Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: Rainbowcorn    12/10/2014    8 recensioni
DAL TESTO:
“Beh.. Signor Tomlinson, è sicuro di non aspettare un bambino?” domandò guardando il ragazzo che spalancò gli occhi e poi corrugò la fronte a quella domanda.
Il silenzio che calò in quella stanza venne interrotto dall'improvvisa risata della ragazza.
“Mi scusi.. Ma penso che sia impossibile.."
(..)
“Ho fatto sesso con un ragazzo quasi tre settimane fa. Penso che sia stato lui il primo e unico a prendermi.. Ma non ricordo chi sia.” Aveva mormorato il giovane chiudendosi subito dopo in un ostinato silenzio.
(..)
A quel contatto la rabbia e il disappunto erano spariti. Perché tra loro era così. Bastava un contatto per annullare tutto il resto del mondo.
.
.
NB:
- Larry Stylinson come ROMANCE 
- Pregnant!Louis
- 5.8 k parole circa.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Mpreg
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Underwater. *
 
A Cristina,
Perchè se tutto questo esiste è solo grazie a lei.

 

Harry Styles sapeva benissimo che quella sera si sarebbe annoiato. Come succedeva ogni sera in cui andava a ballare in uno di quei locali con la musica a tutto volume e l’illuminazione carente come a risparmiare sulla bolletta della luce.
Nonostante tutto, però, si era preparato per quell’uscita ed era passato a prendere Liam, il suo migliore amico, per recarsi a quella stupida festa di compleanno che sarebbe sicuramente stata piena di suoi vecchi compagni del liceo e volti sconosciuti.
Nonostante tutto aveva parcheggiato la macchina poco distante dal locale ed era entrato con Liam al fianco recandosi a fare gli auguri alla festeggiata e lasciandole il loro banalissimo regalo comprato durante il tragitto.
E ora si trovava lì, con un bicchiere in mano e gl’invitati ancora tutti troppo sobri da doverseli sorbire.
“Ciao come stai?” “Quanto tempo!” “Ma come sei cambiato! E’ una vita che non ci vediamo”.
Tutti a dire le stesse identiche cose, nonostante per molti, Harry compreso, il liceo fosse finito appena quattro anni prima e nonostante la maggior parte di loro avesse continuato a vivere in quella cittadina dimenticata da Dio.
Di quella serata Harry Styles aveva immaginato tutto, eppure mai in tutta la sua vita si era sbagliato tanto.
Non si sarebbe mai immaginato di trovarsi davanti Louis Tomlinson. Il ragazzo a cui aveva praticamente sbavato dietro in silenzio per tutto il periodo del liceo, nascondendo la sua naturale attrazione verso di lui con l’indifferenza.
Che Louis fosse gay era risaputo, bastava guardarlo per capirlo. I suoi movimenti, il suo modo di parlare e perfino la sua voce non lasciavano dubbi sulla sua identità sessuale.
Anche di Harry la bisessualità era ben visibile dai suoi comportamenti.
Eppure nonostante fossero i due ragazzi non eterosessuali più bramati dall’intero istituto tra loro non era mai successo nulla. Sembravano semplicemente invisibili l’uno agli occhi dell’altro.
Caratteri troppo diversi, troppo incompatibili, pensavano tutti. Senza sapere che i loro caratteri sarebbero stati perfetti per completarsi a vicenda.
Harry avrebbe lasciato la propria calma e tranquillità a colmare l’istintività e l’aggressività di Louis. E quest’ultimo avrebbe riempito di decisione e sicurezza la mitezza e timidità di Harry.
Anche il loro fisico sembrava a tutti essere agli antipodi.
Harry riccio, alto e ben piantato. Louis con i capelli lisci e sciatti, minuto, ma perfetto in ogni singolo dettaglio, specialmente quello del sedere tondo e sodo.
Louis, al liceo, grande e all'ultimo anno, Harry decisamente più giovane.
Tutti li avevano sempre definiti incompatibili, perché nessuno sapeva che i loro binari erano destinati a incontrarsi e unirsi. Ma non prima di quella sera.

Con un sorriso, fintamente sicuro, Harry sorrise a Louis in cenno di saluto. Questi quasi si stupì del fatto che il riccio in quegli anni non aveva fatto altro che diventare ancora più alto e terribilmente sexy. Gli fece un occhiolino di rimando, che forse aveva tutto da lasciar intendere, accompagnato da un cenno del capo prima di tornare a prestare attenzione alle parole di Eleanor, la sua migliore amica, che si trovava al suo fianco.
“E’ continuato a crescere bene Styles..” le sussurrò, interrompendola, a un orecchio così da non farsi sentire.
Lei, di tutta risposta, gli diede un colpo sulle spalle accompagnato da una risata.
“Non te l’ha mai dato durante la scuola. Non te lo darà sicuramente oggi. Siete incompatibili, ricordi?”
E il moro scrollò semplicemente le spalle, consapevole che quelle parole erano la verità e che forse di farsi Styles non gl’importava abbastanza.

Due, tre, cinque.
I bicchieri che era riuscito a buttare giù erano diventati un numero troppo alto da riuscire a ricordare con esatta lucidità.
L’unica cosa che Louis Tomlinson sapeva, dopo tutto quell’alcool, era che forse aveva bisogno di una piccola tregua dal ballo forsennato in pista. Era per quello che si era ritrovato seduto su un divanetto del locale, con Harry Styles al suo fianco, ancora perfettamente sobrio, che sorseggiava il suo bicchiere d’innocua birra e cercava disperatamente di non annoiarsi così tanto.
Ballare non era nemmeno un’opzione che prendeva in considerazione, il riccio. Ubriacarsi ancora meno.
Non che fosse un ragazzo noioso, no. Ma semplicemente non era quello, per lui, il modo di svagarsi.
“Ti stai divertendo?” chiese Louis con un po’ di difficoltà a pronunciare le parole.
Harry sorrise prima di urlare un ‘da morire’ in risposta, accompagnato da un’alzata di occhi al cielo. Come se la risposta a quella domanda non fosse del tutto ovvia.
Il liscio iniziò a ridere più del dovuto per quella battuta, segno che l’alcool nel suo corpo doveva aver superato di gran lunga il limite.
Nella sua poca lucidità Louis Tomlinson si era accordo che dopotutto gl’importava abbastanza di fare sesso con Harry e che desiderava farlo quella sera.
In fin dei conti era dal liceo che bramava che il corpo del riccio diventasse suo per una notte soltanto.
“Ho bisogno di.. una boccata d’aria..” sbiascicò il ragazzo ubriaco con tutta l’intenzione di farsi accompagnare fuori, dove tutto era più calmo e la musica non gli martellava in testa confondendolo.
Alzatosi in piedi fece finta di cadere, o forse non ebbe nemmeno modo di fare finta visto che l’alcool gli dava un equilibrio precario, su Harry e mormorando uno ‘scusa’ gli chiese di dargli una mano a uscire fuori.
E il più giovane, che segretamente pendeva dalle labbra di Louis, lo accompagnò, assecondando i suoi desideri e inconsapevolmente anche il destino.

L’aria fresca colpì Louis permettendogli di essere un poco più lucido.
Appoggiò la mano che non era avvinghiata ad Harry sul muro dell’edificio e respirò a pieni polmoni nel buio di quella notte.
“Ce la fai?” chiese il riccio osservando come l’altro ragazzo si teneva saldo a lui.
Questi di tutta risposta lasciò la mano che aveva appoggiata al muro e la passò tra i capelli del ragazzo al suo finaco.
“Sai, Harry.. Ho sempre pensato che tu avessi dei bei capelli..” sorrise Louis continuando a massaggiare dolcemente quei ricci.
E senza tanti altri giri di parole, per l’alcool o perché era sempre stato un ragazzo diretto, lo disse. “Voglio fare sesso con te, Harry.”
E senza aspettare che il giovane metabolizzasse quelle parole lo baciò, cogliendolo di sorpresa.
Harry Styles sapeva tante cose. Sapeva che doveva studiare e fare il bravo ragazzo. Sapeva che non c’era nulla di male nell’essere bisessuale e amare le persone più improbabili. E sapeva anche che non doveva approfittare delle persone poco lucide.
Eppure lo fece. Si lasciò baciare da Louis Tomlinson e si ripromise che dopo lo avrebbe fermato.
Si ripromise di farlo anche quando questi lo portò barcollando, tra un bacio e l’altro, verso il giardinetto nascosto e deserto vicino al locale.
Si ripromise di farlo anche mentre si spogliavano a vicenda. Si ripromise di farlo quando Louis gli disse che voleva provare a fare il passivo per una volta nella vita e farsi amare più che amare in prima persona. E si ripromise di farlo anche quando venne in lui, stravolto dal piacere e dalla felicità di aver reso reale un sogno.

Dopo essere rimasti in silenzio a guardare, nudi, le stelle sull’erba e a meditare, i due decisero che era venuto il momento di porre fine a quel momento di paradiso e tornare sulla Terra.
Harry Styles si rivestì velocemente e aiutò il ragazzo, con cui aveva appena condiviso tutta quell’intimità e che era ancora troppo alticcio, a infilarsi i suoi abiti e ad abbottonarsi la sua camicia azzurra e attillata.
Forse avrebbe dovuto sentirsi in colpa per aver approfittato di un ragazzo ubriaco, eppure nessun rimorso lo tormentava. Al contrario, si sentiva finalmente completo. Perché è così che il destino ti fa sentire quando, semplicemente, lo assecondi.
L’unica cosa che dispiaceva al riccio era il fatto che tutto fosse appena finito e che difficilmente avrebbe avuto modo di approfondire la relazione con Louis.
Perché, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era stato difficile cercare di dimenticarsi gli occhi di Louis durante quegli anni, e adesso avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo.
L’unico problema era che questa volta sarebbe stato ancora più complicato scordarsi il suo tocco e la sensazione di essere una cosa sola.
Da ragazzo prudente, Harry Styles, si oppose fermamente ai tentativi di Louis di voler tornare a casa guidando, e, dopo aver mandato un semplice messaggio a Liam avvisandolo che avrebbe portato a casa un amico prima di tornare alla festa, obbligò il liscio a salire sulla sua macchina e a farsi dare dare un passaggio.
Il tragitto fu silenzioso, interrotto solo dalle indicazioni stradali di un Louis mezzo addormentato.
La mente del riccio vagava e si perdeva in un labirinto di felicità e tristezza.
Quella del maggiore, semplicemente, non riusciva a riordinare nessun pensiero, tale era ormai la nebbia che avvolgeva la sua testa, e cercava di concentrarsi il più possibile nell’indicare al suo accompagnatore la strada corretta.
Venne sopraffatto dal sonno proprio mentre il ragazzo accostava l’auto davanti al condominio dove abitava.
Non seppe mai come arrivò nel suo monolocale e la mattina dopo si ritrovò, ancora vestito, ma senza scarpe, tra le lenzuola del suo letto. Perché non seppe mai che a trasportarlo in braccio fino a casa e a metterlo sotto le coperte era stato Harry che, con non poca fatica, era riuscito a trovare le chiavi dell’appartamento nella tasca del liscio e guardando i campanelli a trovare anche il piano giusto.
Non seppe mai che Harry prima di uscire aveva aperto l’armadio di Louis e aveva affondato il viso tra i suoi maglioni.
E non seppe mai che Harry, un pezzo di Louis se lo era materialmente portato via, rubandogli un vecchio felpone impregnata dell’odore della pelle dell’uomo che più aveva amato nella sua vita.

La prima cosa che percepì Louis Tomlinson, svegliato dalla luce che filtrava dalla finestra, era che si ritrovava tra le candide lenzuola del suo letto e che puzzava.
Si tirò a sedere di scatto e quel movimento fulmineo gli provocò una leggera fitta all’altezza del sedere.
Non ricordava quasi nulla della serata precedente, i ricordi iniziavano a essere sfuocati dopo il terzo bicchierino di tequila per poi essere inghiottiti in un completo buco nero.
L’unica cosa di cui era certo era di aver fatto sesso, perché tocchi e baci delicati come quelli che aveva ricevuto non poteva non ricordarli anche dopo una colossale sbronza. Il problema era che non ricordava da chi avesse ricevuto quelle attenzioni, e l’idea di non sapere quale uomo era stato il primo a stargli dentro, dato il dolore considerevole al fondoschiena per ogni minimo movimento, gli metteva un vago senso di malinconia.
Perché forse la sua seconda prima volta avrebbe davvero voluto ricordarla. E perché se aveva lasciato che qualcuno si prendesse un’altra parte della sua verginità, probabilmente quel qualcuno doveva anche essere una persona irragionevolmente importante.
Dopo due caffè, un dolore generale domato solo con l’assunzione di un'aspirina e una doccia calda Louis Tomlinson quasi si sentiva un’altra persona.
Lo schermo del suo cellulare s’illuminò proprio nel momento in cui stava per versare nella tazza il terzo caffè della mattinata.
La chiamata arrivava da un numero salvato in rubrica semplicemente con un ‘El’ accompagnato da un cuoricino.
Il ragazzo rispose al telefono, pronto a sorbirsi il resoconto della serata da parte della sua migliore amica, e forse a fare chiarezza sull’uomo misterioso con cui aveva condiviso così tanto per una sola notte.

Harry Styles era svogliato.
Da circa cinque giorni, quelli trascorsi dalla sera della festa, non faceva che passare il tempo a fissare a vuoto i compiti dei bambini che aveva da correggere.
Non riusciva a concentrarsi su nulla. Aveva sviluppato il dono dell’ubiquità: fisicamente in un posto e mentalmente in un altro. Lontano. Ancora a pensare alle carezze che aveva riservato alla pelle candida di Louis Tomlinson.
La notte gli prendeva una nostalgia dormendo, o almeno cercando di farlo, con stretto il maglione rubato dall'armadio del liscio.
Le occhiaie si facevano sempre più scavate mentre passava i pomeriggi fuori da scuola, perché sì, il riccio era un maestro delle elementari, al buio della cucina a guardare le televisione e ingozzarsi di schifezze.
Si era dato tempo una settimana per compiangersi e deprimersi per il suo amore che non sarebbe mai nato, poi si sarebbe fatto forza e avrebbe reagito.
Liam Payne, il suo migliore amico, non era per nulla d’accordo con il modo di fare del riccio, ma sapeva che tanto cercare di fargli cambiare idea non sarebbe servito a nulla. Perché Harry Styles era testardo. E nulla lo avrebbe distolto dalle sue intenzioni.

La situazione sembrava essere arrivata a un punto morto. Perché se Louis non era riuscito a capire con chi era stato quella notte, Harry non aveva la minima intenzione di provare a mettersi in contatto con il maggiore.
E di nuovo fu il compimento di un destino già scritto a decidere per tutti.
Dopo sei giorni dalla festa, Louis Tomlinson si svegliò con la voglia di vomitare anche l’anima. E lo fece. Per tutta la mattina, e anche per quella seguente.
Si rifiutava categoricamente di andare a farsi visitare dando poca importanza a quell’influenza che doveva essersi preso.
Al nono giorno passato ad ingozzarsi di cibo e al vomitarlo un momento dopo, Eleanor Calder, la sua migliore amica, lo trascinò letteralmente dal suo medico di fiducia.
“Vedrai. Il Dottor Malik è uno in gamba! Con tutte queste influenze che girano non c’è mica da scherzare.” Aveva affermato con sicurezza mentre guidava verso la clinica privata con Louis, ridotto uno straccio, al suo fianco.
Louis sapeva benissimo che Eleanor aveva insistito tanto per portarlo solo perché quel dottore, alla ragazza, piaceva e non poco. Ma più che altro si era arreso perché di passare il tempo con la faccia ficcata in un water non ne poteva davvero più.
Arrivati alla clinica non dovettero neppure attendere nella sala d’aspetto, perché il medico era una persona puntuale che dato un orario non faceva mai aspettare i propri pazienti.
Seduto su quella sedia dell'ambulatorio Louis rispondeva a tutte le domande banali che il dottore continuava a porgli riguardo ai suoi sintomi influenzali.
Eleanor, con occhi civettuoli, continuava a guardare il medico, non capendo che quell’uomo doveva essere completamente gay, dato il modo di parlare e di fare.
“Signor Tomlinson.. Ho una teoria e vorrei farle delle analisi Beta HCG.. Un semplice prelievo del sangue” disse improvvisamente l’uomo dopo che il ragazzo aveva risposto all’ennesima domanda postagli.
“Che tipo di teoria?” aveva domandato la ragazza non dando il tempo al liscio di formulare una domanda che sarebbe stata molto simile.
“Beh.. Signor Tomlinson, è sicuro di non aspettare un bambino?” domandò guardando il ragazzo che spalancò gli occhi e poi corrugò la fronte a quella domanda.
Il silenzio che calò in quella stanza venne interrotto dall'improvvisa risata della ragazza.
“Mi scusi.. Ma penso che sia impossibile.. Voglio dire, Louis è sempre stato l’attivo nei rapporti che ha avuto.. Vero Lou?” chiese spostando miracolosamente lo sguardo dal medico per posarlo sul suo migliore amico che iniziava a sudare freddo con gli occhi persi a cercare di ricordare quella notte in cui si era fatto possedere.
“Ho fatto sesso con un ragazzo quasi tre settimane fa. Penso che sia stato lui il primo e unico a prendermi.. Ma non ricordo chi sia.” Aveva mormorato il giovane chiudendosi subito dopo in un ostinato silenzio per cercare di capire quella confusione di voci che gli mormoravano in testa.

Tre ore.
Tre ore di agonia e di stupide rassicurazioni da parte di Eleanor.
Tre ore di ansia e negazione.
Tre ore esatte dopo il prelievo del sangue l’infermiera era andata a chiamare Louis e la sua amica avvisandoli che il medico li stava aspettando nel suo studio.
“Sono arrivati i risultati dal laboratorio, Louis..” aveva incominciato il dottore non appena i due si erano seduti davanti alla scrivania.
“Congratulazioni! Sei alla terza settimana di gravidanza!” esclamò con un sorriso che per Louis sembrava una presa per il culo.
Eleanor si portò le mani alla bocca tanto era lo stupore per quella notizia.
Senza aspettare altro l’uomo con il camice bianco aveva iniziato a parlare della gravidanza, di come si sarebbe svolta, di cosa il giovane avrebbe dovuto fare o mangiare e cosa no.
Alla fine del suo discorso chiese semplicemente a Louis come stava dopo quella notizia e riuscì a scucirgli una sola esclamazione: “Merda.”

“Ma quello non era Louis Tomlinson?” chiese Liam, che uscendo dall'ascensore aveva incrociato il ragazzo accompagnato dalla sua amica, a Zayn Malik, il suo fidanzato.
“Sembrava sconvolto.. Che gli hai fatto dottor Killer?” chiese con un mezzo sorriso sulle labbra.
Il moro, di tutta risposta, lo prese per la vita e gli diede un leggero bacio sulle labbra.
“Lo conosci?” chiese in un sorriso.
Il castano scoppiò a ridere a quella domanda. “Purtroppo.. Andavamo nella stessa scuola.. E poi Harry è innamorato follemente di lui. Pensa che è anche riuscito ad andarci a letto insieme tre settimane fa.. Che conquista!” ridacchiò questi tornando a baciare le labbra del ragazzo che amava e che aveva conosciuto quattro anni prima a un matrimonio.
Zayn corrucciò la fronte staccandosi appena dalla sua dolce metà.
“Liam, dobbiamo parlare..”

Harry Styles, seduto sul divano del suo appartamento, aveva ascoltato tutto il discorso fatto da Zayn, il ragazzo del suo migliore amico.
In un primo momento aveva pensato si trattasse di una presa in giro, ma poi con le analisi che gli avevano mostrato aveva dovuto arrendersi all’evidenza.
Louis Tomlinson aspettava il loro bambino e non ricordava che era lui il ragazzo con cui aveva fatto sesso. O forse l’amore.
Questo particolare, forse, gli faceva male. Sapeva che quella sera il più grande era davvero ubriaco, e sapeva che non si sarebbe ricordato nulla di quella notte, eppure inconsciamente sperava che le sue carezze e cure sarebbero state così dolci da superare anche la sbornia colossale.
“E cosa dovrei fare ora?” aveva chiesto un po’ offeso nell’orgoglio il giovane maestro.
Liam era intervenuto in quella discussione andando vicino al suo amico e guardandolo negli occhi. “Parla con lui. Digli che sei tu il padre del bambino..” aveva mormorato.
Il riccio aveva abbassato gli occhi sul pavimento incrociando le braccia. Sapeva che quella era la cosa giusta da fare. Sapeva che l’avrebbe fatta, perché lui non era il tipo da tirarsi indietro e non avrebbe mai ignorato suo figlio. Solo che si sentiva così male al pensiero che Louis non si ricordava di lui.
“Hei..” il castano aveva richiamato la sua attenzione prendendogli il volto tra le mani “A questo mondo nulla accade per caso, Harry. Se sta succedendo tutto questo casino forse è perché l’universo vuole che voi due abbiate più di una semplice notte insieme da condividere.”
E il giovane non ci mise molto a credere a quelle parole, perché nel suo cuore voleva disperatamente condividere tanto con Louis.

Seduto a un tavolo di una tavola calda Louis aveva ordinato quasi tutto quello che si trovava sul menù.
Harry, davanti a lui, si era accontentato di una tazza di caffè per affrontare quella conversazione.
Dopo due giorni di meditazione si era deciso a chiamare Louis, a dirgli che era lui il ragazzo con cui era andato a letto quella notte, di come aveva scoperto che aspettava il loro bambino e a chiedere d’incontrarsi per poter parlare a voce.
Louis, dopo due giorni di panico e reclusione, aveva deciso di prendere nel modo più sereno possibile quella gravidanza inattesa. Dopotutto un lavoro lo aveva, e in qualche modo il marmocchio lo avrebbe mantenuto.
Non amava i bambini, no. Ma quello sarebbe stato il suo bambino. Sarebbe stato diverso. Gli avrebbe insegnato a giocare a calcio, e se fosse stata una bimba le avrebbe insegnato a giocare a calcio lo stesso.
Ed è proprio vero quel detto ‘aiutati che il ciel ti aiuta’, perché da quando aveva deciso di guardare tutta la situazione in modo ottimistico tutto aveva iniziato ad andare meglio, e aveva addirittura trovato il padre del bambino, Harry, che aveva dichiarato che si sarebbe preso le sue responsabilità.
E ora si trovavano lì. Due corpi che da sempre si erano bramati e che si erano posseduti per una notte in modo così profondo da generare una nuova vita.
Due uomini impauriti che avevano inconsciamente bisogno l’uno dell’altro.
“Fame..?” aveva provato ad attaccare discorso il riccio, non appena la cameriera, prese le ordinazioni, se n’era andata e aveva lasciato i due giovani da soli.
“Visto che mi hai messo incinto spero non ti dispiaccia se ho ordinato tutta quella roba.. Sai, insieme alla nausea ho anche una fame divoratrice..” si era giustificato il ragazzo con tono leggermente acido.
Il piccolo aveva annuito iniziando a torturarsi le mani sul tavolo per l’imbarazzo.
“Harry?” lo aveva chiamato Louis allungando una mano verso la sua e stringendola.
“Sì?” aveva risposto questi alzando lo sguardo dalle due mani incastrate verso gli occhi azzurri del maggiore
“Grazie per non avermi abbandonato, Harry.” Aveva detto con semplicità alzando le braccia prima di staccarsi e abbuffarsi con le ordinazioni che erano appena arrivate.

Dopo due ore passate a parlare di tutto e niente il riccio aveva scoperto che Louis era un assicuratore precario -e non pagato regolarmente- che amava i dolci alla marmellata e che qualcosa di bambini s’intendeva, visto che aveva aiutato sua mamma ad far crescere le sue sorelline più piccole.
Harry, invece, gli aveva raccontato di essere un maestro che non aveva mai avuto a che fare con bimbi sotto i sei anni.
Insieme formavano una coppia strana e improbabile.
Louis si alzò improvvisamente dal tavolo.
Il più piccolo lo guardò con le sopracciglia aggrottate.
“Se non ti dispiace vado a vomitare tutto quello che ho mangiato.”
Harry rimase interdetto a quella frase ed ebbe appena il tempo di vedere Louis allontanarsi velocemente verso i bagni.
Come un riflesso involontario si alzò anche lui per raggiungerlo. Nel suo lavoro succedeva spesso di andare dai bambini che stavano male a tenere loro la fronte mentre vomitavano, e stare accovacciato di fianco a Louis, che non aveva nemmeno chiuso a chiave il bagno, a tirargli indietro i capelli gli sembrò un po’ la stessa cosa.

Louis Tomlinson era criptico. Non diceva a nessuno che cosa gli stava succedendo, e aveva un umore altalenante.
‘Colpa degli ormoni’ si ripeteva, ma forse non era solo quello.
L’attimo precedente era felice e l’attimo dopo si sentiva soffocare. Triste no. Non era triste. Semmai sperduto, spaventato.
Non sapeva come reagire alla notizia.
In meno di nove mesi si sarebbe ritrovato con un bambino urlante in mezzo alla sua vita frenetica e instabile.
E non riusciva a capire se fosse pronto per questo cambiamento. Peccato che ormai fosse in balia degli eventi.
Continuava ad andare a lavoro, e la sera, Harry, passava a prenderlo in macchina, perché per un ragazzo nelle sue condizioni non era consigliabile viaggiare schiacciato sulla metro. O almeno questa era la scusa che il riccio gli aveva propinato dopo che, per il terzo giorno di fila, se l’era trovato sotto l’agenzia assicurativa per cui lavorava.
Forse a Louis non dispiacevano nemmeno così tanto tutte quelle attenzioni, ma continuava a mantenere quel suo velo d’indifferenze e talvolta si dimostrava anche scocciato di tutte quelle premure che lo facevano sentire così bene.
Perché l’acidità del liscio era una sua caratteristica intrinseca. Era una maschera che lo proteggeva dalla cattiveria del mondo. Cattiveria che aveva sperimentato sulla sua pelle quando da bambino aveva visto i suoi genitori separarsi e sua mamma cadere in depressione. Cattiveria con cui i bambini lo prendevano in giro per i suoi movimenti troppo femminili.
Cattiveria che aveva visto ogni giorno esprimersi al liceo in prese in giro da parte dei ragazzi più grandi sugli sfigati dei primi anni. Cattiveria a cui lui era diventato impermeabile, grazie alla sua maschera di menefreghismo.

Il tempo era trascorso in fretta tra quei pensieri e quelle preoccupazioni che occupavano la testa di Louis.
In ufficio era riuscito a mantenere il segreto della sua gravidanza per qualche mese, ma quando la pancia era iniziata a gonfiarsi e a diventare tondeggiante gli altri impiegati non ci avevano messo molto a capire cosa stesse succedendo.
Le voci corsero in fretta, e arrivarono all’orecchio del suo dirigente in meno di una settimana, il quale, con qualche scusa banale, mise fine al contratto precario del ragazzo. Perchè l'azienda non poteva permettersi di pagare anche i giorni di maternità. 'Pagare', poi, era una parola grossa, visto che lo stipendio non arrivava nemmeno regolarmente e completo.
Senza lavoro, con l’affitto in arretrato e un bambino che gli cresceva in grembo, Louis Tomlinson, si ritrovò a piangere senza ritegno sul ciglio della strada con sl suo fianco tutti gli effetti dell’ufficio in una scatola.
Così lo trovò Harry Styles quando lo passò a prendere e si fiondò sul più grande abbracciandolo e cullandolo tra le sue braccia. Non gli aveva nemmeno chiesto che cosa fosse successo, perché lo scatolone con tutti gli oggetti personali del liscio vicina rendeva più che chiaro quello che era capitato.
Dopo qualche minuto il riccio aveva obbligato il maggiore ad alzarsi e lo aveva condotto verso l’auto calda, perché il freddo di Novembre è un freddo che ti entra nelle ossa e congela ogni speranza.
A differenza del solito il minore non aveva solo riaccompagnato Louis davanti al condominio, ma senza chiedere il permesso aveva preso la scatola ed era salito con lui nell’appartamento.
Nel breve tratto in ascensore non si erano detti nulla. Non avevano parlato di quello che era successo perché Louis era troppo orgoglioso e non si sarebbe mai abbassato a chiedere l’aiuto di qualcuno. E questo Harry lo sapeva. Lo sapeva perché conosceva il ragazzo come nessun altro. Lo sapeva perché tutto quello era stato scritte da tempi immemori; e inconsciamente i due si conoscevano, anche se solo in quel momento stavano compiendo quel destino già segnato da sempre.

Freddo.
L’appartamento di Louis era freddo. Harry lo percepì subito, appena appoggiato il piede oltre lo stipite della porta.
“Louis, perché non hai acceso il riscaldamento questa mattina?” aveva chiesto semplicemente il riccio, pronto a rimproverare il più grande e a fargli una ramanzina su quanto un ragazzo in gravidanza non dovesse prendere freddo.
Ma la risposta spiazzante di Louis arrivò come se niente fosse, accompagnata da un’alzata di spalle. “Perché mi hanno tagliato i fili della corrente.” E nel dirlo tenne gli occhi alti, fieri.
Harry non riusciva a crederci e scosse la testa rifiutandosi di capire.
“Da quanto va avanti questa situazione?” chiese con una leggera nota d’ira e preoccupazione.
E Louis lo sentì. Lo sentì quel tono con cui gli aveva rivolto quella domanda e, indossando di nuovo la sua maschera di acidità, puntò gli occhi nei suoi.
“Se soffri il freddo puoi anche andartene. Sai, non siamo tutti figli di papà. Non abbiamo tutti un lavoro fisso e ben pagato.”
Arrabbiato. Harry Styles provò quel sentimento a quelle parole. Perché Louis non poteva pensare solo alla sua vita, perché ne stava crescendo un’altra nella sua pancia.
“Fa freddo. Da quanto va avanti questa situazione?” aveva ripetuto Harry, piazzandosi davanti al ragazzo e squadrandolo dall’alto verso il basso.
Louis, dal canto suo, si era allontanato dal riccio ed era andato in camera sua a cercare un vecchio maglione caldo da infilarsi, perché era vero, in quell’appartamento faceva freddo.
Non avrebbe mai risposto a quella domanda.
Il riccio lo aveva seguito e prendendolo da dietro per i fianchi era rimasto attaccato a lui. A quel contatto la rabbia e il disappunto erano spariti. Perché tra loro era così. Bastava un contatto per annullare tutto il resto del mondo.
Il più giovane aveva sussurrato al suo orecchio un ‘Verrai.. Anzi, verrete a stare da me’ prima di staccarsi e dare il tempo al più grande di preparare qualche vestito.
Il tempo per metabolizzare la notizia no. Non sarebbe mai riuscito a farlo, anche se era da settimane che tacitamente aspettava quella richiesta.

La casa di Harry era grande. Non enorme, ma grande.
La cosa più strana era la presenza di tre bagni, ma una sola camera da letto. Una camera enorme, sì. Ma comunque una.
Louis appoggiò il suo borsone, fatto di fretta e contenente un paio di cambi, sulla sedia della cucina.
Mordendosi le labbra rifiutò ogni bevanda calda che il riccio era stato in grado di proporgli e aveva appena mangiucchiato qualcosa della cena. Quella sera il suo corpo aveva deciso di fargli rifiutare qualsiasi tipo di vivanda.
Non era stata una giornata facile per il liscio, e quando il maggiore gli disse di voler andare a dormire, Harry lo accompagnò semplicemente nella camera da letto, la sua, contento che il più grande potesse finalmente riposarsi un po’.
Aveva le occhiaie scavate, Louis. Le occhiaie scavate della preoccupazione che non riesce a esprimersi.
“Questa è la mia camera da letto.. Ma da oggi la tua..” aveva sorriso Harry, e alla domanda “dove dormirai?” di Louis aveva risposto –come da manuale- “sul divano”.
Ma Louis non voleva dormire da solo. Non voleva più stare da solo a combattere contro il mondo.
Perché Louis aveva bisogno di un punto fisso nella sua vita. Aveva bisogno di qualcosa. E l’unica cosa che riusciva a fare era aggrapparsi a quel piccolo calore all’altezza del cuore. Un calore arancione tenue che ondeggiava al ritmo del battito del piccolo cuore della vita che gli stava crescendo dentro, e che si ravvivava ogni volta che la pelle di Louis incontrava quella del riccio.
E pensando a tutto questo fu semplice. Fu semplice pronunciare un debole “dormi con me”. E per Harry fu ancora più semplice accettare quell’invito. Perché era qualcosa che entrambi aspettavano da sempre. Perché il loro destino era stato scritto molto prima della loro nascita, e loro attendevano da sempre di compierlo.
Così Louis si ritrovò stretto al buio tra le braccia del più piccolo. Stretto a un’ancora. Un’ancora che avrebbe potuto portarlo a fondo. O salvarlo dal naufragio.

I mesi successivi passarono in fretta tra le crisi esistenziali di Louis - che principalmente si componevano di “sto diventando enorme” e “portami il gelato” – e i salti mortali che faceva Harry per passare il maggior tempo possibile a casa con il ragazzo che amava e che aveva iniziato a baciare, un giorno, intorno al settimo mese. Si erano ritrovati tutti e due in cucina, uno a preparare il caffè e l’altro a preparare i pancakes. E semplicemente era successo. Senza porsi domande. Senza farla troppo lunga o troppo difficile. Doveva succedere ed era successo. Le labbra del riccio avevano trovato quelle del castano, perdendosi in un bacio sobrio. Un bacio che Nessuno dei due avrebbe mai dimenticato.
Harry aveva confessato a Louis di amarlo qualche settimana dopo, ma il maggiore no. Non riusciva a dirle quelle parole. Perché per quanto le sentisse sulla punta della lingua proprio non volevano saperne di essere pronunciate.
Eppure lo sentiva di amare il ragazzo così come amava la loro figlia –perché le ecografie di Zayn avevano rivelato che si trattava di una femminuccia – che ormai era pronta per uscire dalla sua pancia e iniziare a vivere.

La data del cesareo era stata scelta diverse settimane prima.
E così il giorno precedente Louis, accompagnato da Harry, era andato in ospedale per farsi ricoverare, come prevedeva il protocollo, così che lo preparassero per il parto.
Sarebbe stato Zayn, che aveva seguito tutta la gravidanza, a far nascere la loro bambina.
La sera, dopo aver ricevuto la visita di Eleanor e di Liam, con cui aveva legato molto in quei mesi, che avevano promesso di tornare il giorno dopo per il parto, Louis si era girato su un fianco, al buio, aspettando il ritorno del riccio che era andato a prendergli un the caldo.
E il giovane era tornato dopo qualche minuto nella stanza, trovandola completamente allo scuro. Aveva appoggiato la bevanda sul tavolo davanti al letto e silenziosamente era salito sul giaciglio abbracciando Louis, così come faceva tutte le notti da quando questi si era trasferito nella sua casa, che ormai era diventata la loro casa.
“Resterai con me per sempre, vero?” aveva chiesto Louis con la voce strozzata.
E il riccio aveva risposto stringendolo di più contro il suo petto.
Perché Louis aveva paura. Aveva paura che quella notte fosse l’ultima. Aveva paura anche che qualcosa, durante l’operazione, andasse male. E aveva paura di restare da solo, senza Harry.
E quel “Per sempre” pronunciato dal riccio fu di nuovo una luce da seguire. Perché Louis non dubitava dell’amore di Harry, ma aveva solo l’assurdo bisogno di sentirselo dire.

Harry passò tutta la notte a baciare i capelli di Louis, che era riuscito a cadere in sonno, nonostante l’agitazione, grazie alla stanchezza e all’aiuto di tranquillanti naturali che l’infermiera gli aveva somministrato.
E anche il giorno successivo, nella sala operatoria, Harry passò tutto il tempo a baciare la mano di Louis che, agitato, continuava a chiedersi cosa stessero facendo oltre il velo verde che gl’impediva di vedere la parte addormentata del suo corpo, parte dove il Dr Malik stava lavorando per far nascere la loro bambina.
E poi dopo un'attesa quasi eterna fu come un miracolo.
Quel suono stridulo e quasi fastidioso: il pianto di un bambino. I due puntarono gli occhi nella direzione in cui proveniva il lamento.
Vita. Una nuova vita.
E Harry, intravedendo la neonata, si voltò verso il ragazzo che amava esclamando con la gioia nel petto che sono un genitore può provare “E’ nata!”.
E quando l’infermiera portò la bimba sul cuore di Louis ed Harry accarezzò il viso di quella piccola creatura il liscio si sentì completo. Si sentì a casa. E senza nemmeno pensarci quelle parole, che da tanto erano rimaste incagliate nella sua gola, uscirono, portando a compimento il destino.
“Vi amo.”




________________

ANGOLO AUTRICE.

Questa storia non l'ho scritta perchè lo desideravo con tutta me stessa. L'ho scritta perchè la mia migliore amica, Cristina, me l'ha richiesta per il suo ventesimo compleanno.. E quindi, con un leggerisssssimo ritardo, eccola qui!
Se la storia vi ha fatto schifo.. Beh, dovete prendervela con lei!
Se siete dei masochisti e l'avete apprezzata.. Beh, dovete comunque ringraziare lei.
Io non ho nessuna infamia e nessun onore.
Volevo chiedervi, solo.. Se vi andava di ascoltare questa cover Larry della canzone "Uncover" di Zara Larsson che ho registrato io qualche settimana fa.
Il testo e la voce sono miei. Spero davvero che vi piaccia.

http://www.youtube.com/watch?v=gb9cB6DNfAk&feature=youtu.be


Ps.
Cara Cristina,
Avevo promesso che ti avrei scritto una lettera più seria qui, al fondo della storia.
Beh.. Vuoi sapere una cosa che già t'immagini voglio dirti? Grazie. Grazie con il cuore per tutto quello che fai per me.
Lo so che sono una persona fatta a modo mio con un miliardo di difetti.
Sono costantemente in ritardo, sono una casinista, sono un'impulsiva, sono una rompipalle, sono egocentrica e riesco a crearmi problemi assurdi.
Ma grazie perchè mi hai dato la possibilità di legarmi a te e scoprire quanto è bello avere qualcuno su cui contare sempre.
Grazie. Per esserci. Per essere rimasta sempre e non esserti mai tirata indietro.
E' qualcosa che io non potrò mai dimenticare.
Quindi grazie di esistere, anche se mi fai scrivere delle storie simili.
Ti amo da impazzire.



Rainbowcorn
Think Rainbow. Think Rainbow Unicorn.



*Underwater, titolo liberamente ispirato all'omonima canzone di Mika.
   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Rainbowcorn