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Autore: Kalbalakrab    12/10/2014    11 recensioni
Dopo lo scontro con Gea, Nico ha finalmente trovato la sua strada. Deciso a rimanere per almeno un anno al Campo Mezzo-Sangue, deve iniziare a lavorare sul suo rapporto con gli altri semidei, specie con un certo biondino figlio di Apollo.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Will Solace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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NICO II.

 
“Come sarebbe a dire che hai litigato con Will Solace?”
Per la terza volta nell’arco di venti minuti, Jason gli lanciò un’occhiata confusa.
La prima era stata quando Nico aveva bussato alla porta della sua capanna alle quattro del mattino. La seconda quando si era seduto sul suo letto come fosse a casa sua.
Adesso, mentre gli passava del cotone imbevuto d’acqua fredda sulle nocche sbucciate, non era riuscito a trattenersi dall’alzare di nuovo la testa e puntare gli occhi azzurri nei suoi.
“Non so se può definirsi una litigata, a dire il vero…” mugolò.
“Che cosa hai combinato?”
“Perché dai per scontato che sia colpa mia?”
“Perché se fosse colpa di Will non te ne staresti seduto nella mia capanna alle prime luci del mattino, con una mano insanguinata e un’espressione da funerale in faccia. Senza offesa.”
Nico roteò gli occhi, ma Jason aveva ragione. Aveva fatto tutto da solo.
“Ieri sera…” iniziò. “E’ probabile che mi sia scappata qualche parola non proprio carina nei suoi confronti…”
“E’ probabile?”
“Mi è scappata.”
Jason sospirò. Smise di tamponargli le ferite sulla mano e buttò via il cotone bagnato in un cestino accanto al letto.
La capanna di Zeus era inquietante, il mosaico sul soffitto non faceva che mostrare fulmini e saette, e al centro si ergeva l’imponente statua del padre degli dei. Nonostante fosse solo un pezzo di pietra Nico ebbe l’impressione che lo stesse tenendo d’occhio.
Riportò lo sguardo su Jason, preferendo la visuale dei suoi boxer con sopra tante piccole folgori a quella del grande Re dell’Olimpo. Non c’entrava nulla il fatto che dormisse a petto nudo. O forse sì, ma Nico aveva ancora qualche problema a sbirciare senza considerarsi un maniaco. Preferiva fingere di aver timore di Zeus.
“Tu e Will vi conoscete da un po’, ma vi frequentate da quanto... una settimana?”
“Due giorni, se si considera anche la battaglia del primo agosto.”
“Due giorni” ripeté Jason, incredulo. “Cosa può aver mai fatto in quarantotto ore per farti arrabbiare?”
Nulla, si disse Nico. Will non aveva fatto nulla per meritarsi la sua sfuriata.
Si strinse nelle spalle senza rispondere. Abbassò gli occhi sulle nocche sbucciate. Un po’ di ambrosia avrebbe fatto sparire subito i tagli, ma aveva preferito evitare roba medica per qualcosa di così innocuo. E poi aveva finito le scorte, e non aveva intenzione di andare in infermeria. Il pensiero di vedere Will gli stritolava lo stomaco. Non riusciva a togliersi da davanti agli occhi l’espressione ferita che gli aveva rivolto dopo il suo sfogo.
“Non pensavo che per starti vicino bisognasse essere figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi come Jackson e Grace. Quantomeno l’ho scoperto prima che fosse troppo tardi.”
Cos’aveva voluto dire con quell’ultima frase? Troppo tardi per cosa? E perché mai gli aveva detto che non lo voleva come amico? Le sensazioni che aveva provato sotto la doccia lo avevano mandato in confusione. Aveva persona la lucidità, era stato uno stupido.
Nico sbuffò. Aveva voglia di urlare, dare testate al muro e rintanarsi di nuovo negli Inferi.
“Non sono sicuro di aver capito cos’è successo, ma…” Jason lo riscosse dai suoi pensieri. “Cosa ne dici di limitarti a un Mi dispiace, Will?”
“Cosa?”
“Si, be’… quando sbagli, chiedi scusa. E’ semplice, no?”
Nico lo guardò incredulo.
“Wao, Grace. Grazie del prezioso consiglio”
“Fai pure il sarcastico e tieni i musi quanto vuoi, ma lo sai anche tu che è la cosa giusta da fare. Sei  sempre rimasto da solo perché ti fasciavi la testa con problemi che vedevi solo tu, quando invece ti sarebbe bastato parlare alle persone.”
Ahi. Quello era un colpo basso.
“Se mi avessi detto queste cose due settimane fa, a quest’ora saresti al cospetto di mio padre. Da morto.”
Jason fece un sorriso, ma indietreggiò, sulla difensiva.
“Prego, quando vuoi, Nico.”
 
Il suggerimento di Grace era così stupido che per un attimo Nico fu tentato di dargli ascolto.
Poi vide Will tirargli un’occhiataccia mentre faceva avanti e indietro fra le capanne, e cambiò idea in un lampo.
Mi odia. Ormai è fatta.
Come biasimarlo? Non era la prima volta che provava a essergli amico, e lui l’aveva trattato male e mandato via. Nico si disse che non doveva importargli. Lo frequentava da così poco tempo che poteva vivere benissimo anche senza la sua amicizia. Però
Scosse il capo e tornò ad aggirarsi per il Campo come un fantasma. Dopo aver saltato la colazione, e ovviamente anche il secondo giorno di riposo in infermeria che Solace gli aveva imposto dopo la guerra con Gea, Nico si ritrovò con incredulità a non saper cosa fare. I viaggi nell’ombra erano un grosso no, e non conosceva nessuno abbastanza bene al Campo Mezzo-Sangue con cui poter passare il tempo. In un istante di depressione cronica si pentì del comportamento tenuto negli ultimi anni.
Eccoti qui, si disse. Hai voluto restare? E adesso ne paghi le conseguenze. E una di quelle era esser riuscito a farsi odiare da Will dopo solo due giorni.
Sbuffò. Basta pensare a Will.
Nel passare davanti ai campi di fragole, alcune figlie di Demetra lo invitarono a dare una mano. Di primo acchito Nico fu tentato di reclinare l’offerta. Poi ricordò che era solo come un cane e che, forse forse, poteva fare lo sforzo di seguire un consiglio di Jason: parlare alla gente.
Dieci minuti e una pala in mano dopo, Nico se ne pentì.
“Um… non sono molto bravo in queste cose” mormorò.
Miranda Gardiner, capogruppo della casa, gli rivolse un sorriso rassicurante, il che era assurdo visto che era rivolto a lui. Da quando le persone gli sorridevano? Nico diede la colpa alla strana positività del post-guerra che alleggiava nell’aria fra i semidei. Tempo un mese, altre missioni e altra sofferenza, e tutti avrebbero ricominciato a stare alla larga dal figlio di Ade.
Chi voleva avere intorno uno che irradiava morte ventiquattrore su ventiquattro?
“Non ti preoccupare, tutti sono dei principianti all’inizio! Imparerai in un baleno a scavare buche e sistemare le piante.”
Nico non imparò né a scavare buche né a sistemare piante. In compenso scoprì di essere allergico alle fragole, e che la sua vicinanza agli orti non era gradita alla dea dell’agricoltura. E dire che era persino sua parente. Che colpa ne aveva lui se Ade aveva rapito sua figlia?
“Mi dispiace così tanto, Nico!” Miranda si scusò per la millesima volta, il che non aveva senso dal momento che la colpa non era sua.
“Il vostro campo…” l’erba era appassita. I frutti marciti. Avrebbero dovuto aspettarselo dal figlio del dio degli Inferi, e Nico stesso si maledì per essersi lasciato coinvolgere in quel servizio sociale all’aperto.
“Oh, le mie sorelle sono già al lavoro! Ci vorrà un attimo a sistemare tutto, non temere” Miranda gli sorrise. Poi la sua espressione diventò incerta. “Piuttosto… sicuro che non vuoi che chiami Will?”
Nico sussultò.
“Cosa? No. Perché mai?”
Miranda indugiò con lo sguardo un po’ troppo sul suo viso.
“Be’… a dire il vero è la prima volta che vedo una reazione allergica del genere.”
Giusto, la reazione allergica.
Nico si sentiva come se gli avessero premuto le mani e la faccia contro una griglia per il barbecue. Gli bruciava e prudeva ovunque, aveva le guance irritate da tante piccole bollicine ed era rosso come un peperoncino, anche se quello non era sicuro non c’entrasse nulla con l’aver menzionato Will.
“Sto bene. Davvero.”
“Lasciami almeno prendere delle erbe per alleviare il prurito.” Miranda gli fece un sorriso che probabilmente avrebbe fatto girare la testa alla maggior parte della popolazione maschile sul pianeta. A Nico ricordò tanto sua nonna Demetra. Quindi rabbrividì.
“Uh.”
Non appena la ragazza si fu allontanata, Nico si dileguò in fretta e furia. Altre piante? No, grazie. Era stato trasformato in un soffione, in una pianta di mais e aveva appena avuto uno sfogo per delle stupide fragole. Era chiaro che non avesse il pollice verde, e onestamente gli andava bene così. L’unica volta che voleva avere a che fare con la terra era quando doveva seppellirci sotto i suoi nemici.
Sgattaiolò tra le capanne con la testa bassa, sperando di nascondere sotto i ciuffi scuri il viso arrossato. Era sicuro che con un po’ d’acqua fresca l’irritazione sarebbe sparita.
Si sbagliava.
Al quinto sciacquo in un’ora, Nico iniziò a preoccuparsi. Il riflesso allo specchio era esilarante e inquietante allo stesso tempo, sembrava che qualcuno gli avesse dato due pennellate di sugo sulle guance.
Doveva chiedere aiuto, ma a chi? Will lo odiava. Jason… be’, Jason non era esattamente il tipo di persona in grado di curare malattie o ferite di ogni genere. Nico era sicuro avesse esaurito tutta la sua abilità nel medicargli la mano quella mattina. Avrebbe potuto chiedere ad Annabeth, ma dopo la sua confessione del giorno prima aveva ancora bisogno di un po’ di tempo per avvicinarsi a lei e Percy.
Fece scorrere l’acqua, trafficò un po’ con i propri poteri e lanciò una dracma nel lavandino.
“Iride, dea dell’Arcobaleno, accetta la mia offerta. Mostrami Reyna Avila Ramirez-Arellano.”
Il volto regale e fiero della pretore comparve dopo qualche secondo nel vapore. Il suo sguardo penetrante si rilassò solo dopo aver capito chi la stava contattando.
“Nico!”
Non sapeva nemmeno lui come mai avesse preferito Reyna a sua sorella Hazel. Forse era per via dell’età. Reyna era più grande, più esperta. Gli trasmetteva una sensazione diversa da Hazel, era come essere di nuovo con Bianca.
“Scusa se ti disturbo…”
La ragazza gli sorrise, assumendo un’espressione più gentile. I suoi occhi neri gli ricordarono due piccole opale.
“Non dirlo neanche.” Dopo una piccola pausa, Reyna lo guardò preoccupata. “Stai bene? Il tuo viso… c’è un problema al messaggio iride?”
“No.” Rispose secco Nico prima di raccontarle tutta la storia dall’inizio.
Ogni volta che cercava di sviare le sue domande ed escludere Will dal discorso, i due cani di Reyna, Aurum e Argentum, ringhiavano in sottofondo, costringendolo a ricominciare da capo con la vera versione dei fatti. Quando ebbe finito Reyna si lasciò andare a un sospiro.
“Suppongo che tu non voglia consigli per fare pace con questo Will, giusto?”
“Infatti.”
“Va bene.” Nico apprezzava quel lato della pretore. Non insisteva mai sulla sua vita privata, e allo stesso tempo riusciva a fargli capire che se voleva parlarne, lei era lì pronta ad ascoltare. “Purtroppo non sono un medico. Potrei chiedere ai miei centurioni, ma dovresti aspettare giorni prima di ricevere la cura.”
“Ho capito.”
“Nico, forse dovresti davvero andare in infermeria.” Il tono con cui lo disse gli ricordò quello di Bianca quando lo rimproverava.
Da piccolo gli capitava spesso di uscire per le calle di Venezia nonostante l’acqua alta, costringendo la sorella a corrergli dietro per assicurarsi che non finisse in un canale. Quando Bianca riusciva ad acciuffarlo e riportarlo a casa, non gli risparmiava mai la predica. Reyna lo stava fissando con lo stesso cipiglio e la stessa preoccupazione.
“Va bene.” Sospirò alla fine. “Andrò in infermeria.”
“E dopo mi farai sapere come stai?”
Nico tentennò e si corrucciò, non abituato ad avere qualcuno che si preoccupava per lui, ma alla fine annuì. Proprio in quel momento qualcuno bussò alla sua capanna.
“Devo andare.” Si salutarono con un cenno e Nico disperse il messaggio con una manata.
Prima di andare ad aprire si diede un ultimo sguardo allo specchio. Che orrore. Oltre al fatto che stava soffrendo da matti per il prurito, gli sembrava di peggiorare con il passare del tempo. Aveva la pelle gonfia all’attaccatura dei capelli, gli occhi iniziavano a lacrimare. Una vita graziato dall’acne e poi arrivava una stupida allergia. Le mani erano il meno. Facevano male, ma poteva nasconderle nelle tasche dei jeans.
“Avanti…”
Nico si aspettava di vedere Jason, o una figlia di Demetra molto arrabbiata. Di certo non Lou Ellen.
“Miei dei!” esclamò la più piccola. “Miranda aveva ragione.”
“Cosa?”
“La tua faccia! Sembri un’aragosta.”
Il figlio di Ade storse il naso.
“Sì, ne sono consapevole.”
Lou Ellen inarcò un sopracciglio e si mise le mani sui fianchi. Lo stava guardando come si guarda un cucciolo di labrador che fa pipì sul tappeto.
“Devi andare in infermeria!”
“No.”
“Cosa?”
“No.” Ripeté Nico. “Niente infermeria. Sto bene, sul serio. Basterà un po’ di riposo…”
Lou Ellen incrociò le braccia al petto, indispettita.
“Non basterà un po’ di riposo.” Gli fece il verso. Alla sua occhiataccia, sembrò ricordare con chi aveva a che fare. Si schiarì la voce e arrossì. “Insomma, devi fidarti di me, Nico! Assisto Will da abbastanza tempo per sapere che un’allergia non può che peggiorare con il passare delle ore. Devi venire a farti dare un’occhiata.”
“Ho detto che sto bene. Sei una figlia di Ecate, giusto? Se proprio vuoi aiutarmi potresti usare la tua magia.”
“La mia magia?”
Nico le fece cenno di seguirlo dentro casa. Cercò con tutto sé stesso d’ignorare l’agitazione della ragazzina e le sue espressioni perplesse nei riguardi dell’arredamento molto vampiresco della capanna di Ade.
“Non posso presentarmi così a cena.” Le spiegò. “Puoi creare un’illusione, o qualcosa che nasconda lo sfogo sulla faccia?”
Lou Ellen strabuzzò gli occhi, forse perché sorpresa, o forse perché nel buio della stanza non riusciva a vederlo bene.
“Ma così non guarirai… sarà solo una bugia!”
“Ti ho detto che sto bene, non è la prima volta che mi accade.” Mentì Nico.
“E se andassi a prendere un po’ di ambrosia?”
“Will non ti chiederebbe il perché?”
L’altra ci pensò su qualche secondo.
“Sì, in effetti. Dopo la guerra le scorte sono state razionate per bastare a tutti, ma-“
“Niente ambrosia. Niente infermeria. E soprattutto, non una parola con Solace.”
 
Nico riuscì ad averla vinta.
Non era sicuro fosse stato grazie alla cotta che la ragazzina provava nei suoi confronti, o se semplicemente le aveva fatto pena, ma quella sera al padiglione nessuno lo guardò male. Non più del solito, perlomeno.
Jason gli stava raccontando per la trentesima volta di come Piper avesse costretto un gigante a trattarla come fosse un alleato, e di come avesse protetto Annabeth in uno scontro in un tempio di Ares. Tutte cose molto interessanti, a meno che tu non abbia un’allergia. Cosa che Nico aveva.
La testa e le mani erano in fiamme. Era un continuo asciugarsi gli occhi. Jason ormai credeva avesse preso il raffreddore.
“Non hai fame?”
“Cosa…?”
Grace gli indicò con lo sguardo il piatto sotto il naso. Nico aveva sbocconcellato un po’ di patatine fritte, ma non di più. Ogni volta che deglutiva era come buttare giù del fuoco.
“Devi mangiare, Nico. Hai perso parecchie energie ultimamente.”
“Non ho fame.” Con la coda dell’occhio colse il viso di Will girato nella sua direzione. Aveva un’espressione così furente in faccia che per un attimo lo disorientò.
Mi odia a tal punto…?
“Sarai al falò questa sera, vero?” Jason gli fece lo sguardo. Era come se gli occhi gli diventassero a palla e tutta l’innocenza del mondo gli colasse sulla faccia. Neanche un bambino bisognoso di coccole riusciva a fare un’espressione tanto “tenera”.
Nico fece una smorfia.
“Sì, sì…” dubitava comunque che l’avrebbe lasciato stare se si fosse rifiutato.
Sperava solo che Will avesse da fare in infermeria, e che Lou Ellen e Miranda la smettessero di lanciargli occhiate preoccupate dai loro tavoli. Meritavano il premio come “persone più discrete dell’anno”.
Qualche ora dopo, al falò, i figli di Apollo intonavano canzoni come sottofondo musicale ai balletti delle figlie di Afrodite. Data la complessità delle coreografie era probabile che Drew e le altre avessero speso ore a provarli nella loro capanna. Piper, invece, se ne stava seduta fra Jason e Annabeth a parlare del più e del meno.
Nico si toccò la gola in un vano tentativo di alleviare il bruciore. Chiuse gli occhi per qualche secondo, isolandosi e combattendo il mal di testa dovuto alle continue ore di male.
“Ehi, tutto bene?” Jason gli diede una gomitata.
“Sono solo un po’ stanco.” Per la prima volta Nico decise di sfruttare la sua condizione. “I viaggi nell’ombra mi hanno sfiancato, forse è meglio se vado a dormire.”
Il fatto che Nico avesse scelto di sua iniziativa di riposare era una cosa così rara che Jason quasi lo spinse con la forza a lasciare il padiglione.
Cavolo, era davvero messo così male che i suoi amici preferivano vederlo a letto che non a divertirsi con loro? Sempre se ascoltare Drew che starnazzava come un’oca potesse definirsi divertente…
“Nico?”
Oh, no.
“Will.” Era sbucato dal nulla. Era ormai a metà strada per la capanna di Ade quando il figlio di Apollo lo aveva colto di sorpresa alle spalle. In un momento di panico Nico realizzò di non esser più al sicuro dietro la magia di Lou Ellen. Il dono di Ecate non aveva un raggio tanto ampio; la sua faccia era tornata ben visibile non appena si era allontanato dal padiglione e dalla ragazzina.
Se si fosse voltato a guardare Will…
“Dei dell’Olimpo, non posso credere che tu sia così testardo!” la sua voce lo fece sussultare. Si agitò e sentì il fiato venirgli meno, ma continuò a incedere per tenere Will a distanza di sicurezza.
“C-cosa?” anche una parolina tanto piccola gli causò un dolore assurdo alla gola.
“Non sei venuto a chiedere scusa! Non pensavo che fossi così- ehi, vuoi fermarti un secondo? Ti sto parlando!”
“N-non riesco a respirare.”
Doveva tornare a casa. Doveva bere qualcosa, spegnere il bruciore. Doveva chiamare Reyna…
“Oh, ma per favore, non essere drammatico! Non riesci nemmeno a reggere una litigata?”
Will era più forte di quel che sembrava, lo sapevano tutti. In un attimo gli fu accanto, con una mano sulla spalla che lo costrinse a voltarsi. Non appena lo vide s’irrigidì e sgranò gli occhi. Sembrò volergli dire qualcosa, ma si zittì e riprese dallo shock in un attimo. Nico si sentì sollevare e prendere in braccio di peso. Gli girava la testa così tanto che temette di vomitare.
“Will… m-mettimi giù.” Ansimò.
“Stai zitto!”
Successe tutto così in fretta che in futuro Nico pensò di esserselo immaginato.
Will lo trasportò a braccio in infermeria e iniziò a dare indicazioni come un forsennato a destra e sinistra ai vari semidei di turno. Lo coricò nel primo lettino libero e gli parlò a raffica, forse nel tentativo di calmarlo.
“Va tutto bene, Nico. Ti ho sotto controllo, va tutto bene.”
Lo sentì aggredire una ragazzina nei paraggi affinché si sbrigasse a portargli una dose di antisettico e cortisone. Poi tornò su di lui con lo sguardo e gli prese la mano così come aveva fatto due giorni prima sulla collinetta attorno al Campo Mezzo-Sangue. Anche in quel momento Nico avvertì lo stesso calore della volta precedente.
“Ehi, ehi. Mi senti? E’ tutto okay. Hai avuto una brutta reazione allergica.” Con la mano libera lo accarezzò lungo il collo, facendolo rabbrividire. Nico era sicuro che lo stesse facendo per motivi medici, ma non poté fare a meno di sentire le farfalle nello stomaco.
“Will… mi dispiace.”
“Non parlare! Stai gonfiando, non devi parlare. C’è mancato poco che non andassi in shock anafilattico.” Lo guardò in malo modo. “Perché non sei venuto subito in infermeria?” scosse la testa. “Idiota… ti ho preso in tempo. Adesso devi solo stare zitto e fidarti di me.”
Fidarsi di lui. Nico lo trovò stranamente facile.
Chiuse gli occhi e scivolò nel buio, l’ultima cosa che sentì il mormorio di una preghiera ad Apollo.
 
 
 
***
Grazie a chi recensisce, a chi l'ha inserita nei preferiti e a chi semplicemente legge e apprezza :)

 
 
   
 
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