Si sentiva come se stesse
morendo. Sentiva il cuore serrato in una morsa, sentiva la fatica che provava a
battere, paralizzato da quel dolore. Si rese conto che non stava respirando. Le
parve di aver trattenuto così tanto il respiro che la fine sembrava a pochi
secondi, la tradì l’istinto di sopravvivenza. Il cuore pompò più ossigeno al
cervello. Restò sorpresa dal fatto che questo potesse battere ancora. Lei aveva
sentito il rumore del suo cuore che si rompeva. E questo suono continuava a
rimbombarle nella testa. Ce l’aveva fatta. Aveva finalmente preso la decisione
più giusta. E, non necessariamente, la scelta più giusta è anche quella meno
dolorosa. E lei stava male. Chiuse gli occhi cercando di inspirare
profondamente per eliminare quella pressione tremenda all’altezza del cuore.
Una lacrima le scivolò dall’occhio sinistro imbattendosi nel ponte nasale prima
di cadere. La seguì una seconda goccia. Una terza. Una quarta. Tutte si
infransero sul cuscino. Le parve che il suo cuore stesse battendo più velocemente
contro la gabbia che lo imprigionava. Si rese conto che stava tremando.
Singhiozzava in silenzio. Nessuno avrebbe visto quelle lacrime, nessuno avrebbe
sentito il suo pianto, nessuno l’avrebbe saputo. Solo lei ed il suo cuore. Un
giorno ne sarebbe andata fiera. Un giorno, non oggi. Un giorno senza noi. Un
giorno senza lui.
Era la scelta più giusta.
Si sollevò dal letto. Prese il
giubbotto di pelle nera. Uno dei tanti indossati per lui.
Era la scelta più giusta.
Uscì di casa, scese le scale
del palazzo. Fuori. Faceva freddo. E lui non ci sarebbe stato a riscaldarla.
Era la scelta più giusta.
Lei lo amava.
Era la scelta più giusta.
Lui la amava.
Era la scelta più giusta.
Era la scelta più giusta.
Era la scelta più giusta.
Per quell’attraversamento non
passava mai nessuno. Né persone, né automobili. E l’asfalto era più
interessante che alzare gli occhi e guardare il mondo.
L’ultima cosa che vide furono
due fari.
Erano accesi.