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Autore: Love_in_London_night    08/10/2014    6 recensioni
[TOMOxVICKI]
«Non dovresti accontentarti di così poco». Gli aveva sussurrato tra i singhiozzi che aveva riversato in lacrime sulla maglietta del marito.
Tomo sentiva quanto avesse bisogno di essere abbracciata, capiva quanto fosse importante quel gesto perché percepiva che fosse l’unica cosa ancora in grado di tenerla insieme.
Con un fischio chiamò a raccolta gli altri membri di quel nucleo famigliare così affollato ma al contempo intimo. Dink, Kasha e Ramsey erano corsi da loro, pronti a salire sul divano accanto ai propri padroni. O meglio, genitori.
«Non sei poco» sussurrò lui dopo averle stampato un bacio sul naso bagnato dalle scie del pianto. «Sei il mio tutto».
Vicki gli strinse le braccia al collo e si lasciò coccolare da quell’affollamento che sapeva d’amore… e di famiglia; perché forse non c’era bisogno d’altro se non della vicinanza degli affetti più cari. Umani e non.

Una piccola shot sui coniugi Milicevic perchè non non si parla abbastanza di loro, e sono l'amore.
Un piccolo esperimento.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva sempre pensato, un giorno, di accarezzarsi il pancione rigonfio come poteva esserlo il cuore di gioia per la gravidanza. Non si era data scadenza né aveva programmato quando avere un figlio, ma di una cosa era sempre stata certa: voleva una famiglia, una di quelle chiassose e gratificanti. Magari le orecchie ne avrebbero risentito, ma non di certo la pienezza della sua vita.
Era quindi strano guardarsi allo specchio e fissare gli occhi spenti e tristi, quasi le avessero detto che vivere fosse un’unica, grande stronzata. Le mani su un ventre che non sarebbe cambiato. Mai.
Tomo, rientrato da poco, l’aveva trovata in stato catatonico sul divano.
Gli occhi gonfi di pianto e la voglia di vivere totalmente assente.
Si spaventò.
La sua Vicki che non piangeva mai, se non in rarissime occasioni, la sua Vicki, che era sempre piena di entusiasmo e voglia di sorridere, non c’era. Sembrava un fantasma e non sapeva il perché, ma tutto quello non era normale.
La abbracciò in silenzio e lei si lasciò cullare dalle uniche braccia che riuscivano a darle conforto, le mani che l’avevano sempre raccolta e per cui lei non avrebbe potuto fare nulla, perché non avrebbe potuto riempirle con il frutto del loro amore, e la cosa la faceva sentire sbagliata.
Tomo non meritava di stare con lei, non aveva fatto nulla di male per avere accanto a sé un simile errore.
«Oggi ho avuto i risultati di alcuni test fatti» gli disse tra le lacrime.
Era vero, non avevano programmato quando avere un figlio, ma si sentiva pronta per intraprendere il viaggio.
«E?» la testa era vagata nelle direzioni più disparate. Una gravidanza, una malattia… un qualcosa che potesse giustificare l’assenza della solita forza di Vicki, la stessa donna che sentiva franargli tra le mani a ogni secondo.
«Sono sterile». Finalmente riuscì a piangere, ma non a liberarsi di quel peso che incombeva su una pancia che non sarebbe mai stata come voleva lei: piena di vita.
«Mi basti tu». Le baciò la fronte. «Mi basti tu».
Aveva imparato ad amare Vicki perché non usava giri di parole, ma l’asettica crudità con cui aveva dichiarato di essere sterile l’aveva ferito lì dove pensava di essere più in salvo: i sogni per il futuro. Si era innamorato di Vicki con facilità, il suo essere semplice cha mai tradiva se stessa l’aveva attirato come un’ape con il miele; aveva sempre desiderato – fin da quando nella sua memoria lei era presente – costruire una famiglia insieme. Sapere che non ci sarebbe stata la possibilità lo aveva lasciato smarrito, ma ora era lei quella da consolare.
Non Tomo con le sue aspettative mancate, ma Vicki con ogni certezza vanificata e rotta.
«Non dovresti accontentarti di così poco». Gli aveva sussurrato tra i singhiozzi che aveva riversato in lacrime sulla maglietta del marito.
Tomo sentiva quanto avesse bisogno di essere abbracciata, capiva quanto fosse importante quel gesto perché percepiva che fosse l’unica cosa ancora in grado di tenerla insieme.
Con un fischio chiamò a raccolta gli altri membri di quel nucleo famigliare così affollato ma al contempo intimo. Dink, Kasha e Ramsey erano corsi da loro, pronti a salire sul divano accanto ai propri padroni. O meglio, genitori.
Ci sarebbe voluto di più per radunare i gatti, ma al momento le presenze dei cani sarebbero potute bastare.
«Non sei poco» sussurrò lui dopo averle stampato un bacio sul naso bagnato dalle scie del pianto. «Sei il mio tutto».
Vicki gli strinse le braccia al collo e si lasciò coccolare da quell’affollamento che sapeva d’amore… e di famiglia; perché forse non c’era bisogno d’altro se non della vicinanza degli affetti più cari. Umani e non.
«Vuoi chiamare No Kill Los Angeles e dire che non andremo? Magari stare a casa ti farà bene». Tomo le accarezzava i capelli nel tentativo di calmarla. Il taglio corto e mascolino, ma la vera femminilità della moglie era nel suo cuore immenso e sensibile, e a lui non serviva sapere altro.
Tutto sarebbe andato bene, l’importante era essere insieme.
«No, ho bisogno di distrarmi»
«Ti amo». Si era sentito stupido a dirglielo solo ora, ma non voleva farle pensare di averlo detto per rassicurazione. Le loro dichiarazioni erano sempre spontanee e sentite, non un modo per negarsi un confronto o un dialogo.
«Io di più. Cinque minuti e andiamo». Aveva appoggiato la testa sulla spalla del marito, la tacita risposta che doveva comunicargli di aver capito le sue intenzioni e che le era bastato.
Tomo non parlava a caso, ecco perché era diventato il suo tutto.
 
La giornata le aveva rimesso buon umore, almeno in superficie. Di sicuro le teneva la testa occupata.
Tomo cercava di convincere la gente, e molti echelon, ad adottare un cane senza dimora, ma la verità era che, quelli sperduti in quel momento, erano lui e Vicki.
La osservava di sottecchi, con occhiate fugaci che doveva dosare per passare inosservato. Non voleva metterla in allarme e fare in modo che vedesse compassione in lui, non l’avrebbero sopportato.
L’aveva vista illuminarsi solo quando passava davanti a un recinto più tranquillo degli altri: era una cagnolina di tre mesi color mou, una meticcia, senza un occhio.
Era spaventata e non si mostrava come facevano gli altri cuccioli, quasi sapesse che la sua mancanza avrebbe spaventato gli aspiranti proprietari al posto di invogliarli a volerla con loro.
Forse per quel motivo Vicki l’aveva presa tanto a cuore, perché erano uguali nell’essere diverse. Era un sentirsi capite senza essere giudicate, apprezzate senza essere commiserate.
L’aveva trattata con amore, come si faceva con un membro della propria famiglia e, per tutta la giornata, aveva provato a farla adottare a qualcuno, senza grandi risultati.
Tomo sorrise, Vicki era un libro aperto, almeno per lui.
Fu solo quando, dopo una pausa, la donna tornò al proprio posto che trovò il recinto della cagnolina vuoto, cosa che la rattristò.
«Cosa c’è?» le si era avvicinato per metterle le mani sulle spalle e baciarle la testa. L’istinto gli diceva di proteggerla, ecco perché poi l’aveva abbracciata da dietro, per lasciarle lo spazio necessario di assorbire la cosa senza dover mostrare a Tomo la tristezza che aveva nello sguardo.
Certi silenzi parlavano più di mille parole.
«Sono… dispiaciuta» incominciò incerta, evento raro. «Mi ero affezionata».
Perché la sua compagna della giornata l’aveva lasciata sola, facendola sentire persa di nuovo? Pensava che tra loro ormai ci fosse un accordo silenzioso.
«Ti eri innamorata di quella cagnolina». La corresse lui con un sorriso perso nei capelli di Vicki.
Come poteva dire di non essere abbastanza? Vicki era tutte le sfumature che Tomo riusciva a vedere, e cos’era un mondo senza colori?
Non riusciva nemmeno a pensarci.
«Sì. Sì, è vero. Ma ora è andata. Spero almeno che l’abbia adottata qualcuno che la ami con tutto il cuore». Appoggiò la testa al petto del marito, lasciandosi andare al suo abbraccio. Forse non era il suo destino quello di diventare madre, ma almeno aveva il rimedio giusto per trovare la pace e, per fortuna, l’aveva sposato anni prima.
Tomo le regalò un altro sorriso che le fece venire un brivido. «Io ne sono sicuro».
 
IT’S A GIRL! Trovarono attaccato alla porta della piccola villa che avevano a Los Angeles.
«Cosa diav…» le parole le morirono in bocca davanti a quel fiocco rosa. Si giro verso tomo che aveva un sorriso timido e colpevole. «Non è divertente».
Come poteva aver architettato una cattiveria simile? Proprio quel giorno, poi.
Si sentiva tradita.
Aprì la porta in preda al panico, per spalancarla e fermarsi davanti a essa, sorpresa.
Davanti a loro c’era un piccolo recinto e dentro c’era la cagnolina con un occhio solo, la stessa che aveva coccolato tutto il giorno.
Si accucciò per prenderla in braccio e accarezzarla, era come se la sintonia di poco prima non se ne fosse mai andata, anche se la piccola ancora senza nome era più elettrizzata rispetto alla mattina, forse perché sapeva di non doversi più mettere in mostra. O nascondere.
Vicki si girò per guardare il marito: «Ma come hai fatto?»
Per la prima volta nella giornata Tomo vide gli occhi umidi per la felicità, e seppe di aver fatto la cosa giusta.
«Ho chiamato Filip, e gli ho detto di agire quando tu non c’eri. Ecco perché ti ho invitata a prendere una pausa».
Lo abbracciò dopo aver messo a terra la cucciola, perché il vuoto che sentiva nel corpo poteva essere riempito dall’uomo che amava e da ciò che avevano costruito insieme. Loro erano una famiglia, e avevano tanti cani e gatti da crescere e di cui prendersi cura. Non proprio dei figli, ma quasi.
«Cosa vuoi cercare di dirmi, Tomo?»
Lo conosceva troppo bene, sapeva dalla tensione del petto di lui che c’erano parole pronte per essere pronunciate, anche se non era sicura di volerle sentire, perché avrebbero minato il suo lato già sensibile di quella giornata.
Le accarezzò i tatuaggi sulle braccia, forse troppi per alcuni, ma erano le costellazioni che formavano le esperienze della moglie, e non avrebbe rinunciato a nessuno di essi, perché parlavano di Vicki meglio di quanto lei stessa sarebbe riuscita a fare.
Sorrise tra sé, era convinto che a breve ne sarebbe arrivato uno nuovo: scoprire di non poter concepire un figlio era una ferita che lasciava il segno, e a Vicki sarebbe spettato il compito di renderla una cicatrice di cui non vergognarsi in futuro.
«Che, ehi, oggi hai avuto una bambina. La bellezza è negli occhi di chi guarda» disse sollevando la nuova arrivata di casa per coccolarla.
«Dillo a lei».
«Appunto» convenne Tomo. «Ma la vera bellezza è nel cuore di chi sa amare. La famiglia non è un numero, o un legame, la famiglia e ciò che scegli di avere accanto nonostante tutto, ogni giorno. È quel nucleo che ti dà anche più di quello che pensi di meritare. Ed è quello che voi siete per me». Le sussurrò all’orecchio.
«È per questo che hai adottato questa meraviglia?» Tomo la amava e la accettava così come era, magari con il tempo avrebbe imparato a farlo pure lei e perdonare così se stessa.
Tomo era il suo tutto e il suo di più, e le continuava a dare molto di più di quello che si era sempre aspettata: emozioni nuove e inesplorate, colori per dipingere un mondo tutto loro e melodie che iniziavano con una risata e finivano con un sospiro.
«Già, e per dirti che se vuoi una cosa c’è sempre un modo per averla». Andava con i piedi di piombo, perché la sua mente era già corsa lontano, e non era sicuro che fosse la giornata adatta per sovraccaricarla di informazioni e shock.
Lo guardò curiosa, poi lo invitò a parlare di nuovo.
«Hai usato il termine giusto».
Avevano appoggiato la campagna No Kill Los Angeles, ma la verità era che Tomo non voleva vedere morire i sogni che avevano costruito insieme.
«E sarebbe?»
«Adozione. Non esistono solo gli animali da salvare Vicki» le disse cauto. «Per salvare il mondo c’è bisogno d’amore, e noi possiamo dare a un bambino la speranza in un futuro migliore».
Pianse di nuovo perché, doveva ammetterlo, a una simile alternativa non aveva pensato. Era troppo presto per assimilare il risultato delle analisi, ma non voleva lasciarsi spegnere dalla notizia, e agire era l’unico modo per scacciare il vuoto all’altezza dello stomaco.
«Dare loro una famiglia».
Perché forse non c’era altro tempo da perdere, perché – come aveva detto Tomo – c’era sempre una soluzione. Perché magari di amore ne avevano già sprecato troppo, e un bambino avrebbe messo fine a quello scempio.
«Già».
Strinse di nuovo la cagnolina al petto, rubandola tra le braccia di Tomo.
Avrebbe potuto abituarsi alla calma che poteva regalare un cuore che si aggiustava con lentezza.
«Mou»
«Cosa?» non capiva.
«Lei. Si chiamerà Mou».
Ecco la Vicki che conosceva, la mamma che prendeva la decisione per la creatura di cui si sarebbe presa cura. Il sì celato dietro un no mancato, l’assenso silenzioso nascosto dietro la paura e il bisogno di non pensare oltre a quella proposta, perché conosceva già la risposta.
Sorrise a Tomo che aveva già capito.
Lui era il suo tutto e il suo di più.

 



Scritta di getto, elaborata in un momento di sconforto totale settimana scorsa.
A dire il vero non volevo scriverla, poi mi è caduto l'occhio sulla casella "AGGIUNGI PERSONAGGI" in alto a destra nella home del fandom e mi sono accorta che Vicki mancava. Ho provato ad aggiungerla, ma non avendo mai scritto di lei mi era stata negata la cosa. Ah sì? mi sono detta, ora ti frego io!
E così ho scritto questa OS per crearmi la possibilità di aggiungerla, e così ho fatto. Se volete darmi una mano... VOTATELA! Non trovate giusto che Vicki figuri tra gli elenchi dei personaggi? Io sì u___u
E poi era da dicembre che volevo scrivere su loro due, ma non ho mai trovato lo spirito giusto.
Tomo è quello che viene calcolato meno, e mi dispiace da morire. Sono la prima a non inserirlo spesso nelle storie e nelle Shot, ma non è facile metterlo quando si parla di cose che trovo così diametralmente opposte a lui: insomma, con i Leto abbiamo la Promiscuità con la P maiuscola e invece Tomo, ai miei occhi, è la stabilità. Almeno sapete perché non lo trovate spesso. Non lo detesto affatto, anzi, lo adoro da morire. Ecco, ci tenevo a dirlo.
So che non è delle cose più allegre, ma in un futuro potrebbero arrivare pure quelle. Mai dire mai.
Mi auguro vi sia piaciuta... e se voleste farmelo sapere, non esitate a scrivere il vostro parere. *__*
A presto.
Xo, Cris.
   
 
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