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Autore: CassandraBlackZone    12/10/2014    1 recensioni
Paura? No, lei non aveva affatto paura. Ed era proprio questo quel qualcosa in più.
Correre per lei non era mai stato un modo per scappare, anzi: correre per lei era l’unico modo per superare la monotonia e anche se stancante, era lo svago che più la soddisfaceva. Persino più del contare le statue del Duomo.
Emily amava correre. Da sempre.
Genere: Avventura, Fluff, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 11, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Episodio 3: Chi sono io?
Capitolo 33: l'interfaccia vocale perduta

Tutto ciò che mi circonda è nuovo per me. Non c’è nulla che mi ricorda il mio pianeta natale. So di essere nata da poco, e quindi non lo conosco più di tanto, ma di certo so riconoscere, quando la vedo, la cima della catena montuosa di Rialpovas, tutte ricoperte da della candida neve color ocra, o un albero del sospiro, gli stagni di Tapallu e il più importante: il cielo stellato e vermiglio chiamato, se ben ricordo, Ninavia.
Qui invece prevalgono il colore nero, il blu scuro, il marrone, e nonostante i grossi bulbi di luci attaccati ad alti pali di ferro, non contribuiscono a migliorare quest' orribile ambientazione. Ho paura.
Ovunque io mi giri ci sono degli enormi arbusti rugosi e ramificati con dei piccoli arti verdi e gialli cadenti. Gli alberi più brutti che abbia mai visto, o che per ora abbia visto.
Sotto i miei piedi scricchiolano degli strani detriti informi e grigi come me, e fanno male.
Il mio cuore batte molto irregolarmente. Sento una fitta di dolore sotto la nuca e le mie forze venir sempre meno. Sono stanca, mi voglio fermare, ma se lo faccio verrò uccisa, perciò devo continuare a correre.
Corro e corro, continuando a girare in quel labirinto infinito. Passo tra delle strane costruzioni fatte di legno e di un altro materiale che non ho visto prima di partire, forse plastica, e poi vedo lui, a duecento metri di distanza da me: il cacciatore, nella sua inconfondibile tuta nera, gli occhi inespressivi e pulsanti di rosso.
La paura mi assale, non riesco a muovermi, mentre quella macchina da guerra ambulante mi si avvicina correndo accompagnato dal suono metallico delle sue articolazioni. E’ finita.
 
Qualcuno mi aiuti.
 
Jeremy sbadigliò pesantemente e si stropicciò gli occhi ancora assonnato “Beh? È tutto? Finisce così?”
Emi si strinse ancora di più al suo cuscino turchese e annuì, cercando di dimenticare l’immagine del cacciatore. Erano passati due mesi da quando avevano lasciato Londra e Massy alle spalle, e da all’ora la ragazza non faceva che fare lo stesso sogno tutte le notti, finendo sempre col chiamare Jeremy disperata.
“Scusami…”
“Bah, non importa. Ormai ci sono abituato. Solo che la cosa comincia ad essere preoccupante. Meglio dirlo al Dottore, non pensi?”
“No!” disse quasi urlando Emi “No…” si tranquillizzò “E’ meglio se non gli diciamo nulla. Sono sicura che passerà.”
“Dici le stesse cose tutte le sere, Emi” disse spazientito il biondo “insomma, questo è un lavoro adatto a lui.”
“Non… voglio creargli problemi.”
Jeremy si rassegnò scuotendo la testa e si sedette a fianco dell’amica “In questi due mesi sono andato ovunque con voi. Su Nuova New York – nuova per quindici volte -, sulla foresta Gamma – incredibile che ci sia solo il fiume come corso d’acqua…- o Adipose 3 – ho… salutato… delle piccole palle di grasso… - e tanti altri pianeti, ma ancora non mi hai parlato del passato del Dottore.”
“Ero convinta che la donna dell’impermeabile ti avesse parlato di lui.”
Jeremy si grattò nervosamente la nuca “So solo che ha questa nave spaziale che viaggia tempo, il TARDIS, che è un Signore del Tempo, che ha più di mille anni e che… può cambiare… faccia?. Niente di più.”
“Hm… interessante.”
“Che cosa?”
“Sono riuscita a notare un piccolo dettaglio sulla donna.”
“E…sarebbe?”
“Lei tende a parlare bene del Dottore. O almeno, così mi sembra, quindi… E’ possibile che lei sia una persona molto legata a lui.”
“Ah, ho capito dove vuoi arrivare. Beh, è un’ottima teoria!”
“Potrebbe essere una parente.”
“Nah, una di sangue? Non penso.” La corresse Jeremy ridacchiando.
“Perché, scusa?”
“Io la vedo come… sua moglie!”
Emi inarcò un sopracciglio perplessa, ma lo riportò giù annuendo “Sai una cosa… E’ una possibilità! Ricordo che aveva un non so che di nostalgico mentre parlava di lui.”
“Lo stesso vale per me!”
Oh, ma è così bello sentirvi parlare insieme. Sono contento!
Entrambi i ragazzi sobbalzarono finendo sul pavimento con un tonfo, non appena rimbombò nella stanza la voce del Dottore.
Ouch… vi siete fatti male? Vi posso sentire, ma non vedere.
“Dot-Dottore?! Che stai facendo?!”
“Cos’è? Sei diventato invisibile?”
Oh, ma non essere ridicolo, Jeremy! Avevo da qualche parte un dispositivo, ma non lo trovo più, cooomunque, ho solo deciso di installare nella stanza di Emi dei microfoni così che io possa sentirla attraverso il cacciavite sonico.
Emi e Jeremy si guardarono in silenzio, minando all’unisono lui cosa?
“Ehm… Dottore… potrei chiederti perché lo hai fatto?” provò a chiedere lei.
Semplice. Questa notte ti ho sentita urlare. Ho cercato di correre più velocemente che potevo, ma poi avevo visto che eri in buona compagnia.
Jeremy si indicò “Ti… riferisci a me?”
Esatto.
“E… da quanto tempo li hai installati?”
Ah, solo ora. Perché me lo chiedi?
“No, niente. Così.”
State pure tranquilli. Non stavo origliando. La mia era una frase ad effetto. Ehi! Che ne dite di fare colazione anche se sono solo le tre e mezza del mattino?
“Si, va bene!”
Perfetto! Sapete dov’è la cucina! A dopo!”
Chiuso il collegamento, Jeremy sobbalzò leggermente con una piccola smorfia di dolore.
“Jeremy… qualcosa non va?”
“N-no…” balbettò lui “Sto bene, deve avermi punto… una zanzara…”
“Ah… capisco… Allora,vado a cambiarmi prima io.”
“Ok. Fai pure.”
Tra uno sbadiglio e l’altro, Emi si mise le pantofole. Prima di uscire disse all’amico senza girarsi “Ehm… grazie di nuovo, Jeremy.”
“Figurati. Non c’è problema.” Rispose lui imbarazzato.
Chiusa la porta alle spalle, Jeremy aspettò di sentire i passi allontanarsi, e alzò gli occhi al soffitto “E quella cos’era? Una scossa telepatica? Non bastava dirmi che volevi parlarmi?”
Oh, ma come sei bravo! Ti faccio i miei complimenti, portarti con noi è stata un’ottima idea.
“Hai sentito tutto, non è vero?” arrivò al punto il biondo “Allora, che cosa ne pensi?”
Una pausa di silenzio lasciò che il Dottore riflettesse sulla risposta da dare “Sentito, sì. Tutto, no. Dopo la storia del sogno mi sono occupato di installare degli altoparlanti affinché mi sentiste.
“Ok, il sogno è più importante. Che cosa consigli di fare?”
Vuoi la verità?
“Sì.”
Direi che… La affido nelle tue mani, ragazzo mio.
“Co-cosa?!”
Oh,  andiamo. Chi meglio di un essere umano può capire un suo coetaneo?
“Sai bene che non è questo il punto!”
Ascoltami Jeremy, io sono un alieno millenario che, sì, ha vissuto a lungo con degli esseri umani, ma ciò non vuol dire che io sappia tutto ciò di cui hanno bisogno, non so se mi sono spiegato.”
“Non siamo mica animali!”
Beh… tecnicamente lo siete, ma il punto è che… insomma…
“Che tu non ti senti all’altezza.” Continuò Jeremy con le mani sui fianchi.
E’ esattamente ciò che volevo dire. Come hai fatto?
Il ragazzo scrollò le spalle “Istinto umano.”
Niente di più vero.
“Io… la sto conoscendo bene solo in questi giorni. Insomma… abbiamo passato gli ultimi dieci anni a ricorrerci.” Scosse la testa per correggersi “O meglio… io la rincorrevo.”
E’ una cosa che mi sono sempre chiesto,Jeremy. Perché la rincorrevi?
“Una… domanda di riserva?”
“Perché lui prima mi odiava.”
Preso alla sprovvista, Jeremy non riuscì a soffocare quello che sembrava un urlo. Emi era entrata alla chetichella senza che lui e lo stesso Dottore non si accorgessero di lei.
“Mentre ora no.”
Indossava un paio di jeans neri semplici, una maglietta bianca con lo scudo di Captain America , una camicia a quadri rosa e grigi e delle All Stars bordeaux.
“Belle… scarpe” disse il Dottore ripresosi dalla sorpresa.
“Grazie” replicò la ragazza quasi sottoforma di domanda.
“Ma tu… come hai fatto a metterci così poco per cambiarti?!”
“Perché dovrei metterci di più?”
“Solitamente le ragazze sono lente.”
“Oh, io non credo proprio.”
“Su, forza giovanotto. Vai a cambiarti anche tu.”
“Di cosa avete parlato, voi due?” chiese Emi con lo sguardo sul soffitto.
“Oh, non preoccuparti. Non sparlavamo di te.”
“Ah no?”
“Parlavamo di te, ma non sparlavamo di te. Più precisamente.
Pur essendo diffidente, Emi annuì rilassando le spalle “Ok, va bene. Ve la do buona. Per adesso.”
“Posso… congedarmi?” chiese Jeremy ridendo.
Emi ricambiò a sua volta “Permesso accordato.”
 
“Benissimo! Pancakes mangiati, succo di arancia bevuto e bisogni fatti! Siamo pronti per ripartire!” il Dottore strofinò le mani soddisfatto, eccitato di intraprendere un nuovo viaggio con i suoi nuovi due amici.
Non lo credeva possibile. Il giorno in cui perse Amy e Rory, i suoi due migliori amici, anzi, la sua famiglia.
Mai avrebbe pensato di poter ricominciare a viaggiare con persone al di fuori di loro: la ragazza e il ragazzo che avevano aspettato.
Se mi state vedendo da lassù, pensò lui, non sono da solo. Non più.
“Qual è la destinazione, allora?” lo riportò con lo sguardo sulla consolle Emi.
“Oh! Beh! Non sta a me scegliere questa volta! Tocca a voi!”
“Hm… vediamo…”
“Sbrigati a scegliere, Emi!” si affrettò a dire Jeremy.
“Eh? E perché?”
“Perché è ansioso di viaggiare come me! È ovvio!”
“No. E’ colpa della tua ansia che alla fine Emi non riesce a scegliere e alla fine scegli tu.” Lo ammonì.
Innocente, il Dottore alzò le braccia “Non vedo dove stia il problema, giovane Jeremy.”
“Ti sei dimenticato che la settimana scorsa ho rischiato di venir soffocato da delle amazzoni?!”
Il gallifreyano e Emi non riuscirono a trattenersi e scoppiarono a ridere, lasciando il povero Jeremy testa-a-caschetto a insultare senza essere sentito.
“Sai, in realtà mi sembrava che ti piacesse come ti trattavano!” disse Emi tra un risata e l’altra.
“Oh, ma certo! Venir sottomesso con una presa di wrestling è stato davvero molto piacevole!”
“Visto? Lo dici anche tu!”
“Dottore!”
“Ok ok, calmati!” si asciugò una lacrima con la manica della giacca “Va bene, prometto che questa volta non andremo in nessun posto peric-Ah!”
Pericoloso. Tempismo perfetto, pensarono all’unisono i due umani, quando un forte scossone li buttò tutti contro il corrimano.
Nel TARDIS rimbombarono dei pesanti rintocchi di un orologio accompagnati da quelli che sembravano sirene di un’autopompa: segni per niente positivi.
“D-Dottore!! Che cosa sta succedendo?!”
“Cos’é questo fracasso?!”
L’alieno cercò più volte di rialzarsi per raggiunger la consolle. Ad ogni tentativo, barcollava per poi cadere ulteriormente “Io… io non lo so! Ah!”
“Che…. Cosa facciamo!”
“Tranquilla, ho tutto sotto controllo!”
“Non è il momento di mentire! Mentone idiota!” ringhiò Jeremy.
“Oi! E’ solo leggermente sproporzionato! Ouch!”
Più il tempo passava, più gli sconquassi aumentavano, e con loro si aggiunsero un nuovo assortimento di rumori metallici frastornanti.
“Dottore! Fa qualcosa!!!”
“Ok ok!! Ora provo a… a… interfaccia vocale!! Ho bisogno di un’interfaccia vocale!”
Per poco Emi e Jeremy non si staccarono dal corrimano, dopo ciò, o meglio chi, si materializzò davanti a loro. Non potevano crederci.
Un lungo vestito a sirena nera vestiva una donna formosa, ma proporzionata, un sorriso smagliante colorato di rosso sul volto , due occhi vispi e verdi incontaminati dall’età e una folta chioma riccia e bionda. Era lei, l’avevano riconosciuta entrambi: era la misteriosa donna-detective.
Interfaccia vocale attivata.”
   
 
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