Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: HannibalLecter    12/10/2014    1 recensioni
Charlotte Addams, nonostante condivida il cognome con una delle famiglie più lugubri della tv, è un'allegra e sbadata maestra che ama i cartoni animati, i colori pastello e i cereali al miele per bambini.
Trovatasi senza un tetto sopra la testa si imbatte per caso in tre ragazzi alla disperata ricerca di un coinquilino.
Nathaniel, Maximilian e Jacob si ritroveranno così a dover fare i conti con l'incontenibile vitalità della ragazza, che spesso li trascinerà in vere e proprie follie.
Tra missioni impossibili, piante carnivore, gatti obesi, nuovi amori, gite all'Ikea e bagni nell'oceano riusciranno a convivere?
[Mi sono chiaramente ispirata alla serie Tv 'New Girl']
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


«La cantante pop Britney Spears ha promesso una ricompensa di diecimila dollari a chi troverà e riporterà a casa sana e salva la sua migliore amica: la piovra Ursula. L’animale è stato visto per l’ultima volta domenica scorsa verso le sei di pomeriggio, dopodiché, sono state smarrite le sue tracce e nessuno ha più ricevuto sue notizie. Inizialmente si è ipotizzato si trattasse di un probabile suicidio nella tazza del wc, che avrebbe condotto il cadavere del povero esserino in mare aperto; tuttavia la signorina Spears, in lacrime, ha dichiarato che Ursula era la creatura più gioiosa sulla faccia della terra e che non sarebbe mai arrivata a compiere un gesto tanto estremo. Che dire quindi? A caccia di Ursula!»
Strofinai il viso contro il tessuto verde di uno dei cuscini del divano e mi strinsi nel mio bozzolo di coperte.
«Che sciocchezza!», mugugnai, «Diecimila dollari per una stupida piovra quando ci sono bambini che muoiono di fame, anziani abbandonati e malati, ragazzi promettenti che non hanno libero accesso agli studi».
Jake non sembrava del mio stesso parere dato che fissava come spiritato lo schermo e faceva strani segni con le mani.
Lo ignorai, così come stavo cercando di fare da ventiquattro ore con il mio mal di testa martellante.
«Vuoi dire qualcosa tesoro?», cinguettò Kim, intenta ad applicare, con scrupolosa precisione, lo smalto sulle dita dei piedi.
Jake balzò in piedi e iniziò a starnazzare riguardo alla “fantasticità” di questa occasione che avrebbe potuto renderci più ricchi senza che noi facessimo il minimo sforzo. Iniziò a blaterare riguardo alla fantastica gita di due giorni finanziata dalla signorina Britney ad Orlando al parco giochi a tema di Harry Potter che avremmo potuto fare in caso di miracoloso salvataggio della creatura marina.
Odiavo Jake e il suo perenne entusiasmo.
«Non so tu ma io non chiamerei minimo sforzo il setacciare un intero oceano alla ricerca di uno stupido essere con tentacoli», borbottai acida, «E la parola “fantasticità” non esiste, zuccone!».
Lui mi dedicò una smorfia: «Non ti ascolto, non vorrei che i tuoi bacilli da donna mestruata in piena fase cattiveria mi infettino».
Grugnii prima di nascondere la testa sotto il plaid sperando di trovarci silenzio e sollievo per la mia emicrania.
I miei coinquilini in quanto idee assurde ed impraticabili erano semplicemente imbattibili.
Idioti.
Li sentii parlottare per alcuni minuti prima che la spossatezza, unita all’effetto degli antidolorifici, prese il sopravvento e mi condusse nel mondo dei sogni.
 
 
 
Il mio risveglio non fu dei migliori: niente uccellini cinguettanti, nessun tiepido raggio di sole ad accarezzarmi il volto e soprattutto nessun invitante profumino di pancake nell’aria a darmi il buongiorno, o perlomeno, il bentornata nel mondo dei vivi.
Il dolce canto degli uccellini fu sostituito dalle urla eccitate di Nate e Jake, seguite dagli insulti di Kim e dalle profezie apocalittiche di Max.
«Ho appena ordinato su Amazon cinque tute termiche corredate di bombole per l’ossigeno e kit cattura squali», annunciò soddisfatto Nate, «Ho pagato 100$ per avere la spedizione più rapida possibile quindi non dovrebbero impiegarci molto…»
Il campanello squillò in quell’istante esatto, lasciando di stucco tutti.
Nonostante pagare cento verdoni per un corriere express mi sembrasse assurdo e assolutamente stupido, quando la porta aperta rivelò un ragazzo intento a trasportare uno scatolone formato maxi decorato con pesciolini e granchi, non potei obiettare che fosse stata una scelta senza dubbio funzionale e corrispondente alle promesse.
Magari in casi disperati, ad esempio liti con il mio ragazzo o morte di un gatto, potevo prenotare e ricevere a domicilio gelato, cioccolato e d abbracci, il tutto nel giro di pochi minuti.
Charlie, tu non hai un ragazzo e tantomeno un gatto.
Vero, quindi non dovevo neanche pormi il problema.
«Nate, probabilmente annegherai e il tuo corpo giacerà sul fondale abissale per secoli e secoli stile relitto del Titanic», gufò cupo Max, appollaiato sul bracciolo del divano alle mie spalle, «Sei un pessimo nuotatore e questo è dovuto al fatto che da piccolo ti inventavi strane ed improbabili scuse per saltare il corso in piscina».
«Max ti ricordi la storia della zia in carrozzina che non riusciva a raggiungere il forno per togliere la teglia di biscotti?», ridacchiò Jake.
Il diretto interessato scribacchiò una firma veloce sul palmare del ragazzo delle consegne e si affrettò ad aprire il grande scatolone, aiutato da Kim, o meglio, dai suoi artigli affilati e laccati di porpora.
«La signora Marge non riusciva sul serio a sfornare i biscotti!», esclamò Nate, con la testa infilata nello scatolone.
Dopo essermi privata del mio scudo protettivo di coperte, azione che mi costò parecchia fatica e richiese un gran dispendio di buona volontà, mi diressi in cucina, guidata dai brontolii insistenti del mio stomaco affamato in cerca di cibo.
Tramezzini risalenti all’età della pietra, direi di no, al loro interno sembravano esserci pezzetti di uovo sulla via di decomposizione.
Un casco di banane che aveva un colore più simile alla carnagione di Morgan Freeman che a Laa-Laa il Teletubbie. Bocciato.
Tre pomodorini tristi tristi molto avvizziti, parevano tre pesciolini rossi dopo un mese passato a prendere il sole alle Maldive. Passiamo oltre.
Il mio occhio attento fu attratto da un vasetto viola, contenente marmellata di mirtilli. Sospettosa, la afferrai e controllai che non fosse scaduta. Strano ma vero era ancora fresca, strano, nel nostro appartamento, solitamente, il sabato mattina era una sorta di territorio al tempo della carestia. In attesa di essere rifornito dalla spesa pomeridiana, il frigorifero pareva il deserto del Gobi, deserto appunto, e costellato solo da sparute presenze decorate di muffa o abbandonate lì dalla regina Maria Antonietta in persona. Svitai il tappo, sicuramente se non era scaduta doveva essere per forza finita. Sorpresa delle sorprese il vasetto era chiuso ermeticamente. Al colmo della gioia, dopo aver afferrato due fette di pane in cassetta e un coltello, mi sedetti al bancone della cucina e mi preparai pane e marmellata.
Mentre io ero intenta nella mia ricerca, Nate si era denudato e si stava infilando la sua tuta da sommozzatore. Jake indossava una maschera con boccaglio e cercava, con i piedi calzati in ingombranti pinne gialle, di camminare in avanti, ottenendo come unico risultato dei continui ruzzoloni in giro per il soggiorno. Max teneva tra le mani una fiocina e tentava di leggere il libretto delle istruzioni per capire come funzionasse ma finiva sempre per puntarla verso Kim, la quale urlando gli intimava di allontanare da lei quell’aggeggio se non voleva veder colpito il suo di aggeggio.
«Ragazzi non entra, è peggio di un barattolo sotto vuoto, di una seconda pelle e di Joanna, la bambina stalker dell’asilo…», mugugnò saltellando su un piede solo mentre tentava di infilare una gamba nella muta di materiale tecnico ed iper-super aderente.
«Ma i sub non sono nudi sotto?», chiese Kim, togliendosi dalla traiettoria di Max e tirandogli una scappellotto, prima di rifugiarsi dietro il bancone, di fianco a me.
Io le tirai una ciocca di capelli: «Kim! Che idee malsane gli…»
Non riuscii a concludere il mio rimprovero perché l’idiota in questione annunciò a gran voce: «Signore, preparatevi ad assistere ad un meraviglioso spettacolo…signori, preparatevi a…»
«Rivedere per l’ennesima volta il tuo uccellino che svolazza libero ed indisturbato, grazie ma è uno spettacolo a cui rinuncio volentieri», concluse rapidamente Max prima di defilarsi nella sua stanza.
«Almeno ha ammesso che è uno spettacolo», si difese Nate prima di chinarsi per liberare la sua gamba dalla presa soffocante della muta.
Kim balzò in piedi rapida e, in un tempo record, afferrò giubbino, borsa e chiavi, mi lanciò un bacio e urlò ciao-a-tutti-Nat-sei-un-essere-schifoso, prima di scomparire al di là della porta d’ingresso, subito seguita da Jake, con la scusa dello jogging mattutino.
Nate, indifferente all’improvvisa sparizione di tre persone, atterrite dalla prospettiva di vederlo come la sua mammina lo aveva messo al mondo, si stava chinando per sfilarsi i boxer blu chiaro.
Feci un balzo felino e, dopo aver arraffato la confezione del pane, il vasetto viola e un coltello, corsi il più velocemente possibile nella prima stanza del corridoio, chiudendomi la porta alle spalle, giusto in tempo per vedere il sederino del mio coinquilino.
«Credo dovrai trattenere il tuo respiro di sollievo per dopo dato che ora devi uscire e tornare nella tua celletta da suorina in clausura…», mormorò una voce divertita alle mie spalle.
Spalancai gli occhi e davanti a me si parò lo spettacolo, e questa volta si trattava davvero di uno spettacolo per i miei occhietti miopi, di Max, senza maglietta, sdraiato sul suo letto.
«Scordatelo!»
Mi lasciai cadere di fianco a lui e disposi sul suo copripiumino blu notte il mio goloso bottino.
Non avevo nessunissima intenzione di tornare là fuori, in balia di quel pazzo rinchiuso in una muta per sommozzatori e convinto di poter esplorare i fondali oceanici alla ricerca di una piovra uguale a dieci milioni di altre piovre.
«In cambio di asilo io ti offro una deliziosa colazione a letto, accetti?», gli domandai sgusciando sotto le coperte, senza aspettare una risposta.
Sprofondai il viso nel cuscino e annusai piano il tessuto scuro della federa.
«Perché ti stai comportando tipo cane da tartufo? Smettila, è inquietante…», mormorò imbarazzato Max cercando di sfilarmi da sotto la testa il cuscino.
Mi aggrappai con tutte le mie forze al tessuto in cotone per impedirgli di portarmi via quel cuscino morbido che sapeva di caramello.
Da piccola mia mamma, prima di separarsi da papà, la prima domenica del mese, cucinava sempre il budino al caramello. Crescendo ho sempre associato quell’odore dolciastro e zuccheroso all’immagine di noi tre, seduti al tavolo con la tovaglia bianca ricamata posizionato davanti alla finestra, affacciata sul ciliegio che dominava il nostro giardinetto. Mamma indossava sempre il suo grembiule bello, azzurro con le trine bianche, mentre papà, sbuffando e protestando, abbandonava le sue solite camicie sformate a quadri e si metteva un pullover elegante. Prima di iniziare a pranzare ci tenevamo per mano e, a bassa voce, ringraziavamo un dio senza nome della felicità che ci aveva donato. I miei genitori erano credenti ma non si identificavano in nessuna religione, così almeno sostenevano, anche se io credevo fosse solo una scusa dietro cui celare la loro pigrizia e la scarsa volontà di impegnarsi sul serio in un credo. Era un odore familiare eppure, allo stesso tempo, mi sembrava sconosciuto, legato ad un ricordo lontano e sbiadito, alla memoria di momenti di gioia e affetto relegati in un cassetto del passato, cassetto destinato a non riaprirsi più. Erano anni ormai che mamma e papà si evitavano e io, contro la mia volontà, mi trovavo sempre partecipe di continue ed estenuanti faide familiari combattute a distanza.
Sospirai piano e mollai la presa. Odiavo quel senso di melanconico rimpianto che mi avvolgeva quando pensavo alla mia infanzia.
Mi allungai quasi inconsapevolmente, forse in cerca di quel sentore di caramello, che dentro di sé serbava la mia infanzia felice e perfetta, intrappolata in quell’odore e in quell’immagine di serenità familiare poi venuta meno, o forse in cerca di calore umano, dopo tanto tempo trascorso a fingere di essere forte ed indipendente, capace di vivere senza nessuno al mio fianco.
Sprofondai il viso nell’incavo del collo di Max e inspirai lentamente.
Caramello. Mi inebriai di quell’odore fortissimo, davanti agli occhi l’immagine di una Charlotte bambina, con una gonnellina rossa e la bocca sporca di budino, un sorriso sdentato e il piattino porto verso mia mamma, in attesa di una nuova deliziosa porzione di dolce.
Max alzò lentamente un braccio e temetti volesse allontanarmi, invece iniziò ad accarezzarmi piano la schiena, percorrendo lievemente la linea della mia spina dorsale, disegnando cerchi concentrici sulla mia pelle, coperta solo dal cotone leggero della maglia del mio pigiama, facendomi venire migliaia di brividi.
Restammo in quella posizione per tantissimo tempo. Piansi qualche lacrima silenziosa, che scivolò piano sulla pelle di Max, senza mai abbandonare il morbido nido offertomi dalla curva del suo collo. Lui non smise mai di cullarmi e di comunicarmi, con una semplice carezza, quella comprensione e quell’affetto di cui avevo bisogno in quel momento. Non fece domande e apprezzai tantissimo la sua riservatezza e la sua volontà di proteggermi pur senza tentare di andare oltre, nella zona buia del mio cuore, dove albergavano tutte le mie paure e le mie insicurezze, dove non ero pronta a far entrare nessuno.
Almeno per il momento.
 
 
 
 
 

Perdono, perdono, perdono. Invoco il vostro perdono, so che dopo questa assenza prolungata questo mini capitolo non vi soddisferà e avete perfettamente ragione. Ho iniziato l'università e non riesco a trovare mai tempo per scrivere tra lezioni, ore in treno, studio e crolli sul letto a fine giornata. Cercherò di trovare una soluzione.
Mi dispiace davvero.
Detto questo: qualcosa sta cambiando? Chissà...
Bacioni,
S.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: HannibalLecter