Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |       
Autore: Ely79    08/10/2014    2 recensioni
Dopo il ritorno dal Grande Vuoto, Alexis ha scelto di restare sulla Terra. La sua nuova vita, sotto l'ala "protettiva" dello Sceriffo Anderson e dei suoi amici si presenta meno idilliaca di quanto immaginasse dal principio, non tutto è rose e fiori. Ciò nonostante, sa di poter contare su un aiuto fuori del comune. Un amico erede di tradizioni antiche e misteriose, ben lontano dal mondo tecnologico o di magia oscura cui lei è abituata.
Ispirata alla saga "Crossgames" di Shade Owl, pubblicata su EFP.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I. Ioho
I. Ioho - Tasso1

La mattina presto, il mondo era un concetto astratto. Macchie di cespugli verdeggianti coronavano piccoli spiazzi di ghiaia bianca che ospitavano panchine di legno inumidite dalla rugiada. Qualche paffuto scoiattolo saltellava sul prato, trascinando a scatti le lunghe code grigie. Solo il rumore di rare auto in lontananza e il cinguettio degli uccelli tra le fronde accompagnavano l’incedere cadenzato di un paio di scarpe da jogging lungo i sentieri del parco cittadino.
La donna si fermò, appoggiandosi allo steccato per qualche esercizio di stretching. I capelli corti, imperlati di sudore, avevano assunto una sfumatura più scura, tanto che nell’ombra degli alberi li si sarebbe detti bruni e non rossi. Quando erano solo pochi giorni che aveva messo piede in città era andata a correre in compagnia di Nadine e Skadi, ora però che la seconda era al college e la prima viveva col marito una seconda luna di miele, aveva imparato ad apprezzare quell’ora e mezza di solitudine. Era curioso pensare a quanto avesse agognato un po’ di compagnia e quanto, ora che l’aveva, faticasse ad accettarla. La sua paura più grande si era trasformata in una sorta di momento privato, intimo, dove analizzare con calma e razionalità ciò che accadeva.
Terminò gli esercizi per la schiena e riprese a correre, questa volta ad un ritmo più lento, quasi trotterellando, diretta al grande arco ricoperto di rampicanti che segnava l’uscita del parco. Superò la piazza con la fontana e imboccò la prima strada sulla sinistra. A quell’ora la caffetteria su St. Peter Road non aveva ancora cominciato a riempirsi dei clienti del primo mattino, lasciandole abbastanza tempo per scegliere con quale prelibatezza fare colazione. Ordinò e in capo a pochi minuti era di nuovo in strada con un sacchetto di carta tiepido e profumato sottobraccio, diretta verso casa.
Casa.
Non credeva avrebbe mai potuto chiamare un posto con quell’appellativo. Rifugio, nascondiglio, ricovero, bivacco, buco, riparo, campo base. Questi erano stati i soli nomi con cui aveva potuto identificare uno spazio dove sperare di svegliarsi ancora viva. Ora, invece, aveva una casa. Due stanze con bagno e ripostiglio, piccole ma decorose, più che sufficienti a infonderle un senso di sicurezza e tranquillità che riteneva non avrebbe mai provato in vita sua. E poco importava se i figli dei vicini faceva baccano a ogni ora del giorno e della notte, se i mezzi della nettezza urbana le piazzavano fari e lampeggianti nelle finestre quando era ancora buio, o se dal ristorantino cinese arrivava odore di fritto anche la domenica mattina alle sette: erano tutti segni di un mondo nuovo, vivo, presente, attivo. Accogliente. Privo dei pericoli che l’avevano segnata e assillata troppo a lungo.
Estrasse dal sacchetto il caffè, facendo attenzione a non rovesciarlo, e spiò fra i tovagliolini che avvolgevano la brioche con crema allo zenzero. Non vedeva l’ora di addentarla.
Nadine ha ragione, pensò ingolosita. Queste cose biologiche sono davvero fantastiche. Chissà se a Corlen piacerebbero.
Si fermò, frugando gli angoli e le finestre degli edifici attorno, i contorni delle auto parcheggiate, come faceva sempre ogni volta che lui le veniva in mente. Per qualche strano motivo, aveva l’impressione che solo pensandolo l’avrebbe visto comparire dal nulla.
Esaltarsi per un dolce era un’altra di quelle piccole cose che ancora la stupivano, lasciandole un lieve senso di vertigine misto a nostalgia, che spesso la spingeva a interrogarsi sul come sarebbe potuta essere la sua esistenza se avesse seguito il suo ex-comandante, ex-quasi assassino, ex-compagno d’avventure e amico.
Smettila. Ora lui è con i Kolak, nel suo nuovo mondo. Questo è il tuo nuovo mondo, quello dove hai scelto di ricominciare; è la tua nuova vita, non puoi sempre metterlo in mezzo anche se ti manca, si rimproverò. Fagli vedere che te la sai cavare da sola, ecco cosa devi fare. Per dimostrargli che ti ha addestrata bene, ma soprattutto per dimostrare a te stessa che sai sfruttare questa chance.
Sorrise ai suoi buoni propositi ancora in forma embrionale, ma più di tutto al tepore che dal recipiente s’irradiava lungo le dita. Stava per sorseggiare il caffè, quando un singolo colpo di sirena alle sue spalle la obbligò a rinviare. Sapeva fin troppo bene a chi apparteneva. Si voltò a guardare il pick-up d’ordinanza parcheggiare con due ruote sul marciapiede, rischiando d’investirla.
«Signorina Walker» salutò l’uomo che ne scese, toccando appena la tesa del cappello.
«Sceriffo Anderson» replicò a sua volta, chinando appena il capo. «A cosa devo l’onore?»
«Oh, nulla in particolare. A parte… quello» disse con aria piuttosto cupa.
La donna abbassò lo sguardo sul sacchetto che reggeva in mano, perplessa.
«La mia colazione?»
«Sì. In particolare il contenitore sospetto che ha nella sua sinistra».
Titubante, Alexis gli porse il grosso bicchiere di carta decorato con il logo della caffetteria. Timmi tolse il coperchio di plastica che svanì nel suo palmo un istante dopo. Poi, sotto gli occhi esterrefatti della donna, tracannò una lunga sorsata che con ogni probabilità avrebbe finito col dimezzare il contenuto.
«Caffè alla cannella con panna fresca e miele. Certo che hai proprio dei gusti strani!» commentò storcendo il naso mentre glielo restituiva.
Lei ci guardò dentro e scoprì d’essersi sbagliata: era quasi vuoto, ne era rimasto per un paio di sorsi da comune essere umano. Le sarebbe toccato tornare indietro e fare la fila per averne un altro che, lo dava per scontato, non sarebbe stato servito con altrettanta cura.
«Pensavo ne volessi un po’, non che lo volessi tutto. E soprattutto non serviva tutta questa manfrina» lo redarguì.
Timmi fece spallucce sfoggiando una smorfia arrogante, sprofondando le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Lo so, ma intanto che aspetto Donovan con la mia colazione, ho pensato di approfittare» ridacchiò.
Alexis sgranò gli occhi.
«Vuoi dire che Xander è…»
«A fare spese dove hai preso quello schifo, sì. Ce l’ho spedito al volo quando ti ho vista uscire. Praticamente l’ho “invitato” a proiettarsi nella macchinetta per le spremute. E se non trova delle ciambelle decenti, saranno cazzi e doppi turni».
Detto ciò, si esibì in uno dei peggiori sbadigli con stiracchiata del suo repertorio.
Certe volte rimpiango che ad essere Sceriffo non siano Xander o Kyle, pensò Alexis, ma se penso a Timmi dentro “Antiqui Mundi”… no, meglio evitare o continuerò a tremare fino a stasera.
Il ricordo della forma demoniaca completa e fuori controllo dell’amico era ancora viva nella sua mente e immaginarla scatenarsi nella galleria d’arte e antichità le dava i brividi.
«Ancora non capisco il perché» sospirò scuotendo la testa.
«Perché il caffè mi fa schifo e le ciambelle fanno parte della dotazione standard della polizia cittadina degli Stati Uniti» sogghignò Timmi facendo un buffetto al distintivo.
«Intendo dire che non capisco perché lo tratti così. È il tuo migliore amico!» obbiettò.
Corlen - o Nightmare, come lo chiamava allora - non l’aveva mai vessata a quel modo, l’aveva trattata da sua pari nonostante lui avesse più anni e più esperienza. Certo, prima di rivedere le sue posizioni aveva tentato di ucciderla, però quella era stata un’altra storia.
«Semplice: sarà anche il mio migliore amico, ma io sono il capo dispotico e crudele che va assecondato se non si vuol fare una brutta fine. E sai di cosa sono capace» alluse perfido, lasciando che un leggero alone arancio si propagasse dalle sue iridi.
Gli occhi castani della donna si strinsero in due fessure indignate.
«Questo si chiama abuso di potere» ribatté aspra.
«Questo si chiama sfidare la mia pazienza, Agente Carrion Crow2».
«Questo si chiama “Timmi, adesso smettila”» sbuffò una voce strascicata alle sue spalle.
«Questo si chiama “Lupetto ridotto a pellicci-aaah!”» cantilenò voltandosi col pugno alzato e perdendo all’istante ogni belligeranza. «Forse era meglio zerbino o straccio da pavimento… che t’è successo?» commentò abbassando il braccio.
Con indosso un completo di lino grigio chiaro dal taglio classico e scarpe di pelle nuove di zecca, il fratello maggiore dello Sceriffo sarebbe stato un bel vedere per qualunque donna, tranne quella mattina. Sotto i capelli neri insolitamente ribelli, la faccia di Kyle somigliava in maniera impressionante a una maschera funebre: la pelle tirata e pallida faceva da contorno a vistose occhiaie e a un paio di graffi sul naso, che lo imbruttivano oltre misura.
«Consideralo un affettuoso saluto da parte dei tuoi nipotini. Stanotte hanno pensato fosse molto divertente darsi il cambio a ripetizione per tenerci svegli. Persino Adar Molok comincia a dubitare della progenie di cui va tanto orgoglioso. Nemmeno tu eri così pestifero alla loro età ed è tutto dire… Comunque, perdonate lo sfogo e buongiorno a entrambi» concluse, reprimendo educatamente uno sbadiglio.
«Buongiorno, Kyle. Un goccio di caffè?» domandò con gentilezza Alexis, porgendogli il bicchiere.
Il gallerista accettò di buon grado, salvo rivolgerle un’occhiata stranita quando notò la scarsità della proposta.
«Cosa? A lui lo offri e io devo chiederlo?» protestò Timmi piantando i pugni sui fianchi.
«A lui serve, tu lo hai preteso senza averne bisogno» precisò Alexis, chiarendo i dubbi di Kyle. «E prima di parlare, valuta esigenze e priorità imposte dalla situazione, calibra la spartizione delle energie in gioco».
La spiegazione, degna di un agente dell’NSA quale era stata l’alter ego di Alexis, lasciò interdetto lo Sceriffo per alcuni istanti. In quei rari attimi di mutismo, udì distintamente nella sua testa Gaeliath, Adar Molok e suo fratello sghignazzare. Era il suo tallone d’Achille: con le donne aveva enormi difficoltà a imporsi, se non in situazioni d’emergenza o potenzialmente letali.
«Questa poi… Donovan! Dove cazzo ti sei cacciato?» strillò lo Sceriffo girando sui tacchi e dirigendosi a passo di carica alla caffetteria.
«Lo sai che così rischi di farlo arrabbiare?» sospirò rassegnato Kyle, riconsegnandole il bicchiere senza nemmeno averlo toccato.
«Sono già morta due volte, cosa potrebbe farmi di più spaventoso?» sorrise per poi finire il caffè.

***

Da quando erano tornati dal Grande Vuoto, la vita di Alexis era radicalmente cambiata. Non solo aveva una casa degna di quel nome, un lavoro e amici che incontrava sani e salvi ogni giorno: ora poteva concedersi la possibilità di scherzare, fare esercizio per il semplice gusto di farlo, avere nuovi interessi che esulavano dall’escogitare metodi per sopravvivere,… persino il lusso di oziare.
Il lavoro stava cominciando a darle una certa stabilità economica, che le evitava di gravare sulle spalle di chi aveva vicino. E soprattutto, si trattava di un’attività che non causava dolore o morte. Tutt’altro: occuparsi del vivaio con Alis rappresentava un autentico toccasana, la faceva sentire utile, serena, inserita nella comunità cittadina e persino in quella magica che conosceva solo superficialmente.
Nonostante ciò, alcuni vecchi timori continuavano a perseguitarla. Gli sguardi della gente spesso la mettevano a disagio. Notavano i suoi capelli rossi, così simili a quelli della presunta cugina, per spostarsi subito dopo sulle cicatrici che la segnavano un po’ ovunque. Nessun abito la copriva mai abbastanza. I loro occhi sembravano tramutarsi in quelli bramosi e spietati dei mutanti di Salvation, con la differenza che quelle persone andavano a caccia della sua vita precedente e non della sua carne.
A chi aveva chiesto spiegazioni, Alis aveva raccontato che Alexis era stata coinvolta in un orribile incidente:
«Stava andando a trovare alcuni amici che vivevano fuori città, quando una macchina guidata da un ubriaco ha invaso la carreggiata. Per evitare un frontale, Alexis ha sterzato ma ha perso il controllo dell’auto ed è finita in una scarpata. Si è ribaltata così tante volte che, quando l’hanno tirata fuori, i soccorritori pensavano non sarebbe sopravvissuta con tutte quelle ferite…» e a questa pausa, le clienti più tenere di cuore quasi scoppiavano in lacrime dalla commozione e le rivolgevano espressioni cariche di compassione. «Invece, lentamente ha cominciato a riprendersi e si è ripresa bene, anzi, benissimo. Ero nel pieno della gravidanza quando è successo, e siccome tutti temevano che mi agitassi e perdessi il bambino, mi hanno tenuto all’oscuro della cosa fino alla nascita di Ray. Farla venire a vivere qui mi è sembrato il modo migliore per rimediare alla mia assenza e darle una mano perché non riusciva più a vivere là, il trauma è stato troppo grande, le impediva di vivere una vita normale. E io avevo bisogno di una mano».
Inutile dire che la frottola era stata studiata bene e i Donovan erano tra i cittadini più rispettati della città, ragion per cui era stata accettata senza destare il benché minimo dubbio. Xander aveva persino provveduto a modificare i ricordi dei suoceri per evitare gaffe e situazioni imbarazzanti.
Tuttavia, Alexis non riusciva a liberarsi dalla sensazione di essere scrutata con sospetto. Anche mentre correva alla fermata dell’autobus, zigzagando tra madri che accompagnavano i figli a scuola, corrieri, impiegati diretti agli uffici, sentiva su di sé l’ombra di domande senza risposta: è davvero chi dice di essere? Cosa faceva per vivere prima di arrivare qui? Perché ha quelle cicatrici ai polsi? Perché lo Sceriffo non perde occasione di starle addosso?
Persino il conducente, che a stento la guardò in faccia controllando l’abbonamento, sembrava rivolgerle mute accuse dal retrovisore. A volte aveva l’impressione di essere di nuovo nel campo base dei profughi alla Base Salvation. E a poco servivano le rassicurazioni di Alis e Nadine, che insistevano sul fatto che si trattasse di semplici paranoie dovute a ciò che aveva passato.
Lo so che non è così, che sto immaginando tutto. La gente di qui non ha motivo di porsi quelle domande. Dirmi che col passare del tempo me ne dimenticherò è una falsa speranza. Come posso non pensare a quello che ho vissuto? A quello che ho visto, fatto, affrontato e che mi ha quasi uccisa? Che ha ucciso persone alle quali avevo appena imparato a voler bene? rifletté stizzita. Ma perché non riesco a buttarmi tutto alle spalle? Io lo vorrei, lo vorrei davvero tanto, ma non riesco a fidarmi di… di qui. Di tutto quello che c’è da questa parte dell’universo. Degli universi. Perché è tutto così meraviglioso, pulito, che a volte mi sembra di sentire la mancanza di un posto come Salvation. Là non c’era nulla per me, solo morte certa. Eppure... eppure...
Prese dalla borsa l’iPod che Skadi le aveva regalato a Natale, infilò le cuffiette e chiuse i pensieri in un angolo a tenuta stagna della mente, lasciando che la voce calda e rassicurante di Kenny Rogers l’accompagnasse lungo il tragitto verso il vivaio.
Fuori c’era il sole e una bella mattina di metà maggio. L’aria era tiepida. Giardini, aiuole e parchi traboccavano di colori. Il sole scintillava riflesso nelle finestre e nelle vetrine. La gente chiacchierava sull’autobus, vedeva le bocche muoversi senza sosta. Alcuni gesticolavano allegri. Teste che annuivano. Risate.
Li invidiava. Avrebbe tanto voluto essere capace di comportarsi con altrettanta spensieratezza, di affrontare il trascorrere dei giorni nella banalità della routine, di sentire l’anima leggera. O, almeno, riuscire a percepire la presenza della propria anima. Per quanto s’impegnasse, dubitava di possederne una: a Salvation non c’era spazio per l’immateriale, la trascendenza, l’intimità dello spirito. Solo tecnologia, angoscia, metallo e morte. Le mancava un’educazione in quel senso, e per quanto le amiche si prodigassero ad aiutarla, sapeva d’essere ancora molto lontana dal capire. Di quel viaggio aveva compiuto solo pochi, incerti passi.
L’autobus imboccò una curva e le ultime villette sparirono, lasciando spazio ad un tripudio di verde. Smeraldo, salvia, bandiera, pistacchio, lime, petrolio, bottiglia, muschio,… una tavolozza infinita di sfumature che segnavano la fine dell’abitato e il dominio delle colture prima e della natura poi. Natura cui però mancava una nota.
Una nota precisa che rintoccò vivida nella testa di Alexis.
All’improvviso ricordò la data di quel giorno e un sorriso si allargò sulle sue labbra insieme al brivido che la percorse da capo a piedi. La pienezza della primavera sembrò esploderle dentro e dilagare, cancellando ogni peso.
«Arriva oggi!» sussurrò entusiasta.


1 Ioho - Tasso: Associato all'immortalità. Ciò dipende dalla modalità in cui si sviluppa e cresce: nel corso degli anni il tronco centrale invecchia e quelli interni muoiono ma all'esterno di questo tronco se ne sviluppa un altro che non sarà distinguibile da quello vecchio e così via. Rappresenta la rinascita continua di ogni cosa e vi indica che forse prenderete una decisione sbagliata ma riuscirete comunque a rimediare ai vostri errori.
2 Carrion Crow: Cornacchia.


Writer's Corner.
E dopo la storia per Carlos Olivera, torno con una "su ordinazione" di Shade Owl (cui va un grazie in anticipo per le osservazioni e le rettifiche in fase di stesura) ed è ispirata alla sua serie Crossgames che trovate qui su EFP. Non è la prima volta che mi cimento con i suoi personaggi e in questa storia vedrete protagonista Alexis, la sopravvissuta di Base Salvation. Ma l'avevate già capito, no?
Spero sia l'ultima parentesi di pausa prima della ripresa delle mie originali: ogni tanto serve cambiare registro, ma è ora di tornare nei miei mondi dopo queste incursioni!
Come potete intuire dal titolo della storia e del capitolo, il mondo celtico avrà un certo peso ma non vi svelerò di più. Scoprirete seguendo le vicende di Alexis di cosa si tratta. Buona lettura!
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ely79