Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Pendincibacco    06/10/2014    6 recensioni
Questa storia contiene SPOILER per chi non è al passo con l'uscita del manga anche perché, credo, le sue premesse non sarebbero chiare a chi non ha letto fino all'ultimo capitolo uscito.
Naruto è disperato perché non sa come fermare Sasuke senza ucciderlo. D'un tratto, però, gli balena in mente un'idea rischiosa e decide di tentare il tutto e per tutto. Riuscirà a fermare Sasuke e a far si che si liberi dell'odio che lo accompagna da una vita intera?
"L’aveva cercato così disperatamente per tanto tempo ed eccolo lì, di fronte a lui. Naruto non si era mai reso pienamente conto di quanto l’avesse voluto, di quanto la sua mancanza fosse una voragine nera ed affamata nel proprio cuore. Sasuke, pensò, era così incredibilmente bello che forse, se fosse davvero riuscito a farlo ritornare a Konoha, avrebbero dovuto chiuderlo in una teca di vetro come una farfalla trattenuta da spilli: ammirato, desiderato e impossibilitato a volare via."
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note dell'Autrice: Salve a tutti! Si, so che ho un'altra storia iniziata di cui devo ancora pubblicare l'ultimo capitolo, però questa roba mi è tipo uscita dalle mani in questi ultimi giorni dopo aver letto l'ultimo capitolo del manga. Mi sono fatta una mia idea di dove Kishimoto potrebbe voler andare a parare, e non mi piace. Quindi ho scritto questa storia che, fondamentalmente, è un mio finale alternativo per la sua storia. In ogni caso il finale ufficiale lo conosceremo presto, dato che è giunto in questi giorni l'annuncio che il manga di Naruto terminerà il 10 Novembre di quest'anno. So già che mi verrà da piangere.
Vi lascio alla storia: è deprimente, triste e strappalacrime in modo quasi imbarazzante, ma spero che non faccia completamente schifo. Come al solito fatemi sapere cosa ne pensate e segnalatemi, se avete tempo e voglia, eventuali errori grammaticali e di battitura. A presto!




Sette Battiti


 
 
Naruto era stanco.
Si sentiva stanco mentre accumulava il chakra nella sua mano destra. Si sentiva stanco mentre si lanciava in avanti puntando un Rasengan di media potenza contro il suo nemico, e si sentiva stanco anche quando il suo colpo, come decine di colpi precedenti, non andava a segno. Quando, poi, si esibiva in elaborate acrobazie per schivare i colpi di quello che avrebbe dovuto essere il suo migliore amico e, per un attimo, si trovava a pochi centimetri di distanza dai suoi occhi, allora si sentiva mortalmente stanco.
Aveva pensato che una volta sconfitto il nemico la guerra sarebbe finita, che il mondo sarebbe stato finalmente salvo e che tutti, alla fine, sarebbero potuti tornare a casa.
Aveva sperato davvero che le cose sarebbero ritornate ad essere come prima, come avrebbero sempre dovuto essere: tutti loro, a Konoha, insieme.
Naruto, in cuor suo, sapeva bene di essere stato uno sciocco illuso: dopotutto, negli ultimi anni, ne aveva passate davvero tante, aveva rischiato la pelle decine di volte e aveva visto il peggio del peggio nelle persone. Lui sapeva che non sarebbe stato tutto così facile. Eppure, nonostante tutto, non era mai riuscito ad abbandonare quella che era stata la sua principale compagna fin dalla prima infanzia, la sensazione che gli aveva sempre impedito di arrendersi: la speranza.
E, dunque, Naruto aveva sperato: ingenuamente, stupidamente forse, ma l’aveva fatto.
Tuttavia in quel momento, mentre rimbalzava tra le rocce nel bel mezzo di un combattimento mortale, cominciava a pensare che, forse, per la prima volta nella sua patetica vita la speranza l’avrebbe davvero abbandonato.
 
Ormai gli era quasi dannatamente chiaro: Sasuke non sarebbe mai ritornato quello di un tempo.
“Ma poi, Sasuke è davvero mai stato diverso da così?” si chiese stancamente mentre evitava l’ennesimo colpo. Ormai non riusciva quasi più a ricordare quei tempi in cui il suo migliore amico era stato un bambino come tutti gli altri. Altezzoso e un po’ distante, forse, ma normale.
Il colpo di Sasuke mancò il bersaglio e finì, quindi, per colpire in pieno e distruggere l’enorme orecchio di pietra di Hashirama Senjou.
“Ben gli sta” pensò Naruto. Del resto, se quel testone avesse dato più retta al suo migliore amico e si fosse impegnato un po’ di più nei suoi confronti, forse buona parte di ciò che era successo non sarebbe mai accaduto. Forse Danzo non avrebbe mai ordinato lo sterminio degli Uchiha, forse la famiglia di Sasuke sarebbe stata ancora viva, forse lui sarebbe stato felice. Forse, forse, forse … forse i ninja, semplicemente, non sarebbero mai dovuti esistere. I poteri che Kaguya aveva acquisito, ovvero l’essenza stessa del chakra, in fin dei conti non avevano portato altro che morte e distruzione. Tuttavia, rifletté Naruto, forse gli esseri umani si sarebbero fatti la guerra comunque, con o senza arti ninja. Forse la violenza era intrinseca nella loro natura.
Naruto interruppe bruscamente il corso dei suoi pensieri.
“No.” si disse. Se avesse cominciato a pensarla in quel modo non avrebbe fatto altro che dare credito alle folli idee di Pain…e di Sasuke.
Il mondo poteva essere salvato, la pace poteva davvero essere raggiunta, se lo si fosse voluto abbastanza. Per il mondo c’era speranza … ma forse non per Sasuke, non per lui. Naruto poteva vederla, nei suoi occhi, anche in quel momento: la follia. Oltre lo Sharingan e il Rinnegan, vedeva luccicare l’odio cieco e il furore insensato che, inesorabilmente, avevano portato Sasuke verso la pazzia fin da quando aveva sei anni. Sasuke aveva perso troppo, troppo in fretta e troppo presto, o forse troppo tardi, perché potesse riuscire ad accettarlo e a costruirsi una vita. Gli era rimasto solo l’odio e solo d’odio si era nutrito.
Naruto si rammaricò ancora una volta di non essersi reso conto prima di quanto fosse profonda la sua sofferenza; ma probabilmente, ragionò, sarebbe comunque stato troppo tardi: l’odio è una fuoco freddo che non riscalda ma che, quando ti invade, ti consuma fino a non lasciare nulla di te. E ormai, del vero Sasuke, non c’era praticamente più nulla: solo brace ardente.
 
Si chiese ancora una volta come avrebbe fatto ad uscire da quella situazione e, ancora una volta, giunse alla conclusione che ormai c’era un solo modo perché le cose andassero per il verso giusto: Sasuke doveva morire.
Ormai era fuori controllo e non c’era evidentemente modo di convincerlo a fermarsi; non che lui non ci avesse provato: prima, quando si fronteggiavano sulla sommità delle due grandi statue, aveva tentato di farlo ragionare e poi, all’inizio del combattimento, aveva continuato a provare gridando, ordinando, supplicando … ma niente. Sasuke era come un muro assolutamente liscio, nessuna crepa, nessun’appiglio. Si sarebbe fermato solo se qualcuno l’avesse ucciso, Naruto l’aveva capito, tuttavia non credeva che sarebbe mai riuscito a racimolare il coraggio di farlo.
Naruto era uno che salvava, non uno che uccideva. Detestava la morte, la sofferenza e la coercizione e concepiva la violenza del mondo ninja solo come legittima difesa contro i cattivi.
Ma cosa fare quando, nella tua mente, buoni e cattivi coincidono?
Si sentiva bloccato, era in un impasse. Se avesse ucciso Sasuke il mondo sarebbe stato salvo … ma lui, beh, lui si sarebbe sentito dannato per sempre. D’altra parte, se non avesse fermato Sasuke il suo sogno di un mondo di pace si sarebbe infranto, la gente avrebbe vissuto nel terrore e, prima o poi, sarebbe arrivata di nuovo la guerra, altro sangue, altra morte.
Naruto non poteva sopportare nessuna delle due ipotesi, le rifiutava, così continuava a combattere come per inerzia da quelle che gli sembravano ore, tentando di rimandare il momento in cui avrebbe dovuto compiere la sua scelta o, chissà, aspettando un aiuto dall’alto, un aiuto che in realtà sapeva bene non sarebbe mai arrivato.
Naruto era davvero, davvero stanco.
 
Riuscì a colpire Sasuke ad in fianco, solo di striscio; lo vide voltarsi a fissarlo con rabbia, gli occhi sgranati e la bocca distorta in un ghigno orribile: una smorfia che prometteva solo dolore e sofferenza. Quanto tempo era passato da quando le espressioni che Sasuke gli rivolgeva contenevano solo sfida, senso di superiorità e, qualche volta, cameratismo? Almeno quattro anni, forse cinque. Naruto all’epoca, nonostante gli sforzi della sua nemesi, sapeva bene che Sasuke in realtà gli era affezionato, a suo modo: non ci si può scontrare con così tanta violenza e passione se non ci si interessa l’uno dell’altro, ne era assolutamente convinto. E, del resto, Sasuke l’aveva ammesso almeno in due o tre occasioni: lo considerava il suo unico vero amico, il suo legame residuo.
Naruto era certo, perché lo sentiva dentro di se con certezza assoluta, che Sasuke persino in quel frangente, persino mentre si adoperava con tutte le sue forze per mandarlo all’altro mondo, lo considerava ancora un amico. Sapeva che Sasuke, nonostante il suo modo assurdo e contorto di vedere le cose, gli voleva bene; e questa constatazione gli creava una forte sensazione come di groppo in gola e gli faceva venire una voglia di piangere tale che riusciva a scacciarla solo mordendosi l’interno della guancia.
“Tu mi vuoi bene, cretino, io lo so! Cavolo, perché non ti fermi? Sasuke fermati, per favore! Tu ci tieni a me, lo sento, me l’hai praticamente detto! Ma allora perché tutto questo, perché?”
Naruto indugiava, febbrile, su tali pensieri, sperando che se li avesse pensati abbastanza intensamente sarebbero giunti a Sasuke; tuttavia lui procedeva imperterrito, metodico, un colpo micidiale dietro all’altro. Bam. Bam. Bam. A Naruto sembrava quasi di seguire un ritmo di danza che stava solo nelle loro teste e si chiese quanto sarebbe stato buffo da uno a dieci ballare davvero con il suo amico: probabilmente la cosa finiva fuori scala; ma d’altro canto si erano già baciati, in passato, quindi cosa diamine sarebbe stato mai un ballo? Sospirò piano, amareggiato.
“Sasuke, se mi vuoi bene ti devi fermare, altrimenti poi sarà troppo tardi …” pensò.
 
E, di colpo, la soluzione a tutto apparve nella sua mente, chiara e luminosa come le lanterne appese agli stipiti delle porte dei ristoranti di Konoha. Era azzardata, le probabilità di successo erano minime e, se avesse fallito, per il mondo sarebbe stata la fine. Eppure, Naruto decise che l’avrebbe messa in pratica, in parte perché era l’unica possibilità che gli fosse venuta in mente da ore ma, soprattutto, in parte anche perché si basava sulla speranza. Quella fiammella di speranza che fino ad un momento prima credeva estinta per sempre ma che, in realtà, nel suo cuore sarebbe sempre bruciata finché fosse rimasto in vita e, forse, persino dopo la morte.
Sentendosi sollevato all’idea di aver trovato una soluzione quantomeno plausibile, almeno secondo i suoi standard, Naruto sorrise. Sasuke si blocco di colpo a metà di uno scatto, atterrando delicatamente sul pelo dell’acqua a parecchi metri di distanza con un’espressione piuttosto contrariata dipinta sul viso.
- Che diavolo hai da ridere, Naruto? Sto per toglierti di mezzo, ti sembra forse un momento ilare? – sbraitò, evidentemente infastidito. Il sorriso di Naruto si allargò ancora di più e lui si posò a sua volta sulla superficie cristallina del fiume, con il cuore che batteva all’impazzata per via della furia della battaglia.
- Rido di te, Sas’ke. Tutta questa situazione, i tuoi ragionamenti, e persino i tuoi vestiti sono talmente assurdi e illogici che mi scappa da ridere. – esclamò, provocandolo. Gli occhi di Sasuke si fecero così foschi e gelidi che Naruto pensò che avrebbero potuto far nevicare nel deserto.
“Beh, quantomeno riusciremmo a stupire Gaara …” ragionò.
- Se è così che la pensi, credo che ti accelererò il trapasso, così ti risparmierò altre situazioni assurde e riposerai in pace. –
- Provaci, se credi di potercela fare; ma sappi che non ti lascerò mai mettere in atto la tua rivoluzione. Io ti salverò, Sas’ke, l’ho promesso. –
- Lo vedremo Naruto. Vedremo chi dei due l’avrà vinta. –
Detto questo, Sasuke cominciò ad addensare il suo chakra nel braccio destro, dando forma ad un Chidori di potenza tale che Naruto sentì brividi da elettricità statica corrergli lungo tutto il corpo, così preparò a sua volta il proprio colpo. Quello sarebbe stato l’ultimo attacco, lo sapeva, era proprio come era stato anni prima quando erano solo due ragazzini spaventati.
Naruto e Sasuke, Rasengan e Chidori, alla Valle dell’Epilogo … un’ultima volta.
Entrambi presero un respiro e si lanciarono l’uno contro l’altro, sfolgoranti di energia. Naruto pensò che tutto sembrava andare al rallentatore: tutto appariva limpido come non mai. Ebbe modo di concentrarsi sui sette miseri battiti che riuscì a spremere al proprio cuore prima che lui e Sasuke si trovassero a portata di tiro.
 
Un battito.
 
Avrebbe salvato il mondo, i cinque grandi Villaggi Ninja sarebbero rimasti alleati, la pace sarebbe davvero arrivata.
 
Due battiti.

La gente del villaggio avrebbe potuto continuare a vivere serena, sarebbe stata fiera di lui e, chissà, forse gli avrebbero addirittura dedicato una festa. Naruto sperò che a quella festa avrebbero servito ramen gratis per tutti.
 
Tre battiti
 
Pensò alle persone a cui teneva; avrebbe costruito un mondo migliore per loro, perché potessero ritrovare la spensieratezza perduta: Tsunade avrebbe sbraitato di nuovo contro tutti salvo poi sorridere sotto ai baffi, Killer Bee avrebbe rappato peggio di prima, Hinata avrebbe ritrovato il suo sorriso timido, Kiba avrebbe preso in giro tutti come al solito e Shino si sarebbe preso cura dei suoi insetti, il team Ino-Shika-Cho sarebbe stato più unito che mai, Gai e Rock Lee avrebbero ripreso i loro assurdi allenamenti, Sai avrebbe potuto ricominciare a dipingere solo per passione e avrebbe re-imparato ad emozionarsi, Gaara avrebbe ricominciato a godere dell’affetto che tanto meritava e sarebbe stato un ottimo Kazekage. Naruto era molto fiero dei suoi amici e di quello che erano diventati, non sarebbero più stati bimbi sperduti in cerca del loro posto nel mondo: lui gli avrebbe donato un mondo in cui ogni posto sarebbe stato adatto a ciascuno di loro.
 
Quattro battiti.
 
Mentre Sasuke si avvicinava sempre di più, i pensieri di Naruto corsero a tutti coloro che si erano sacrificati in nome di un conflitto sciocco deciso molto prima della loro nascita: le persone che avevano appena perso la vita in guerra, Nagato che aveva distrutto la propria vita nel tentativo di creare un mondo migliore, il maestro Jiraiya a cui non aveva neppure potuto dire addio, Itachi che aveva riposto in lui le sue speranze per il futuro del fratello e si era sacrificato in nome della pace, il maestro Asuma che non avrebbe visto crescere il proprio bambino, i suoi genitori che avevano perso tutto per proteggere Konoha, Obito impazzito di dolore per la perdita della persona che amava di più al mondo … e persino Madara. Naruto ce l’avrebbe fatta anche per loro, in loro memoria, perché tutti quei sacrifici non fossero valsi a nulla.
 
Cinque battiti.
 
Il maestro Kakashi sarebbe stato orgoglioso di lui, ne era certo; Naruto sapeva che ormai li considerava un po’ come dei figli o dei fratellini. Pensò che sarebbe stato felice di riavere finalmente Sasuke a casa, si era sempre sentito un po’ più in sintonia con lui, del resto … anche se non sarebbe stato felice quanto Sakura. Naruto, con gli occhi della mente, poteva quasi vedere la sua espressione: luminosa, gli occhi verdi lucidi di felicità e le labbra curve in un sorriso raggiante. Quegli anni passati a cercare, struggersi e disperarsi sarebbero valsi la pena anche solo per dipingere quell’espressione sul viso della sua migliore amica: sarebbero stati di nuovo una squadra formidabile.
 
Sei battiti.
 
Un attimo prima di entrare in collisione con l’altro, Naruto concentrò la sua attenzione su Sasuke: i capelli neri spettinati dalle correnti d’aria, l’ovale pallido del viso, gli zigomi pronunciati, gli occhi scuri come la notte colmi di dolore. L’aveva cercato così disperatamente per tanto tempo ed eccolo lì, di fronte a lui. Naruto non si era mai reso pienamente conto di quanto l’avesse voluto, di quanto la sua mancanza fosse una voragine nera ed affamata nel proprio cuore. Sasuke, pensò, era così incredibilmente bello che forse, se fosse davvero riuscito a farlo ritornare a Konoha, avrebbero dovuto chiuderlo in una teca di vetro come una farfalla trattenuta da spilli: ammirato, desiderato e impossibilitato a volare via. Ma Naruto sapeva che, in realtà, buona parte del fascino di Sasuke derivava dalla sua fiera libertà, dalla sua capacità di scivolare tra le dita leggero e impalpabile come il fumo: non sarebbe stato se stesso, altrimenti. Eppure, nonostante la sua inafferrabilità, forse e soltanto forse stava per riuscire davvero a riportarlo a casa; e il cuore di Naruto si strinse di fronte a questa possibilità.
“Tornerai a casa Sas’ke. Ti salverò, come avevo promesso. Io ti salverò.” Pensò, con un misto di speranza e disperazione. Poi lasciò che il chakra nella sua mano si disperdesse e, sorridendo, fisso i suoi occhi in quelli dell’amico. “Sasuke, Sasuke, Sasuke …”
Naruto era incredibilmente stanco.
 
Sette battiti.
 
BAM.
 
 
 
Il crepitio del Chidori si spense lentamente e l’unico suono rimasto era quello di un lento ed umido gocciolare. Quando il bagliore del suo chakra si smorzò, Sasuke batté le palpebre un paio di volte con circospezione, cercando di mettere a fuoco lo sguardo. Poi, sgranò gli occhi: Naruto stava di fronte a lui, con il petto squarciato esattamente al centro, la mano di Sasuke ancora incastrata nella ferita. Tossì una paio di volte e Sasuke si rese conto che tutto quel gocciolare insistente non era altro che il suo sangue che cadeva dallo squarcio e andava a perdersi nell’acqua del fiume. Naruto fissò gli occhi nei suoi con un’espressione di leggero rammarico.
- Allora, Sas’ke … era davvero questo che volevi? – chiese con voce sottile, acuta. Poi, con la poca forza che riuscì a racimolare, afferrò la mano di Sasuke e la estrasse con forza dal proprio petto, facendo schizzare il sangue che finì per macchiare anche gli orrendi abiti di Sasuke. Rimase lì per qualche momento, tenendo la mano della sua nemesi tra le sue viscide di sangue scarlatto. Il suo amico lo guardava con occhi colmi di terrore e, forse, disperazione. “Bene” si disse Naruto.
- Ora che ti ho accontentato … spero che sarai finalmente felice … - asserì tossendo di quando in quando. Le ginocchia gli cedettero all’improvviso e cadde in avanti; i piedi incapaci di gestire il chakra lo fecero sprofondare a metà nel fiume prima che Sasuke riuscisse a riscuotersi dal torpore in cui sembrava essere caduto e lo afferrasse per le spalle. Naruto si sentiva confuso, la vista gli si sfocava continuamente, probabilmente era lo shock dovuto al colpo subito.
 
 
Quando la mente gli si schiarì leggermente si rese conto di essere disteso sulla riva del fiume e un breve sguardo al circondario bastò per fargli identificare Sasuke, inginocchiato di fianco a lui, che lo fissava con uno sguardo decisamente incazzato.
- Perché l’hai fatto? – esclamò.
- Fatto cosa? -
- Ti sei fatto colpire apposta, credevi che non me ne sarei accorto, razza ci cretino? Perché hai fatto una cosa così idiota? – Sasuke sembrava davvero incavolato e Naruto non poté che sorridere della cosa.
- Tu vuoi che io muoia Sas’ke … che differenza fa il modo in cui lo faccio? -
- C’è differenza! Non è stato uno scontro alla pari, non ti sei difeso, stupido! -
- Cosa cambia? Volevi colpirmi, cosa importa con quali mezzi ottieni i tuoi scopi? Hai detto che non ti interessava. Per te il fine ha sempre giustificato i mezzi … perché stavolta dovrebbe essere diverso? -
- Non è così che doveva andare. Rimettiti in piedi, ricominciamo. – disse con tono deciso e perentorio. Naruto lo guardò, perplesso.
- Sas’ke, non posso alzarmi. -
Il ragazzo gli rivolse un’occhiata infastidita. - Ti do il tempo di rimetterti in sesto, non voglio battermi con una mezza sega. -
- Non mi rimetterò in sesto, non posso. Ascoltami … - cominciò, ma l’amico lo interruppe bruscamente. - Tu ora ti farai curare da quella starmaledetta volpe o lo fai tu con i poteri dell’Eremita dei Sei Sentieri, poi noi ricominceremo a combattere, sono stato chiaro? – quasi gridò.
- Non ho più chakra, mi hai colpito al centro nevralgico del sistema che lo produce, hai presente? Sakura me l’ha spiegato anni fa … - “L’ho fatto apposta” avrebbe voluto aggiungere, ma si trattenne. Sasuke sbuffò, incredulo, ma Naruto vide nei suoi occhi un primo accenno di panico.
- Non farmi ridere, con i poteri dell’eremita è impossibile che tu non possa guarire! – dichiarò.
- Combatto da giorni, sono quasi morto per l’estrazione di Kurama e il tuo colpo mi ha bloccato il chakra. E sono stanco, Sas’ke. -
- Tu non puoi … - iniziò, ma Naruto sospirò profondamente e lo interruppe con tono gelido
- Sasuke, basta. E’ finita. Il massimo che riesco a fare, al momento, è rallentare l’uscita del sangue … ma sto solo rimandando la cosa, morirò tra una manciata di minuti. - concluse.
Sasuke rimase zitto, immobile come una statua di sale, a fissare lo squarcio che l’amico aveva sul petto e la felpa intrisa di sangue. Poi si tolse con gesti rabbiosi la casacca azzurra, la appallottolò e cominciò e premerla sulla ferita.
- Ahia! Sas’ke, non che io non apprezzi il gesto, ma così mi fai solo male, ho tutte le ossa rotte, ormai è inutile … -
- Sta zitto. -
- Senti, davvero, lascia stare! -
- STA ZITTO! – gridò lui a pieni polmoni. Naruto lo guardò: Sasuke stava ansimando a denti stretti e sembrava sull’orlo di una crisi di nervi in grande stile e lui provò un’immensa pietà nei suoi confronti. Prese un respiro tremante e decise di non demordere.
 
- Sasuke, sto morendo. Non ci siamo visti per anni, ti pregherei di lasciarmi parlare con te almeno per gli ultimi momenti che mi rimangono. Per favore. – supplicò. L’altro lo guardò in viso per la prima volta, poi chiuse gli occhi per qualche momento aggrottando le sopracciglia e annuì leggermente.
- Ok, puoi parlare. Ma non morirai. Non ti permetterò di morire. –
Naruto gli sorrise, nonostante si sentisse sempre più debole, e con uno sforzo immane riuscì a muovere una mano e a posarsela sul petto, sopra a quella fredda di Sasuke che stringeva la stoffa ormai zuppa.
- Vedo che adesso l’hai capito, vuol dire che non morirò invano. Sono contento. – mormorò.
- Capito cosa? – domandò Sasuke con voce rotta, fissando la mano che Naruto aveva posato sulle sue. Le loro mai erano così simili: graffiate, bianche di cicatrici, con le unghie spezzate e incrostate di sangue.
- Che bisogna stare molto attenti ai desideri che si esprimono, perché potrebbero finire con l’avverarsi. Tu non mi hai mai voluto uccidere davvero, Sasuke. Ma sei così testardo che questo è stato l’unico modo in cui sei riuscito a capirlo. Sei così cieco … ma non ti accorgi che ormai l’unico a rovinare la tua vita sei tu stesso? A quest’ora avremmo potuto essere a casa a farci un bagno o una dormita, consapevoli che tutto fosse finalmente finito … e invece siamo qui, solo per la tua testardaggine, e … - Naruto si interruppe nel sentire qualcosa cadergli sulla faccia e alzò lo sguardo: Sasuke piangeva. Aveva sul viso un’espressione perplessa, gli occhi sgranati e le labbra leggermente dischiuse, e le lacrime gli colavano impietose dagli occhi senza che potesse fare nulla per fermarle.
- Ti direi di non piangere ma … no, mi fa terribilmente piacere che tu pianga per me e credo sia un buon segno. Piangi pure Sas’ke. – mormorò.
 
Sasuke non voleva piangere, lui non piangeva mai, ma gli sembrava che qualcuno avesse demolito a mazzate le sue barriere interiori e che le lacrime ne fossero una diretta conseguenza. “Maledetto Naruto” pensò, ma del resto non si sarebbe dovuto stupire: lui era l’unico che era sempre riuscito a toccarlo dentro. Naruto tossì per qualche momento, poi ricominciò a parlare.
- Sasuke, voglio che tu sappia che non ce l’ho con te. Ti ho perdonato già da tempo per tutto e non sarai responsabile della mia morte; l’ho voluto io, te lo assicuro. Avrei preferito che le cose andassero in un altro modo, ma non è stato possibile e ho avuto il tempo di farmene una ragione. Certo, tecnicamente questa situazione è una conseguenza delle tue scelte, ma so che non era il vero te ad agire, erano l’odio e la disperazione a parlare. Il vero te lo sto vedendo adesso per la prima volta dopo più di quattro anni … - concluse, osservando le lacrime continuare a scendere sul viso del suo migliore amico. Tentò di sollevare il braccio verso il suo volto ma ormai era troppo debole e la mano ricadde pesantemente su quella dell’altro dopo essersi alzata di pochi centimetri. Naruto fece una smorfia di disappunto e sbuffò.
- Vorrei accarezzarti le guance per toglierti le lacrime dal viso, ma a quanto pare le braccia non collaborano già più. Mi dispiace, Sas’ke. – La sua voce era sottile, il suo tono amaro, gli occhi troppo pieni di disperato affetto incondizionato.
Sasuke crollò.
 
Posò la fronte sulla mano di Naruto e cominciò a singhiozzare, emettendo brevi lamenti spezzati che fecero incrinare il cuore all’amico. Tra i gemiti mormorò qualcosa che Naruto non riuscì a sentire bene.
- Cos’hai detto Sas’ke? – chiese debolmente e l’amico, sollevando impercettibilmente il viso dal suo petto, ripeté: - Non puoi morire … -
Naruto poteva morire, eccome se poteva. Ormai la sua vista era irrimediabilmente appannata, non poteva muovere un muscolo e gli sembrava che la voce di Sasuke gli giungesse da molto lontano. Perfino parlare era faticoso, ma si costrinse a continuare a farlo, per Sasuke: si sarebbe goduto ogni minuto con lui, fino alla fine.
- Oh Sasuke, quando mai ti ho dato retta su quello che potevo o non potevo fare? Posso morire, come chiunque altro, e tra poco lo farò. Ma prima voglio che tu mi prometta una cosa. Pensi di poter ascoltare la mia richiesta? - Sasuke emise un lamento che lui prese come un assenso, dunque riprese - Basta guerra. Basta battaglie. La rivoluzione è già avvenuta, l’abbiamo fatta noi, insieme. Nessuno ha bisogno di una dittatura del terrore, soprattutto tu. Lo capisci adesso, no? La morte porta solo altra sofferenza, non la pace. Se tu mettessi in atto il tuo piano quante persone si sentirebbero come ti senti tu ora? Il tuo ragionamento non ha senso Sasuke, non ne ha mai avuto, come non ne aveva quello di Nagato. Mi spiace che tu non l’abbia conosciuto, ti avrebbe spiegato così tante cose. Promettimi che tornerai a Konoha, che abbandonerai la vendetta, che vivrai anche per me e che farai di tutto per essere felice. Promettimi che ti batterai sempre per la libertà, e per la vera pace. E, Sas’ke … promettimi che non ti dimenticherai mai di me. -
Sasuke singhiozzava senza tregua, ma riuscì a calmarsi abbastanza per mormorare: - Lo prometto. -
 
Naruto tossì e un suono gorgogliante uscì dalla sua gola; un rivolo di sangue cominciò a colare dal lato della sua bocca, in contrasto con le labbra sempre più pallide.
- Beh, che dire, il mio piano ha funzionato! - disse cercando di apparire sereno. Sasuke girò il viso e puntò gli occhi nei suoi, incredulo e disperato.
- L’hai fatto solo per convincermi a cambiare idea? -
- Certo. -
- Come sapevi che avrebbe funzionato? Per quel che ne sapevi avrebbe potuto anche non fregarmene più nulla di te, persino io credevo non mi importasse … come diavolo potevi saperlo?? - esclamò in modo rabbioso. Naruto ricambiò il suo sguardo.
- Non lo sapevo … ma avevo la speranza che fosse così. Ho sempre saputo che avevamo un legame, un legame abbastanza forte da superare il tuo odio. Ho creduto in te, nonostante tutto … e ho fatto bene. Ti ho salvato. - sussurrò. Sasuke riprese a singhiozzare, sbattendo la fronte ritmicamente contro la mano sempre più fredda di Naruto, continuando a ripetere - Idiota, idiota, idiota … - come fosse una cantilena. All’amico era venuta voglia di piangere, ma si trattenne, continuando invece a parlare.
- Lo so, lo so, sono un idiota … ma, Sas’ke, posso chiederti un ultimo favore? Potresti spostarti e posare la mia testa sulle tue ginocchia? Lo so, sarà imbarazzante, però non riesco più ad inclinare la testa e da questa posizione non ti vedo bene in viso … ti spiace? - domandò.
 
Ormai era questione di poco.
Sasuke non disse nulla, si tirò su e, dopo essersi asciugato in qualche modo le lacrime, fece quanto gli era stato richiesto. Naruto sospirò: le gambe di Sasuke gli sembravano tremendamente calde.
- Grazie. -
- Di … di niente. - Era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui Sasuke aveva cercato di essere gentile con qualcuno, eppure in quel frangente non si sentiva a disagio, gli veniva naturale. Se qualcuno aveva mai meritato la sua gentilezza, ora se ne rendeva conto, quello era Naruto. L’eroe di Konoha chiuse gli occhi piano e Sasuke si spaventò.
 - Naruto? -
- Sasuke, prenditi cura di Sakura. Lei forse non capirà all’inizio, ma con il tempo se ne farà una ragione. Ti è molto affezionata, non trattarla sempre male. Stai vicino anche al maestro Kakashi: credo che gli mancherò molto. E abbi cura di tutti, al villaggio, come avrei fatto io, ok? – chiese in un sussurro fievole.
- Ok. – promise.
- E non piangermi troppo ok? Un po’ si, ma non troppo … tanto ci rivedremo Sasuke. Io starò sempre ad aspettarti. – aggiunse piano, come se parlare gli fosse quasi impossibile. Poi prese un respiro, leggero e graffiante, e sorrise ancora una volta.
- Sas’ke, ti voglio bene. – affermò con un filo di voce, quasi impercettibile.
Sasuke si sentì morire.
- A-anche io. – rispose.
Ma Naruto, probabilmente, non l’aveva sentito.
Sasuke lo chiamò qualche volta, gli toccò piano il viso e i capelli, pianse ancora.
Poi non gli rimase altro che gridare.
 
 
 
A molti chilometri di distanza, al centro di una pianura distrutta da mille battaglie, l’Eremita delle Sei Vie si volse verso Kakashi, il quale stringeva tra le braccia Sakura, rinvenuta da poco. L’anziano li aveva informati su dove i due ragazzi si erano diretti e loro aspettavano con ansia notizie, consci del fatto di non poter fare più nulla. Sakura era stata terribilmente agitata fin dal suo risveglio e Kakashi, in tutta sincerità, non sapeva come darle torto: anche lui aveva un brutto presentimento.
Notando lo sguardo del Saggio, il Jounin sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
- Allora? Cos’è successo? – domandò concitato. L’eremita scosse il capo lentamente.
- Credo sia meglio che lo vediate di persona. Ma ricordate: la colpa non è di nessuno. Entrambi i miei “figli” hanno scelto il loro destino liberamente. - Detto questo, porse una mano a Kakashi. Lui rinserrò la sua presa su Sakura: tremava come una foglia ma, dopo averlo guardato fisso per un momento, annuì. Il maestro, allora, strinse la mano dell’anziano e, in un battito di ciglia, tutti e tre sparirono.
 
 
 
Ricomparvero improvvisamente sulla riva di un fiume: alle loro spalle le statue di Hashirama Senjou e Madara Uchiha si stagliavano contro il sole del tramonto. Kakashi ricordò di quando era giunto alla Valle dell’Epilogo dopo una corsa forsennata nel tentativo di riportare a casa Sasuke e aveva trovato Naruto svenuto a terra, una cosina minuscola e fragile persa in quella sua enorme tuta arancione. In quel momento registrò che Naruto era di nuovo a terra, con il capo abbandonato sulle cosce di Sasuke, ma gli bastò un’occhiata per capire che non ci sarebbe stato ospedale che tenesse: questa volta non avrebbe potuto salvarlo. Prima che potesse reagire in alcun modo, Sakura lanciò un grido terrorizzato e si divincolò con furia dalla sua stretta, correndo verso i due compagni di squadra. Kakashi rimase un momento a guardarli: Naruto aveva un’espressione insolitamente serena, quasi rilassata, l’accenno di un sorriso sulle labbra pallide; Sasuke era chino in avanti, il viso nascosto dai capelli e le mani sepolte tra quelli biondi del compagno.
 
Il Jounin lasciò indietro l’Eremita e seguì veloce la sua allieva, che nel frattempo si era gettata a terra accanto al corpo esanime dell’amico e, stringendogli il polso tra le mani, tentava di trovare una pulsazione inesistente. Kakashi si fermò al suo fianco, aspettando che prendesse coscienza della situazione, cosa che avvenne solo qualche momento dopo: sollevò lo sguardo, lo guardò, scosse la testa ed emise un acuto grido di frustrazione, per poi girarsi verso Sasuke e cominciare a gridare come una forsennata. Kakashi non aveva mai visto Sakura in quelle condizioni: piangeva, urlava, singhiozzava; il viso arrossato e i tendini tesi allo spasimo sulla gola pallida, la voce roca e spezzata. Se aveva avuto dei dubbi sul fatto che Sakura avrebbe mai smesso di amare Sasuke, Kakashi dovette ricredersi, perché gli occhi della ragazza esprimevano odio puro. E lui, seppur in quel frangente così disperato, non poté fare a meno di sentirsi fiero di lei: non aveva smesso di provare affetto per Sasuke nemmeno quando lui aveva tentato di toglierla di mezzo ma ci era riuscita ora, quando la vittima era stato Naruto. “I compagni prima di tutto” pensò. Si ricordò dell’Eremita delle Sei Vie e vide che non si era mosso di un millimetro da quando erano arrivati: probabilmente voleva lasciarli soli nel loro dolore.
 
Nel frattempo Sakura continuava a gridare: - Sasuke, guardami porca miseria! L’hai ammazzato, diavolo, l’hai ammazzato ed ora il minimo che puoi fare è avere il coraggio di guardarmi in faccia, mostro che non sei altro! TI HO DETTO DI GUARDARMI!
Sasuke sollevò leggermente la testa e fissò i suoi occhi neri in quelli della ragazza ed entrambi si accorsero finalmente che aveva pianto: gli occhi rossi e disperati, l’espressione distrutta, le labbra martoriate a furia di morsi. Parlò con voce rauca, come se avesse gridato troppo, interrompendosi di continuo come se non avesse parole a causa dell’orrore.
- Io non ho … lui si è … non volevo davvero farlo. Non volevo. Lo giuro. Lo giuro … -
Si accartocciò di nuovo su se stesso, ripetendo - Lo giuro – e cominciando ad accarezzare piano i capelli di Naruto, come se temesse di fargli male. Sakura lo fissò furente ancora per qualche momento, poi la disperazione ebbe la meglio anche su di lei e si accasciò sullo stomaco di Naruto, piangendo e gemendo.
 
Kakashi si sentiva come intrappolato in un limbo: quasi non riusciva a crederci. Razionalmente sapeva bene come stavano le cose, ma la situazione era così surreale che quasi si aspettava che di colpo Naruto si alzasse e cominciasse a prenderli in giro per essere caduti in un altro dei suoi stupidi scherzi. Invece lui se ne stava lì abbandonato a terra, senza vita, lui che era sempre stato il più vitale di tutti. Si avvicinò a Sasuke, che alzò gli occhi verso di lui e lo fissò per qualche momento. Poi le lacrime cominciarono a scorrergli nuovamente sulle guance e ripeté - Non volevo farlo davvero. -
E Kakashi non poté fare altro che inginocchiarsi affianco a lui, posando un braccio sulla schiena di Sakura per cercare di darle conforto, e rispondere - Lo so, Sasuke. L’ho sempre saputo. -
Sasuke cominciò a singhiozzare posando la fronte su quella del compagno perduto, emettendo brevi lamenti laceri, e Kakashi posò la mano sinistra sulla sua spalla, come aveva fatto con Sakura; poi lasciò finalmente colare le lacrime.
 
Guardando i suoi allievi disperarsi raccolti insieme intorno a Naruto pensò che fosse davvero assurdo che ci fosse voluta la sua morte per rimettere insieme il Team 7. La morte di suo padre l’aveva forzato a diventare un uomo, eppure erano stati quei tre ragazzi a renderlo umano e Naruto era sempre stato la colla che aveva permesso loro di restare insieme e non crollare. Non poté fare a meno di chiedersi se, senza di lui, sarebbero mai riusciti a rimettere insieme i cocci delle loro vite; poi, però, si disse che dovevano farlo.
Per Naruto, insieme, si sarebbero lentamente rialzati, si sarebbero rimboccati le maniche e avrebbero costruito un mondo migliore.
Ma non quel giorno.
Non quel giorno.
  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Pendincibacco