-Ti va di giocare con me?-
La bambina si voltò verso il ragazzino che le aveva rivolto la domanda. Aveva dei fitti riccioli scuri, dei grandi occhi castani e le lentiggini. Dimostrava circa 7 anni.
-...Sì.-
E così iniziarono a giocare. Nascondino, mosca ceca, dondolo e altalene, mentre le luci dell'orizzonte imporporavano le cime degli alberi. Non si erano detti niente. Nome, anni, niente. Il ragazzo l'aveva subito notata entrando al parco giochi, e una strana sensazione gli si era insinuata nelle vene, mentre il cuore gli pulsava più velocemente e sentiva le guance scaldarsi.
E, in verità, anche la bambina l'aveva subito notato. Con quei suoi riccioli e l'andatura sbilenca era impossibile non notarlo.
-Quindi, come ti chiami?- le chiese dondolando le gambe nell'acqua del laghetto accanto alle alle altalene ancora dondolanti.
-Juniper.- gli rispose. In quel momento le guance le diventarono di una sfumatura verde acido, segno che stava arrossendo. Ma il ragazzino non parve farci molto caso.
-Io sono Grover! Hai un bel nome-
-Non dovresti avvicinarti a me- gli disse ad un certo la bambina in tono freddo.
-Perché mai?- le chiese, il sorriso che s'incrinava.
-Gli altri scappano sempre da me. Mamma dice che sono diversa da tutti gli altri. Dice che io nelle vene ho una strana cosa che si chiama clorofilla.- La ragazza aveva la voce rotta.
-Clorofilla?-
La bambina si stupì. Non stava per scappare dicendo che era pazza, anzi. Il sorriso sul volto del ragazzo era più largo che mai.
-Sì. Sono..una ninfa degli alberi, dice mamma. Una Draide.-
-Driade- la corresse il ragazzo. -Ne conosco tante io, di driadi!-
La ragazza assunse un'espressione di puro stupore. Come faceva a conoscere delle driadi? E come faceva a non esserne spaventato? Insomma, trasformarsi in alberi non era la cosa più normale di questo mondo.
-Sai, al Campo ce ne sono tante. Papà è innamorato di una driade. Si chiama Lily.- il ragazzo aveva ripreso a dondolare le gambe.
-Al...Campo?- Juniper ne aveva sentito parlare da sua madre. Era un posto magnifico, dove splendeva sempre il sole, pieno di campi di fragole.
-Sì. Io abito lì. Sai....- e a quel punto, sferrò un calcio all'aria e la scarpa da ginnastica volò nell'acqua, affondando. E lì, al posto del piede c'era...uno zoccolo caprino.
Juniper balzò in piedi. -Tu sei un satiro!- e, ora che era in piedi, poteva tonare due piccoli bozzi tra i riccioli scuri. Corna.
Grover annuì, il sorriso che si ampliava ancora di più. -Quanti anni hai?-
-6- rispose la bambina, stranita dalla domanda.
-Io ne ho 12- ridacchiò il satiro.
-Ne dimostri 7..- la driade era davvero stranita.
-Lo so, ma noi satiri siamo così. Ci sono anche tanti satiri, al Campo. Chirone ci trova simpatici e siamo utili a far crescere le fragole.
…
Vieni anche tu al Campo!- il satiro si alzò di scatto in piedi, inclinato verso sinistra per la scarpa mancante.
-Io? E come faccio?- chiese. Le sarebbe piaciuto, eccome se le sarebbe piaciuto. Ma come poteva?
-Beh, sei piccola. Puoi essere ancora, beh...trapiantata.-
Un sorriso apparve sul volto della driade, le guance che ritornavano verde acido. -Allora verrò, e saremo sempre amici!-
E così i due scoppiarono a ridere felici, perché sì, loro due sarebbero stati insieme per sempre.