-5-
UN INVITO INASPETTATO
Lee
aveva convocato Harlock e gli aveva comunicato che il generale Ishida, da pochi
giorni rientrato dal quartier generale della Gaia Fleet, aveva espresso il
desiderio di invitarlo a cena, a casa sua, per parlare con lui di una faccenda
in via del tutto confidenziale.
Quell’invito
era arrivato inaspettato, proprio come un fulmine a ciel sereno, e il Falco
aveva drizzato le antenne. Che novità era mai quella? Che bolliva in pentola?
Conosceva Ishida di vista, più che altro di fama, ma non aveva mai avuto con
lui contatti diretti, quindi gli sembrò oltremodo strano che lo invitasse
addirittura a casa sua per parlargli. Decise però di non commentare e si rese
disponibile ad accettare l’invito.
“Bene, andrai da lui sabato sera, non allarmarti, credo solo che voglia
qualcosa che ha a che fare con la tua qualifica di pilota. Questo è il suo
indirizzo, ti aspetta per le diciannove. Mi raccomando, non farmi fare brutte
figure, è un mio diretto superiore, sii puntale e senti che ha da dirti, se
fosse qualcosa che non ti piace, o non ti torna, non metterti in contrasto con
lui, piuttosto prendi tempo e vieni subito a parlarne con me, è chiaro?”.
“Signorsì!”
rispose Harlock tranquillo. Sapeva come comportarsi e non c’era alcun bisogno
che Lee si preoccupasse così, ma poteva capire le sue ragioni e lo rassicurò.
Quella
sera stessa, finito l’addestramento, al bar dello spaccio, lui e Tochiro
stavano bevendo una pinta di birra e chiacchierando in santa pace, quando
furono raggiunti dal resto della cricca. Gli altri tre tenenti si sedettero con
loro e ordinarono anche loro una pinta a testa. Oyama parve leggermente
contrariato da quell’improvvisata. Il suo amico notò subito quel suo
impercettibile cambio d’umore e se ne domandò il motivo. Non era da Tochiro
essere insofferente alla compagnia, inoltre non stavano facendo niente di
particolare, né stavano parlando di cose private, chissà che cosa lo aveva
turbato, restava il fatto che il suo amico ultimamente era sempre un po’ troppo
strano.
Ancora non aveva avuto occasione di raccontargli del suo invito a cena di Ishida,
stava per farlo, ma erano sopraggiunti gli altri tre e aveva desistito.
Sicuramente l’avrebbero presa ed interpretata male, magari addirittura come un
possibile vantaggio e lui non voleva creare inutili malumori. Era convinto,
sebbene non sapesse lontanamente di che si trattasse, che fosse una questione
che non riguardasse il progetto Space Cowboys, ma come avrebbe potuto spiegarlo
agli altri convincendoli?
Meglio tacere.
“Allora, che si dice gente?” chiese Vipera, prima di bere una generosa sorsata
dalla sua pinta.
“Nulla di che” gli fece eco Tochiro “Bevevamo…”.
“Già” annuì criptico Harlock.
“C’è un tale mortorio in giro…” commentò sbuffando Devasto. A lui la calma dava sui nervi.
Il
Freddo non sillabò.
Fu in quel momento che si palesò dentro il bar quell’ufficiale che aveva
sorpreso Harlock nell’hangar appena occhi
blu era scappata.
“Guarda, guarda, chi si rivede” disse, non appena inquadrò il Falco.
“Quel frescone che si è fatto fregare dalla troietta!” disse platealmente a voce alta con aria di scherno.
Harlock,
poggiò con calma il suo boccale di birra sul tavolo, alzò la testa e lo fulminò
con un’occhiata tagliente come una rasoiata.
“Finiscila” gli sibilò gelido, quasi sotto voce.
Non gradiva quel modo di parlare e soprattutto non gli piaceva che apostrofasse lei con quella brutta parola.
“Perché
non è forse vero che sei un frescone?” lo punzecchiò quello, credendo che fosse
irato per quell’appellativo rivolto a lui.
“Di me puoi dire ciò che più ti aggrada, quello che pensi nei miei riguardi non
mi tocca, ma devi smettere di usare quella parola nei confronti di una ragazza
che nemmeno conosci” spiegò serio e calmo Occhio di Falco, che era uno che non
cercava guai, ma se gli davano fastidio, o peggio, mancavano di rispetto a
qualcuno più debole ed indifeso, non si tirava certo indietro.
Nel bar intanto era calato un silenzio tombale.
“Ah intendi dire la troietta spruzzavernice?” esclamò sfidandolo. Era un tipo che evidentemente cercava rogna.
L’aveva
appena trovata!
Non fece quasi in tempo a finire la frase che Harlock con un balzo gli fu
addosso, gli afferrò con una mano la mascella, stringendola come in una morsa
d’acciaio, e lo obbligò dolorosamente a reclinare la testa in dietro,
facendogli tenere il collo in tensione in una posa innaturale.
“Dillo ancora una volta e ti assicuro che ti spacco la faccia” gli disse ad un millimetro dal suo naso, con un filo di voce e con una calma omicida che faceva davvero paura.
L’ufficiale,
dopo un primo momento di smarrimento si riprese e subito gli assestò un colpo
alle costole obbligandolo a mollare la presa. Harlock allora non ci vide più e
gli sferrò un pugno in pieno viso; quello barcollò ed indietreggiò perdendo
l’equilibrio, ma non cadde. Aveva il labbro spaccato, quindi rabbioso a capo
basso, si gettò con foga contro il Falco colpendolo con una testata allo
stomaco. Neppure Harlock cadde, anche se a sua volta oscillò indietreggiando leggermente,
ma appena riprese l’equilibrio reagì e tra i due iniziò una vera e propria
lotta senza esclusione di colpi.
Dopo un primo momento di stupore si alzarono anche gli altri tre compreso
Tochiro. Era accaduto tutto troppo in fretta perché potessero intervenire
preventivamente, così andarono per cercare di dividerli, ma nel frattempo
sopraggiunsero anche gli amici dell’ufficiale. Fu a questo punto che la cosa
degenerò sfociando in una rissa colossale in cui tutti se le dettero di santa
ragione. Alla fine la meglio l’ebbero gli Space Cowoboys che fecero battere in
ritirata gli altri con la coda tra le gambe.
Miracolosamente non ci furono danni a cose e il barista dichiarò serafico che
lui non aveva visto, né sentito nulla, insomma non avrebbe fatto la spia.
Una volta che si furono ricomposti, si resero conto, per loro fortuna, che
nessuno portava addosso su di sé i segni della scazzottata, altrimenti sarebbero
stati per loro guai seri perché le risse non erano tollerate. Solo Harlock
aveva un occhio un po’ pesto e Devasto un livido sulla guancia, vicino alla
bocca. Così i due si misero d’accordo che avrebbero detto di essersi allenati
con troppa foga praticando boxe in palestra. In effetti la scusa poteva reggere
in quanto erano soliti anche fare trainer fisico piuttosto pesante, tra cui
appunto anche boxare.
Tutti e cinque decisero di ordinare un’altra pinta a testa per festeggiare la vittoria, quando la loro attenzione fu catalizzata dall’arrivo di una splendida ragazza che era appena entrata nel bar. Alta, slanciata, con due lunghissime gambe inguainate in paio di pantaloni di nappa neri, che la fasciavano rivelando delle forme armoniose e perfette. Sopra indossava un giacchetto di pelle rosso bordeaux, stile motociclista, semi aperto da cui spuntava una canottiera che lasciava intravedere le rotondità di un florido seno. Aveva i capelli lunghi fin sotto la vita di un colore molto particolare, simile a quello aranciato del rame. Il suo viso era bellissimo dai tratti delicati e regolari in cui spiccavano due occhi di un verde intenso simile alla giada*1. Si muoveva sicura e sinuosa, si guardò in giro e fissò per un attimo dalla loro parte, quindi si sedette al bancone del bar ed ordinò da bere.
Fu
allora, con somma sorpresa, che videro Tochiro alzarsi e andare sicuro a
sedersi accanto a lei, che subito lo salutò affettuosamente come se si conoscessero
molto bene.
Rimasero tutti e quattro, Harlock compreso, a bocca aperta come se fossero
stati delle carpe fuor d’acqua boccheggianti.
Tochiro
parlò un po’ con lei, poi la tipa si alzò, si congedò ed uscì dal bar rivelando
un posteriore degno del resto della sua splendida figura.
I quattro erano ancora talmente allibiti che guardavano increduli e sempre con
le bocche semi aperte dallo stupore.
Quando Oyama li raggiunse non fece in tempo a sillabare che Devasto, il più
strabiliato di tutti, partì in quarta.
“’Sti cazzi Tochiro! Ma quella fata dove l’hai scovata?”.
“Davvero sai! Ma chi l’avrebbe mai pensato che uno come te frequentasse certe tipe!” scappò detto a Vipera che aveva gli occhi ancora fuori dalle orbite.
“Amico
mio, sei una fonte inesauribile di sorprese!” commentò Harlock ammirato.
“Roba da matti!” pronunciò ermeticamente incredulo il Freddo.
L’ingegnere sorrise divertito “Che credevate voialtri, di avere l’esclusiva
sulle belle fanciulle? Anche io ho il mio fascino, sebbene possa essere
nascosto ai vostri occhi” rispose ironico. All’inizio era contrariato dal fatto
che fossero tutti lì, dato che voleva presentarla ad Harlock, ma ora era quasi
contento. In realtà la frequentava da un po’ e gli faceva piacere poter
finalmente rendere in qualche modo pubblico il loro rapporto, o quanto meno far
vedere che si conoscevano. L’anonimato era faticoso e non rientrava nelle sue
corde, dato che era un tipo aperto e solare. Era una ragazza molto bella, ma
soprattutto intelligente che lo aveva letteralmente ammaliato, così come lui
aveva stregato lei, che si era perdutamente innamorata di quell’ingegnere
timido ed occhialuto, che con la sua brillante intelligenza e la sua
delicatezza l’aveva conquistata più di qualunque altro bellone senza cervello
che avesse frequentato in precedenza. La faceva divertire ed aveva una mente
brillante con cui era un piacere confrontarsi, e poi li legavano delle affinità
elettive molto importanti e molto profonde, che andavano ben oltre i loro
rispettivi aspetti esteriori, oltre ad avere una sorta di comune segreto che
condividevano con grande riserbo. Ma al di là di tutto ciò, lei lo vedeva con
gli occhi del cuore e lo trovava bellissimo e sexy più di chiunque altro fosse
stato seduto in quel bar.
“Hai capito lo scienziato? Ha le doti nascoste eh!” sentenziò Devasto
occhieggiando maliziosamente il cavallo dei pantaloni di Tochiro, alludendo
chiaramente ad un certo tipo di doti
nascoste.
Oyama
ridacchiò. Era uno che stava agli scherzi. Sapeva che vedendolo parlare con lei
avrebbero fatto della goliardia e non se la stava affatto prendendo, anzi si
divertiva un sacco essendo molto auto-ironico.
“Ah certo, magari non sarà speciale e non avrà il dono della parola come quello di Harlock, a cui non sfugge
nessuna femmina, ma anche il suo si
difende bene a quanto pare!” commentò il Freddo che, quando voleva, sapeva
essere molto arguto.
“Sfuggiva!” lo corresse Devasto “Pare che quelle dotate di bomboletta spray siano inafferrabili. Insomma sembra che il nostro sfregiato abbia perso il suo proverbiale tocco infallibile e che il suo piffero magico si sia un po’, come dire… sfiatato? O Forse semplicemente il cosettino non parla più!” adoravano sfottere il Falco in quel senso.
“Oh avete finito brutte pettegole?” si finse arrabbiato Harlock che poi lanciò un’occhiata furba all’amico come per dirgli: Ora ho capito che mi nascondevi, mascalzone!
“E tu? Non favelli?” disse Devasto a Vipera.
“Mio caro, io prediligo i fatti alle parole, sai com’è…”.
“Seee, vabbè dite tutti così voi che andate in bianco!” lo rimbeccò Joe.
“No, diciamo così noi gentiluomini” rispose facendo un occhiolino d’intesa ad Harlock, a cui in questo caso si sentiva affine, in quanto nemmeno lui era uno che sbandierava le sue cose a destra e manca.
Erano tutti allegri, la scazzottata e l’arrivo imprevisto della rossa di Tochiro aveva portato una ventata di buon’umore.
“Giusto!”
disse Harlock assecondandolo.
Poi Vipera alzò la sua pinta e disse “Propongo un brindisi. Alle doti molto nascoste di Tochiro!”.
Alle doti molto nascoste di Tochiro!
gli fecero eco in coro gli altri e ognuno si scolò alla goccia il proprio
boccale.
*
Il
giorno prima di recarsi a cena da Ishida Harlock era andato allo spaccio e
aveva comprato una bottiglia di rosso pregiato. Era amante del buon vino ed
avendo avuto un certo tipo d’educazione non si sarebbe mai presentato ospite in
una casa a mani vuote, così, appena fosse uscito dalla sua camera avrebbe anche
comprato un mazzo di fiori per la moglie del generale, come imponevano le buone
maniere.
Nonostante tutto era un po’ in ansia, non capiva proprio che potesse volere quell’uomo da lui. Dette una rapida occhiata alla sua immagine riflessa nello specchio per controllarsi.
La divisa era impeccabile. I capelli piuttosto ordinati, a parte qualche ciocca ribelle, tipo quella che gli danzava dispettosa sull’occhio destro il cui livido, ricordo della scazzottata di qualche giorno prima, non si era ancora riassorbito. Si era perfettamente rasato e anche profumato, cosa che non faceva mai, ma questa volta aveva voluto usare il dopo barba per essere più in ordine possibile, quindi sospirò ed uscì.
La
casa di Ishida era una villetta un po’ decentrata rispetto alla caserma, da cui
in lontananza si intravedeva addirittura la spiaggia. Era isolata ed immersa
nel verde come se il generale, per la sua famiglia, avesse voluto un posto che
poco si mescolasse con la vita militare che aveva scelto.
Era dotata di una bella veranda in cui c’erano una panca, una sedia a dondolo e
un’altalena a tre posti. Tutto intorno c’erano piante e fiori. Harlock guardò
perplesso il suo mazzo di gigli aranciati contornati da fiori di campo gialli e
bianchi, e pensò che forse non era stata un’idea così brillante, lì di fiori
c’erano fin troppi, ma alla fine fece spallucce e suonò.
Gli aprì il generale in persona. Era vestito in abiti militari ma non
d’ordinanza. Stava fumando un sigaro e lo fece entrare facendogli strada.
La
casa, arredata per quel poco che vide, con mobili di stile provenzale era
pulita ed accogliente, dentro c’era un buon profumo di lavanda ed Ishida lo
fece accomodare in un salottino piuttosto austero con mobilio di legno scuro e
due ampie poltrone in pelle, che rendevano l’ambiente formale ma accogliente.
“La cena è quasi pronta. Intanto facciamo due chiacchiere” disse, prendendo
vino e fiori per poggiarli da una parte.
Harlock fece il suo solito cenno di assenso con la testa e lo assecondò
sprofondando in una delle due morbide poltrone. Capì subito d’essere sotto
esame.
Ishida si versò due dita di Bourbon liscio “Ne vuoi?”.
“No, signore. Grazie”.
“Andiamo
ragazzo non siamo in servizio puoi anche bere se ti va”.
Harlock sospirò pensando: Perché no? Magari
lo avrebbe rilassato un po’ e alla fine accettò.
“Dunque, Lee mi dice che sei il meglio dei quattro” andò subito al punto Ishida.
“Davvero? Io non ne so nulla” rispose secco Harlock. Non era uno che amava
essere adulato, né gli interessavano i complimenti. Non gli importava essere il meglio, a lui interessava fare
bene ciò che doveva, e voleva farlo in modo che non dovesse avere mai niente da
recriminare con se stesso. Solo questo era davvero importante.
“Mi fa piacere che non sei un presuntuoso a caccia di fama, complimenti ed
adulazione, però da quello che ho letto nel tuo dossier sei anche pianta grane,
figliolo”.
Harlock non sillabò e posò le labbra sul bicchiere, quindi prese un sorso di
Bourbon che assaporò appena, trattenendolo in bocca prima di inghiottirlo,
facendosi bruciare lievemente gola e stomaco. In bocca gli rimase una
sensazione di calore che gli lasciò un retrogusto robusto ma gradevole e che
gli dette il tempo di riordinare le idee.
“Perché hai disobbedito ad un ordine?” gli chiese diretto il generale.
Il Falco lo guardò dritto negli occhi “Perché era sbagliato” rispose freddo e
deciso. Non era una sfida la sua, ma solo ferrea convinzione di aver fatto al
cosa giusta.
“Il cargo non era la priorità. Questo mi era stato detto. Dovevo allontanare ed
annientare il nemico. Eravamo due navette contro due. Ho abbandonato il mio
compagno dopo averlo avvertito e dopo aver chiamato un’altra navetta a
supporto. Stava giungendo una terza nave, avrebbe fatto fuoco sul cargo se io
non l’avessi abbattuta per tempo e scortato i civili al sicuro”.
“Ma il tuo compagno si è ritrovato da solo contro ben due velivoli”.
“Non l’ho tradito se è questo quello che pensa. Eravamo d’accordo e poi è
arrivata quasi subito la navetta di supporto. Avrei voluto restare io a
fronteggiare le due navi nemiche, ma il mio compagno aveva una piccola perdita
al motore e si muoveva troppo lento, non avrebbe fatto in tempo a salvare quei
civili, per lo più donne bambini” bevve ancora scolando il bicchiere e poi
guardò nuovamente Ishida dritto negli occhi “Lo rifarei di nuovo signore. Non
lascerei morire dei civili innocenti solo perché abbattere il nemico è la
priorità per qualcuno. Per me la priorità è la vita delle persone innocenti”
disse sicuro, senza un attimo di esitazione e senza paura alcuna delle
eventuali conseguenze dettate dalle sue parole.
“Sei stato fortunato, ti è andata bene” commentò pensoso il generale che stava
rimuginando.
“Non è stata solo fortuna era tutto calcolato. Certo il tempo era a nostro
sfavore e abbiamo un po’ azzardato, ma non mi sono mosso inconsciamente e
soprattutto il mio compagno era consenziente”.
Ishida non insistette. Dette un’occhiata all’orologio e disse “La cena dovrebbe
essere pronta. Andiamo” e gli fece strada verso la sala da pranzo.
La tavola era apparecchiata per quattro. Il generale gli fece cenno di occupare
il posto a lato e lui si mise a capotavola, gli altri due coperti erano dalla
parte opposta dove era seduto lui.
Entrò una donna un po’ avanti con l’età, era sorridente e aveva un vassoio in
mano, Harlock immaginò fosse sua moglie invece lui la presentò come sua sorella
e spiegò di essere rimasto vedovo.
Si accomodarono tutti e tre a tavola. Il quarto posto restò vuoto.
Ishida pareva contrariato, ma non disse nulla ed esortò Harlock a cominciare a
mangiare.
Era ovvio che qualcuno fosse in ritardo, o che addirittura forse non sarebbe
venuto. Il tenente non se ne curò, la cosa non lo toccava minimamente ed
assaggiò l’antipasto. Era buonissimo e si complimentò con la signora.
Fu quasi a metà consumazione del primo piatto che arrivò il quarto commensale.
Entrò trafelata inondando la stanza di un profumo delicato. Indossava un paio
di jeans e una camicetta bianca, i capelli erano legati in una morbida coda ed
aveva due occhi incredibilmente blu che incontrarono subito i suoi. Erano
decisamente inconfondibili tra milioni.
Harlock notò che furono attraversati da un lampo di puro terrore che però svanì
quasi subito lasciando spazio ad una luce brillante, molto fiera ma non di
sfida, come a fargli capire che si sarebbe difesa con tutte le forze.
“Scusa papà ho fatto tardi in biblioteca” disse poi girandosi, e stampando un bacio
sulla guancia del generale che magicamente subito si rabbonì.
“Ti presento mia figlia, ti prego di scusarla, sta preparando la tesi di laurea
in giornalismo ed così presa dallo studio che praticamente vive in biblioteca.
A casa non la si vede mai, se non per dormire” spiegò non senza una punta
d’orgoglio, perché evidentemente era assolutamente all’oscuro delle attività ricreative della giovane.
Biblioteca, certo, come no? Pensò Harlock ridacchiando sotto i baffi. Ovviamente dal suo viso non trasparì nulla sebbene fosse conscio di avere gli occhi di lei puntati addosso per la preoccupazione di essere smascherata.
Educatamente si alzò in piedi e disse “Non è un problema, lo studio è importante, ed essere così dediti le fa solo onore. Phantom Franklin Harlock Terzo, piacere di fare la sua conoscenza, signorina?” le chiese poi presentandosi, mentre la scrutava intensamente, curioso di vedere le sue reazioni. Era in vantaggio e lo sapeva, voleva capire che tipo di ragazza fosse e la stava mettendo alla prova.
“Maya.
Maya Ishida” disse lei ostentando una calma ammirabile, sedendosi e abbassando
però lo sguardo sul piatto. La paura c’era e lui la percepiva. La ragazza era
in chiara difficoltà, ma teneva duro cercando di essere naturale.
Harlock non poté fare a meno di piegare impercettibilmente le labbra in un
sorrisino sfuggente e assai compiaciuto che mascherò abilmente portando il cibo
alla bocca, sebbene i suoi occhi ambrati brillassero divertiti .
Inaspettatamente quella cena si stava di gran lunga prospettando una delle più
stimolanti ed interessanti a cui avesse mai partecipato negli ultimi anni.
Note esplicative:
Il primo
grande amore di Harlock non poteva che essere LEI, ovvero Maya. Cioè quello
vero e quello che viene narrato e svelato nel film L’Arcadia della mia
Giovinezza, con cui però questa fic non ha niente a che fare.
Ovviamente
essendo un what if ambientato nel
movieverse questa Maya non può che essere molto differente da quella dell’anime
(ma del resto anche lo Yattaran del film ha poco a che fare con quello
dell’anime), anche perché in questo contesto sarebbe a mio avviso risultata
stonata, quindi aspettatevi che vi possa apparire un po’ OOC, ma spero non più
di tanto, poi mi direte voi :) spero che le fan della coppia Harlock/Maya
gradiscano questa mia incursione e questo mio punto di vista. Glossario: → GRAZIE infinitamente a tutti coloro che si sono fermati a
leggere fino a qui e che a quelli che continuano a farlo seguendo con affetto
la ficcia. Gratitudine e affetto a iosa a chi ha commentato e a chi ha messo la
storia tra le preferite, ricordate e seguite. Grazie davvero lovvovi! :* → Questo Capitolo è dedicato a
TUTTE le meravigliose persone di questo fandom con cui ho avuto ed ho
contatti! Questa esperienza da fanfictionara ha acquisito un gusto più dolce
grazie a tutte voi! :* → Grazie sempre alle mie bete,
→ Curiosità:
Maya è l’unica donna
messa accanto ad Harlock in qualità di fidanzata ufficiale nell’universo ADMG,
ma in realtà resta per ora l’unica in qualsiasi universo sia apparso! → GRAZIE Capitano ♥♥♥ (una parola è
poca e due sono troppe!) ––––••••.••••–––– Per oggi è tutto.
1 Gli occhi di questo personaggio che tutti avrete capito essere Esmeralda
la compagna/moglie di Tochiro, sono in realtà blu, ma avendo anche Maya lo
stesso colore ed essendo stata anche chiamata più di una volta: occhi blu, per non creare confusione mi
sono presa la licenza di trasformare quelli di Esmeralda in occhi verdi, che
poi è anche un omaggio a due paia di bellissimi occhi, sempre di color verde
che ho visto dal vivo di due ragazze del fandom, ovvero Lady Five e Oscartango!
A cui faccio molto volentieri omaggio :)
Buona notte, o Buon giorno a voi!
Passo e chiudo.
Che la pace sia sempre con voi! Alla prossima volta! =D