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Autore: _ehiCris    13/10/2014    2 recensioni
Dal testo:
Il vento freddo e tagliente della brughiera le sferzava il viso scarno e pallido, le agitava i boccoli color cioccolato e asciugava le piccole stille salate che sgorgavano dai suoi occhi di miele.
Con le braccia incrociate nel vano tentativo di trovare calore, Hermione se ne stava lì, nel bel mezzo del nulla e godeva di quella calma, esteriore quanto interiore, che da troppo tempo cercava.
Qualche volta le era sembrato di esserci riuscita, di aver trovato quella calma e quella pace che desiderava con tutta se stessa, ma si accorgeva con l’avvento della notte, che le sue non erano che mere illusioni.
Quando il sole calava e le tenebre prendevano il suo posto, gli incubi tornavano a tormentarla. Intere notti insonni, trascorse tra lenzuola sudate, con gli occhi spalancati ed il battito cardiaco accelerato.
Sognava Hermione, e l’unica cosa che vedeva era morte.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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                                                                          La luce oltre il tunnel

 
                                                                                                                         Where did I go wrong, I lost a friend
                                                                                                                                      Somewhere along in the bitterness
                                                                                                                         And I would have stayed with you all night
                                                                                                                                     Had I know how to save a life.

                                                                                                                                             How to save a life, The Fray.




In quella fredda sera di dicembre, i tizzoni bruciavano tra le fiamme ardenti di quel grande camino di marmo bianco.
Nell’ampio salone vigeva il silenzio più totale, interrotto di tanto in tanto, dallo sfogliare pigro di dita veloci sulle pagine di un libro.
Le pesanti tende di broccato blu erano aperte su un’imponente finestra ad arco, la  fioca luce del crepuscolo riusciva a malapena ad illuminare l’intera stanza.
Al centro vi era un divano quattro posti in tessuto, e ad entrambi i lati vi erano due comodissime poltrone. Dinnanzi al sofà, appoggiato su di un meraviglioso -quanto antico- tappeto persiano, vi era un tavolino di cristallo dall’aria estremamente delicata.
Addossata alla parete opposta al camino, una vetrinetta molto graziosa contenente tutti i piccoli soprammobili e souvenir acquistati nel corso degli anni, durante i lunghi viaggi in giro per il mondo dai padroni di casa.
Nell’angolo un tavolino in legno di mogano con su una deliziosa abat-jour bianca con ghirigori argentati e l’unico oggetto babbano in tutto l’ambiente: un telefono.
La signora della villa era semisdraiata sul confortevole divano; nella mano sinistra reggeva una fumante tazza di tè, nella destra un classico babbano, uno dei suoi libri preferiti: Orgoglio e pregiudizio.
Lo aveva letto per la prima volta il Natale prima di partire per Hogwarts e da allora non se ne era mai più separata. Era la stessa copia che le avevano regalato i suoi genitori quattordici anni prima, era lo stessa, solo più consunta dal tempo e dall’usura.
Quella sera, sola nella grande villa, si era lasciata prendere dai ricordi e la nostalgia per le sue origini l’aveva assalita. Così si era preparata un tè, aveva indossato un paio di vecchi calzini di lana gialli ( ricordava bene con quanto amore la sua nonna paterna, Olive, li aveva confezionati proprio per la sua adorata nipote, Natali orsono, e ricordava la sua stessa reazione quando pur accorgendosi che le sarebbero arrivati al ginocchio, li aveva indossati e con il più dolce degli abbracci l’aveva ringraziata ) e aveva scovato il libro che ora leggeva con tanto interesse.
Questa era Hermione Granger; una nata babbana fiera delle sue origini, appassionata della lettura e del sapere, estremamente testarda e determinata e pienamente convinta degli ideali per cui aveva lottato per così tanto tempo.
Non era cambiata, sebbene molte persone e molti avvenimenti avessero attentato a scalfire il suo essere, invano.
La fine della guerra, seppur non senza sacrificio, aveva portato con sé un lungo periodo di pace, quella pace tanto ambita e meritata da tutti gli abitanti del mondo magico.
Ripensando a quei tempi, un grosso macigno gli si piantava sul cuore, lì dove nessuna croce manca [1]. Ecco come si era sentita e come tutt’ora si sentiva a volte, ecco quanto strazio aveva provato e provava tutto’ora, come una cicatrice indelebile  a straziarle l’anima.
Dolore, senso di colpa, rabbia, pietà e… sollievo, conforto, gioia come un balsamo a rimarginare la ferita.
Aveva così tanto sofferto, eppure non aveva potuto non tirare un sospiro di sollievo appena aveva capito che era finita, questa volta per sempre.
E giurò, e promise a se stessa e a tutti quelli che la loro vita avevano donato per questa causa, che nessun Signore Oscuro avrebbe di nuovo mirato  a distruggere quella serenità che presto tutti avrebbero riacquisito, e lo giurò col sangue di Silente, di Piton, di Fred, di Lupin e di Ninfadora e di  tutti gli altri caduti.
E così, tra mille pensieri nefasti e parole già conosciute di un libro che mai avrebbe dimenticato, il sonno la prese e la portò con sé nel suo mondo, fatto di ricordi, di desideri e delle sue più segrete paure, relegate negli angoli più bui del suo inconscio.
E neanche lì, le vecchie memorie l’abbandonarono.
 
Il vento freddo e tagliente della brughiera le sferzava il viso scarno e pallido, le agitava i boccoli color cioccolato e asciugava le piccole stille salate che sgorgavano dai suoi occhi di miele.
Con le braccia incrociate nel vano tentativo di trovare calore, Hermione se ne stava lì, nel bel mezzo del nulla e godeva di quella calma, esteriore quanto interiore, che da troppo tempo cercava.
Qualche volta le era sembrato di esserci riuscita, di aver trovato quella calma e quella pace che desiderava con tutta se stessa, ma si accorgeva con l’avvento della notte, che le sue non erano che mere illusioni.
Quando il sole calava e le tenebre prendevano il suo posto, gli incubi tornavano a tormentarla.  Intere notti insonni, trascorse tra lenzuola sudate, con gli occhi spalancati ed il battito cardiaco accelerato.
Sognava Hermione, e l’unica cosa che vedeva era morte. Sangue, sangue ovunque. Sangue sui corpi esanime di tutte le persone a lei care; morte.
E Vedeva Harry, Ron, i suoi amici di sempre, che pur essendo usciti incolumi dalla guerra, venivano torturati e uccisi. E vedeva due occhi, rossi e tanto simili a quelli della serpe che strisciava al suo fianco. Voldemort, i suoi occhi.
Hermione abbassò le palpebre, strizzandole leggermente, cercando di fermare le lacrime che, imperterrite, continuavano a rigarle le gote.
E quando le riaprì, seppe che doveva fare qualcosa. Era trascorso un anno dalla fine della guerra, e fin ad allora era come se fosse rimasta bloccata dal terrore, paralizzata dalla paura. La vita intorno a lei continuava a procedere per il suo corso ed il tempo scorreva veloce, mentre lei era ferma, e cercava qualcosa, qualcuno che mai sarebbe tornato indietro.
Era divenuta un inetto. Si lasciava scorrere dagli eventi, senza viverli realmente.  Senza più vivere realmente.
Mai in tutta la sua vita, Hermione Granger avrebbe pensato di diventare un inetto, l’ombra di se stessa. Mai avrebbe pensato che sarebbe riuscita a distruggersi fino a questo punto, fino a sprofondare nell’apatia più nera.
Ma decise che sarebbe andata avanti anche lei, che il tempo di crogiolarsi nel dolore era finito e che anzi, avrebbe dovuto vivere per tutti coloro che non avevano avuto scelta; per tutti coloro che questo mondo, ormai, lo avevano abbandonato.
 
All’improvviso tutto sfumò ed Hermione non vide altro che il buio. Cominciò a guardarsi intorno, senza riuscire a scorgere nulla in tutta quella oscurità.
Poi, in lontananza avvistò una fievole luce e cominciò a camminare in quella direzione, finché il bagliore non fu talmente forte da accecarla e da indurla a chiudere gli occhi.
Li riaprì e si ritrovò in una stanza colma di gente seduta intorno a tanti piccoli  tavoli, occupati a sorseggiare bevande e mangiucchiare pasticcini.
Quando, tra le numerose teste notò una folta chioma di boccoli color cioccolato capì di essere atterrata in un altro sogno, più precisamente in un altro ricordo.
 
Hermione si era appena accomodata in uno dei pochi posti liberi rimasti, nell’angolo, accanto alla vetrata.
Le mani che si sfregavano tra loro, appoggiate sul tavolo.
- Cosa ordinate, signorine?- il cameriere si fece largo tra i vari tavoli fino a loro, Hermione e Ginny.
- Per me una cioccolata calda ed uno di quei deliziosi pasticcini ripieni di crema, grazie.- Ginny fu la prima a rispondere ed Hermione fece lo stesso altrettanto educatamente.
- Per me solo un latte caldo con miele.-
Dopo un cenno della testa ed un – Arrivano.- urlato per sovrastare il chiacchiericcio, il cameriere lasciò sole le due ragazze.
- Hermione, sei dimagrita così tanto, dovresti mangiare di più.- constatò la piccola di casa Weasley con sguardo al tempo stesso amorevole e preoccupato.
- Non angustiarti Ginny. Sai che ho passato un periodo difficile, ma mi sto riprendendo e voi dovete darmi fiducia.- e  così dicendo prese tra le sue una delle mani caldi di Ginny, cercando di rassicurarla.
- Noi tutti siamo felici, Hermione, perché abbiamo capito che finalmente stai andando avanti così come avresti dovuto fare già molto tempo fa, ma non puoi non biasimarci se continuiamo ad essere preoccupati. Non puoi sapere quanta pena ci hai procurato, rintanandoti nel tuo silenzio, nella solitudine della tua casa. Noi avremmo solo voluto fare qualcosa per aiutarti, ma tu non ce ne hai dato la possibilità. Dopo la morte di Fred, tutto è cambiato in casa Weasley, e non un solo componente è rimasto quello di prima.
Come vedi, la guerra ha lasciato segni indelebili nel cuore di ogni mago del mondo magico, ma tu Hermione, hai preferito affrontare il tuo dolore da sola, escludendoci della tua vita, e noi non avremmo sopportato un’altra perdita, non la tua.- le spiegò la rossa con un fil di voce e le lacrime agli occhi.
- Oh Ginny, ora mi rendo conto di essere stata tremendamente egoista pensando solo al mio dolore e non al vostro. So bene che avrei dovuto reagire fin dall’inizio, come voi forti Weasley, ma non ce l’ho fatta. Semplicemente, mi sono lasciata andare, per la prima volta in tutta la mia esistenza io ho preferito non combattere, arrendermi. Quando mai Hermione Granger si è arresa senza lottare?- un sorriso amaro le increspò le labbra, prima di riprendere.
-Eppure proprio questo, alla fine, si è rivelato la mia condanna. Dopo tutto questo tempo ad esser sempre forte, sia per me che per gli altri, non ho retto. Sono crollata al suolo come un involucro vuoto, senza riuscire a rialzarmi.
Ma ancora una volta io sapevo di dover farcela con le mie forze, e questo isolamento è servito proprio a questo. Forse troverai questo mio  comportamento orgoglioso, in quanto avrei dovuto chiedere aiuto, ma io sono fatta così, lo sai. - concluse, con un’alzata di spalle.
Ginny le regalò un debole sorriso e le accarezzò piano una guancia.
- Lo so, e nessuno te ne fa una colpa.- aggiunse, ed Hermione seppe che non c’era più bisogno di parole, che ancora una volta loro sarebbero stati pronti ad accoglierla.
 
I dolci occhi della sua amica furono l’ultima immagine prima che, ancora una volta, tutto divenisse  buio.
Ora però, sapeva già cosa avrebbe dovuto fare per cascare in un altro ricordo.
Cercò la luce.
 
La neve scendeva lenta dal cielo e danzando, toccava delicatamente il suolo andando a raggiungere il manto bianco che si era formato durante la notte.
Hermione, seduta su di una panchina, osservava quei pochi bambini che giocavano nel piccolo spiazzo con le giostre che aveva visto la sua infanzia felice, quando ancora non era a conoscenza del mondo della magia.
Erano anni che non si recava in quel posto, ma era arrivato il momento di cominciare daccapo, e quale modo migliore se non ripartire dalle origini?
Una bambina, con lunghi riccioli d’oro e grandi occhioni verdi sorrideva al suo papà, spensierata e contenta.
Non poteva avere più di quattro anni, avvolta nel suo cappottino color panna, con un candido cappellino di lana a coprirle il capo e dei graziosi guanti sulle tonalità del rosa.
All’improvviso un bambino poco più grande di lei, sbucò fuori da un albero e le lanciò una grossa palla di neve che la colpì in piena schiena.
Il bimbo rise di cuore, piegandosi sulle ginocchia. Aveva un visino paffuto, con le gote colorate di un delizioso color pesca. Due piccoli occhietti azzurri, limpidi e dal cappello blu spuntavano ciocche di capelli color grano.
La bimbetta si girò; sul viso un espressione oltraggiata che faticava a mantenere nel tentativo di non scoppiare a ridere.
- Thomas!- gridò attirando la sua attenzione.
Prima che il bimbo potesse fare qualunque cosa, si vide arrivare una palla dritta sul naso. Stavolta fu la biondina a ridere.
- Alice!- Gridò il bimbo. I due si guardarono negli occhi, poi con un sorriso iniziarono una divertente lotta di palle di neve.
Quanto avrebbe voluto, Hermione, riuscire a riavere indietro quella spensieratezza che troppo presto le era stata strappata, brutalmente, catapultandola in un mondo a lei completamente estraneo, eppure così famigliare. Aveva appena undici anni quando ricevette quella lettera, e da allora tutto era cambiato. Lei stessa era cambiata, forgiata dal dolore e dall’amore e dai mille sentimenti che erano esplosi dentro di lei nelle sue mille avventure.
Il soffio gelido del vento la fece rabbrividire, e lei si strinse maggiormente le braccia al petto e si aggiustò la sciarpa sul collo.
- Cosa guardi?- le domandò una voce alle sue spalle. Hermione sobbalzò e ciò che vide una volta giratasi le fece spalancare gli occhi e rimanere letteralmente a bocca aperta.
- Malfoy?- chiese la riccia, incredula.
- Granger.- rispose il biondo, ammiccando nella sua direzione con un ghigno. Hermione lo osservò attentamente, come a voler accertarsi che fosse davvero lui. Era più alto di come lo ricordava; aveva un fisico asciutto e slanciato, con forti e lunghe gambe avvolte nel tessuto di un jeans nero. Le mani nelle tasche del cappotto grigio, come i suoi occhi che la scrutavano curiosi.
- Cosa ci fai qui? Ti sei perso?- Hermione si alzò per fronteggiarlo, le braccia ancora unite sotto il seno.
- Perché mai sarei dovuto perdermi? Do forse questa impressione?- le rispose quello che ormai, doveva ammetterlo, era divenuto un uomo.
- Non hai risposto alla mia domanda. Comunque, se non te ne fossi accorto, non sei nel mondo magico, ma in quello babbano.- gli disse, alzando il mento.
- Questo lo so, Granger. Anche se ti sembra strano, sono perfettamente consapevole di star passeggiando lungo viali colmi di babbani.- Draco la sorpassò per andare a sedersi sulla panchina poco prima occupata dalla riccia.
- E…?- rispose quest’ultima raggiungendolo, ma restando in piedi.
- E cosa, Granger? Cosa vuoi che ti  dica, che sono semplicemente disgustato dall’esistenza di infimi babbani? Che la sola presenza di questi esseri infetta l’aria che respiro? Mi dispiace deluderti, Granger, ma se è questo che ti aspetti sei fuori strada.- concluse, continuando a guardare la neve, fisso di fronte a sé.
Hermione era semplicemente sbalordita; non riusciva a pronunciare una singola parola.
- Io… non so… pensavo che…- disse a fatica, quasi balbettando.
- Pensavi che vedendoti avrei dato di matto, che ti avrei insultato come a scuola e che avrei iniziato a farneticare circa il mio disgusto verso i babbani e i sangue sporco. Fino ad un anno fa, avrei fatto esattamente così, ma adesso no. Adesso è tutto diverso, io sono diverso.- le rispose guardandola dritta negli occhi.
- Io non posso crederti, Malfoy. Non posso cancellare i sette anni di odio e di repulsione che hai provato nei miei confronti, di insulti e di soprusi subiti solo ed unicamente da te. Non mi sono mai sentita tanto umiliata quanto quel momento, quando mi hai chiamata mezzosangue per la prima volta. Non sapevo neanche cosa significasse, ma è bastato il tuo tono nauseato, il tuo sguardo schifato a farmi crollare. Mi sono sentita come un viscido insetto schiacciato dalle scuole delle tue scarpe di ottima fattura.
E nonostante tutto, forse, dovrei ringraziarti, perché in quell’attimo di puro dolore ho avuto la lucidità di capire che era proprio questo ciò che volevo combattere. Ho capito che nonostante il mio sangue, io ero migliore di te. E lo sono ancora. Perciò io non posso credere che tu sia cambiato, Malfoy.- sputò, arrabbiata.
Seguì un minuto di silenzio prima che la voce di Draco trovasse la forza di uscire dalla sua gola, dove era rimasta incastrata.
- Hai ragione, tu sei sempre stata migliore di me, ed ora io, ti farò cambiare idea. Ti farò vedere con i tuoi occhi che non sono più lo stesso. E allora non ci saranno più scuse che reggano. Tutti meritano una seconda opportunità.
 
Così il candore della neve si trasformò e divenne pece. Stavolta però non c’era quella luce ad attenderla, ma c’era un uomo, il suo uomo. C’era Draco che sorridendo le tendeva una mano. Hermione si allungò e la afferrò senza esitazioni. Finalmente capì. Capì che quella luce era Draco; capì che senza di lui non ce l’avrebbe mai fatta, all’epoca, ad uscire da quel tunnel buio. Capì che Draco era stata ed era ancora, la sua salvezza.
 
- Hermione.-
La donna si sveglio di soprassalto, ansimando forte e mettendosi seduta. Sul viso aleggiava ancora un debole sorriso.
- Draco.- rispose la donna, annegando nei suoi occhi metallici. Si guardò intorno e vide il suo salottino azzurro ordinato come sempre. Sul tavolino di fronte a sé vi era la tazza di porcellana che aveva poggiato lì prima di addormentarsi. In grembo c’era ancora il libro aperto, con le pagine leggermente spiegazzate.
In tutto l’ambiente però, c’era un odore diverso; un odore che avrebbe riconosciuto fra mille: odore di casa, odore di Draco.
Perché sì, Hermione riusciva a sentirsi a casa solo quando c’era Draco con lei.
Si alzò di scatto e corse ad abbracciarlo. Quella era casa.
- Mi sei mancato.- gli disse dolce, con il viso affondato nel suo collo.
- Sono stato via solo poche ore. – il biondo aggrottò le sopracciglia.
Hermione si scostò quanto bastava per guardarlo negli occhi.
- Mi è parsa un’eternità.- e fu allora che Draco si avventò sulle sue labbra, baciandole dolcemente, disegnando i contorni di quella bocca succosa con la lingua, mordendola, succhiandola e carezzandola leggermente.
Hermione rispose con altrettanto entusiasmo e bramosia, assaggiando quella bocca e quel sapore che conosceva a memoria. Non si sarebbero mai stancati l’uno dell’altro, lo sapevano.
Si staccarono per prendere fiato e Draco appoggiò delicatamente la sua fronte su quella di lei, posando una mano fredda sul viso caldo della sua donna.
- Signora Malfoy, mi farai impazzire.- le sussurrò nell’orecchio ed Hermione rabbrividì come la prima volta. Abbassò lo sguardo sulle mani poggiate al petto di Draco e poté ammirare lo scintillio della modesta pietra verde incastonata in quell’intreccio di oro bianco che era la sua fede.
Ricordava bene quando Draco, tre anni prima, glielo aveva dolcemente messo al dito. Quel giorno si era sentita finalmente completa, come se quella parte di se stessa che a lungo aveva cercato, fosse tornata al suo posto. Era Draco il pezzo mancante; ora lo sapeva.
Draco era entrato nella sua vita in punta di piedi per poi sconvolgerla e rivoluzionarla completamente. All’inizio ne era stata alquanto infastidita ma poi aveva compreso che era proprio quello ciò di cui aveva bisogno per lasciarsi alle spalle il passato: necessitava di una rivoluzione, di un cambiamento radicale, di un taglio netto con tutto ciò che le ricordasse il dolore che aveva provato.
 
Draco era salvezza;
Draco era rivoluzione;
Draco era amore.
 
Di qualunque sostanza siano fatte le anime, le nostre sono uguali [2].





Note:
[1] Da San Martino del Carso, Ungaretti.
[2] Da Cime Tempestose, Bront
ë.



                A little corner for a little writer.

Salve a tutti!
Comincio col dire che mi sono molto impegnata nel scrivere questa one-shot. 
È la prima volta che mi cimento in una cosa del genere: una storia con un solo capitolo. All'inizio ero un po' scettica, ma l'idea che mi ronzava per la testa era davvero difficile da ignorare e alla fine mi son detta: "Cosa ho da perdere?"
E quindi eccomi qui. Sono molto soddisfatta del risultato finale e sopratutto ansiosa di conoscere il vostro parere, che spero sia positivo. Ovviamente accetto anche le critiche, se costruttive.
Probabilmente, in un futuro prossimo, potrei scrivere un'altra one-shot. Diciamo... appena trovo l'ispirazione. Anche perchè avrei già dovuto postare il capitolo dell'altra mia storia, La purezza del sangue. Chiedo venia!
Dunque, spero vi sia piaciuto e vi chiedo, un'iltima volta, di lasciarmi un commento piccolo piccolo.
Alla prossima, 
Cris.



 
  
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