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Autore: prongs95    12/10/2008    3 recensioni
La mia vita è cambiata da quando è nata la mia nipotina Alice, e questa one-shot è interamente dedicata a lei.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, questa è la mia prima one-shot originale, ed è dedicata alla mia nipotina Alice…leggete e fatemi sapere cosa ne pensate, perché è davvero molto importante per me il vostro parere…buona lettura

ALICE

16/O9/O7

Domenica mattina. Quel giorno mi svegliai piuttosto presto, a causa del rumore dei tacchi delle scarpe di mia mamma, la quale camminava in modo frenetico avanti e indietro per tutta la casa. Non feci in tempo ad uscire dalla mia stanza che mia madre mi raggiunse ed esclamò, visibilmente contenta e agitata:
-Tua sorella è in ospedale!-
Io spalancai gli occhi. Quella mattina mi svegliai senza avere bisogno dell’ acqua fredda che ti bagna il viso.
-Sul serio? Ma è fantastico!- risposi, al settimo cielo. Sì, eravamo contente perché mia sorella era in ospedale, non perché volessimo il suo male e la disprezzassimo, ma perché se era in ospedale voleva dire che a momenti sarebbe nata.
Già, mia sorella Lara aspettava una bambina. Erano settimane che attendavamo quel momento, visto che la piccina dovrebbe essere venuta alla luce all’ inizio del mese. Così, dopo avermi annunciato questo, mia madre mi salutò e corse in ospedale.
Non vi dico che strazio è stata quella giornata. Io e mio padre passammo tutto il pomeriggio in silenzio, seduti in divano a guardare la tele, anche se credo che in realtà nessuno dei due abbia davvero seguito con interesse i programmi che erano trasmessi. Entrambi ci alzavamo di scatto quando suonava il telefono, e quello che arrivava troppo tardi per rispondere, gironzolava attorno all’ altro mordicchiandosi le unghie dal nervosismo e dalla tensione, per poi dire, quando uno riattaccava:
-Allora?-
Era sempre mia mamma che chiamava, per sapere come ce la stavamo cavando io e papà, e per dirci che non era ancora successo nulla.
Così, delusi, ci risistemavamo in divano aspettando la telefonata successiva.
Il pomeriggio trascorse lento e noioso, tanto che mi pareva che la mattina fosse venuta secoli addietro.
Infine arrivò l’ ora di cena, senza nessuna particolare novità.
Mio padre non aveva molta voglia di dedicarsi ai fornelli, dato che nessuno aveva fame, visto che il nostro stomaco era in soqquadro per la tensione.

23:30
Il telefono squillò.
Vinsi io la gara, perciò fu il turno di mio padre a dover attendere le informazioni che gli passavo.
Mia madre mi aveva comunicato che non era ancora nata, che per di più non voleva uscire, per cui mia sorella era costretta a sottoporsi al parto cesareo.
Difficile la piccolina, si vede che ha capito che non deve essere molto confortevole il mondo qui fuori.
Pensai io, anche se ero delusa. Insomma, entro fine giornata mi ero già immaginata in ospedale a dare il benvenuto a quella piccola creatura, invece eccomi là, a casa con papà.
Mi infilai sotto le coperte, anche se ero consapevole del fatto che quella notte non avrei chiuso occhio, e nemmeno papà.

Non mi ero sbagliata. Nessuno aveva dormito.
Il mattino dopo mi svegliai per andare a scuola, e mia madre mi diede il buongiorno dicendomi:
-Claudia, è nata!-
Sgranai gli occhi:
-Sul serio? Com’ è? Lara sta bene?-
-Si si sta bene, adesso è in ospedale…è nata a mezzanotte e sei minuti, pesa tre chili e cinquecentocinquanta grammi- m’ informò mia madre.
-Però…non è proprio pelle e ossa! Ed è nata il diciassette per soli sei minuti!- commentai, - Quand’ è che posso vederla?- domandai.
-Volevo tenerti a casa da scuola questa mattina, ma l’ orario delle visite è molto breve, perciò puoi andarci oggi con papà-
-D’ accordo…e…com’ è lei?- chiesi, curiosa.
-Oh, è bellissima, ti assomiglia un sacco, è la tua fotocopia, soltanto che tu avevi i capelli scuri, lei invece ce li ha biondi- me la descrisse.
-Beh, non avevo dubbi sul colore dei capelli, sia Lara che Marco erano biondi da piccoli…e gli occhi scommetto che sono azzurri, come di solito quelli di tutti i neonati-
-Proprio…su, dai, muoviti o farai tardi- mi spronò.
Così io mi preparai ad una lunga mattinata scolastica in cui, lo sapevo, non sarei stata super attenta come al mio solito, essendo ansiosa di quel pomeriggio.

15:30
Una Toyota Yaris grigio metallizzato attendeva con calma apparente che il semaforo passasse dal rosso al verde.
A bordo dell’ automobile c’ eravamo io e mio padre.
Ancora un altro paio di curve e saremmo arrivati finalmente all’ ospedale di Rovigo.
Eccoci, per fortuna, e guarda caso non c’ era nemmeno un posto libero al parcheggio…oh, eccone uno…maledetto quel cafone che ce l’ ha fregato…oh, un’ altro là in fondo…no, niente da fare, è per i disabili…
Dopo svariati tentativi trovammo uno spazio che faceva per noi e parcheggiammo l’ auto.
Ci dirigemmo in fretta e furia verso il reparto Maternità, ed individuammo la stanza che avevano assegnato a mia sorella.
Entrammo.
Era sdraiata nel secondo letto, gli occhi semichiusi. Esausta ma sveglia.
Ci accolse con un debole sorriso.
Le accarezzai la spalla, lei mi sorrise ancora.
Accanto al suo letto stava un lettino più piccolo, in cui dormiva un tenero fagottino.
Alice.
Che bel nome.
Semplice.
Cinque lettere.
Corto.
Facile da imparare.
Semplice da pronunciare e da ricordare.
Com’ era bella, quella bambina, quella creatura piccina piccina.
Faceva tenerezza.
Provai un’ emozione così forte che, non mi vergogno ad ammetterlo, mi commossi.
Erano lacrime di gioia quelle che mi inumidivano gli occhi.
Non pensavo mi fossi messa a piangere, invece quella volta non ci fu niente che riuscì a bloccare la mia emozione.
Penso che sia un’ emozione davvero unica, io stessa non potrei mai descriverla per intero, non potrei mai attribuire ad essa tutti gli aggettivi più belli e immaginabili, perché non sarebbe comunque abbastanza.
Auguro a tutti di avere la fortuna di provare queste sensazioni meravigliose, perché non c’ è cosa più bella, forse, di diventare zii.
È passato poco più di un anno da quel giorno, l’ ho vista crescere, l’ ho sentita piangere, l’ ho seguita mentre faceva progressi ogni giorno, perciò ora le dedico questa lettera che, anche se non leggerà al momento, sono sicura avrà modo di apprezzarla poi in futuro.

Cara Alice,
sei piccina e non puoi capire niente di ciò che ti sto scrivendo adesso, però un giorno capirai.
Capirai, come io capisco perché tu non volevi mai uscire da quel pancione che ti proteggeva dal resto del mondo. Perché il mondo, Alice, è una cosa complessa. Nel mondo di oggi c’ è molto, troppo odio, e tu non lo meriti.
Però come farò, quando sarai un po’ più grandicella e comincerai a fare la fatidica domanda: “Perché?”. Non lo so come farò. Dovrò forse tenerti nascosta la verità e non dirti che nel mondo ci sono persone che litigano per un qualcosa di banale, persone che soffrono, persone malate, persone che muoiono, persone crudeli e opportuniste?
No, non è mia intenzione.
Io voglio che tu capisca, che tu cresca in fretta, per farti un’ idea ben chiara di ciò che è giusto o sbagliato. Io voglio che tu non soffra mai, voglio vederti sorridere, come fai spesso adesso, spensierata e ignara di come sia realmente il mondo che ti ospita. Io voglio che tu diventi una persona migliore di me, voglio che tu non ripeta i miei stupidi errori da ragazzina incoerente, soprattutto perché sto continuando a ripetere un’ infinità di volte il verbo “voglio”, cosa che mette in evidenza il mio ego.
Vorrei dirti com’ è bello vederti crescere.
Il giorno in cui andai a trovarti in ospedale, eri un fagottino biondo con degli occhioni blu, gli occhi più belli e più puri che io abbia mai incontrato in nessun altro. Adesso i tuoi occhi sono color nutella, o nocciola, come preferisci chiamarli, però restano lo stesso gli occhi che non smetterei mai di guardare.
Il tuo passo ancora incerto, la tua andatura da pinguino, la tua instabilità che poco a poco sfuma sempre più, diventando sicurezza, mi commuove.
Mi commuove vedere giorno per giorno i progressi che fai, mi commuove sentire la tua vocina urlare il mio nome in modo ancora scorretto ogni volta che rincaso da scuola, mi commuovono i bacini che mi dai sulla guancia, ancora a bocca spalancata, perché non sai come si fa a schioccare le labbra, mi commuove il fatto di vederti concentrata sui vari giocattoli che porti in giro quando cammini, spargendoli in qualsiasi angolo della casa.
Ma soprattutto, sono felice che tu sia nata, perché la nascita di una nuova creatura non fa altro che regalare felicità agli uomini, agli adulti in particolare, che sono stati cambiati dalla vita, diventando più realisti, troppo attaccati ai beni materiali.
E poi è bello il tuo sorriso, semplice, genuino, tenero.
Quel faccino ridente e “pacioccone” strappa sorrisi anche agli altri, che talvolta si dimenticano che è bello sorridere, e anche loro possono farlo, ogni tanto. E tra quegli “altri” che non ridono mai, sono inclusa anch’ io, troppo preoccupata ad insultare la vita per come è stata ingiusta con me, cosa che non è affatto vera, se penso che tutti hanno i loro problemi e c’ è gente, in altre parti del mondo e non solo, la cui esistenza è determinata da duro lavoro, da fatica, sofferenza, sudore e sforzi continui. Così alcune persone si guadagnano il pane, alla faccia di molte altre che, pur essendo benestanti e favorendo di molti privilegi, sono avare e non hanno nemmeno un briciolo di compassione per donare qualche spicciolo in beneficienza. Mi vengono persino i brividi se ripenso a tutte le guerre che si sono combattute in passato, la Rivoluzione Francese, eccetera. Tutte queste battaglie per far raggiungere un equilibrio all’ umanità, perché tutti gli uomini possedessero lo stesso denaro e nessuno godesse di maggiori privilegi rispetto ad altri che si ritrovavano poveri. Beh, a cosa sono servite se esistono ancora quelle persone che non hanno nemmeno un euro per acquistare un quotidiano? Come vedi, i problemi ci sono e ci saranno sempre, adesso poi, c’ è una crisi economica molto grave.
Ed è per questo, Alice, che non voglio che tu mi consideri come un esempio da seguire quando crescerai, anzi, devi prendermi come spunto da evitare, per non ricadere sui miei stessi sbagli.
Vorrei insegnarti a trovare il lato bello in tutte le cose.
Vorrei che imparassi a vedere il mondo come una persona: piena di pregi e di difetti, e vorrei che, da grande, ti impegnassi ad eliminare questi ultimi, per rendere il luogo in cui tu e molte altre persone vivono, molto più confortevole.
Vorrei che tu ti svegliassi ogni mattina con le labbra arricciate da un sorriso, perché ti piace il sole che splende, ti piace il ticchettio pioggia sui vetri, ti piacciono gli uccellini che svolazzano, ti piace il gatto della vicina “spaparazzato” al sole, ti piace l’ odore dell’ erba appena tagliata e anche la puzza delle cimici.
Vorrei che apprezzassi la tua vita.
Vorrei che apprezzassi le piccole cose. Vorrei che tu non provassi mai dolore nel tuo cammino.
Vorrei…vorrei…
Però vedendoti, tutto il dolore che ti ho descritto in precedenza scompare, tutti i problemi si alleggeriscono.
Perché non c’ è nulla di più bello della purezza e della ingenuità di un bambino. Perché da quando sei entrata a far parte della mia vita non riesco più ad immaginarla senza te, tanto che mi chiedo come facessi a vivere prima. Perché non c’ è nulla di più bello di te. Ti Voglio Bene
Con affetto,
la tua zia Claudia.





Ringrazio coloro che leggeranno, ed invito chiunque a recensire, per sapere il vostro parere.
KISSONI da ramoso4ever95
   
 
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