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Autore: Smaugslayer    11/10/2014    5 recensioni
Sono passati due anni da quando Sherlock ha lasciato la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts tra urla di dolore.
Di lui, John Watson conserva solo tre libri e un ricordo che si sbiadisce ogni giorno che passa. Non ha più notizie del suo migliore amico da quando è stato rinchiuso all'Ospedale di San Mungo.
Finché non se lo ritrova davanti alla prima partita di Quidditch della stagione.
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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                           EPILOGO
 
 
 
La sveglia trillò puntualmente alle otto e trenta.
 
La spense con una bacchettata e si costrinse ad aprire gli occhi.
 
Fece scivolare una gamba fuori dal letto, sperando che il resto del corpo la seguisse; constatato che ciò non sarebbe accaduto, buttò giù anche l’altra gamba e si girò su un fianco. Con uno sforzo immane riuscì a mettersi seduto e a stiracchiarsi.
 
Si guardò intorno con espressione vacua, raccogliendo le forze per tirarsi in piedi.
 
Per prima cosa, una volta alzatosi, aprì la finestra per arieggiare la stanza. Notò che il cielo si stava rannuvolando rapidamente e rabbrividì quando una corrente gelida lo investì in pieno petto.
 
Si affrettò a rifugiarsi in bagno e ad aprire l’acqua della doccia perché si scaldasse; nel frattempo, si svestì saltellando da un piede all’altro per combattere il freddo.
 
C’era qualcosa nella sua testa.
 
Non ricordava di aver sognato, quella notte. Tuttavia, percepiva chiaramente che qualcosa nella sua mente era cambiato.
 
Entrò sotto il getto d’acqua calda e si spremette lo shampoo sulle mani, continuando a riflettere.
 
Era una sensazione curiosa. Era come se il suo cervello fosse un gigantesco magazzino, e qualcuno avesse improvvisamente spostato uno degli oggetti archiviati: lui notava il mutamento, ma non capiva che cosa di preciso era cambiato.
 
Agguantò l’asciugamano appoggiato sul lavandino e si affrettò ad avvolgervisi e ad asciugarsi, tremante.
 
Passandosi distrattamente una mano sul mento, notò che la barba aveva bisogno di una rasatura. Per qualche minuto si concentrò sull’evitare di tagliarsi una guancia, ma poi ritornò alla strana cosa nella sua testa.
 
Tutto ciò a cui riusciva a pensare, ora, era Sherlock.
 
Sherlock.
 
Si stupì rendendosi conto che quel ricordo non lo straziava come al solito. Sherlock era morto da sei anni, e mai una volta era stato capace di pensare a lui senza sentire una morsa nello stomaco… tranne quel giorno.
 
Ma a pensarci bene…
 
 
 
 
“Sherlock, che diavolo…”
 
John?”
 
“John!”
 
Era indiscutibilmente John Watson quello che fissava Sherlock Holmes e Mary Morstan da dietro il corpo morto del professor Magnussen: capelli biondi, occhi azzurri, era proprio lui, ed era proprio vivo; solo un elemento era diverso dal solito: il suo abbigliamento; la camicia che indossava era troppo lunga, e lo stemma sulla giacca era dei colori sbagliati, quelli di Corvonero. Erano i vestiti di Sherlock.
 
Mary gli si gettò addosso, stritolandolo in un abbraccio.
 
Sherlock barcollò, cercando a tentoni qualcosa a cui reggersi. “Tu sei morto” boccheggiò.
 
“Come Moriarty e Magnussen, direi. Che diavolo è successo?” ribatté John.
 
Mary e Sherlock avevano macchiato di sangue le proprie mani, credendolo morto: ecco cos’era successo.
 
E lui era vivo.
 
“Credevo che ti avesse ucciso” disse Mary, tenendo gli occhi bassi. “E io l’ho… l’ho spinto giù. Ma… come hai fatto a sopravvivere? Moriarty aveva la tua bacchetta! Eri morto! Come…”
 
“E Magnussen?” chiese John, ignorando la sua domanda.
 
“Ci aveva pedinati” rispose Sherlock in breve. “John, dovrai spiegarci parecchie cose.”
 
John, stavolta, si passò una mano sul volto e disse: “Giusto. Ok, uhm, da dove posso cominciare?”
 
“Da quando hai deciso di sostituirti a lui?” suggerì Mary con ironia.
 
“Sì, uhm, giusto. Be’, quando mi hai detto che Moriarty probabilmente voleva ucciderti” disse John rivolgendosi a Sherlock, “ho capito che doveva avere un piano geniale, perché non avrebbe mai potuto sconfiggerti in un duello di magia, così ho pensato che… be’, che se aveva veramente un piano geniale tu non avessi molte chance di sopravvivere.” John fece una smorfia. “Inizialmente… non so neanche io a cosa pensavo, forse semplicemente di venire qui e, non so, provare a parlargli, ma poi sono andato a cercare Molly Hooper, e le ho raccontato che cosa stava succedendo –non nei dettagli, ovviamente-, perché sapevo che lei avrebbe voluto che tu sopravvivessi, e infatti mi ha aiutato ad elaborare un piano.”
 
John non poté fare a meno di notare il luccichio di soddisfazione negli occhi di Sherlock, quando gli disse di aver progettato uno schema: era fiero di lui, e questo lo rassicurò.
 
“Ricordi che stavo preparando la Pozione Polisucco a scuola? Be’, sono andato nell’aula di Pozioni e ne ho rubata, e poi quando ci siamo visti e ti ho Schiantato…” Arrossì nell’eliminare automaticamente cosa era successo nel mentre. “…te l’ho fatta bere, ti ho tagliato qualche capello e sono diventato te. Lo so, avrei potuto semplicemente farti svenire e rinchiuderti in quella stanza, ma sarebbe parso sospetto se tu… cioè, se io non mi fossi presentato… sapevo che tu probabilmente non ti saresti accorto di nulla, e così Moriarty ti avrebbe fatto catturare credendoti me. Intanto, però, Molly Hooper aveva il compito di avvertire Mary perché ti liberasse, nel caso che Moriarty decidesse che voleva uccidere anche te… o meglio, me.”
 
Da qualche parte alla sua destra, Mary annuì, ma lui era troppo concentrato su Sherlock per accorgersene. Il ragazzo era senza dubbio orgoglioso del suo ingegno, e per una volta ne aveva ben donde.
 
“Ero davvero convinto che sarei morto, sai?” proseguì. “Poi però Molly Hooper mi ha raggiunto e mi ha dato la bacchetta. Cioè, non una vera, una bacchetta giocattolo. Contando sul fatto che Moriarty mi avrebbe Disarmato a vista, avrei potuto tenere nascosta la bacchetta vera e usarla per difendermi se mi avesse attaccato.”
 
“È per questo che si è trasformata in una paperella di gomma quando ha cercato di usarla!” esclamò Mary.
 
John procedette col narrare la propria conversazione con Moriarty, mentre Sherlock e Mary ascoltavano in silenzio. Aveva già scavalcato il corpo di Magnussen, e ora si stava avvicinando sempre più a Sherlock, senza mai staccargli gli occhi di dosso mentre parlava.
 
“Credevo davvero che sarei morto” ripeté in conclusione. “Perciò ti ho fatto promettere…”
 
“È stata quella promessa a spingermi ad assassinare Magnussen, sì” completò Sherlock.
 
“Mi dispiace. Per quello che vale… non pensavo che sarebbe finita in questo modo. E anche tu, Mary… per Merlino, vi ho trasformati in degli assassini.” John si coprì il volto con le mani, mentre Mary gli circondava le spalle con un braccio.
 
“No, non dispiacerti” disse Sherlock con durezza. “Aveva intenzione di ricattare entrambi a vita, o forse spedirci ad Azkaban, e faceva lo stesso con decine di persone. È meglio per tutti che sia morto.”
 
“Vale lo stesso per Moriarty” concordò Mary.
 
 
 
 
Era vivo! Per sei anni gli aveva fatto credere di essere morto… ed era vivo!
 
Ma allora come mai solo adesso John ricordava tutto? Doveva concentrarsi… cos’altro era successo quella notte?
 
 
 
 
“Certo, resta il problema dei cadaveri” disse Mary in tono pratico.
 
I tre si girarono in sincrono verso il corpo di Magnussen.
 
“Domattina troveranno uno studente spiaccicato e un professore ucciso da una Maledizione Senza Perdono: non sarà difficile risalire a noi ed estorcerci la verità con la Legilmanzia o con il Veritaserum, e allora sì che saremo fregati …”
 
“Non è detto” ribatté Sherlock.
 
“Che intendi?”
 
Sherlock guardò esclusivamente John mentre rispondeva. “I Mangiamorte sono pronti a risorgere, e che metà di loro è ancora a piede libero. Anche senza Moriarty… non possiamo permetterlo. Ho trascorso gli ultimi due anni ad indagare, posso farlo ancora una volta. Devo farlo.”
 
“Non capisco” lo interruppe John, confuso.
 
“Inoltre dobbiamo trovare il modo di uscire indenni da un’eventuale accusa, e io ho un’idea.”
 
“E sarebbe…?” disse Mary.
 
Sherlock continuò a tenere gli occhi puntati su John. “Per prima cosa Trasfigureremo il corpo di Magnussen, in modo che sembri il mio. Dopodiché lo lanceremo giù dalla Torre, accanto a quello di Moriarty.”
 
“Ma allora…”
 
“Io estrarrò i vostri ricordi relativi a stanotte e li sostituirò con altri, modificati.”
 
“È una follia…” disse Mary, che tuttavia non sembrava del tutto convinta che lo fosse davvero.
 
“Non se ne parla neanche!” sbottò John, fissandolo irosamente.
 
“Quando vi interrogheranno, l’unico materiale che otterranno sarà la versione alternativa che io creerò.”
 
Mary cominciò ad annuire.
 
“Secondo la nuova versione, John viene rapito dai complici di Moriarty, Mary lo libera e insieme correte qui, dove non potete fare altro che constatare la morte mia e del mio nemico, così deducete che io sia riuscito a trascinarlo giù con me. Io ricorrerò alla protezione di mio fratello per i primi tempi, e poi mi muoverò alla ricerca dei Mangiamorte di Moriarty in totale libertà, dato che posso assumere qualsiasi aspetto io voglia.”
 
 
 
 
Gli incantesimi di Memoria non avevano effetto temporaneo, e soprattutto non era possibile che i ricordi estratti fossero ritornati da soli. Questo significava che… John trasalì, e nel farlo si soffocò con la sua stessa saliva e iniziò a tossire.
 
Doveva per forza essere così, doveva avergli restituito i ricordi. Dopo tutti quegli anni…
 
Doveva trovare Sherlock, più di ogni altra cosa, lui doveva…
 
Ma era vero? Era davvero sopravvissuto?
 
Svegliarsi una mattina con i ricordi modificati –o ristorati? - non era un peso facile da sopportare: significava dover rivedere parte della propria esistenza, rendersi conto di essere vissuti per anni nell’errore. Mentre lui credeva che Sherlock fosse morto, Sherlock se ne andava in giro tranquillamente per il Regno Unito.
 
Per sei anni John era stato costretto a sopportare una dolorosa, straziante menzogna.
 
Era vivo!
 
Ma certo che è vivo, idiota, pensò.
 
La cosa più buffa era che adesso il solo contrario pareva inconcepibile.
 
 
 
 
John stava scuotendo ripetutamente la testa. “Neanche per idea! Sherlock, tu non mi farai credere di averti visto morto!”
 
“Rifletti, John” disse Mary, fuori dal suo campo visivo. “Abbiamo due cadaveri che non possiamo spiegare se non con l’imputazione di almeno uno di noi, e un gruppo di Mangiamorte che si sta organizzando per combattere. Se lo raccontiamo a qualcun altro, verrà fuori che io e Sherlock siamo degli assassini…”
 
“…oltre al fatto che abbiamo violato il coprifuoco…”
 
“…e no, non ti stiamo incolpando per questo, John” proseguì Mary; “ma l’unico modo per sfuggire all’interrogatorio è modificare radicalmente i nostri ricordi, Sherlock ha ragione, e qualcuno dovrà pur farlo agli altri… senza poterlo fare su se stesso. Quindi, quella persona sarà comunque in pericolo.”
 
“E quella persona sarò io” aggiunse Sherlock.
 
“Ma questa storia fa acqua da tutte le parti!”
 
“Quando la notizia della morte di James Moriarty si diffonderà, tutti inizieranno a parlare, tu compreso. Verrà fuori che era pazzo e psicotico e megalomane, e poi tu sosterrai di essere stato catturato dai suoi sgherri…”
 
“Sherlock, nessuno usa più la parola sgherri” lo interruppe Mary.
 
Lui la ignorò. “…mentre io e lui ci incontravamo qui sulla torre. Mary affermerà che dopo averti liberato vi siete diretti qui, da dove avete visto il corpo mio e di Moriarty. Tutte le tessere combaceranno, e la storia finirà così.”
 
“Dimentichi Magnussen.”
 
“Il punto è che la sua scomparsa non porterà che sollievo, e a nessuno importerà nulla.”
John inspirò rumorosamente. “Perché non puoi restare qui? Puoi restare e trovare un altro stratagemma, per Merlino, non hai fatto altro negli ultimi due mesi!”
 
“Sai che non è possibile. Ma non devi preoccuparti per me, starò bene.”
 
Io non starò bene!” sputò fuori John.
 
“John, calmati” intervenne Mary.
 
“John, so che avevi delle aspettative” disse Sherlock con voce tranquilla. “Speravi che ci saremmo diplomati, e avremmo trovato un lavoro e saremmo stati per sempre felici e contenti, ma –indovina un po’? - e cose non vanno mai come te le aspetti. Non ti saresti mai aspettato di vedermi su quel campo da Quidditch, a novembre, eppure io ero lì. Pensi che non possa capitarti nulla, che la tua vita resterà sempre uguale e monotona, e poi tutto cambia! È per questo che noi non…” si bloccò e arrossì nel rendersi conto che lui e John si erano avvicinati sempre di più durante quella discussione e ora si trovavano a pochi centimetri l’uno dall’altro.
 
“Voi non…?” domandò Mary, confusa.
 
“Non ha importanza ora” borbottò Sherlock.
 
Ma eri sempre tu a far cambiare la mia vita, a far accadere l’impossibile!” protestò John in un sussurro. “Cosa farò se crederò che sei morto?”
 
Ma non sarà così! Tornerò, John, te lo prometto” bisbigliò Sherlock.
 
Ti prego” gracchiò John, la voce ridotta a un misero stridulo. “Non puoi farmi questo. Sei… sei il mio migliore amico.”
 
È per questo che devo proteggerti.”
 
No, non puoi. Mary, digli che non può” disse a voce più alta.
 
“Mi dispiace, John, ma è per il bene di tutti.”
 
Sherlock annuì, grato del sostegno.
 
Nonostante le continue proteste di John, Sherlock e Mary Trasfigurarono il corpo. Pur essendo entrambi versati nelle arti magiche, non fu un compito facile, e ci impiegarono diversi minuti; quando ebbero finito, John si era seduto a terra, sentendosi completamente inutile e trascurato.
 
“Sei sicuro di riuscire a praticare l’Incantesimo?” chiese poi Mary.
 
Sherlock annuì. “Per prima cosa estrarrai le tue memorie, in modo che io possa rendertele in un altro momento, dopodiché io ne inserirò di nuove. Pronta?”
 
“Pronta” disse lei. “Allora… addio, Sherlock Holmes. Mi dispiacerà credere che sei morto.”
 
“Non è un addio, è una cosa temporanea” la corresse lui.
 
“In ogni caso…” la ragazza gli regalò una piccola versione del suo sorriso sghembo prima di chiudere gli occhi e accostare la bacchetta alla tempia; la ritirò lentamente, lasciando che Sherlock afferrasse i suoi ricordi, simili a fili argentei.
 
John aveva smesso di osservarli, era troppo occupato ad impedire alle lacrime di sgorgare. Non era mai stato un tipo emotivo, ma quell’occasione poteva costituire un’eccezione. Aveva freddo ed era stanco, e stava assistendo alla completa rovina del suo mondo, e voleva solo andare in camera e dormire, e rimandare tutto al giorno dopo.
 
Sherlock addormentò Mary alla fine del processo e la adagiò delicatamente a terra, per poi rivolgersi verso di lui.
 
“E se io non collaborassi?” disse John. “Se mi rifiutassi di tirarmi fuori i ricordi?”
 
“Allora io verrei accusato di omicidio e spedito ad Azkaban. La scelta è tua.”
 
“Non puoi… non puoi chiedermi di…”
 
“John, ti ringrazio” disse Sherlock, cambiando argomento. “Quello che hai fatto è stato… insomma, è stato…”
 
“Lo farei ancora, se servisse a farti restare.” John si alzò in piedi e gli si avvicinò. “E tu hai ucciso un uomo per tener fede alla tua promessa, s’è per questo.”
 
“Uccidere qualcuno non è nemmeno lontanamente paragonabile al morire per qualcuno.”
 
“Però non sono morto! Se tu restassi… con me, noi…” Incapace di sostenere il suo sguardo, John abbassò gli occhi. Si sentiva svuotato.
 
“Non sarà per sempre, e allora tu ricorderai tutto” lo corresse Sherlock.
 
“Se mi restituirai la memoria. Quando hai intenzione di farlo?”
 
Sherlock sembrò spiazzato. “Non lo so. Quando lo riterrò opportuno.”
 
John alzò gli occhi al cielo con un sorriso sarcastico. “Certo” sbuffò. “Significa mai, vero? Non te ne importa niente.”
 
Nessuna delle tante accuse che aveva ricevuto lo turbò quanto quella: Sherlock fece un passo avanti e lo prese per le spalle, facendolo sobbalzare.
 
“Non è vero” disse, sottolineando con veemenza le parole. “A me importa di te, John. So che non sembra, ma a me importa. Lascia che sia io a salvarti per una volta, una volta sola.”
 
“Hai sempre voluto essere un eroe.”
 
Per un attimo restarono come congelati: immobili, incapaci di distogliere lo sguardo, ipnotizzati l’uno dall’altro.
 
 
 
 
Era vivo!
 
Insomma, lui era stato lì, lo aveva visto, era proprio vivo. Lui aveva preso le sue sembianze e poi l’aveva pregato di non abbandonarlo… e lui l’aveva fatto lo stesso.
 
Era stato davvero disposto a morire pur di salvarlo? Perché? Certo, ricordava di aver provato forti sentimenti per lui, all’epoca, ma poi lui era morto, e…
 
Rischiò di soffocarsi di nuovo.
 
…e non era morto.
 
Doveva trovarlo.
 
Oh, e poi lo avrebbe ucciso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Smaug’s cave
Dunque, be’, spero che abbiate tutti capito cosa è successo. Non voglio darvi degli stupidi, semplicemente spero di aver spiegato con sufficiente chiarezza… insomma: le parti in corsivo dell’ultimo capitolo erano la “nuova versione” che Sherlock impianta nella mente di John e Mary; Moriarty ha cercato di salvarsi con una bacchetta finta (compito piuttosto arduo); mi dispiace che il ruolo di Molly Hooper sia appena accennato, ma ovviamente se l’avessi tirato fuori prima avrei dovuto svelare anche altri particolari del progetto di John… e in fondo anche dalla serie tv sappiamo solo da una misera scenetta che lei ha collaborato alla resurrezione (???) di Sherlock.
Naturalmente, questo epilogo è il punto di partenza del seguito: dopo sei anni Sherlock ha reso i ricordi a John, eccetera.
Be’, che dire. Le recensioni finali sono assolutamente bene accette.
Oh-dei-del-Nord, non posso credere che sia finita. Cioè, non è veramente finita, perché adesso John deve trovare Sherlock, e ci sono un sacco di altre cose in sospeso, ma… Quidditch con delitto è finito. Oddei.
Adesso inizia la parte in cui ringrazio tutti, quindi se volete potete saltare direttamente al penultimo paragrafo, che è quello in cui dico cose importanti.
Intanto, devo assolutamente ringraziare la mia parabatai (che per noi fan di Shadowhunters sarebbe l’amico/a più vecchio e fidato) per avermi fatto guardare Sherlock in un periodo in cui credevo di odiarlo perché mi intasava la home di Tumblr; e poi grazie anche a wanna be a neko, che mi correggeva i capitoli e sopportava i miei fangirlamenti e mi dava un sacco di consigli e ha creato con me l’indimenticabile dialogo alternativo.
Ma soprattutto grazie a voi, che avete seguito e recensito questa storia, e l’avete persino aggiunta tra le preferite: grazie per aver commentato, e per avermi corretto, e per aver fangirlato con me, e grazie anche solo per avermi sostenuto leggendo ogni nuovo capitolo. È quasi assurdo pensare che dietro a quei numeri che vedevo dal mio account ci fossero delle persone vere che mi seguivano e (almeno spero) desideravano sapere come sarebbe andata a finire.
“And I wanna thank Ian Harding for not being a terrible kisser, because part of my job consists in making up with him!” –Cit. Lucy Hale
*PENULTIMO PARAGRAFO*
Come anticipato, pubblicherò il seguito la settimana prossima sotto il nome di Did you miss the Dark Lord?, quindi… stay tuned!
È giunta per me l’ora di lasciarvi. Dopo mesi che sto nascosta nella caverna del drago Smaug, ascoltandolo parlare con la suadente voce di Benedict Cumberbacht, è ora che io affronti il mio destino e vada a sconfiggerlo, facendo onore al mio nome, perché Sherlock non è l’unico “dragonslayer” nei dintorni.
-Smaugslayer
  
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