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Autore: indiceindaco    10/10/2014    5 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
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XXII Whiskey.
 
 
 
“Bevo a una casa distrutta,
Alla mia vita sciagurata,
A solitudini vissute in due
E bevo anche a te:
All'inganno di labbra che tradirono,
Al morto gelo dei tuoi occhi,
Ad un mondo crudele e rozzo,
Ad un Dio che non ci ha salvato.”
 
Ultimo brindisi,
Anna Achmatova.
 
 
L’incedere insistente dei passi, con quel rumore cupo e profondo, accanto a lui sembrava ricordargli che non era da solo, sebbene l’oscurità gli impedisse la vista. Il silenzio intorno a lui era violato solo da quel costante e ritmico andare. Camminava nel buio, forse per quella ragione non aveva alcuna ombra di dubbio sulla direzione. Gli pareva come di aver già percorso quel sentiero, di aver già sentito lo scricchiolio delle foglie sotto le suole, di esser già rabbrividito al suono ovattato del vento, leggero come un sibilo. Un sibilo che portava con sé la memoria di un imperativo, un ordine inflessibile e spoglio di alcuna umanità. Non vedeva nulla ma sapeva dove era diretto. E quando, sul ciglio della foresta, dove finalmente la luna poteva illuminare una strada, vide la piccola casa in legno, il bianco dello steccato gli ferì lo sguardo. Una mano si poggiò sul suo braccio, e gli sembrò di conoscere da sempre quella sensazione: quella morsa alla bocca dello stomaco, quell’urgenza di voltarsi e tornare indietro che si mescolava al dovere, all’amarezza. Lì sulla strada, sentì ancora una volta di non aver via d’uscita, di non poter tracciare un percorso differente.
Abbandonò la coscienza sfiorando il porta ombrelli all’ingresso, spingendo la pesante porta e calpestando un ‘Benvenuto’ mai stato più inopportuno.
La casa era immersa nella penombra greve dei raggi lunari, e quando finalmente ci fu luce, un odore acre e pungente si impossessò delle sue narici. Il crepitio disperato ed il calore lo spinsero ad inoltrarsi lungo lo stretto corridoio, per imboccare le scale e salire al piano di sopra. Qualcuno gli dava le spalle adesso, e poteva sentire urlare, ma non coglieva alcuna parola. Solo fiamme, dalla sua bacchetta. Quella era l’unica cosa che distingueva chiaramente, ma era come se l’incantesimo fosse stato scagliato da qualcun altro, come se lui si trovasse altrove, estraniato da se stesso. Continuava a camminare, meccanicamente e freneticamente, sbattendo le porte, rovesciando mobili, increspando il bordo naturale delle cose con cui entrava in contatto, rovinandole per sempre. Contaminava ciò che entrava in contatto col suo tocco. L’aria era satura di cenere e di fumo, acre ed urticante, gli mancava il respiro. Di lì a poco l’incendio avrebbe profanato quella che doveva essere stata una piccola oasi felice. Qualcosa attirò la sua attenzione, all’interno di una delle camere in fondo al corridoio. Tra le fiamme, un paio di occhi, colmi di lacrime e un lamento acuto, come una nenia disperata. Le manine tremanti si tendevano verso la porta, un grido d’aiuto di una piccola creaturina ancora incapace di articolare alcuna parola. Per un attimo, uno soltanto, esitò. Bastava tendere la propria mano e raccogliere quella del bambino che sembrava implorarlo, bastava tener salda la presa sul proprio cuore e decidere di rischiare.
 
-Dobbiamo andarcene …
 
Quella voce, lo raggiunse, glaciale e tagliente, a dispetto delle fiamme che cercavano di artigliargli la pelle.
-C’è un bambino.
Dubitò di aver realmente articolato a voce alta quel pensiero. Quello sguardo annegato fra le lacrime continuava a richiamare la sua attenzione, luccicando speranzoso, implorando pietà. Chiuse gli occhi, combattuto, sul ciglio della porta, ad un passo dalle fiamme. Da quelle manine pallide. Prima ancora di poter compiere una scelta, di poter razionalizzare sulle possibili conseguenze, si sentì trascinare indietro, di nuovo sulla strada.
Quando ebbe il coraggio di guardare, l’unica cosa che vide fu un’esplosione, e in quell’esplosione gli occhi del neonato che non aveva avuto il coraggio di salvare.
 
Si svegliò di soprassalto, ritrovandosi seduto sulle lenzuola aggrovigliate, ansimando, con il terrore cieco di chiudere gli occhi e rivedere quelli della piccola vittima che aveva condannato a morte. Cercò di calmarsi, di regolare il respiro, artigliando le coperte.
-Era solo un incubo. Il solito incubo. Non è niente. Adesso passa. Passa sempre…Passa.- si disse con voce flebile, guardando con orrore le proprie mani davanti a sé, che non accennavano a smettere di tremare.
Quando ebbe il coraggio di chiudere gli occhi, indovinò attraverso le palpebre chiuse, i colori rosati dell’alba che stava arrivando.
No, non sarebbe passato.
 
***
 
-Oh ma insomma! Un attimo, no? Sto arrivando!
La voce irritata di Harry, dalle scale, non era minimamente paragonabile al suo malumore quando, aprendo la porta, si ritrovò di fronte al motivo di tutto quel frastuono mattutino. Era da quindici minuti buoni che la mano di qualcuno stava incollata al campanello di casa sua, e quello non era esattamente il genere di risveglio che Harry amava. Niente, in confronto al sorriso imbarazzato che gli stava davanti.
-Ehm…b-buongiorno. Scusa, è molto presto, e magari stavi dormendo ma…
Ron, visibilmente a disagio, lo guardava come fosse un raro animale, incapace di continuare a proferir parola. 
-Sì, stavo dormendo e sì, mi hai svegliato e…sì, entra- disse Harry stancamente, passandosi una mano tra i capelli. Poi si scostò dalla porta e fece per andare verso la cucina, ma Ron richiamò nuovamente la sua attenzione:
-Credo che…insomma, magari…Sai, non sono solo e…- il ragazzo deglutì a vuoto quando Harry, voltatosi verso di lui, lo guardò con un sopracciglio inarcato ed un’aria interrogativa.
-B-beh, sei in mutande, amico…Non credo sia il caso…Magari…Ecco, noi entriamo e mettiamo su l’acqua per il thé, tu puoi magari…vestirti? Nel senso…Miseriaccia!- disse Ron in un fiume sconnesso di balbettii imbarazzati, per poi bloccarsi e guardare oltre la sua spalla dicendo: -Te lo avevo detto che non sono bravo con queste cose!
Harry lo guardò sempre più perplesso, finché da dietro Ron, Hermione non fece capolino, tenendo gli occhi bassi.
-Oh…- fu tutto quello che Harry fu in grado di dire.
-Scusaci se siamo qui a quest’ora…ma sai, sono di turno al mattino questa settimana e non volevo rimandare oltre. Ti spiace se entriamo? 
Harry annuì di riflesso e inebetito da quella situazione del tutto inaspettata, fece un passo indietro. Sapeva quanto Hermione fosse orgogliosa, per cui non avrebbe mai preso in considerazione l’idea che potesse essere proprio lei a buttarlo giù dal letto per chiarire la discussione avuta la sera di Halloween. Perché era sicuro fosse quello il motivo della visita dei suoi migliori amici, non poteva essere altrimenti eppure, nonostante l’ovvietà dei fatti, Harry non riusciva a credere che proprio Hermione potesse fare il primo passo. Sapeva che avrebbero chiarito, che si trattava solo di un paio di giorni, ma aveva inconsciamente immaginato che fosse Ron a far da tramite, per sistemare le cose e far in modo che i due amici si riappacificassero. Lo aveva dato quasi per scontato.
Mentre infilava una maglietta raccattata a caso dall’armadio, Harry si chiese il perché di quella formalità nel tono dei suoi due migliori amici, considerando strana anche la richiesta di Ron. Doveva essere il suo sesto senso, ma c’era qualcosa che non quadrava, qualcosa di diverso. Scese in fretta le scale, dopo essersi vestito, e raggiunta la cucina si bloccò sullo stipite della porta, sorprendendosi ad osservare i suoi amici indaffarati con la teiera. Fu allora che notò la mano di Ron sul fianco di Hermione e gli sfuggì un sorriso soddisfatto.
-Ehi…- disse semplicemente, attirando l’attenzione.
Ron lo guardò, sorridendo, sempre con un’ombra di disagio ed incertezza, ed Hermione volle finalmente alzare lo sguardo, rivelando inconsapevolmente quanto le fosse mancato Harry. C’era ancora dell’imbarazzo, palpabile: loro due in cucina, che armeggiavano con tazze e acqua bollente, e lui sulla soglia, a guardarli da lontano, ma non troppo. Così Harry decise di rompere il ghiaccio:
-Herm, credo che Ron cerchi di avvelenarci…O ha un modo alternativo di zuccherare il thé. Per me niente pepe, grazie, amico!
Ron portò l’attenzione sulla propria mano, che maldestramente stringeva il piccolo contenitore del pepe, e riguardando Harry, scoppiò a ridere, contagiando tutti. Poi, senza troppe parole o spiegazioni, semplicemente e spontaneamente, tutti e tre si ritrovarono a condividere lo stesso sorriso divertito. Come se nulla fosse mai successo.
 
***
 
Il ghiaccio tintinnava nel bicchiere, mentre le dita affusolate ne stringevano la superficie levigata e trasparente, e la mano, con movimenti assorti, faceva vorticare docilmente il contenuto.
-Incendiario alle nove del mattino?
La domanda di Blaise gli giunse come ovattata, distante.
Draco alzò lo sguardo davanti a sé, sfoderando il migliore dei suoi ghigni.
-Incendiario alle nove del mattino.- rispose lapidario.
Blaise si accomodò sulla poltrona in pelle, poco lontano da lui, e lo squadrò, dissimulando quella nota di preoccupazione che per un attimo era sfuggita dai suoi occhi scuri.
-Immagino tu abbia già stabilito la data del trasloco.- disse cautamente l’apprendista medimago, -Il Ministero ha prorogato il pignoramento e l’offerta pubblica fino alla fine di novembre, no? Dovresti cominciare a predisporre tutte le faccende…Sai, far le valigie ad esempio. Con un po’ di fortuna riusciremmo a sbrigare il tutto in un paio di giorni al massimo e…-
D’improvviso si interruppe bruscamente, rendendosi conto che Draco non lo stava minimamente ascoltando. Blaise odiava dover riportargli alla mente la realtà dei fatti, odiava dover fare la parte dell’amico coscienzioso e sempre controllato, ma sapeva che era sempre stato l’unico a poter esercitare quel ruolo, a tener Draco ancorato alla realtà. Adesso non era più tanto sicuro. Solitamente Draco liquidava il discorso, lasciandogli intendere che avrebbe riflettuto sulla questione, o al massimo si lasciava sfuggire qualche frase rancorosa e sarcastica. Adesso sembrava non considerarlo nemmeno, come se Blaise non fosse lì, al suo fianco.
-Cosa c’è che non va?- disse, dopo un profondo sospiro, passandosi una mano sul viso.
Draco lo guardò negli occhi, come se fosse trasparente, cercando qualcosa attraverso lo sguardo del suo migliore amico. Blaise si sporse e gentilmente sfilò il bicchiere dalla mano dell’amico, abbandonandolo sul tavolino, per poi richiamare la sua attenzione:
-Ci può essere una soluzione. Io, ci sto ancora lavorando, ma credo di avere buone possibilità di trovare un finanziamento, per così dire…Draco, ricordi il fondo per le emergenze? Sono quasi sicuro di sapere dove si trovi, ora devo solo capire come poter attingervi e, secondo le mie stime, dovrebbe esserci abbastanza per permetterti di affittare quell’appartamento che avevi visto con Pansy e…-
-Ricordi quella notte?
La voce di Draco era incrinata, graffiante, quando interruppe le parole rassicuranti del suo migliore amico, era assorta, impermeabile. Blaise lo guardò interrogativo per un attimo e poi rabbrividì.
-Quale notte?- sussurrò, e come inconsciamente, Blaise sentì la mano bruciare: il ricordo dello schiaffo scappato alle sue mani, il primo e l’unico. E suo malgrado si ritrovò a conoscere la risposta alla sua stessa domanda.
Si alzò, per sedersi accanto al suo migliore amico e poggiare quella stessa mano sul suo braccio.
-Sono passati due anni, Draco. Pensavo l’avessimo superata. Pensavo…-
Di nuovo Draco lo interruppe, guardandolo finalmente negli occhi, ancora atono e imperturbabile:
-Gli incubi sono tornati.
Poi il ragazzo si allungò, stiracchiandosi come un gatto, per raggiungere il bicchiere che gli era stato sottratto, bevve una lunga sorsata e poi fece posto sul suo viso ad un sorriso amaro, che troppo somigliava ad una smorfia di dolore.
-Era più vivido delle altre volte, era come rivivere tutto da capo. Ho sognato quegli occhi, ancora. Dettagli che credevo di aver sepolto e dimenticato. La sua voce, per esempio. Non l’avevo mai sognata prima, forse l’avevo dimenticata. E invece, per tutto questo tempo, era dentro di me, come in attesa di essere ascoltata di nuovo. E mi sembra di sentirla ancora adesso: “Dobbiamo andarcene”, mi dice. Ma la verità è che io sono rimasto lì, che rimarrò per sempre lì, intrappolato in una scelta che avrei dovuto fare, che mi è stata negata. Che ho, a mia volta, negato. “Dobbiamo andarcene”, mi ripete la sua voce, ma io so che l’unico a lasciare davvero quella casa è stato lui. Mi ha abbandonato lì. Mi ha dilaniato e massacrato, ed ha lasciato il cadavere di quello che ero lì…a bruciare, insieme a quel neonato.-
Quando Draco rialzò finalmente lo sguardo, voltandosi verso di lui, i suoi occhi tradirono l’ombra di una lacrima troppo orgogliosa per abbandonare l’orlo delle ciglia chiare. Ma fu solo un’instante, perché poi il ragazzo portò il bicchiere alle labbra, dicendo beffardo:
-Alla mia salute.
 
***
 
-E così, ho pensato che magari si tratta di un diario. Anche se non ho ancora ben chiaro di che genere di diario sia o se fosse di Sirius o meno.- disse Harry, abbandonandosi sullo schienale della sedia, sotto lo sguardo curioso di Hermione. Ron stava riempiendo per la terza volta le tazze, e facendole levitare fino al tavolo, si accomodò nuovamente dicendo:
-Pensate ci sia modo di scoprire se beh…se è malvagio?
Harry alzò le spalle mentre gli sguardi interrogativi di Ron vagavano da lui ad Hermione. La ragazza sembrava assorta, come quando stesse per condividere una delle sue idee brillanti, che questa volta si fecero attendere.
-Io ho provato a scriverci sopra ma…- tentò di dire Harry, che fu prontamente interrotto da un’Hermione più che indignata:
-Tu COSA?
-Sì, lo so…Mai scrivere sopra ad un oggetto magico. Lo si potrebbe compromettere…Ho già subito una ramanzina in merito. Il punto è che non ne ho tirato fuori niente. Voglio dire se fosse malvagio, lo avrei già percepito, no? Invece, non so come spiegarlo a parole, ma sembra quasi che questo diario sia un punto di contatto, come se fosse il mezzo per arrivare ai ricordi della vita di qualcuno. E se si trattasse di qualcosa che Sirius mi ha lasciato perché lo trovassi?
-Ricordi della vita di qualcuno?- disse Hermione dubbiosa, -In quel caso dovresti poter liberamente aver accesso, anche senza scriverci. Come un pensatoio, no? Basta aprire e leggere!
-Beh, ma è completamente vuoto. Voglio dire, anche volendo, non c’è niente da leggere!- sottolineò Ron con naturalezza.
Harry annuì sovrappensiero, incapace di trovare qualcosa di logico in quella storia.
-A meno che…- disse Hermione portandosi la tazza fumante sulle labbra, parlando più a se stessa che ai suoi amici.
Harry e Ron si guardarono a vicenda, dubbiosi, mentre la ragazza annuiva senza degnarli di uno sguardo, come se il miglior interlocutore in quella cucina fosse il bordo della tazza da thé.
-A meno che…?- la spronò Ron, incalzandola nell’esprimere il ragionamento che prendeva forma nella sua mente.
-Pensateci. Se sono ricordi, ed Harry dice di aver percepito chiaramente che lo siano, allora dovrebbe funzionare come un pensatoio, no? Eppure, esattamente come in un pensatoio, solo più protetto, non tutti possono avere accesso. Senza dimenticare che si tratta quasi sicuramente di un oggetto appartenuto a Sirius. Quindi, potrebbe benissimo funzionare un po’ come la mappa del malandrino! Deve esserci una specie di parola d’ordine da scrivere per poterlo leggere. Ecco perché le pagine sono bianche e non reagiscono se vi si scrive qualcosa. Il diario è protetto.- disse Hermione concitata e tutto d’un fiato.
-Ma protetto da cosa?- chiese, dubbioso, Ron.
-Da occhi indiscreti, ovviamente.- rispose Harry convinto dall’idea di Hermione, che fin ora gli sembrava la più plausibile. I due si scambiarono un’occhiata vittoriosa e gli sarebbe scappata anche un’espressione d’esultanza, se Ron non avesse detto:
-Quindi come facciamo ad essere sicuri che non sia malvagio?
Hermione aprì la bocca, come per ribattere con un argomento che avvalorasse la sua tesi, ma si rese conto di non aver alcuna certezza in merito alla natura del manufatto. Fu Harry a proporre la soluzione, quando disse:
-Troviamo la parola d’ordine.
 
***
 
Al quarto bicchiere di Incendiario, Draco faceva fatica a mettere a fuoco la bottiglia tra le sue mani, e aveva perso il filo del discorso di Blaise.
Doveva aver a che fare col passato, col fatto che non fosse colpa sua, di come non avesse avuto altre scelte, di come l’alternativa fosse una sola, la peggiore. Tutte cose che Draco s’era sentito ripetere un milione di volte, senza che la sua coscienza fosse stata minimamente ripulita, o la sua colpa scalfita. Eppure Blaise sembrava essere la persona più ostinata del mondo, instancabile nel ripetere quelle inutili rassicurazioni. L’alcool aveva finalmente cominciato a far effetto, ingarbugliando i suoi pensieri e annacquando quell’amarezza sul fondo dello stomaco. Lo infastidiva lo sguardo preoccupato che di tanto in tanto Blaise gli lanciava, lo irritava quella sua voce grave e confortante, quella mano sulla sua spalla. Sapeva che non sarebbe mai stato in grado di capire davvero, quante volte gli aveva sputato in faccia quella verità? Lui che era così nobile, così innocente. Lui che aveva osservato senza prendere parte, che si era trovato nell’occhio del ciclone, e ne era uscito indenne. Pulito. E Draco detestava quella pulizia, quel giglio bianco che l’amico poteva portare al petto senza vergogna. Il buonismo di Blaise, si rese conto, lo punzecchiava malevolo, insieme alle sue morali e al conforto che non avrebbe voluto ricevere. Era colpevole, senza via di scampo, senza riduzioni di pena, senza sconti o scuse. Lui voleva essere colpevole, riconosciuto come tale. Forse solo in quel momento le fiamme avrebbero smesso di bruciare, e la casa sarebbe tornata un luogo sicuro, familiare, e non ci sarebbero stati orfani lasciati a bruciare vivi. Draco avrebbe voluto pagare, pagare davvero. O forse era solo l’alcool. Perché tutto doveva tornare a galla, adesso?
Il Whiskey evaporò di colpo, diluendosi nel flusso sanguigno, congelato, dopo la frase di Blaise:
-Lui, solo lui è il colpevole. Lo è sempre stato… e lo è anche adesso. Theodore merita di marcire nella squallida cella in cui si trova!
L’unica volta in cui Draco aveva sentito quell’odio nella voce di Blaise era stata quella notte, e come allora, il pronunciare quel nome con tutto quel disprezzo, riuscì a riattrare la sua attenzione.
-Tu lo hai rivisto.
Non era una domanda. Draco ne era sicuro, non sapeva perché, ma poteva percepirlo, nel rancore fresco, come ferita aperta e ricoperta di sale, delle parole dell’altro. Blaise assottigliò lo sguardo, abbassandolo. Ironica ammissione di colpa, pensò amaramente Draco, prima di stringere la mano sull’avambraccio del suo migliore amico, incredulo.
-Tu hai rivisto Theodore?
-Sì.
 
***
 
 
Hermione, nel bel mezzo dell’elucubrazione che tipicamente precedeva l’ organizzazione di un piano geniale, che li avrebbe senz’altro cacciati nei guai, aveva gettato uno sguardo nervoso all’orologio fissato sulla parete scrostata della cucina.
-Herm…- disse Harry, richiamando la ragazza e sorprendendo persino se stesso con quell’osservazione coscienziosa: -Non vorrai arrivare in ritardo al San Mungo?
-Devo esser lì tra una decina di minuti in effetti…Ma avrei voluto stilare una tabella di marcia, per trovare quella parola d’ordine, sempre ammesso che le nostre supposizioni siano esatte. E magari volevo analizzare con più calma il libro, se tu sei d’accordo, Harry…
-Herm…non dovevamo parlare di qualcos’altro?- disse Ron dolcemente, prendendo la mano della ragazza tra le sue. Harry li guardava curioso, e non gli sfuggì lo spontaneo moto d’affetto che gli strinse il cuore nel vedere con quanta premura Ron si curasse di Hermione. Era una complicità così naturale. Pensò per un attimo a Ginny, e con malinconia si domandò se anche tra loro ci fosse quella complicità. Sibillina s’intrufolò nei suoi pensieri la sensazione di due labbra sottili sulle sue…Malfoy, pensò. Ma si allontanò immediatamente da quel conturbante ricordo, grazie ad Hermione:
-Sì, c’è qualcos’altro. Harry, mi spiace per quella sera. Mi spiace se ho violato la privacy della stanza di Sirius…Non ho giustificazioni. E ad essere sincera l’unica cosa che sono in grado di dire è che sento di averti perso negli ultimi tempi, ti ho sentito più distante…come se fossimo due estranei. E sono stata così arrabbiata. Ma forse…forse, non importa, ecco. Voglio solo che tu faccia parte della mia vita. Perché sei il mio migliore amico e…
Le mani di Harry andarono ad unirsi a quelle di Ron ed Hermione, in un gesto repentino. Poi sorrise, senza il timore di nascondere la commozione che le parole dell’amica avevano suscitato in lui.
-Anch’io devo scusarmi. Diciamo che è stato un periodo difficile…Non volevo assolutamente portarti a pensare che volessi allontanarti. Solo che, insomma…
Ron strinse la mano di entrambi, per poi ritirare la sua e guardarli con un sorriso finalmente più rilassato e dalla sfumatura un po’ buffa.
-Ah, Merlino! Ce l’avete fatta, testoni che non siete altro!- sbottò contento, scatenando le risate degli altri due.
Dopo un abbraccio ed un bacio veloce, sciolto anche quell’ultimo nodo che la loro discussione era stato, Hermione li lasciò in fretta e furia, timorosa di arrivare davvero in ritardo e di ricevere una qualsiasi nota di demerito. Ron scuoteva ancora la testa, chiusa la porta di ingresso.
-Oh, è così precisa…in ogni cosa che fa. Non che non me ne fossi mai accorto prima, eh. Solo che…davvero in ogni cosa. Non so come sia possibile. Dovevamo venire da te ieri sera solo che…- d’improvviso Ron si interruppe, concentrandosi sulla punta delle sue scarpe, e diventando rosso come un peperone, guadagnandosi un’espressione allarmata del suo migliore amico.
-Solo che…? Non dirmi che avete litigato!- disse Harry, con una nota di dispiacere nella voce, magari la discussione tra lui ed Hermione poteva aver ripercussioni anche nel rapporto tra la ragazza e Ron. Non lo aveva minimamente tenuto in considerazione, egoisticamente, e si sentii in colpa per questo.
Ron ridacchiò imbarazzato, facendo evaporare quelle preoccupazioni, mentre Harry continuava a fissarlo stupito.
-No, non litigato.- disse con un filo di voce, cercando di rassicurare Harry. –Cioè, abbiamo discusso, sì. Ma abbiamo fatto pace…poi…in un…- Ron deglutì visibilmente a disagio, mentre Harry cercò di contenere una risata, capendo benissimo dove quel discorso andasse a parare, e divertito da quell’imbarazzo così genuino.
-Abbiamo fatto pace in un modo…particolare, ecco.
-Avete fatto sesso. Si dice così, Ron.- disse Harry infine, scoppiando a ridere, mentre le orecchie di Ron andavano a fuoco.
-Sì…quello. Ed è stato…
Harry lo interruppe, mettendo le mani avanti e non riuscendo a smettere di ridere.
-Ron, amico…non credo di voler sapere di Hermione in quel senso!
Ron lo guardò ancora più imbarazzato, e annuì vistosamente, prima di dire:
-No, neanch’io vorrei sapere…O mio Dio…Ginny…!
A Harry scappò da ridere fragorosamente un’altra volta, scuotendo la testa riuscì a contenersi e a guadagnarsi un debole ‘oh’ stupito da parte dell’altro.
Per un attimo Harry s’immaginò, seduto accanto a Ron, sul divano di casa propria, proprio come in quel momento, a raccontare al suo migliore amico quello che era accaduto solo qualche giorno prima.
Al pensiero gli bruciarono le labbra.
No, sicuramente l’ultima cosa al mondo che Ron volesse sapere era qualsiasi cosa a proposito di Malfoy.
In qualsiasi senso.
 

 
 
 
 
 
  
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