Ci pensava, non poteva negarlo. Ci pensava sempre più spesso. A come sarebbe potuto essere, a cosa avrebbe potuto provare. Ci pensava ogni momento ormai. Si immaginava quello sguardo. Profondo, penetrante, spaventoso. Le sue mani forti, gesti decisi ma al contempo delicati sulla sua pelle. Labbra piene, di amore, di morsi, di sangue. La fierezza del suo portamento sarebbe stata perfettamente in sintonia con la sua delicatezza, con la sua femminilità. Si sarebbero amati. Amati forte, poi piano, poi di nuovo forte. E ancora, e ancora. Su ogni parete di casa, su tutti i letti e i mobili e i pavimenti. Erano fatti della stessa pasta, della stessa sostanza. Degli stessi problemi. Degli stessi incubi. Degli stessi sogni infranti. Si sarebbero amati come se non ci fosse stato un domani. Perché forse un domani non ci sarebbe stato veramente. E allora tanto valeva accarezzarsi, spogliarsi, amarsi, mordersi e graffiarsi. Tanto valeva godersi, sfinirsi e urlarsi. Tanto valeva usarsi.