Amber.
Di cosa
è fatto il mio ciondolo?
Gli occhi
azzurri, vacui, per una volta non riescono a
penetrare la barriera, non affondano nella verità, un velo
dorato sembra
nasconderla, cosa significano quelle parole?
House,
guardami, di cosa è fatto il mio ciondolo?
Non lo sa,
ha appena subito un duro colpo alla testa, e
sembra che il suo cervello ospiti l’allegra famiglia Wilson,
moglie e marito,
pateticamente felici, altezzosamente al di sopra di lui, lui che resta
infelice
e fa di tutto per perseverare in questa condizione.
Un medico
non può farsi coinvolgere, se ha il compito di
salvare vite come lui.
Ma gli
sorgono spontanei mille dubbi: il ciondolo,una
donna… cosa significa? Un enigma eterogeneo, fatto di pezzi
mai così semplici
al punto da risultare banali. House si è imbottito di
Vicodin e pillole per
accelerare il battito cardiaco, quell’immersione nella sua
memoria labile e
nebbiosa gli potrebbe causare un arresto cardiaco.
Ma
c’è in ballo una vita, un medico, anche se stronzo
e
drogato, deve sempre agire per salvare il paziente.
Contro
l’etica, contro la professione, contro ogni
chimera razionale o immaginaria eretta dall’uomo.
Gli occhi di
House fissano le labbra della donna.
Assomigliano a quelle della Cuddy, ma speculare su quanto sarebbe bello
sfiorare quelle labbra gli pare per una volta davvero impossibile.
Anche
l’istinto si arrende davanti alla morte, disintegrandosi e
sparendo
nell’infinito.
Di cosa
è fatto quel ciondolo?
Deve
rispondere, perché il dolore continua ad aumentare
Quel
ciondolo… resina?
Perché
non avere risposte è la vera malattia da cui
l’uomo deve essere guarito, e House ha giurato di trovare
sempre una risposta
La collana
che luccica nella notte, su quel pullman
maledetto è d’un arancio che tende al dorato.
Antico e moderno si sfiorano sul
collo di una donna misteriosa. Il suo viso non ha caratteristiche note,
potrebbe essere quello di qualunque donna. Ma l’insistenza
è tipica solo delle
bastarde tagliagole, quelle che spremono gli uomini e poi li
incastrano. Quelle
degne di essere sposate, insomma.
House
spalanca gli occhi.
Ambra.
La chiave
dell’enigma.
<<
Am…ber… >>
La chiave
dell’enigma.
Apre gli
occhi, e una massa di capelli corvini, setosi e
ricci gli oscura la vista. Le labbra di una donna sulla sua bocca per
una volta
non gli provocano la minima reazione, se non stupore estremo. Scoprire
poi che
le labbra che avverte sono della Cuddy sì che gli
causerebbero un attacco
cardiaco.
Se
già il suo cuore non si fosse fermato.
E sta per
fermarsi ancora, ma prima deve comunicare la notizia.
<<
Amber >> sussurra, cercando Wilson con lo
sguardo. Un nuovo dolore gli riempie l’anima, quella parte
creata dal cervello
e non ancora sondata che gli uomini si ostinano a chiamare spirito,
ciò che non
esiste ed è astrazione di un profondo bisogno di risposte.
<<
cosa? Dopo un attacco cardiaco hai il coraggio
di pensare a mia moglie? Allora stai bene >>
<<
non sta bene. È lei la ragazza dell’incidente!
Lei quella che dobbiamo salvare >>
L’ambra
del ciondolo non lo vuole abbandonare, Cameron e
tredici lo guardano spaventate, quando impareranno a negare
l’evidenza anche di
fronte alla morte?
Poi un nuovo
salto nel passato. Un auto che si schianta
contro il pullman, Amber balzata in aria, la testa che si frange contro
un
vetro spesso, il suo corpo che cade in mezzo al corridoio,
l’autista che perde
il controllo del mezzo, un nuovo schianto, il bastone che vola
nell’aria, le
persone che si afferrano l’una alle gambe
dell’altra, frammenti di vetro che
piovono da tutte le parti, i suoi occhi che incontrano quelli di Amber,
la
signora Wilson, le mani che si cercano e si aggrappano. Le scosse
continuano,
la gente grida, le mani si stanno per toccare, le lampadine al neon che
illuminano i viaggi notturni si spaccano sulle loro teste, aste
metalliche si
staccano da ogni parte, cadono addosso agli uomini, carne al macello
rigata di
sangue.
<<
resta con me >> sussurra House, ma non è
certo d’aver gridato. Le mani si toccano e si allontanano,
Amber sparisce sotto
un cumulo di vetri, quella carcassa a quattro ruote si ribalta su un
fianco,
House spicca un salto nel vuoto, per un attimo la sua gamba non
è più un impedimento…
<<
non mi guardate come se fossi uno a cui hanno
appena ricucito e rianimato! Amber potrebbe essere in grave pericolo.
Wilson,
per favore, ascoltami >>
Gli occhi di
Wilson si fanno rudi e profondi, acquitrini
in cui ristagna a galla l’inquietudine.
<<
cosa dice la cartella della ragazza non
identificata, 13? >> chiede House, di nuovo.
<<
donna tra i venti e i trenta, una voglia sulla
spalla. Amber ha una voglia sulla spalla? >>
<<
oh mio dio >> Wilson brancola disperato,
si accascia sulla sedia, fissa disperato la Cuddy e House < ed
ora dov’è?
Dove? >>
<<
non lo tormentare, James >> sussurra la
Cuddy, ma la voce si infrange mentre House tenta di muoversi.
<< andiamo
a cercarla, ogni momento è necessario a salvarla
>>
<<
l’hanno già trovata >>
Chase
appare, l’espressione illividita disegnata sul
viso. House sbotta innervosito. << e allora cosa fate
ancora qui? lesbica
e biondo platino andatela a recuperare. E voi alzatemi di qui
>>
Ma la Cuddy
dagli occhi del mare placido gli preme una
mano sul torace.
<<
tu non pensare nemmeno di muoverti >>
House
sorride mesto << non mi piacciono le donne di
potere. Vogliono sempre stare sopra >> ma la battuta si
perde, sbattendo
con la sua testa sul pavimento stretto e freddo del pullman.
Che
Amber fosse morta, Wilson lo comprese troppo tardi. Non se ne
capacitò quando
la vide sul lettino candido dell’ospedale, in quella
stanzetta pericolosamente
vicina all’obitorio, un’accortezza della Cuddy che
certamente Wilson avrebbe
trovato davvero un estremo gesto di umanità verso un
paziente che di umano
conservava solo le ultime gocce di sudore e pianto. In altri casi,
perché riferito
a sua moglie, la sua quasi ex moglie e non per una volta dal punto di
vista
strettamente legale, quel gesto assumeva connotati oltraggiosi,
sporchi,
offensivi ed incomprensibili per la sua ragione.
Non
che di ragione gliene fosse rimasta molta, da quando
quell’idiota di House
aveva trascinato in un pub la povera Amber, quella zavorra storpia che
si divertiva
sporcandosi l’anima con nottate brave e battute sconce aveva
condiviso con la
dolce, intelligente, amatissima Amber gli ultimi istanti di gioia che
le erano
stati concessi. Lui le aveva parlato al telefono per l’ultima
volta, lui l’aveva
condotta nella bocca del lupo, involontariamente, ma ineluttabilmente.
Era colpevole
di averle marchiato la pelle con lividi che non se ne sarebbero mai
più andati.
Quelle cicatrici, si disse James con un rancoroso rammarico nel petto,
si
sarebbero presto tramutate in piaghe scavate dal lento deterioramento
della
fossa.
Lei
sarebbe morta e lui non avrebbe potuto più lavarla, come
allora stava facendo.
Wilson
prese il corpo gelido della moglie, lo strofinò con mille
accortezze contro il
ruvido asciugamano che una schiera di infermiere aveva brandito solo
una
ventina di minuti prima. Volevano pulire loro quel corpo adorato,
cospargerlo
con creme che lo preservassero quasi vivo per le 24 ore in cui
l’ospedale si
riservava di trattenere la salma. << sono il marito, e
sono un medico. Faccio
io gli onori >> aveva replicato lui, annaspando per
trattenere le
lacrime.
E
così l’aveva adagiata su un lettino,
l’aveva spogliata, con lo stesso
sentimento con cui aveva tentato di sedurla la prima volta, e aveva
contemplato
la florida bellezza del suo corpo, baciandole ogni centimetro del
collo, e del
braccio, senza accorgersi di star ansimando, di averla coperta di
lacrime. Anche
nel pianto Wilson si chiedeva perché mai Amber fosse tanto
gelida, doveva aver
problemi di circolazione, o chissà cosa. Le avrebbe fatto
delle analisi, e poi
l’avrebbe portata a cena, come facevano sempre di
mercoledì. E anche se ormai
era giovedì nessuno poteva impedirgli di essere romantico
con sua moglie, colei
che, stavolta se lo sentiva, non avrebbe mai potuto abbandonare.
James
le sorriso curiosamente, prendendole una mano e adagiandosela sulle
guance. Freddo
che penetra l’irrazionalità.
Le
scostò i capelli dal volto puntellato di lividi bluastri,
vedendo per l’ultima
volta gli occhi da sirena che lo avevano rapito tempo addietro,
derubandolo del
suo tempo, del libero arbitrio e di ogni facoltà mentale di
cui un medico, in
qualsiasi momento dovrebbe potersi vantare. Contemplò le
belle pupille
incastonate in un tale mare artico, adesso assomigliavano ad un vortice
invalicabile, un buco nero in cui la materia veniva inghiottita, una
stanza di
antimateria senza vie di fuga, dove il panico e l’illogico
dominavano sovrani. Com’era
possibile osservare tutto questo e non strapparsi il cuore, non
sentirlo
esplodere, non vederlo fermarsi, come
poteva lui adesso non morire se l’unica persona
che lo rendeva davvero
felice lo aveva adesso abbandonato? Semplice, bastava essere convinti
come lui
che Amber era ancora a casa, forse a preparargli una qualche sorpresa,
lei
sapeva come ravvivare la loro relazione, lei sapeva così
tante cose di lui da
fargli temere che oltre ad averle donato il cuore lei si fosse
impossessata
anche della sua essenza.
E
chi era quella donna i cui occhi chiusi parevano potessero bucare le
palpebre
ed additarlo con la loro saggezza superiore, con la consapevolezza che
adesso
possedevano, ora che tutto era divenuto chiaro e la luce la si poteva
contemplare senza abbassare lo sguardo, chi era la profetessa
avviluppata dal
mantello solenne della morte? Wilson non la riconosceva, ma
assomigliava tanto
a qualcuno di noto. Per un po’ perse anche il malumore,
svestendosene
allegramente, e si chiese che fine avesse fatto il resto
dell’ospedale e cosa
ci faceva lui con una morta mezza nuda stesa su un lettino. Forse era
una sua
paziente che aveva chiesto di essere vegliata da lui,
l’oncologo più
comprensivo del reparto, alla resa dei conti?
Adesso
poco importava cosa diamine fosse successo, doveva aver preso sonno,
una vera
scortesia per la bionda defunta, ma in fondo lei avrebbe compreso,
l’umanità è
tanto fragile da risultare ridicolmente buffa. Si chiese da quanto
tempo non
mangiasse, puzzava anche se si odorava bene, e poteva aver passato
intere
giornate in quel loculo asettico, nel ventre dell’ospedale.
Wilson
ebbe improvvisamente voglia di un contatto che non fosse muto e freddo,
era
stanco di guardare quella bambola addormentata, gli metteva ansia e
allo stesso
tempo l’attraeva. Non doveva più guardarla, sua
moglie non avrebbe gradito di
sentirlo rigirarsi nel mezzo della notte nel letto. Improvvisamente si
sentì
sporco e colpevole, sentì necessità di tirarsi su
il morale. E solo una persona
riusciva a farlo sentire normale, quando James aveva la sensazione di
essere un
vero mostro.
Perché
solo contemplando un peggio più profondo del nostro ci si
sente sul picco del
sommo bene. Aveva bisogno di House, così lasciò
la stanzetta e imboccò il
corridoio principale. Era mattina inoltrata, e il personale vagava con
l’aria
concentrata nel corridoio. Wilson si stupì di tanta
efficienza, non c’era
nemmeno Chase a fare scommesse ad ogni angolo, né la Cuddy
strapazzava le
infermiere che spesso e volentieri spiattellavano. L’ospedale
era pieno di
vita, gli piaceva quando il caos sembrava dominarlo.
Raggiunse
lo studio di House, intercettò la pallina scacciapensieri
del medico, si
accomodò sulla bella poltrona di pelle, le gambe
elegantemente spaparanzate
sulla scrivania. Prese a lanciarla per aria, colpendo rabbiosamente il
soffitto.
<<
i funerali sono stati fissati per dopodomani, la dimetteremo tra poche
ore
>>
Wilson
udì la voce di Tredici bisbigliare debolmente, scossa come
una bambina punita
duramente dai genitori. << non dovrebbero trattenerla
così tanto, si sa
di cosa è morta >>
<<
è la prassi, ecco tutto >>
<<
sì, ma è una pena passare per quel corridoio,
sapendo che lei è là e giace
esanime e… povero Wilson! >> James riconobbe
Allyson, singhiozzava
reggendosi al ragazzo, tredici tracciava piccole circonferenze ideali
come la
punta dei piedi, gli occhi sul pavimento. << la cosa
peggiore è sapere
che da adesso tutto cambierà. Loro non saranno mai
più gli stessi. D’altronde
come potrebbe perdonare House, dopo quello che è accaduto?
>>
Chase
parlava di qualcosa, ma Wilson non sapeva proprio a cosa si riferisse.
Solo c’entrava
la donna dai capelli biondi stesa sul lettino della stanza vicina
all’obitorio,
la sirena sfortunata dagli occhi astuti e distanti.
<<
ed ora House è in rianimazione, e Wilson potrebbe perdere
entrambi gli unici
amori della sua vita >>
<<
cosa intendete dire,con questo? >>
Tredici
arrossì violentemente quando lo vide avvicinarsi, Cameron e
Chase biascicarono
parole indistinguibili << non dovresti essere qui
>> si risolse a
rispondere la ragazza << dovresti essere con lei. O con
lui >>
<
Tredici
lo fissò spaventata << come? Non…
non ricordi nulla? >>
Lui
scoppiò a ridere << e di cosa dovrei
ricordarmi? >>