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Autore: Deliquium    07/10/2014    7 recensioni
«Mi state mettendo alla prova?»
«Vedila così... Essere un Saint di Atena non è cosa da poco, tu lo sai molto bene, Angelo. E la costellazione che veglia sull'Etna non è una costellazione come tutte le altre...»
«Il Cancro, lo so.» Angelo si era gonfiato in petto. Sapeva tutto del Cancro. Era il suo segno ed era stata la costellazione di Manigoldo.
«Già, il Cancro.» aveva confermato il vecchio greco, con un sospiro.
Storia di come il Saint di Cancer divenne la Maschera di Morte.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sincretismo'
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Aetna


[ Petre ]


Il Buco, come diceva il nome stesso, era un buco. Nient'altro. Un cratere minore aperto sul fianco della montagna da qualche colata lavica del passato.
Angelo l'aveva scalata la montagna alla fine e, adesso, se ne stava lì a fissare la casa di legno, nei pressi del Buco e l'uomo che lo aspettava, davanti alla porta.
Se l'era immaginato diverso il suo maestro.
Più imponente. Più anziano. Più autorevole. Più giovane.
Ma l'uomo che aveva davanti sembrava appena uscito da un baccanale di Dionisio. La camicia slacciata, lavata chissà quando e la barba incolta, incrostata di pezzi di cibo.
L'uomo inclinò la testa e tracannò una lunga sorsata dal fiasco che pendeva dalla sua mano, come se ne fosse un prolungamento.
Si pulì la bocca con la manica della camicia e caracollò verso di lui.
Angelo era devastato. Le ginocchia gli scoppiavano e se muoveva le dita, le vesciche lo facevano urlare di dolore. Era tutto un livido e un reticolato di graffi, ma l'orgoglio di avercela fatta gli infondeva una forza che credeva di aver smarrito sul versante del vulcano.
Gli spiriti erano tornati, naturalmente. Sempre più forti, sempre più pressanti e, quando lo zaino con tutte le sue cose era rotolato giù, spargendo il contenuto come una frana di cianfrusaglie di legno, metallo e vetro, Angelo non si era voltato e aveva continuato a scalare.
L'uomo si era avvicinato. Puzzava di vino. Sembrava che si fosse fatto il bagno nel mosto vecchio d'un anno. Scoprì i denti in un sorriso, quando incrociò il suo sguardo e, senza una parola, gli mollò uno scappellotto che fece quello che la fatica non aveva fatto, cioè sbatterlo a terra.
Angelo sapeva che non si sarebbe più rialzato.

«Hai intenzione di stare lì?» lo chiamò l'uomo, con voce limpida.
Angelo si tirò su a quattro zampe. Il suo glorioso inizio era andato a puttane.
Sarebbe così penoso per un futuro Saint di Atena procedere a quattro zampe?
L'uomo scoppiò a ridere.
«In certe situazioni, ragazzo, anche a quattro zampe va bene, purché si proceda.»
Angelo schizzò in piedi, come se la terra bruciasse.
«È uno degli attributi del mio cosmo, ragazzo.» fece l'uomo toccandosi la testa. «Un Saint non è solo muscoli. Vi sono guerrieri che combattono senza muoversi e altri che con il semplice movimento di un dito, sono in grado di strapparti l'anima e ucciderti.»
«Mi avete letto nel pensiero!» esclamò indignato Angelo, come se non avesse udito nemmeno una parola di quello che l'uomo gli aveva detto.
«Sì.» sospirò l'altro. Poi, mentre si voltava per entrare in casa, aggiunse con voce dura: «Se la cosa non ti aggrada, devi solo imparare a schermarti, Angelo.»
Angelo arrancò verso la casa.
«Come sapete il mio nome?»
L'uomo inclinò la testa e bevve un altro sorso di vino picchiando sul fondo, come per assicurarsi che venisse giù tutto e non ne restasse nemmeno una goccia.
«Non farmi quella faccia stupita. Sapevo del tuo arrivo.»
Appoggiò il fiasco a terra. L'ultimo di un nutrito gruppo di bottiglie, senza tappo, sporche di vino e dall'odore ormai inacidito.
Ha intenzione di tenerli lì?
«Veramente aspettavo te.»
«Cosa?»
«Il tuo primo compito.» con il braccio teso gli indicò, non solo i fiaschi, ma tutta la stanza. «Questa casa ha bisogno di una pulita. Nel sottoscala,» Angelo si voltò e vide una porta «C'è tutto quello che ti serve. Pulisci i fiaschi e riempili di vino. Le botti sono nella rimessa, dietro la casa.» Si stiracchiò e afferrò il corrimano della scala. «Io vado a dormire, ma per l'ora di cena mi sveglio e voglio che sia tutto pronto. Siamo intesi?»
«E, no!» esplose Angelo.
Questo era assurdo. Prima la montagna.
Scalala a mani nude che se no non sarai degno. Se muori è solo colpa tua.
E adesso questo vecchio che l'aveva preso per una serva.
«Perché sei qui, ragazzo?»
Angelo alzò lo sguardo.
Quell'uomo che, per inciso, non gli aveva manco detto il suo nome, lo fissava dall'alto delle scale.
«Per diventare un Saint.»
«Risposta sbagliata.»
Angelo strinse i pugni.
«Tu sei qui, per essere mio discepolo. Che poi tu possa diventare o non diventare un Saint è un altro discorso.»
Qualcosa nell'uomo era cambiato.
Angelo lo avvertì istintivamente e fece un passo indietro.
Era il suo sguardo, che d'improvviso si era fatto più duro? O la sua voce, che sembrava tuonare dall'alto come la sentenza inappellabile di un dio? O la postura eretta, simile al tronco di una quercia secolare?
Angelo non lo sapeva.
«E sai che cosa fa un discepolo, Angelo? Un discepolo obbedisce. Anche quando le richieste del maestro gli sembrano assurde.»
Ad Angelo non restò altro che chinare il capo.
Avrebbe voluto ribattere.
Farsi trattare in quel modo...
Dai denti serrati non uscì un fiato.
Quando tornò a guardare la cima delle scale, quel vecchio ubriaco era scomparso.
Un maestro? Lui?
«Maledizione.»
Trasse un respiro profondo e cercò di calmarsi.
Era esausto. A ogni passo le ginocchia gli pulsavano, le gambe sembravano lì lì per sciogliersi come gelatina.
C'era qualcosa che gli batteva in testa, mentre si guardava intorno.
Sembra che quell'accidente abbia ridotto questo posto a un porcile, per rendermi la vita impossibile.
La stanza sembrava il risultato del passaggio di una torma di barbari.
Arrancò fino alla cucina incassata nel muro e nemmeno Calò nei suoi giorni peggiori aveva lasciato un simile disastro.
Piatti sporchi impilati uno sull'altro, il lavabo pieno di acqua sporca, macchie di cibo sul piano di legno vecchie di chissà quanti giorni …

Sono qui per diventare un Saint.

Sono qui per diventare un Saint.

Quando finì di rimettere in ordine la casa, era ormai pomeriggio inoltrato.
«Che sbadato.» disse il suo presunto maestro mentre si faceva rivedere dopo quasi dieci ore. «Petre.»
Angelo era sdraiato a terra e non ce la faceva nemmeno a sollevare di poco la testa.
«Il mio nome.»
«N... t....» bofonchiò.
«Non affannarti.» lo interruppe Petre «No, non sono siciliano. Anche se vivo qui da molto molto tempo. Vengo da Cluij-Napoca. Sai dove si trova? No, naturalmente. È una città rumena. Sta in Transilvania. Hai presente? Il conte Dracula? Bram Stoker … No? Uhm … »
Bianco. Bianco. Bianco.
Angelo non sopportava che Pietro gli leggesse nel pensiero.
«Petre.»
Pietre.
«No. No. La i è quasi muta. Comunque … Concentrarsi su un singolo pensiero ed escludere tutti gli altri, è uno dei modi più semplici ed efficaci per evitare la lettura del pensiero. Tuttavia, è altrettanto semplice frantumare quel pensiero. Pensi di riuscire ad alzarti? Sto preparando la cena.»
Angelo produsse pensieri privi di senso. Qualcosa che poteva assomigliare alle chiazze di cibo che era riuscito a pulire rimettendoci un gomito.
«Anche quello è un metodo interessante. Ma io fossi in te, eviterei la strada della pazzia.»
Tacete. Vi prego. Tacete.
«Guarda che so a cosa stai pensando.»
Non me ne frega più una minchia. Voglio dormire. Voglio dormire. Fatemi dormire.
«Oh, ci voleva tanto a dirlo. D'accordo. Dormi pure. Farò io la guardia, non ti preoccupare.»
La guardia?
Angelo fu attraversato da un pensiero, come un'ondata sollevata da una brezza. La guardia a cosa?
A cosa?

Quando si risvegliò era giorno.
Si mise a sedere e si tastò il corpo, come a sincerarsi che fosse tutto a posto.
La stanchezza era scomparsa.
E lui sentiva una fame che, se avesse potuto, si sarebbe mangiato un bue intero.
«Maestro.» chiamò.
Petre era seduto su una sedia, davanti alla porta aperta. Accanto a lui, per terra, l'immancabile fiasco di vino.
Angelo versò in una ciotola un po' di latte fresco e si sedette al tavolo.
«Da quanto tempo le anime vengono a farti visita?» gli chiese Petre.
Lui lasciò cadere la fetta di pane, che finì nel latte con un plof.
«Come … »
«Come faccio a saperlo? È questo che volevi chiedermi?»
Petre non si era mosso. Continuava a guardare fuori, a scrutare le rocce e i bassi arbusti che crescevano nei pressi della casa.
Angelo trattenne il fiato.
Questa era la prima volta che incontrava qualcuno simile a lui... forse era per questo che era stato mandato qui.
«Vedere le anime dei morti non è così insolito come tu possa credere, Angelo. Molti Saints vi riescono... Tuttavia...»
S'interruppe per bere un sorso di vino.
Angelo deglutì, mentre Petre traeva un profondo respiro.
«Tuttavia?» incalzò, quando vide che l'uomo non accennava a continuare.
«Tuttavia, il tuo caso è diverso. Le anime sono attratte da te e ignorano tutto il resto.»
Angelo guardò la ciotola colma di latte, il pane che si gonfiava.
«Loro vengono da me tutte le notti.» iniziò con un filo di voce. «All'inizio li scorgevo appena. Sembrava più che altro una sensazione che mi prendeva quando andavo a letto. Se chiudevo gli occhi per dormire, sapevo che c'era qualcosa. Ma quando li aprivo, non c'era niente. Poi sono diventate più forti... Mi urlano dietro cose che non capisco. Cercano di afferrarmi. Implorano e non mi fanno dormire, non mi lasciano in pace. Calò mi ha detto che la preghiera può aiutarmi. All'inizio funzionava. Pregavo per loro e loro si calmavano. Ma ultimamente, i Santi non servono a niente e nemmeno le preghiere. Loro sono diventati più forti...»
Petre si alzò in piedi, facendo leva sulle ginocchia.
«Non sono le anime ad essere diventate più forti, ma tu, Angelo. Vieni con me.»

Petre camminava lento, un po' curvo e appesantito dai chili di troppo. Si fermò in prossimità del Buco.
«Questo è uno dei crateri dell'Etna. Nel corso del tempo, il vulcano ne ha aperti diversi lungo i suoi versanti. Molte leggende sono nate attorno a questo vulcano. Gli antichi romani lo chiamavano Aetna, dal greco aitho che significa bruciare; i greci lo consideravano la dimora di Efesto e per secoli si credette che fosse uno degli accessi al Regno di Ade.»
«Perché non lo è?» chiese Angelo, mentre si sporgeva oltre il Buco.
«Fa attenzione, ragazzo.»
Petre lo aveva afferrato per la spalla e tirato indietro.
«Se sia o meno uno degli accessi per il regno di Ade, questo lo verificherai tu stesso semmai riuscissi a ottenere l'armatura del Cancro.» riprese dopo un po' Petre.
Angelo annuì. Gli occhi fissi sul cratere.
Non riusciva a capire cosa avesse di particolare il Buco; forse in realtà non era il Buco in sé ad essere particolare, forse era quell'oscurità che palpitava incandescente a essere così irresistibile.
Un giorno, sarebbe entrato nel cuore del vulcano. Questo Angelo lo aveva capito...
«Non arrovellarti il cervello, Angelo. Quando sarà giunto il momento, saprai cosa fare. Cosa sai del Saint di Cancer?»
«Eh?»
«Avanti... saprai pur qualcosa del ruolo a cui aspiri.»
Angelo assottigliò gli occhi. Questa storia lo stava innervosendo. Non saranno mica tutte così le sue sessioni di allenamento?
«E' uno dei Dodici Gold Saint di Atena.» buttò lì.
«Bene... che altro?»
«Potete leggermi nel pensiero, perché mi fate doman...»
Il colpo lo prese a lato del viso e lo sbatté a terra a una spanna dal Buco.
Angelo tentò di trarre un respiro, ma era come bloccato. La parte sinistra del volto gli pulsava e dall'orecchio sentiva un sibilo acutissimo.
«Allora... cosa sai del Saint di Cancer?»
Provò a rimettersi in piedi, ma le gambe gli tremavano.
Perché?
Calò lo aveva picchiato tante volte. Se li portava addosso alcuni dei suoi segni, ancora adesso.
Perché questa volta era diverso?
Ricacciò le lacrime indietro.
Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederlo piangere.
«E' legato all'Oltretomba, ma non so in che modo.»
«Esatto. Il modo in cui si dipana questo legame lo scoprirai nel corso del tuo addestramento. Ascolta molto bene, Angelo, quello che ti sto per dire. Per il Gold Saint di Cancer non è fondamentale la forza fisica; certo, ci occuperemo anche di quello, ma non è da lì che trai il tuo potere.» S'interruppe, come per riflettere. «In ogni caso... adesso basta teoria. Ho visto che stiamo finendo le provviste...»
«Ma se sono qui da nemmeno un giorno.»
Petre rientrò in casa.
«Dunque... vediamo....»
Per cinque minuti buoni, l'uomo rimase con la testa china su un foglio di carta a scrivere.
Di tanto in tanto, alzava la testa come se dal soffitto gli piovessero suggerimenti, e poi la riabbassava.
«Ecco, fatto. Tieni, l'elenco delle cose da prendere.»
«Cosa? Chi?»
«Devi andare a Linguaglossa. Ti conviene partire adesso, perché fossi in te, preferirei non trovarmi nei boschi di notte... »
«Ma ci ho messo quasi due giorni a venire qui... »
Petre lo guardò stupito.
«Davvero? Così tanto?!» scosse la testa. «È peggio di quello che pensassi.»


   
 
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