiunse.
«Nel parco c'é una casetta che abbiamo costruito io e mio fratello... Ci passavamo i pomeriggi lì, io e lei» disse Niall. Che fosse rimasta lì a dormire? Avrebbe giustificato molte cose, avrebbe confermato le sue speranze.
«Bisognerebbe andare lì e vedere se ha lasciato tracce» confermò Lawer, certo che ne avrebbero trovate.
Il biondo si illuminò. «Dopodomani ho un dayoff, penso che andrò a trovare...» mormorò fantasticando già, con il cuore che gli scalpitava contro la cassa toracica.  «La famiglia, ecco!» concluse ridacchiando colpevole, di un gusto mai sentito prima, così forte, così vero che Zayn rabbrividì. 
 

#
 

Quella mattina lo studio del dottor Finnick era in subbuglio: in poche ore Tacho e i suoi erano già arrivati. Se lo era aspettato, il medico, e aveva tanto, ma tanto sperato di sbagliare, invano. «Dimmi altro e andrà tutto bene, cuor di leone» lo aggredì lo zingaro, il volto coperto da un passamontagna per non farsi riconoscere. I suoi uomini, all’evidente scarno risero con cattiveria, accerchiando il mal capitato. 
«Io non... Non so nulla!» esclamò terrorizzato l’uomo. Ricordava alla perfezione come fosse fredda la lama del coltellino che aveva nuovamente in mano il ragazzo.
«Esilarante» commentò lui con apparente calma, girandogli intorno.
«E tu pensi davvero che io mi fidi?» tuonò. Gli occhi spalancati, la bocca stretta ad una fessura, le narici dilatate. Se avesse potuto sputar fuoco l’avrebbe fatto.
«Che una ragazza come lei non ti abbia fatto tenerezza tanto da chiederle qualcosa per metterla a suo agio?!» Insistette, alzando ancor di più il tono di voce, aumentando la presa sull’arma. 
«Ti ammazzo!» scattò e in un secondo gli strinse la gola tra le dita.
Finnick piagnucolò. Amava la vita, tanto quanto aveva paura di morire.
«Fotografia... Le sarebbe piaciuto studiare fotografia» mormorò sommessamente. Era un codardo, lo sapeva, eppure i sensi di colpa che avrebbe provato dopo non lo fermarono.
 

"Quando sei tanto innamorato, non puoi lasciarla andare."
-Dal diario di Niall
 
Spazio autrice

L'amnesia dissociativa sistemizzata viene scatenata da un mix di stress, dall'aver esagerato con alcol, esser sotto effetto della droga o esperienze traumatiche come l'abuso sessuale. Quindi sì, per Allin Niall non è mai esistito, adesso. Prima di andare avanti, vi porgo un quesito: cosa farà Alex? O meglio, cosa gli consiglieranno i medici? Su questo chiudo ufficialmente la bocca.
Passiamo a Niall... Chissà se qualcuna di voi ricorda se Allin ha lasciato o meno un segno della sua presenza, nella casetta del parco. Ad ogni modo, vi anticipo che lui tornerà lì!
Per finire, Tacho e Gonzalo. Il primo ha un nuovo indizio, quindi chissà, non ci sono molte scuole di fotografia a Londra, per quanto riguarda l'altro, invece, sta lentamente rassegnandosi all'idea di non essere all'altezza di difendere neanche "sua figlia"... Ma non è che ci sarà un'altra persona a salvarla?
Okay, dopo ciò, taccio allegramente AHAH! Bene, concludo dicendovi che non pensavo di ritrovarvi qui dopo molto tempo, ringraziando di cuore tutte quelle personcine adorabili che hanno recensito! Aggiungo che, onde evitare ritardi, conviene che io aggiorni ogni due settimane mandandovi uno spoiler nel weekend di mezzo. Almeno voi non rimarrete deluse, così come me stessa.
Bene, inoltre vorrei dire un GRAZIE ENORME a tutte le lettrici che mi hanno inserito tra le autrici preferite -siete novantaquattro, mica poche!- e a coloro che hanno inserito la storia tra preferite, ricordate e seguite. Anche qui, numeri esorbitanti! Vi sono riconoscente, credetemi.
Per qualunque cosa, vi lascio il mio nuovo account ask, ragazze, se volete aggredirmi, fate pure http://ask.fm/InChainss! <3
A presto,
Giorgia.

 
   
 
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