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Autore: Elle Douglas    11/10/2014    3 recensioni
Cosa succederebbe se nella vita di Killian Jones, d’improvviso, tornasse il suo vero primo amore?
No, non Milah, ma qualcuno di ancora più profondo, celato, intimo e nascosto che sapeva fosse morto per sempre? Come reagirebbe Killian? Ed Emma, che ormai sembra aver trovato l’amore? Chi sceglierebbe arrivato a quel punto?
Come cambierà la storia? E quanto scopriremo di più su quest’uomo?
Scopriremo che c’è ben altro dietro Killian Jones, c’è un'altra storia nascosta e non ancora raccontata di un uomo che ha perso tutto e che più di tutti ha perso qualcosa di profondo che credeva irrecuperabile.
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‘I suoi occhi verdi, verdissimi come lo smeraldo sono dentro ai suoi, e per un attimo una lacrima gli scorre su quel viso etereo.
Quante volte aveva pianto credendola persa? Quante volte si era pentito di averle dato quella scelta? Quante volte avrebbe voluto tornare indietro e cercarla, salvarla?
Ed ora era lì davanti a lui.
Vera, viva ma prigioniera.’
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La storia inizia con gli avvenimenti della 3x17, tutto il resto è una mia idea.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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Quando risalii sul ponte pareva distrutto lui stesso.
Ciò che era successo la notte precedente era stato qualcosa di assurdo in tutti i sensi, ma finse e indossò la sua maschera spavalda di fronte agli altri marinai, che attendevano il verdetto sulla ragazza quasi fosse una questione di vita o di morte per loro.
Erano tutti lì quando salì, tutti in attesa.
‘Il padre non ha pagato il riscatto.’, dichiarò Killian ad occhi bassi, cercando di nascondere il suo sconforto. ‘La ragazza, quindi, resterà con noi’, annunciò.
Un grido di entusiasmo si levò da poppa a prua, che non aspettavano altro che questa notizia.
Una bambola nuova con cui giocare, come se fosse un oggetto, una semplice cosa da accomunare con le altre, una cosa qualunque.
Killian s’irritò e strinse i pugni cercando di calmarsi.
‘Un'altra pupa con cui spassarcela.’ Esalò uno già eccitato all’idea.
‘Ci sono prima io, eh!’, fece un altro sorridendo malizioso e dando gomitate allusive a quello accanto.
E altri commenti vergognosi si levarono mescolandosi l’uno con l’altro fino a diventare un vocio indistinto e ingarbugliato.
Killian aveva una rabbia assurda, una rabbia mai sentita.
‘Quando la metteremo con le altre?’ domandò avvicinandosi sorridente Knife, in cui ardeva il desiderio. Poteva vederlo chiaramente attraverso quel sorriso sottinteso che gli si presentò dinanzi, dietro quegli occhi, in quella mente che già s’immaginava le peggio cose.
Lui e gli altri, che non sapevano, neanche immaginavano il valore estremo che avesse quella fanciulla nelle stive.
Nemmeno lo capivano.
Loro che non erano degni nemmeno di osservarla da lontano.
Killian provò disgusto verso quelle persone e verso i loro pensieri chiari e cristallini di fronte ai suoi occhi.
Le altre? Come se si potesse buttare nella mischia, come se solo fosse paragonabile a quelle sgualdrine ammassate in quella stanza.
Lei non era una di loro, e non lo sarebbe diventata di certo ora, per mano sua.
Esmeralda non era proprietà di nessuno lì dentro.
‘BASTA!’. Urlò il capitano richiamando le loro attenzioni ormai volate in luridi letti, o in sporchi angoli con lei.
Tutti si ridestarono e si ammutolirono.
‘Della ragazza non se ne farà nulla’, chiarii lui adirato.
Un grido di disapprovazione si aizzò contro di lui, seguito da volgarità e domande.
‘Ehi! Ehi! Lasciate che vi rammenti che sono io il capitano qui! Decido io come funziona sulla mia nave. Io do le direttive e voi le eseguite, tutto chiaro?’, Knife sbuffò maledicendolo sottovoce. Jones lo tirò a sé per il colletto della camicia, e lo guardò fisso negli occhi in cagnesco. ‘Tutto chiaro?’ scandì.
Quello annui impaurito.
Killian lo mise giù, e tutti gli altri si misero sull’attenti.
‘Non dovete toccare la ragazza!’, ribadii meglio il concetto, e li guardo fissi fino a che non li vide annuire.
Il solo pensiero di farle ancora del male lo faceva rabbrividire, il solo pensiero di saperla con un altro lo faceva trasalire, era questa la verità che non riusciva a dichiararsi.
In altri modi e in altri termini, le persone comuni avrebbero definito quel sentimento gelosia.
‘Ma ora, ammainate le vele, ciurma! Una nuova destinazione ci attende’, ordinò dirigendosi al timone pronto a levare le ancore verso nuove mete.
 
Trascorsero i giorni e Killian era sempre lì, affacciato a quella porta ad osservarla, il più delle volte.
Faticava ancora ad adattarsi a quella vita.
Essere stabile per il mare non faceva per lei, lui ormai era abituato, si poteva ben dire che era una vita che era in mare, e che la stessa acqua gli scorresse nelle vene al posto del sangue, ma lei no.
Lei era abituata alla terra, non all’instabilità continua del mare che la faceva oscillare e più volte cadere a terra per movimenti improvvisi.
Killian non faceva altro che preoccuparsi e più volte aveva cercato di aiutarla a stabilizzarsi a quel nuovo modo di vivere che le era stato imposto.
‘Hai ancora la nausea?’ le chiedeva più volte per verificare come andasse.
Anche se lo potevi notare subito quando ne soffriva maggiormente, perché la vedevi rannicchiata su se stessa a fissare il vuoto, come per calmarsi, come a cercare almeno un punto fermo in quel continuo ondeggiare.
‘Si, e non accenna a diminuire certi giorni.’, Ammetteva quasi viola in viso.
‘Mi dispiace per ciò che stai passando, appena ci fermeremo in un altro posto verrai con me sulla terra ferma se vuoi’, le diceva lui comprensivo.
Lei annuiva ancora in preda a quel fastidioso stimolo.
E lui la osservava senza riuscire a far nulla di concreto.
‘Magari potresti salire sul ponte, l’aria potrebbe rianimarti e farti sentire meglio’, consigliò.
Lei lo guardò per un minuto intero, quasi ad analizzare la sua proposta.
I suoi occhi. Che inganno erano.
Più li fissava più si ci perdeva dentro.
‘… o farmi stare peggio’, concluse ritornando a fissare lo stesso punto di poco prima.
‘Perché non ci provi?’, ritentò cercando di convincerla.
‘Se solo provo ad alzarmi da qui, rischio di non mantenere l’equilibrio e di perdere il mio autocontrollo verso questa nausea’, sbatté le mani sulle ginocchia, esausta.
‘Ti tengo io’, non sapeva se era la miglior proposta ma voleva tirarla in tutti i modi fuori da lì.
‘Sul serio?’, e l’accenno di un sorriso le spuntò sul viso.
Lui apri un sorriso alzando un sopracciglio. Un tratto che ormai lo contraddistingueva.
Si alzò e porse a lei le sue mani per invitarla a seguirlo.
‘Sono un gentiluomo dopotutto. Mantengo sempre la parola mia cara’.
Lei scosse la testa divertita, e azzardò a seguirlo.
Lui la tirò a sé delicatamente e la sostenne per i fianchi.
Esmeralda sussultò e sorrise timidamente a quel gesto.
La aiutò a salire le scale subito dopo la porta e la affiancò appena entrati sul ponte, sorreggendola per i fianchi con una sola mano ora.
‘Andiamo alla barra, ti va?’.
Lei annui, quasi ripiombata nella timidezza. Se non fosse stato per la sua pelle ambrata avrebbe giurato che stesse arrossendo, e gli sembrò strano perché non ne capiva il motivo.
La trascinò fino al timone e la spostò nuovamente sull’altro lato per tenere al meglio le redini della nave.
‘Non è poi tanto male quassù, no?’.
‘Si’ disse nuovamente con voce flebile.
Sembrava essere tornati all’inizio.
Dov’era finita la ragazza che fino a poco prima era nella stiva? La guardò indagatore, cercando in lei il perché di quell’atteggiamento ritrovato.
Lei fissava il mare, quasi serena. C’era qualcosa che la turbava giurò Killian, o che la infastidiva.
Se ne stava attaccata a lui con le mani giunte tra loro.
Il vento le svolazzava i lucidi capelli color della pece dirigendoli da tutte le parti, ma lei non se ne curava, e quasi sembrava goderne.
Il sole che le ricadeva addosso sembrava darle il giusto valore, risplendeva su di lei rendendola ancora più splendida di quanto già non fosse.
Per un attimo Killian rabbrividì incantato, quasi, da quella visione, rendendosi conto di chi aveva a fianco, unita a sé.
Ad un certo punto la nave ebbe un guizzo facendolo balzare e nel gesto di quel movimento improvviso aveva mollato la presa con Esmeralda, che barcollò su se stessa pur cercando di mantenere l’equilibrio.
Era quasi sull’orlo del ponte e rischiava di cadere giù in mare.
Killian avanzò veloce in un gesto e l’afferrò saldamente per le mani tirandola a sé e abbracciandola, in un gesto del tutto istintivo e non programmato.
Esmeralda fece lo stesso, e si aggrappò a lui tenendolo stretto atterrita.
L’aveva tra le braccia e la stringeva a sé.
Il suo corpo che fino ad allora, aveva soltanto sfiorato a malapena ora era dentro un suo abbraccio.
Era calda e fragile, tanto che se avrebbe stretto più forte avrebbe temuto di romperla.
Tossì per scacciare quella sensazione che lo stava invadendo.
‘Colpa mia! Mi sono distratto e ho lasciato il timone’, confessò. ‘Tutto bene?’, chiese alzandole il viso in un gesto che agli altri sembrò così intimo.
Quasi come se tra i due ci fosse qualcosa di più.
Quasi come se quella ragazza per il capitano, fosse qualcosa in più di una semplice prigioniera.
Erano sotto gli occhi di tutti, e i gesti non mentivano.
Qualcuno lì in mezzo cominciò a covare rabbia per ciò che aveva visto e che aveva dedotto.
‘Si tutto bene’, ansimò lei ancora un po’ impaurita. ‘Ritorniamo giù ora?’.
Quegli smeraldi, sotto la luce del sole parevano ancora più veri e profondi, il suo viso non gli era mai stato così vicino, e quelle labbra rosee e carnose non le aveva mai viste da quella prospettiva.
Per la prima vera volta quella voglia che aveva di baciarla stava per materializzarsi per davvero in maniera istintiva, ma si trattenne.
Per l’ennesima volta.
‘Ti porto subito giù’, si limitò a rispondere, e l’accompagnò in quella che ormai era la sua stanza.
 
Era ritornata quella di prima.
E lui? Lui non faceva altro che pensare a lei, ora anche più di prima.
Quel contatto. Quei contatti che avevano avuto lo aveva nuovamente cambiato.
Quella sua pelle morbida e fragile che aveva sfiorato gli mancava, gli mancava la sensazione che gli aveva regalato sotto le dita.
Quella paura di perderla si era fatta più presente e viva dopo quel giorno.
E quegli occhi, quegli occhi gli si erano intaccati dentro insieme a quei sorrisi e a quell’abbraccio.
Stava cambiando per lei, la sua umanità nei suoi confronti si intensificava e non solo, stava cambiando con lei.
Se ne stava lì a girovagare, e ad osservare il cielo che la sovrastava quasi sempre sognante e persa nei suoi pensieri.
Perché lei, si aveva il vizio di perdersi lì dentro, mentre lui si perdeva in lei. Ogni volta, ad ogni sguardo, ad ogni timido sorriso e ad ogni minima confessione o parola che gli riservava.
Aveva imparato ancora di più a conoscerla, anche se gli sembrava di sapere già tutto su di lei.
Le volte in cui le portava via un sorriso, o una risata durante le loro conversazioni gli si apriva il cuore e sorrideva di rimando.
Anche il resto della ciurma l’aveva notato, ma nessuno si azzardò a comunicarglielo.
L’aveva circondata di ogni cosa, perché davvero voleva non sentisse la minima tristezza, o la minima angoscia.
Le aveva permesso di andare in giro per il ponte e per qualsiasi altro angolo della Jolly Roger se lo voleva, ma dopo quel giorno, erano poche le volte in cui vi saliva.
E lei continuava a chiederglielo: ‘Perché lo fai?’
‘Perché voglio che tu stia bene qui’, gli rispondeva lui ma sapeva benissimo che c’era dell’altro.
C’era qualcosa che era difficile da dichiarare, qualcosa difficile da tirar fuori, persino per un pirata.
 
‘Quanta gente è stata qui Killian?’, gli chiese una volta, di spalle mentre stava entrando.
Lui si senti spiazzato.
‘Un po’’, osò, posando il piatto sul loro tavolo quello su cui pranzavano e cenavano, quando non andava sulla terra ferma in qualche taverna.
Esmeralda si girò, rivolgendogli i suoi occhi smeraldo per far si che vuotasse il sacco.
‘Ti sta proprio bene questo abito, te l’ho detto?’, cercò di sviarla, e si voltò alzando un sopracciglio e sorridendole.
Esmeralda restò si pietrificò di botto a quel suo gesto, a quel complimento inatteso, pareva quasi che stesse arrossendo.
Ma non si lasciò sviare, era ancora lì con le braccia incrociate, ad osservare la stanza in cui da settimane viveva.
‘Quanta donne, madri e figlie hai tenuto qui dentro come prigioniere Killian?’, domandò seria, ora fissandolo.
Killian si alzò piano, guardando il pavimento quasi in colpa.
‘Tante’, ammise.
Esmeralda annui, e si voltò nuovamente.
‘Ma ehi…’, fece Killian avanzando verso di lei.
‘C’è mai stato qualcuno che è tornata a prenderle?’, la interruppe lei, secca.
Si bloccò. Perché quelle domande?
‘Si, alcuni di loro sono tornati a riprendersele’. Era dietro di lei.
‘Mmh..’ rispose Esmeralda in un gemito, ancora girata.
Poi si voltò di scatto e gli si parò davanti.
‘E le altre?’, domandò con gli occhi fissi su di lui a misurare ogni minimo movimento ed espressione. ‘E di quelle che restavano, cosa ne facevate?’
Si sentii in trappola.
Non poteva mentirle. Non ne aveva la capacità con lei accanto.
‘Decidevo insieme al resto della ciurma cosa farne. Alcune morivano per mano mia, e i loro cadaveri venivano rispediti alle loro famiglie, altre morivano per cause naturali dopo poco’, confessò quasi vergognandosi. ‘Altre ancora venivano ammassate nell’altra cabina per divertimento dei marinai’.
La vide turbarsi, cercò di avvicinarsi per prenderla ma si scansò.
Restò al suo posto e cercò di giustificarsi.
Non si era mai sentito in colpa per nessuna azione commessa, ma lei, lei era capace di farlo pentire di tutto.
Di tutti i suoi peccati peggiori.
Lei, era capace di redimerlo e con lei non riusciva a non essere sincero, perché ad un tratto lei era piombata nella sua vita di pirata maledetto e l’aveva cambiato.
L’avevo fatto sentire bene, nonostante tutto e tutti ciò che riusciva ad essere con lei, non era riuscito e non riusciva ad essere con nessun altro.
Per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Per lei sarebbe diventato qualsiasi cosa.
‘E io?’ domandò con quella secchezza che ultimamente la contraddistingueva.
Anche lei era cambiata nei suoi confronti.
‘E tu cosa?’, chiesi fingendo di non capire sfoggiando un ghigno forzato.
‘Quale destino mi toccherà?’.
Ebbi un tonfo al cuore, e probabilmente lo notò anche lei.
Abbassò lo sguardo.
‘Cioè Killian, sono qui, da settimane e mi sembra di essere in un agonia perenne. Stai ancora decidendo per il mio destino? Qualsiasi cosa deciderai mi starà bene. Anche se deciderai di uccidermi…’ azzardò e quasi le si spezzò le voce.
Si ricompose un attimo, e sospirò.
‘Meglio morire per mano tua, che attraverso quella di altri’.
Presi le sue mani nelle mie, quasi di fretta, troppo velocemente.
Ebbe un sussulto. Le accarezzai per calmarla e la fissai negli occhi per sorreggerla e non vederla cadere per l’ennesima volta.
Le sue mani erano freddissime.
Le strinsi nelle mie.
‘Nessuna di queste opzioni sarà il tuo destino. Come puoi anche solo pensare che io possa ucciderti?’, chiesi incredulo a ciò che avevo sentito.
‘Perché la legge è uguale per tutti e io non sono diversa. Cosa ho io di diverso rispetto a tutte le altre donne che sono state tue prigioniere, qui in questa stanza?’, come se non lo sapesse.
Possibile che non lo percepisse.
C’è di diverso che qualcosa in te mi tiene ancorato a terra, e mi fa stare bene. C’è che tengo a te più della mia stessa vita, e che se mi chiedessi di cambiare e di restarti accanto lo farei per il resto della vita.
Ma quelle parole non uscirono, e andai in cerca di altre.
‘Tu non sei come le altre’, mi limitai a dire.
‘Sarebbe giusto però’, sentenziò. ‘Io perché non dovrei pagare?’.
‘Perché non eri tu a dover pagare per gli atti di tuo padre. Tu non c’entri nulla in tutto questo. Qui non ci saresti dovuta nemmeno stare’. Cercai di mantenere la calma. Le stavo urlando contro, ed era l’ultima cosa che volevo fare. ‘Forse avrei dovuto lasciarti andare. Avrei dovuto farti tornare a casa’. Borbottai.
Lei mi guardò incredula quasi a quelle parole, e un espressione incredula le balenò sul viso.
‘Mi avresti rimandata indietro?’, chiese seria, quasi non credesse a ciò che le avevo appena detto.
‘Si, perché so che questo non è il tuo posto. Non fai parte del mare, non sei fatta per stare su una ciurma piena di ubriaconi e uomini rozzi. Sei fatta per altro, quasi come se non appartenessi a questo mondo’. Tirai fuori tutto d’un fiato.
Alzò gli occhi al cielo quasi sbuffando.
‘Credi davvero che sarei tornata a casa di una persona per la quale ero solo un enorme peso? Che ha preferito i beni materiali a una figlia? Credi davvero questo Killian?’, cercò di calmarsi. Lo vedevo che stava cercando con tutte le forze di farlo. Respirò a fondo. ‘Tu ci saresti tornato? Come credi che mi sarei sentita una volta tornata a casa. Come credi che avrei vissuto ogni giorno con quel pensiero in testa? L’avrei odiato. Non sarebbe stato meglio per me, perché l’avrei odiato fino a quanto avrei avuto vita. Sempre e solo odiato e avrei cercato di fuggire ugualmente da lui’. Ammise sfinita, sospirando. ‘Da chi sarei potuta andare poi? Non ho nessuno. Non ho davvero nessuno che tenga a me Killian, nessuno’.
Hai me.
‘Nessuno mi ama Killian, nessuno mi cerca, nessuno ha rischiato la sua vita per me, nessuno mi vuole’. Era sull’orlo, pronta a ripiombare nel vortice.
‘Non è vero!’, mi uscii. Trascinai le parole della mia mente giù per le corde vocali, senza rendermene conto.
Ecco cosa mi succedeva con lei.
Lei mi guardò interrogativa.
‘Chi potrebbe mai esserci Killian?’, domandò allusiva.
‘Non puoi mai sapere cosa accadrà Esm! Non devi perdere la speranza. E ti prometto che se tu troverai qualcuno fuori da questa nave, capace di amarti come tu vorrai e desideri, ti lascerò andare e non ti verrò più a cercare’. Mi pentii subito di quella promessa.
Lei sbarrò gli occhi in un espressione che accennava lo spavento.
‘Killian non c’è nessuno per me lì fuori. Credi ancora che abbia delle speranze? Tutte le mie speranze, tutti i miei sogni sono crollati insieme a quella lettera, insieme a me quel giorno’.
‘E se ci fosse?’ chiesi. ‘Qualcuno in grado di amarti davvero e di farti sentire amata? Qualcuno che farebbe tutto per te, che rischierebbe la vita per te? Se quei sogni quelle speranze fossero da qualche parte in qualche reame?’, osai.
‘E dov’è questa persona Killian?’, rispose sorridendo in modo stanco. ‘Vuoi mandarmi via Killian?’, scherzò tra le lacrime, e mi punse il cuore.
‘No, voglio solo darti la tua felicità’.
Ci pensò un attimo.
‘E se la mia felicità non fosse lontano, se la mia felicità l’avessi già conosciuta?’, rischiò.
‘Chi è?’, domandai quasi irritato, da questa persona, da questo essere che pensavo non ci fosse per davvero.
‘Oh, non importa’.
‘No, importa. Dimmi il suo nome lo porterò qui e ti darò la serenità e la felicità che tanto desideri’.
La vidi arrossire, e le sue mani erano ormai diventate calde, anzi bollenti, ma non le lasciai.
Ponderò per un attimo lanciandomi rapidi sguardi.
Il suo sguardo s’illuminò insieme al suo viso e io pendevo dalle sue labbra in cerca di quel nome.
‘Lascia stare, è solo una mia idea malsana credere che qualcuno che ho conosciuto tenga a me’, sorrise benevole e mi lasciò le mani, dirigendosi al tavolo.
La guardai sedersi e mi sembrava strana ancora più strana.
Poi si voltò e mi guardò.
‘Che fai? Non vieni a mangiare oggi?’, ed apri il suo sorriso.
‘Si, arrivo’, dissi dirigendomi alla panca.
Lasciai cadere il discorso, forse era anche meglio così.

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QUI trovate un blog Tumblr dedicato alla mia fan fiction con anteprime e stralci della storia, le canzoni e musiche che mi hanno ispirato nel scrivere, se vi va di seguirlo.
   
 
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