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Autore: _Wild_Heart    09/10/2014    2 recensioni
"La vibrazione insistente faceva tremare il cuscino sotto il quale aveva nascosto il suo telefono sperando che a nessun altro potesse giungere quel richiamo all’avventura. Sì, avventura, perché era di questo che si trattava infondo. Nessuna certezza e nessuna raccomandazione. Solo una promessa che sembrava provenire da un’altra vita."
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due.
“May I see your tickets?”

   «Ragazzi credo che non torneremo subito a casa»
James mostrò i biglietti e mentre i suoi amici li osservavano cercando di capire qualcosa, James fece cenno ad una cameriera che si avvicinò al loro tavolo porgendo dei menù. James la osservò e cercò di individuare i tratti tipici delle ragazze mediterranee. Era magra ma allo stesso tempo atletica e sotto il grembiule rosso indossava un paio di shorts e una canottiera verde che metteva in risalto i suoi occhi scuri, quasi neri. Il suo viso tondo e abbronzato era incorniciato da alcuni ciocche di capelli neri che le erano sfuggite dall'acconciatura. Consegnando il menù a James le sue labbra carnose si aprirono in un sorriso smagliante. James senza neanche rendersene conto cercava delle somiglianze con la ragazza che gli aveva consegnato la lettera. Si era reso conto di non averle dato abbastanza importanza. Non le aveva chiesto neanche il suo nome nonostante avesse deciso di partire con i biglietti che lei gli aveva portato. Cogliendo l'occasione al volo James decise di chiedere informazioni alla cameriera, cercando di parlare il più lentamente sperando che lei capisse la sua lingua.
«Scusami, posso chiederti una cosa? »
Vedendo che la ragazza gli aveva risposto affermativamente e con una splendida pronuncia si sentì rincuorato.
«Sai per caso dirmi qualcosa sulla ragazza che era seduta qui con noi? »
Intanto Brad e Tristan sentendosi chiamare in causa avevano smesso di parlottare.
«Echo? Scusate come potete non conoscerla se è stata lì a parlare con voi? »
«E' una storia lunga. Sai dirci altro su...Echo? »
«La conosco da quando è iniziata l'estate. È qui per studiare arte, è una pittrice favolosa. Viene spesso qui. Mi è simpatica. Guarda questo lo ha fatto lei»
La ragazza avvicinò il polso alla faccia di James che vide un disegno molto complicato. Rappresentava una rosa incastrata in una rete sottile e argentata.
«Ovviamente lei ha fatto solo il disegno, poi il tatuaggio è stato fatto da un mio amico»
«Grazie delle informazioni... »
«Rosa, mi chiamo Rosa»
«Beh grazie Rosa, diamo un'occhiata ai menù»
«Certo appena siete pronti per ordinare chiamatemi»
Rosa si allontanò dal loro tavolo con passo veloce e corse verso la cucina. James, adesso che sapeva almeno qualcosa sulla sconosciuta, si sentiva meglio.
«Adesso che si fa? » chiese Brad rivolgendosi ai ragazzi, ma principalmente a James.
Quest'ultimo rispose con una scrollata di spalle aggiungendo che prima di tutto aveva bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Ma notando la mal celata preoccupazione dei suoi compagni, disse che avrebbero usato quei biglietti. Il treno sarebbe partito la mattina seguente, perciò avevano ancora tempo per decidere bene le loro mosse. Sia Brad che Tristan sembrarono sollevati nel constatare che James si fosse calmato ed era tornato a ragionare. Subito dopo si gettarono alla ricerca di qualcosa da ordinare. Al cenno di James, Rosa sgusciò attraverso i tavoli dalla sala più grande per arrivare da loro. Accolse le loro ordinazioni sorridendo e complimentandosi per le ottime scelte. Brad notò che nei suoi atteggiamenti c'era qualcosa di studiato, come se quello di cameriera premurosa fosse un ruolo.
Brad amava soffermarsi a guardare le persone per scoprire qualcosa su di loro. Riusciva sempre a leggere gli altri come un libro aperto. Chiunque fosse diverso da quelli che conosceva lo incuriosiva. Fin da bambino aveva avuto l'occasione di conoscere persone di qualsiasi cultura. I suoi genitori erano imprenditori e molto spesso organizzavano eventi a casa loro in cui si riversavano i soggetti più disparati. Brad aveva sempre adorato questo aspetto della sua vita, ma se da una parte il lavoro dei suoi genitori per lui era un'opportunità per incontrare gente nuova, dall'altra parte li teneva via da casa molto spesso. Brad , ricordò con una fitta allo stomaco, aveva passato soltanto due volte il Natale con i suoi genitori. Una volta a sette anni e una volta a dieci. Il resto delle volte passava la vigilia a casa con la tata di turno e il giorno dopo l'autista di suo padre passava a prenderlo per portarlo a casa dei suoi nonni. Si potrebbe dire che se non fosse stato per i suoi amici la sua infanzia non sarebbe stata un granché. Brad aveva sempre invidiato il rapporto di Connor con la sua famiglia. Quando aveva visto l'angoscia sul volto della signora Ball, si era immediatamente chiesto se sua madre avrebbe mai reagito così se fosse stato lui quello a scomparire. Posando sul piatto ricolmo di lasagne la sua forchetta, ingoiò in fretta un boccone ustionante di pasta.
«Non credete che dovremmo dire ai genitori di Con che abbiamo delle novità?»
Tris annuì pensieroso e senza aspettare una risposta da James estrasse il suo telefono dalla tasca. Trafficò con la rubrica e fece partire la chiamata. La signora Ball rispose al primo squillo.
«Si, sono Tris. Allora crediamo di sapere dove sia andato Connor. Andremo lì domattina. Non è molto lontano da qui. Non si preoccupi è meglio se ce ne occupiamo noi. Le daremo notizie il prima possibile. Certo, a presto.»
«Non è molto lontano da qui?!» esclamò Brad non appena Tristan ebbe riattaccato.
«Non potevo dirle la verità! Le sarebbe venuto un infarto! Almeno così avremo tutto il tempo di indagare per conto nostro. Si fida di noi.»
«Certo e noi le stiamo spudoratamente mentendo»
«Brad, secondo me Tris ha fatto bene a non dirle dei biglietti e di Echo. Se lo sapesse non ci darebbe il permesso di andare»
«Va bene. Sbrighiamoci a finire e torniamo in albergo per decidere cosa fare»
Brad si era arreso e tornò a tuffarsi nel suo piatto di lasagne.
La mattina dopo fu un'impresa sgattaiolare fuori dalla loro stanza senza farsi sentire dai signori Ball. Se li avessero visti uscire con i bagagli si sarebbero certo insospettiti e i ragazzi non avevano bisogno di bastoni tra le ruote. Una volta in strada, con i loro zaini sulle spalle e lontani dall'albergo i tre tirarono un sospiro di sollievo. Visti da fuori, in marcia verso la stazione, potevano sembrare dei normali turisti. Ma invece si ritrovavano ad essere in missione segreta alla caccia del loro migliore amico. Mentre James e Tristan non erano particolarmente felici di camminare in mezzo alle strade affollate, Brad si guardava intorno come un bambino. Si divertiva a cogliere le differenze nei volti e a cercare di riconoscere le miriadi di accenti che gli passavano accanto. Seguendo le indicazioni di un gentile e paffuto ristoratore munito di folti baffi neri, i ragazzi avevano preso un autobus stracolmo per arrivare alla stazione da cui sarebbe partito il loro treno. Tristan rimase colpito da come viaggiassero abitualmente le persone in quella città. A casa non capitava mai di vedere una persona in piedi per mancanza di posti su un autobus, mentre a Roma viaggiare in piedi e appiccicati l'uno all'altro sembrava le regola. Tristan era schiacciato da una famiglia di turisti tedeschi e sembrava quasi uno di loro con i suoi capelli biondi e la pelle diafana. Brad e James ridevano a crepapelle vedendo il disagio dell'amico e James con dei movimenti veloci aveva anche immortalato con il telefono il suo amico schiacciato dall'omone alle sue spalle. Quando le porte si aprirono e finalmente scesero davanti all'ingresso della stazione, Tristan lanciò un grido di gioia causando l'ilarità di alcuni passanti. Dopodiché si lasciarono trascinare dalla folla all'interno. Quel luogo era immenso e non si scorgeva neanche una porzione di pavimento che non fosse occupata da viaggiatori in attesa. Sui corridoi si affacciavano i negozi più disparati. Dagli altoparlanti venivano annunciati i treni in partenza in diverse lingue, ma tutti con lo stesso tono strascicato e annoiato, come se la persona che faceva gli annunci si fosse appena svegliata. I ragazzi cercavano di individuare un monitor che indicasse le partenze e i rispettivi binari. Lo trovarono soltanto seguendo la famiglia di tedeschi che aveva “adottato” Tristan durante il tragitto. Alla partenza del treno mancavano venti minuti, ma decisero comunque di iniziare ad andare verso il binario, per sicurezza. Scoprirono di dover arrivare dall'altra parte della stazione. Le indicazioni non erano molto chiare. Spesso i cartelli si interrompevano per ricomparire poi in percorsi del tutto impossibili da seguire. Fatto sta che arrivarono al loro binario con il fiatone e con le braccia doloranti a forza di trascinare i loro bagagli. Consegnarono i loro biglietti al capotreno che gli indicò una carrozza in coda. Molti passeggeri erano già ai loro posti e loro controllarono i numeri sui loro biglietti. Tristan e James ne avevano due vicini, mentre Brad si sedette alle loro spalle accanto ad un posto vuoto. James si chiese se la disposizione dei posti fosse casuale. Tristan si lasciò cadere sul sedile imbottito sbuffando. Lui odiava viaggiare in treno, preferiva di gran lunga i rapidi e indolore viaggi in aereo. James sorrise e si sedette accanto a lui scompigliandogli i capelli. Brad d'altro canto adorava i lunghi viaggi. Gli davano l'idea dell'avventura e in qualche modo si sentiva come un viaggiatore del passato che pregustava le meraviglie che avrebbe scoperto in un lento e rilassante viaggio. Si accomodò sul sedile accanto al finestrino e allungò le gambe cercando una posizione confortevole. Dopo neanche un istante si mise a cercare il suo I-pod all'interno del suo zaino. Con le cuffie ben assicurate nelle orecchie poggiò la testa al vetro e chiuse gli occhi. Sentiva lontanamente James e Tristan che discutevano sull'efficienza delle ferrovie italiane quando scivolò tra le braccia di Morfeo. Nell'ultimo paio di giorni non aveva riposato molto e solo allora si rese conto di quanto fosse stanco. Il suo sonno non fu affatto tranquillo, una serie di incubi si susseguirono senza pietà alcuna. Alla fine si svegliò di soprassalto spalancando gli occhi. Avvertiva un peso sulla sua spalla sinistra e scostò il capo dal finestrino voltandosi. Quel peso si rivelò essere una persona. Una ragazza si era addormentata letteralmente su di lui. Delle cascate di capelli color cioccolato incorniciavano un volto tondo e dalla carnagione chiara. Le ciglia lunghe creavano lunghe onde sugli zigomi e le labbra rosee erano appena dischiuse. Brad sentiva su di sé il profumo dei capelli della ragazza, un qualcosa di fruttato, probabilmente agrumi. Le sue mani, sottili e bianche, erano appoggiate in grembo sopra un'enorme borsa di tela multicolore. Brad adesso ascoltava il respiro regolare di quella sconosciuta e come se ricatturato da un'improvvisa sonnolenza poggiò il capo su quello di lei e chiuse di nuovo gli occhi. Facendo ciò sentì il fastidio dell'auricolare sinistro e con un gesto secco staccò il cavo dall'I-pod mettendo fine al sottofondo musicale che era diventato un fastidio. Un sobbalzo lo riportò a svegliarsi. La sua vicina si era svegliata colpendo con la testa la guancia di Brad. Entrambi scattarono allontanandosi. Ancora insonnoliti si squadrarono. Brad ora poteva dare un colore a quegli occhi che vedeva per la prima volta spalancati: erano di un azzurro chiaro, quasi grigio. Non sembrava sorpresa di vederlo, ne tanto meno imbarazzata di essersi addormentata su di lui. Spostò i lunghi capelli mossi su una spalla e sorrise. Nonostante avesse visto Brad in fotografia molte volte si soffermò su ogni particolare del suo viso come se dovesse riconoscerli tutti. Dai capelli ricci e disordinati fino al mento arrotondato. Sì, era veramente lui.
«Sei Brad non è vero?»
Brad sentì un tuffo al cuore quando quella sconosciuta lo chiamò per nome. Non credeva di essersi presentato mentre era addormentato. Poi una consapevolezza iniziò a farsi strada nel suo cervello. Non era possibile che quella fosse una casualità. Prima Echo, poi i biglietti e ora una ragazza che finiva seduta vicino a lui e che conosceva il suo nome. Quello doveva essere parte del piano che qualcuno aveva ideato affinché partissero tutti insieme. La stessa persona che aveva scritto la lettera e aveva messo Echo sul loro cammino aveva fatto in modo che Brad si trovasse lì accanto a lei.
«Sì. Tu chi sei? E come mi conosci?»
«Sono Lucinda. Lucinda Darwin»
Lucinda tese una mano verso Brad aspettando che lui la stringesse. Quando vide il ragazzo esitare la ritrasse e iniziò a cercare qualcosa nella sua borsa.
Brad notò che le mani di Lucinda tremavano e si sentì in colpa per non averle stretto la mano. Evidentemente lei era a disagio quanto lui. Si portò una mano alla nuca cercando di sorridere per nascondere il suo imbarazzo. Stava per dirle qualcosa quando Lucinda estrasse dalla sua borsa una lettera. La lettera era identica a quella che aveva ricevuto James. Stessa carta e stessa calligrafia Ma questa volta c'era il suo nome sopra.
«Lucinda chi ti ha dato quella lettera?»
Lucinda rigirò la busta tra le mani porgendogliela.
«Non posso dirtelo. Per favore leggila»
Brad allungò la mano e prese la busta sfiorando le dita di Lucinda. All'improvviso pensò che i suoi amici non erano molto distanti da lui e si voltò per cercarli, ma i loro sedili erano vuoti. Avrebbe dovuto aprirla da solo. Questa volta nella busta non vi era nessun biglietto, ma un singolo foglio di carta ripiegato. Lesse la lettera sotto gli occhi attenti di Lucinda. Il suo cuore batteva all'impazzata ed avrebbe giurato di sentire anche quello di Lucinda, se la cosa non fosse stata scientificamente possibile.
 
Caro Brad,
adesso ti starai chiedendo a che gioco sto giocando. Se hai ricevuto questa lettera vuol dire che James ha accettato la sua. Questa volta però la cosa più importante non è la lettera, ma colei che te l'ha consegnata. Ti chiedo solamente di starle vicino e di provare a conoscerla. Imparerai moltissimo da lei ed è questo quello che voglio che tu faccia. Perciò ti prego di non abbandonarla e di portarla con voi alla vostra destinazione. So che crederai che io sia un pazzo ma a suo tempo capirete tutte le mie scelte. Vi prego ancora di ricordare che lo sto facendo per voi. Pian piano ti accorgerai che tu hai bisogno di Lucinda almeno quanto lei ha bisogno di te. Lei ha molto da insegnarti.
Sperando di vederti presto insieme ai tuoi amici,
Con affetto,
un tuo caro amico
 
Brad finì di leggere e alzò lo sguardo verso Lucinda. Che cosa avrebbe dovuto imparare da lei? Gli sembrava una ragazza del tutto ordinaria. Lei lo guardò sorridendo e Brad si rese conto che ogni volta che lo faceva, quel sorriso non raggiungeva mai i suoi occhi. In quegli occhi così freddi c'era come un persistente velo di tristezza e Brad non fece altro che sentirsi ancora peggio per come l'aveva trattata. Ripiegò la lettera e la mise nella tasca dei suoi jeans. Poi si rivolse a lei.
«Piacere di conoscerti, Lucinda. Io sono Brad, Brad Simpson»

James aveva perso di vista Tristan quando si era allontanato per andare in bagno. Una mezz'ora prima lui e Tristan si erano alzati dai loro posti per andare a fare colazione nella carrozza ristorante. Avevano visto Brad e la ragazza addormentati, e davanti ad una scena simile non avevano avuto il coraggio di svegliare il loro amico. Una volta giunti a destinazione si erano seduti ad un tavolo vicino ad uno dei finestrini e avevano ordinato dei pancakes e del caffè. Dopo aver finito il loro pasto, James aveva annunciato di dover andare in bagno al suo amico, il quale aveva risposto con qualcosa simile a: “vai, non ho nessuna intenzione di venire con te”. James allora si era alzato ridendo ed era partito alla ricerca della sua meta. Adesso vagava per la carrozza ristorante, ma di Tristan non c'era nessuna traccia. Probabilmente era tornato al suo posto. James decise di prendere un altro caffè visto che si sentiva assonnato come non mai. Si sedette al tavolo dove era prima e attese che qualcuno andasse a prendere il suo ordine. Tirò fuori dalla tasca la lettera per l'ennesima volta. Aveva i bordi consumati ormai e la rilesse un paio di volte. Chissà dove si trovava Connor e chissà per quale scherzo del destino li aveva messi in quella situazione. Qualcosa dentro di sé gli diceva che Con stava bene, ma finché non lo avesse visto con i suoi occhi non ne sarebbe stato certo. Connor non era mai stato un tipo amante dell'avventura. Certo non programmava tutto come lui però non era neanche il tipo che sparisce nel cuore della notte in una città straniera. Più volte aveva cercato di pensare ad un motivo che avesse potuto spingere Connor a fare quello che aveva fatto, ma non era ancora riuscito a trovare una teoria soddisfacente. Lui, Brad e Tristan erano i suoi migliori amici e non si capacitava del fatto che Connor non li avesse messi al corrente dei suoi piani. Una vocina nella sua testa però gli disse che invece l'aveva fatto. In effetti c'era stata la storia dell'indirizzo per l'appuntamento con Echo. Echo. James era convinto che Connor non avesse mai nominato quella ragazza. Voleva scoprire che rapporto c'era tra quei due. Lei aveva il libro di Connor. Il suo amico era sempre stato geloso delle sue cose, ma quella ragazza leggeva la sua copia di 1984. Era sicuro che ci fosse un enorme mistero dietro la scomparsa del suo amico ed era determinato ad andare fino in fondo. Trangugiò il caffè che intanto gli era stato portato e si alzò per andare a pagare al bancone. L' unica cosa da fare era tornare dai suoi amici perciò iniziò a percorrere tutte le carrozze in senso contrario. Nel vagone prima del suo una cosa catturò la sua attenzione. Su una poltrona era poggiata una borsa e accanto ad essa vi era un libro. Un libro con un adesivo a forma di C. Quello era il libro che aveva visto leggere da Echo, ma la ragazza non era lì. Senza pensarci due volte si sedette nella poltrona accanto a quella e attese. Ora nella sua mente si affollavano innumerevoli domande. Cosa ci faceva Echo su quel treno? Li stava seguendo? James si coprì la testa con il cappuccio della sua felpa e poggiò il capo sul poggiatesta rivolto verso il finestrino, così da nascondere il volto a chiunque si fosse seduto al posto di Echo. Poco dopo sentì il rumore di qualcosa che veniva buttato a terra, probabilmente una borsa. Con un movimento lento si voltò e tirò giù il cappuccio. Si trovò davanti al volto sorpreso di Echo. Evidentemente l'aveva spaventata. Lei sussultò e cercò di dire qualcosa balbettando.
«Mi hai spaventata. Cosa ci fai qui?»
«La domanda è cosa ci fai tu qui. Non sapevo avessi un biglietto anche tu»
Prima che Echo potesse ribattere un uomo corpulento e in divisa azzurra li interruppe.
«Posso vedere i vostri biglietti?»


Note delle autrici:
salve di nuovo a tutti, cari amici!!! Scusate l'immenso ritardo, ma volevamo scusarci per bene visto che questo periodo siamo impegnate con la scuola a tempo pieno (ultimo anno e poi stop, maturità arriviamo!!). Comunque, quello che volevamo sottolineare è che, come vedete, anche questa storia si incentra su tutti i ragazzi e non solo su uno di loro (abbiate pazienza, è difficile scegliere). Quanto ai personaggi: dunque, Brad è un Brad un po' diverso dall'altra volta - o forse neanche molto - e piano piano scoprirete lati della sua personalità a nostro parere molto interessanti (speriamo); per quanto riguarda Lucinda, beh lei è un personaggio un po' particolare, poi capirete... Ad ogni modo, secondo la nostra mente contorta dovrebbe somigliare in tutto e per tutto a Birdy (cliccate sempre sul nome, per la foto).
Ok, dopo queste note lunghe quanto una quaresima, ci sentiamo al prossimo capitolo.
PER FAVORE, non scordatevi di lasciare qualche recensione, almeno per farci sapere se la storia vi piace.
A presto :)
  
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