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Autore: Kveykva    08/10/2014    3 recensioni

A quel punto scattai indietro.
Ma cosa stavo facendo?
Cosa diavolo stavo per fare?
Scesi dal divano, presi la mia borsa e mi diressi verso la porta.
-Em. Em!- mi chiamó Dave.
Aprii la porta ma lui mi prese per un braccio e mi costrinse a girarmi.
-Cosa stai facendo?-
-Me ne sto andando.- gli risposi.
-E perchč te ne stai andando, maledizione!?- mi chiese lui sconvolto.
Non avevo una vera risposta da dargli. Sapevo solo che quello che era quasi successo non sarebbe dovuto succedere mai pił.
Lui mi fissó, e mi sorpresi ancora una volta di quanto fosse bello, anche da arrabbiato com'era.
Era dannatamente bello.
-Non sei tu, Dave, ma...-
-Vuoi sapere una cosa, Emma Bennet? - mi interruppe. -Sei una maledetta stronza.-
Aprii la bocca e rimasi cosģ, scioccata.
L'aveva detto davvero?
-Tu hai bisogno di me.- mi disse.
Riuscii solo a fissarlo.
-Sai che č vero.-
Non seppi dire nulla, mi limitai a stringere i pugni tanto che si sbiancarono le nocche.
Se c'era una cosa che mi mandava in bestia era dare ragione a Dave.
E purtroppo, anche se non ero ancora completamente consapevole, aveva ragione.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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-Vuoi guardare un film?- mi chiese con troppo entusiasmo.
Non era quello che mi aspettavo da lui, non era quello che avrei pensato di trovarmi davanti: era davvero Dave quello? 
Oppure quello che faceva sempre pensare di essere, all'esterno, relazionandosi con le altre persone, era solo la sua scatola in cui si rifugiava? 
Gli cadde una cicca di capelli in un occhio e la spostó distrattamente.
Volevo restare eppure sapevo che quello non era il mio posto.
Mi posai una mano sul fianco e tentai di pronunciare in modo tranquillo la frase che uscģ subito dopo.
-Voglio andare a casa, Dave.- gli dissi con con tono calmo, aspettando la sua reazione.
Non avrei dovuto stupirmi eppure lo feci di nuovo, ancora una volta quando quasi riuscii a vedere lo strato di gelo che copriva qualsiasi emozione nei suoi occhi.
Era distante anni luce ormai.
-Certo.- annuģ rigidamente, parlando duro, guardando verso la porta.
Dovevo andarmene? Be', stava guardando da mezz'ora verso la porta, forse era il suo modo per dirmi 'levati dai piedi, cara'
Ma volevo andarmene? 
Ma quanto ero da ricovero da uno a dieci? Gli avevo appena detto che non volevo restare, e appena potevo sgattaiolare via mi venivano quei dubbi.
Il mio sguardo guizzó ai suoi muscoli delle braccia, e ricordai per un attimo com'era stato bello sentirli contrarsi quando mi aveva abbracciato, contro l'albero quella notte.
Feci un cenno leggero con la testa, senza salutarlo veramente perchč non mi fidavo della mia voce.
Sentii addosso il suo sguardo tutto il tempo che impiegai per trovare la borsa e quando finalmente raccattai la mia roba esclamai:
-ODDIO!- 
In meno di un secondo lui fu al mio fianco, e vidi solo un fantasma del gelo che c'era stato poco prima nei suoi occhi.
Mi sorresse per un fianco, quasi si aspettasse di vedermi cadere da un momento all'altro.
Ora c'era solo preoccupazione e ansia.
-Cosa c'č Emma?- mi chiese turbato e nervoso, mentre sentivo che la sua stretta al fianco aumentava.
Mi girai per poterlo guardare perfettamente: ero ancora con la bocca semi-spalancata.
-Emma, Gesł, mi stai facendo preoccupare.- continuó sempre pił preoccupato.
-Andrea ha preso le chiavi di casa!!- strillai fissandolo ad occhi spalancati.
Tutto mi sarei aspettata, tutto tranne vederlo scoppiare in una poderosa risata.
-Ti sembra divertente?- gli chiesi scettica, alzando un sopracciglio e mettendomi una mano al fianco.
Cosa lo faceva tanto ridere?
Al massimo, se trovavo le chiavi dell'auto, avrei potuto stare in un hotel.
Cercai disperatamente quelle cavolo di chiavi con sopra un orsacchiotto ma la mia borsa era vuota.
Pure le chiavi dell'auto si era presa, quella scellerata della mia migliore amica? 
Perchč dovevo sempre cacciarmi in situazioni del genere?! 
-Stai scherzando?- mi chiese, improvvisamente serio.
Ma come faceva a cambiare umore cosģ velocemente?
Quando non risposi si avvicinó di un altro passo e io ne feci uno indietro.
-Pensavo stessi per svenirmi qui o che fosse successo qualcosa di urgente e tu mi dici che non hai le chiavi di casa! Mio Dio, sei incredibile.- soffió con uno scoppio controllato di risa.
Io ero sempre pił arrabbiata.
-Dispiaciuta di averti deluso.- esclamai senza felicitą, sedendomi con un tonfo sul divano.
Lui rimase lģ impalato a fissarmi quasi non capisse.
-Ma č ovvio no? Rimani qui.- disse, come se non ci fosse cosa pił normale al mondo.
-Ma ti droghi per caso?- gli chiesi.
Invece che rispondere scherzando, il suo sguardo si rabbuió cosģ tanto che pensai di aver toccato qualche tasto dolente.
Dio Santissimo, quasi non l'avevo mai visto cosģ...offeso? Indignato? Una valeva l'altra. 
-Assolutamente no.- rispose calcando l'ultima parola.
-Cosa te lo fa credere, scusa?- si mise dubito sulla difensiva, spostando il peso da una gamba all'altra.
-Cielo, Dave, mi stavi chiedendo di dormire a casa tua ti rendi conto?- gli schioccai due dita di fronte alla faccia, come a sottolineare l'assurditą della cosa.
-E allora?- chiese alzando le spalle.
Stavolta fui io a dire:
-Sei incredibile.- senza ironia.
-Sai una cosa? Me la faccio a piedi.- decisi, alzandomi con slancio.
Rise velocemente, quasi mi trovasse pazza e tornó subito serio.
-Non se ne parla.- dichiaró.
Strabuzzai gli occhi.
-Non se ne parla? E chi sei tu? La mia coscienza?- 
-Sģ, quindi mettiti seduta.- 
Sentii montare la rabbia: pensava di dirmi lui cosa fare? Era lui che mi comandava? Neanche per sogno.
Mi diressi alla porta per la seconda volta in una sera, e lui mi fu subito davanti.
-Levati di mezzo.- gli intimai.
-No.- rispose, contraendo la mascella.
Merda. Non avrei mai spostato un metro e ottantacinque di muscoli.
-Non sei tu a dirmi cosa devo fare o non fare.- gli ricordai.
-Non ti lascio andare da sola a casa.- ribattč lui, ritornando ad essere protettivo e ossessivo fino allo sfinimento.
Avrei potuto ribattere con le solite frasi del tipo 'non mi comandi, non sei il mio capo' ma quel poco di ironia che avevo sempre trattenuto dentro di me mi fu utile.
-Posso sempre chiamare Mike, non trovi?- gli dissi sorridendo.
La sua espressione stupita e con la bocca aperta mi ripagó di tutta la rabbia che mi aveva fatto provare.
'Prendi e porta a casa, Dave. Prendi e porta a casa.' pensai vittoriosa nella mia mente.
-Non provare a chiamare quel buffone o giuro che ti tolgo il cellulare di mano.- mi minacció.
-Okey, ora stai passando il segno. Non ti permettere di comandarmi. Io non prendo ordini da nessuno.- gli sibiliai rabbiosa, spingendolo via con le mani sul suo petto, con tutta la forza possibile.
Senza preavviso, mi incatenó le braccia alle sue mani e mi spinse verso il muro.
-Perchč devi rendere le cose sempre cosģ difficili?- chiese con un'espressione stanca.
-Hai parlato!- esclamai con una risata senza allegria.
-Tu non mi odi.- strinse i denti, avvicinandosi ancora al mio viso.
Lo odiavo? Sģ, probabilmente. Lo odiavo quando faceva i suoi commenti inappropriati, quando si chiudeva a riccio, quando non mi parlava, quando si teneva tutto dentro se', quando cambiava umore da un momento all'altro..e chi pił ne ha pił ne metta.
Eppure erano anche le cose che mi piacevano di lui: erano le cose che mi avevano attratta dall'inizio.
-Hai preso un granchio, bello, mi spiace.- gli dissi con un sorrisetto compiaciuto.
Aumentó la stretta sui miei polsi: quando sembrava che fosse cosģ vicino da scoppiare si ritrasse, lasciandomi libera.
Mi guardó come se tutta quella scenetta non fosse successa, e con indifferenza mi disse:
-Balle.- e si allontanó in cucina a prendersi da bere.
Sembravo ridicola, ma rimasi con la bocca spalancata: QUANTI, e ripeto, QUANTI problemi aveva quel ragazzo? Troppi, sicuramente. Era matto.
Solo quando rallentó la sua pazza corsa mi accorsi che il mio cuore aveva galoppato per tutti i secondi che Dave mi aveva tenuta al muro in quel modo: ehi caro cuore, ho solo diciannove anni, non merito un infarto a quest'etą.
Arrivai alla porta di soppiatto, mentre ancora lo sentivo trafficare in cucina, e la aprii sperando che quella non facesse rumore.
Un rumoroso e prolungato cigolio mi smascheró: di bene in meglio!
La sua testa fece capolino dal l'angolo della porta.
-Vai?- mi chiese, con nessuna inflessione nella voce.
Bene, io mi ritiravo: se qualcuno capiva cosa passasse nella testa a quello, vinceva il premio nobel della scienza. No, della pazzia forse. 
DUE DANNATISSIMI minuti prima mi aveva inchiodata al muro e adesso mi chiedeva 'VAI'? 
-Che c'č?- mi chiese, facendo schioccare la lingua.
Scossi la testa.
-Tu hai qualcosa che funziona male lģ dentro.- conclusi e spalancai la porta, mettendo un piede fuori.
-Ah, Yankee, aspetta!- esclamó con tono urgente.
Lo vidi prendere qualcosa dalla tasca e venirmi incontro: aveva un ghigno indefinibile sul volto.
Sogghignó e sfoderó un sorriso da infarto: ehi, ma non avevo detto niente infarti?
Guardai cos'aveva in mano: no. Non ci potevo credere.
-Ecco le tue chiavi dell'auto e di casa, Em: mi sa che ti servono per tornare.- 
Era ufficiale: aveva appena firmato il suo contratto di morte.
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Se l'odio avesse avuto un nome sarebbe sicuramente stato 'Emma'.
Ero completamente fatta d'odio: ero a casa da ormai cinque minuti e mi stavo togliendo maglietta e reggiseno.
Ripensavo ancora alla scena di prima e mi veniva da prendere a pugni il muro: tutta quella sceneggiata e aveva sempre avuto lui le chiavi! E si ed pure permesso di guardarmi in borsa! Roba da non credere.
Mi ficcai sotto il gettó d'acqua calda, lasciando che mi lavasse via tutto quel nervosismo che avevo addosso da..da quando? 
Da quando ero entrata in casa di Dave: comprensibile, era stata una giornata sfiancante e avevo studiato molto.
Non c'era da stupirsi se ero suscettibile e irritabile.
Almeno il mio orgoglio aveva esultato quando avevo sbattuto in faccia la porta a Dave, uscendo da casa sua: sģ, era stato assolutamente appagante.
Mi passai le mani tra i capelli densi di balsamo, districandoli e rendendoli pił o meno lisci.
Dopo averlo sciacquati accuratamente, li racchiusi in un turbante con un asciugamano e mi asciugai.
Mi struccai e mi detersi la faccia, togliendo il turbante e cotonando i miei boccoli finchč non furono un poco pił asciutti.
Esattamente appena avevo finito di infilarmi gli slip e una maglietta che arrivava a malapena a coprirli bussarono alla porta.
Controllai l'orario: era l'una e dieci; era Andrea.
Non mi presi nemmeno la briga di vestirmi un po' di pił, visto che se fosse stata con Chase avrei sentito le loro voci mentre era completamente silenzioso.
Trafficai con le chiavi e infine aprii la porta.
-Dave?!- strillai.
Cosa diamine ci faceva lģ? 
Era appoggiato con un braccio allo stipite della porta: oddio, era una visione.
Ma cosa stavo pensando? 
Concentrati Emma: ti ha nascosto le chiavi quando erano l'unica cosa che cercavi per mezza serata.
Vidi il suo sguardo vagare su come ero (s)vestita e soffermassi sulle mie gambe scoperte dalla maglietta che si fermava ad inizio slip o poco pił.
Mi sentii le guance andare a fuoco.
-Che vuoi?- sbottai.
-Posso entrare?- mi chiese guardandomi.
Certo che puoi.
-No.- risposi seccamente, mandando al diavolo la mia vocina.
Non si stupģ veramente: sospiró e disse:
-Me lo immaginavo. Emma, sono stato un cretino a farti rimanere nascondendoti le chiavi. Sono stato un bambino.- si scusó, se quelle potevano essere chiamate scuse.
-Cavolo, ma allora hai veramente qualcosa lģ dentro!- esclamai guardandolo seccata, ma lui accennó ad un sorriso.
Il suo sguardo poi si fermó sulla mia maglietta e solo in quel momento mi ricordai che non avevo messo il reggiseno. 
O MIO DIO. 
-Non hai il reggiseno.- constató con una tranquillitą disarmante, alzando un sopracciglio.
Avvampai.
-Be', scusami se č l'una e stavo andando a letto!- mi misi subito a farneticare sulla difensiva.
-Non ho detto che mi dispiaccia.- 
Stavolta rimasi io a bocca aperta. Non ci credevo che l'aveva detto.
Non sapevo cosa ribattere ma grazie a Dio ritrovó il suo solito contegno e mi domandó sbuffando:
-Posso entrare o devo star qui tutta notte?- 
Lo fissai per diversi seconi e poi sospirai.
-Entra.- lo invitai con tono seccato, facendomi da parte per farlo entrare.
Lui indossó il suo solito sorrisetto e fece un passo avanti, superandomi: poi mi guardó e mi fece l'occhiolino:
-E brava Yankee.- 
Alzai gli occhi al cielo: quasi rimpiangevo il solito e scontroso Dave.
-Ho sonno e sono stanca, e non penso di essere di molta compagnia.- lo avvisai, sperando che questo bastasse per farlo uscire da casa mia.
Qualcosa cambió nel suo sguardo.
-Vuoi dormire?- mi domandó.
'No, ti ho appena detto che sono stanca morta ma pensavo di andare a fare un party sotto casa'.
-Non posso, visto che ci sei tu.- ribattei facendogli notare l'ovvietą della cosa.
-Va bene allora io vado..- disse, eppure notai un velo di amarezza in quel 'vado'.
-Ma allora cosa sei venuto a...-
-C'č un bagno?- mi interruppe.
Aspettai qualche secondo ma poi gli risposi, quasi meccanicamente.
-All'inizio del corridoio, a sinistra.-
-Me ne vado prima di non riuscire pił a farlo.- disse, fissandomi con uno sguardo intenso.
Avevo l'irrefrenabile desiderio di stringerlo e di abbracciarlo ma qualcosa mi disse che non sarebbe stato saggio e rimasi lģ, rigida come un tronco.
Mi resi conto dopo un minuto di essere rimasta in salotto da sola, in piedi, nella stessa posizione in cui mi aveva lasciato.
Mi decisi per andare in camera e mettermi a letto: sarebbe uscito comunque.
Spensi tutte le luci e mi rifugiai nel caldo delle mie lenzuola, rabbrividendo per i brividi che mi percorrevano le gambe. Freddo, probabilmente: sģ, le lenzuola erano decisamente troppo leggere.
Mi era difficile rilassarmi quando sapevo di avere Dave a qualche metro di distanza: sentivo i muscoli rigidissimi e a poco a poco mi imposi di scioglierli.
La mente ormai stava vagando, non la controllavo nemmeno pił: come mai era venuto dopo venti minuti da quando gli avevo sbattuto la porta in faccia? 
Sembrava che fosse venuto per..usare il bagno.
L'idea mi fece quasi ridere da sola, ma la repressi in una risatina sommessa.
Piano piano le palpebre diventarono pesanti, ma nel momento in cui stavo per chiuderle sentii la porta del bagno aprirsi e mi irrigidii all'istante. Soprattutto quando lo sentii venire verso la mia stanza e socchiudere leggermente la porta.
Chiusi immediatamente gli occhi e feci finta di regolarizzare il respiro, come se stessi dormendo.
La cosa diventó difficile quando entró in punta di piedi e si sedette sul letto in parte a me.
Non mi mossi e grazie a Dio, pensai di averlo convinto che stessi dormendo.
Sentii le sue mani farmi una carezza sul viso, cosģ dolce da farmi star male.
-Buonanotte Yankee.- e se ne andó.
La porta di casa sbattč.
Perchč era cosģ dolce quando sapeva che non avrei mai potuto saperlo?
Perchč riuscivamo solo a litigare quando eravamo insieme? 
Perchč era tutto cosģ difficile? Perchč? 

________________________________________









Angolo:
Ciao a tuttii!
Ho cercato di aggiornare presto e spero di non averci messo troppo tempo.
In questo capitolo approfondiamo un po' il loro rapporto, o almeno cosa succede quando sono assieme.
Lui, alla fine, riesce a lasciarsi andare solo quando pensa che lei sia addormentata.
Cosa lo blocca a tal punto? E lei? Cambierą qualcosa per lei?
Ringrazio in anticipo chi leggerą la storia, e se avete qualche minuto di tempo, recensite il capitolo, perchč la vostra opinione di lettori č importantissima sia al fine di migliorare me e la storia, quindi se poteste lasciatemi un commentino.
Un bacione,
Kveykva.
  
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