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Autore: Scarlett Rose    12/10/2014    4 recensioni
Bulma tace e Vegeta si preoccupa. E mentre si arrovella sui motivi che possono aver portato la sua dolce - ma- non - troppo metà a frenare la lingua, si perde lungo il filo dei ricordi, ripercorrendo tutte le volte in cui è stato fregato, sorpreso o apostrofato da quell'umana tremendamente irritante e tutta sua.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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O taci, o dici cose migliori del silenzio.
-  Salvator Rosa -



Bulma non tace mai. È inutile anche solo sperarlo e con il tempo - con tanto tanto tempo - Vegeta ha smesso perfino di farsi venire un travaso di bile.
Bulma è quel tipo di donna che quando deve dirti una cosa te la spara in faccia senza preoccuparsi se ferirà o no i tuoi sentimenti. 
Non che lui abbia mai avuto problemi del genere, lui è un Saiyan, lui è il guerriero di una stirpe eletta, lui distrugge – cioè, distruggeva - i mondi, figurarsi se sta a preoccuparsi dei sentimenti o di stupidaggini simili.
Anche se non lo ammetterà mai – mai, mai, mai! - apprezza che sua moglie pratichi la massima terrestre che se non sbaglia recita “Pane al pane, vino, al vino.”.
Cioè, ora gli piace. Agli inizi voleva solo prenderla per il collo e appenderla al muro.
Magari torturandola pure, nel frattempo.
Perché oltre ad avergli imposto di indossare una ridicola camicia rosa, di rivolgersi per lo meno con educazione ai suoi genitori e di frequentare quei bifolchi che si ostinava a chiamare “amici”, quella femmina si permetteva anche di tenergli testa.
Se si lamentava, lo zittiva.
Se la guardava storto, lo rimproverava.
Se digrignava i denti, gli metteva davanti un budino asserendo, testuali parole, che il suo caratteraccio era probabilmente dovuto a improvvisi cali di zuccheri.
Sulle prime si era inferocito. 
Poi, resosi conto che all'ennesimo scoppio di ira non otteneva altro che uno stizzito scrollare di spalle, era passato allo sbigottimento.
Era forse stupida?, si era chiesto un pomeriggio dopo la sua ennesima sfuriata mentre lei tutta tranquilla lo ignorava lavorando a chissà che progetto.
No, non poteva essere stupida. Una stupida non capisce come funziona la tecnologia aliena in un battito di ciglia, né piega macchine e ingranaggi ai suoi voleri con la facilità di un bambino che modelli la sabbia bagnata.
Forse si era abituata ai Saiyan stando a fianco a quell'inutile esemplare di Kakaroth e non aveva compreso quanto la loro stirpe fosse temibile. Ma ascoltando gli altri parlare quando si radunavano alla Capsule Corp. per la cena – e lui non parlava molto, ma ascoltava e prendeva nota di tutto – aveva capito che anche quella donna rompiscatole aveva avuto la sua parte di battaglie.
E in qualche modo ne era uscita.
Era stato allora che il primo, minuscolo seme di ammirazione aveva posto le basi dentro di lui, anche se piuttosto che ammetterlo si sarebbe strappato la lingua da solo usando le pinze adoperate da lei per rimettere a punto qualche macchinario difettoso.
E poi era arrivata una notte stellata e lei che lo raggiungeva sul tetto del palazzo dell'officina ciarlando di stelle cadenti e desideri, assieme a una bottiglia di liquore e un paio di bicchieri. Ad un certo punto, anche adesso a distanza di anni non riesce a spiegarsi come sia successo, il liquore nella bottiglia era sparito, i loro vestiti pure e si erano trovati nudi e stremati al mattino dopo, sul quel dannato tetto.
Ovviamente lui era un maschio e una buona dose di sesso non faceva mai male, ma non si aspettava certo che lei sbadigliasse, si rivestisse e se ne andasse borbottando di colazioni e lavoro arretrato. Cioè, quello avrebbe dovuto farlo lui, anziché restare come un merluzzo a fissare il punto in cui era sparita!
Così quando due sere dopo era ricapitato – stavolta nel letto di lei e senza bottiglie di alcolici da incolpare – per renderle la pariglia s'era rivestito in fretta e aveva fatto per andarsene.
“Vegeta?” l'aveva chiamato lei sbadigliando. Un sorrisetto gli aveva deformato la faccia: chissà, magari se quella donna l'avesse implorato a sufficienza si sarebbe fermato qualche minuto con lei. Forse.
“Sì?” aveva risposto con sufficienza voltandosi, la camicia – stavolta con una ributtante fantasia floreale, dannazione al sarto che le cuciva! - ancora tra le mani.
Lei si era stiracchiata con un sorriso soddisfatto “Per favore, chiudi bene la porta quando esci.”.
Erano andati avanti così per un po', punzecchiandosi, litigando e sperimentando varie stanze della casa di lei per usi davvero molto, molto diversi rispetto a quelli per cui erano state progettate.
Finchè una mattina, davanti a un piatto dei suoi biscotti al cioccolato con doppia crema al fondente lei gli aveva detto “Sono incinta.”.
Un uomo normale, un comune mortale, avrebbe sorriso o si sarebbe irrigidito o avrebbe esultato o fatto domande. Lui si era limitato a fissarla, bevendo un rapido sorso di caffè, il volto inespressivo.
Bulma ovviamente era andata avanti “Sono al terzo mese, il che vuol dire che mi resta pochissimo tempo per preparargli il corredino, parlare con Chichi per sapere se la gravidanza è diversa rispetto ad una tradizionale, comprare una culla decente... a meno che mia madre non abbia conservato la mia, era così carina con tutti i coniglietti intagliati nel legno e poi...”
“Coniglietti?”.
Avrebbe voluto avere un tono di voce calmo ed indifferente, ma il pensiero che un Saiyan, anche se appena nato, dormisse in una culla con dei coniglietti incisi sopra era ributtante.
E non stava parlando di un qualunque Saiyan, ma di suo... ma di suo... di suo figlio, dannazione!
“Non credo spetti a te decidere tutto.” le aveva detto – ringhiato - sorprendendosi. Ma lei era Bulma, per l'amor di Shenron, ed era già preparata “Giusto. Perciò oggi pomeriggio suppongo verrai con me a scegliere alcune cosine, vero?”.
Ci era andato.
Non perché gli interessasse qualcosa di quel nascituro – i Saiyan non hanno bambini, ma futuri guerrieri e il maggior gesto di affetto tra padre e figlio è uno scambio di pugni nella palestra – ma perché doveva controllare che nessun essere coperto di pelliccia e con un'inutile coda tondeggiante fosse stampato, disegnato, scolpito o anche solo accennato su qualcosa che quell'infante avrebbe toccato. Già non era riuscito a fermare l'acquisto di quella cuffietta blu con le orecchie a punta...
E non le aveva portato i pacchetti fino a casa, nuova culla compresa, per una specie di contorto senso del dovere, ma perchè in grembo lei aveva un Saiyan – e lui aveva visto come l'incrocio con i geni terrestri avesse reso incredibilmente forte quella femminuccia del figlio di Kakaroth – ed era cosa nota che per avere un pargolo in salute una madre non doveva affaticarsi e anche se a lui non fregava niente di quel figlio di cui assolutamente non voleva occuparsi ci teneva comunque che un esponente della sua stirpe nascesse per lo meno decente.
Non volesse il cielo che diventasse come Kakaroth, che di Saiyan non aveva più nemmeno il nome.
Mentre Bulma – aveva scoperto con una padella presa in testa che sentirsi apostrofare “Femmina!” o “Ehi, tu!” in gravidanza la innervosiva rendendola più logorroica del solito – diventava sempre più grossa – e quella constatazione gli era valsa un vaso, sempre in testa ovviamente perché la mira di lei era infallibile – lui aveva ripreso ad allenarsi.
Ripetendosi ossessivamente che sfidare e schiacciare Kakaroth era la sua unica priorità e che nulla era cambiato. Anzi, aveva pure perso troppo tempo gingillandosi con quella ragazza.
Se lo diceva anche quando lei entrava in palestra a sorpresa portandogli la cena che si era scordato di consumare, o un asciugamano pulito o semplicemente si sedeva ad osservarlo chiacchierando di ecografie, nuovi progetti ed eventuali nomi da dare al piccolo.
“Vuoi che gli diamo il nome di tuo padre?”
“Perchè? Non ti porti mica dentro lui. E poi potrebbe essere una fem... una Saiyan.”
“L'ecografia ha detto che è un maschio.”
“Pensavo mi avessi comunicato che intendevi farlo rimanere una sorpresa.”
“Ho cambiato idea. Insomma, dovevo sapere di che colore prendergli le scarpine, no?”.
Un maschio. Bè, a lui non faceva differenza, non aveva comunque intenzione di seguire l'esempio di Kakaroth e giocare alla famigliola interspecie felice. 
Comunque, avrebbe avuto un maschio, eh?
Finché una sera, dopo cena, mentre era arrivato alla milionesima flessione era entrato di corsa il padre di Bulma annunciandogli che erano arrivate le doglie. 
E da come la ragazza strillava probabilmente lo sapeva anche tutto il sistema solare. Lui non li aveva seguiti all'ospedale – figuriamoci, doveva finire gli allenamenti – e il padre di lei gli aveva lanciato un'occhiata indecifrabile correndo sull'auto già messa in moto dalla moglie.
Vegeta aveva continuato le flessioni, aveva chiarito molto bene e da tempo il suo pensiero sulla paternità e non gliene fregava niente di come i genitori di lei lo guardavano.
Se l'era detto e ridetto per un'ora buona, fermo in bilico sui pollici nell'atto di mimare una flessione. Aveva continuato a guardare il pavimento di quella piccola palestra provvisoria che Bulma gli aveva fatto trovare un giorno, del tutto non richiesta e a sorpresa.
E poi, all'improvviso, si era trovato a volare verso l'ospedale. Ed aveva aspettato sul tetto, finchè non era quasi arrivata l'alba. Solo allora si era avventurato a cercarla, volando di finestra in finestra. E con sua sorpresa la finestra era aperta e la culla del bambino messa accanto al letto di Bulma.
Per lui.
Perchè lei era sempre preparata e lui sempre quello colto alla sprovvista.
Aveva un'aria decisamente stravolta, Bulma, stesa sul fianco ad occhi chiusi, con la treccia sfatta e una mano a penzoloni nella culla. Quella culla a cui uno dei guerrieri più potenti dell'universo si era avvicinato con una circospezione che in un altro essere si sarebbe potuta tranquillamente chiamare “esitazione”. 
E dentro aveva visto un... un coso che dormiva con una bizzarra espressione corrucciata. E quando ci si era chinato fissandolo – solo per assicurarsi che fosse perfettamente sano, ovviamente, mica per una strana e scomposta curiosità – il neonato aveva aperto gli occhi e l'aveva fissato. 
Quindi quello era un figlio, si era ritrovato a pensare con un qualcosa di indefinibile che gli si agitava tra petto e ventre, mentre i loro sguardi si toccavano per la prima volta.
“Trunks.”.
Vegeta aveva alzato gli occhi su Bulma, assonnata ma sveglia, che gli aveva fatto l'occhiolino “A me piacerebbe chiamarlo Trunks. Ma se preferisci Vegeta II...” aveva ridacchiato, per poi interrompersi con un breve gemito.
Lui davvero non sapeva perché ora fosse chino su di lei, togliendole la frangia dalla fronte “Ti fa male?”
“Oh, credimi, ne ha fatto di più prima, queste sono solo brevi fitte del post parto, passeranno. Allora?”
“Allora?” ripete lui come un imbecille e lei sospira, confermando “Sei un imbecille quando sei commosso!”
“Donna, io non sono commosso!”
“Allora sei solo un imbecille. In ogni caso, ti va bene chiamarlo Trunks o no?”
“Fai come ti pare.”.
Che in vegetese equivaleva più o meno a un “sì”. E Trunks era rimasto.
Si erano sposati appena lei era tornata a casa dall'ospedale con il pupattolo, cioè... con Trunks. Una cosa rapida e breve, ma che li aveva legati come marito e moglie. Perchè è questo che diventi quando una donna ti dà un figlio, recitavano le usanze Saiyan. Che a dispetto della nomea di selvaggi scimmioni avevano una loro etica e un codice d'onore. E poi Bulma gli aveva detto che moriva dalla voglia di mettere un abito bianco e che lui doveva essere gentile con una donna che aveva appena partorito un principino Saiyan e che poi lei lo voleva davvero tanto l'abito bianco!
Non che dopo tutto ciò Vegeta si fosse trasformato in un tipo casa e culla. Viaggiava spesso e si allenava anche di più.
Ma almeno quando era solo – e lontano da Bulma che riusciva a leggergli il pensiero in maniera imbarazzante – non poteva che guardare con soddisfatto orgoglio alla crescita di suo figlio.
Poi c'erano stati casini a non finire, tra cui la conoscenza con il Trunks del futuro, il suo temporaneo passaggio nella fila di Babidy e la sua altrettanto temporanea morte.
Quando era tornato, Bulma l'aveva abbracciato piangendo, avevano fatto l'amore e poi lei l'aveva fatto dormire per tre mesi sul divano “Così magari la prossima volta ci penserai duemila volte prima di fare cavolate!”. 
E poi una notte gli si era accoccolata addosso – e lui non l'aveva abbracciata perchè gli faceva piacere sentirla sul suo cuore, nossignore, voleva solo stare più comodo – e gli aveva miagolato prima di crollare addormentata “Tesoro, sono incinta.”.
Lasciandolo a contemplare ad occhi sgranati il soffitto immerso nel buio.
E stavolta, visto che era una femmina con grande gioia di sua moglie e di sua suocera, la famosa culla coi coniglietti era stata ripescata dal solaio.
Trunks l'aveva guardata storcendo il naso “Puah! La mia culla era meglio!”
“La tua culla l'ho scelta io.” era stata la replica di Vegeta prima di scompigliargli velocemente i capelli.
A questo giro erano stati lui e Trunks a portare Bulma all'ospedale - “Papà accelera, accelera! Mamma mi sta disintegrando la mano!”- e quando un'infermiera li aveva chiamati avevano trovato Bulma semplicemente radiosa con un fagottino avvolto in una coperta rosa “Vi presento Bra!” aveva esclamato porgendogliela. E in quell'occasione erano stati in due a fissare come imbecilli quella pupetta dormiente e serena.
Ed era proprio la ex pupetta dormiente e serena che, Vegeta sospetta, sta riducendo al silenzio sua moglie.
Il Saiyan interrompe il filo dei ricordi sedendosi sul letto e preparandosi per la notte, mentre Bulma fissa la rivista che ha in mano senza leggerla.
E, come detto prima, lui sa che il silenzio di Bulma può essere foriero di grandi disastri.
“Che c'è?” grugnisce quindi alla fine, incrociando le braccia sul petto e voltandosi a guardarla.
“Come? Oh, niente caro. Stavo solo pensando... lo sai che nostra figlia è andata ad una festa?”
“Bra?”.
Bulma evita di rimarcargli la stupidità di quella domanda e si limita ad annuire. E Vegeta ghigna. Volente o nolente in tutti quegli anni di permanenza sulla Terra qualcosa l'ha imparata.
Le femmine terrestri la chiamano “sindrome del nido vuoto”.
Prima che possa sbatterglielo in faccia e farsi una bella risata sulle sue paranoie da donna, lei scrolla le spalle “Mah, speriamo solo stia attenta.”.
E Vegeta drizza le orecchie “Attenta?”
“Bè, stavo riflettendo su come il tempo sia passato in fretta. Solo ieri le facevo le trecce e già me la ritrova giovane, carina e preda degli ormoni.”
“Ormoni?” ripete di nuovo lui, beccandosi un'occhiata truce dalla moglie “Non dirmi che dopo le scimmie giganti voi Saiyan potete trasformarvi in pappagalli?”. Poi sospira, sistemandosi la spallina della camicia da notte azzurro chiaro, quella che a lui piace perchè è facile e rapida da sfilare e su di lei sta benissimo e...
“Penso proprio che Bra sia innamorata!” cinguetta sua moglie senza preavviso.
Vegeta ha fatto e visto cose che farebbero impallidire la maggior parte dei comuni mortali. Non ha mai dato di matto, né battuto ciglio dinnanzi a pianeti devastati, guerre, avversari imbattibili. Oh, si è incazzato, ha strepitato e fatto fuoco e fiamme, ma si trattava di episodi collegati ad un eventuale cambio di piani, ad una sconfitta o un fallimento. Non ad una chiacchierata.
Però ora non può impedirsi di scattare in piedi tuonando “Ma che stai dicendo?!”.
Sua moglie scrolla le spalle “Ero più piccola di lei quando mi sono messa con Yamcha.”.
Vegeta rimanda ad un secondo momento la voglia di correre a casa di quel deficiente e fargli lo scalpo, sfogando così la sottile gelosia che l'ha sempre preso quando ricordava che quel bamboccio era stato con sua moglie. 
Un problema alla volta.
Bulma agita una mano con un gesto noncurante, continuando “E poco più grande quando ho conosciuto te, ricordi? Bra ha diciassette anni, è del tutto normale. E poi abbiamo parlato da tempo di precauzioni e contraccezione, ma soprattutto di sentimenti.”
“Sentimenti?”. Non vuole nemmeno considerare che sua figlia sappia qualcosa su... su... bè, su come gestire un... una relazione, ecco. È così scioccato che non sente nemmeno il suo orgoglio Saiyan deriderlo per aver pensato una frase che implica le parole “gestire” e “relazione”.
“Ma certo! È importante aspettare il momento e soprattutto la persona giusta, senza fretta e specialmente senza viverla come una stupida gara.”.
Vegeta respira piano. Bra. Sua figlia. Quella creatura chiassosa e... accidenti, e adorabile che lo trascina ovunque, si è trovata un uomo.
Non può essere, sua moglie vaneggia. Forse è l'età che avanza. A meno che... non abbia informazioni che non sono arrivate a lui. Perciò si china su di lei, con fare inquisitorio “E tu come fai a saperlo?”
“Ma è ovvio, no? È sempre svagata, ultimamente, mette maggior cura nel vestirsi, esce molto più di frequente. Avresti dovuto sentirla canticchiare stasera mentre si preparava.”
“E chi... chi potrebbe essere il fortunato?” rantola cercando di mantenersi lucido e saldo. E di ricordare tutto ciò che quel mostro di Freezer gli ha insegnato su tortura e oppressione. Bulma inarca un sopracciglio “Oh, andiamo caro! Non fare così! Sarebbe successo prima o poi, lo sai! Speriamo solo che sia un bravo ragazzo, ecco.”
“Bulma...”
“Senti, le mie sono solo supposizioni, magari mi sbaglio.”
“Tu non sbagli mai!” ringhia lui e lei scoppia a ridere e gli getta le braccia al collo, cercando di trascinarlo sul materasso.
“Ah, ma allora lo ammetti?!”. Lui sospira e si lascia cadere di fianco a lei – solo perché così sta più comodo, ovviamente – lasciando che sua moglie lo baci a fior di labbra.
“Io credo che dobbiamo avere fiducia in Bra. Abbiamo tirato su una brava ragazza che sta diventando una giovane donna. Non possiamo fasciarci la testa prima che si sia rotta.” dice accarezzandogli il collo con le unghie smaltate di rosso “Il nostro compito è stato insegnarle ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ma ora tocca alla vita.”
“Certe volte la vita non ti concede una seconda occasione per imparare.” replica Vegeta e Bulma afferra il sottotesto, annuendo “Hai ragione. Non tutti sono fortunati come te. Per questo ci saremo quando cadrà e si farà male. Ma noi porgeremo la mano, mettersi in piedi toccherà a lei. Come credi che non sia impazzita quando vedevo mio figlio andarsene a zonzo sfidando nemici che avrebbero potuto farlo a brandelli? O quando tu ne facevi una delle tue? Avevo fiducia in voi. A volte, fidarsi è tutto quello che ci resta.”.
Vegeta pensa tra sé e sé che ci sono volte in cui anche lui ha ragione, mentre si china su di lei baciandola e stringendola fra le braccia.
Le parole di Bulma servono molto di più dei suoi silenzi. 








Nuvola Speedy dell'autrice: amo questa coppia improbabile. Li ammmmmmo proprio tanto. E spero di essere rimasta abbastanza IC. Così come mi auguro che abbiate gradito questa... intrusione nella psiche di Vegeta. E il piccolo spaccato della sua vita matrimoniale.
Ovviamente, come sempre, grazie a chi si ferma, legge, recensisce e non si schifa troppo. A rileggerci!
  
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