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Autore: Elygrifondoro    13/10/2014    4 recensioni
Cosa succedere se uno Shadowhunter e i suoi amici frequantano la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts? Cosa succede se due persone destinate a stare insieme come Alexander Lightwood e Magnus Bane si trovassero nella stessa scuola, rispettivamente nei panni di studente e professore? lLamore e l'attrazione vinceranno sui dubbi che una relazione proibita inevitabolmente crea?
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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~~CALL IT MAGIC
Stavo seguendo un sentiero da circa dieci minuti quando m’imbattei in un piccolo specchio d’acqua. In antichità l’area dove ora sorge il castello era paludosa, capita di trovare piccole depressioni o stagni nei pressi del lago nero o della foresta, per la maggior parte ancora inesplorata. Ne approfittai per ridestarmi un attimo e tracciare qualche runa un po’più potente: a dire la verità speravo di imbattermi in qualche creatura, di certo alcuni graffi avrebbe fatto meno male dei coltelli che trafiggevano il mio muscolo cardiaco. Il Sole stava cedendo il passo alla Luna, sua rivale sin dalla creazione dell’universo. Quei due si rincorrevano da millenni, eppure il Sole non s’era mai stancato della Luna, né la Luna s’era stancata del Sole. Si trovavano sempre alla stessa distanza, due valori direttamente proporzionali. Non s’erano mai parlati, eppure tutte le notti il Sole la sognava, tutti i dì lei lo immaginava avvolta nella sua tenebra perenne. S’attendevano e s’aspettavano, sperando nella pietà del Destino che non aveva concesso loro di vivere quel sentimento. Così, stanchi di attendere, avevano finito per odiarsi. Da amore nasce odio, la differenza fra i due è molto più sottile di quanto si voglia credere. La Luna piena vegliava gli abitanti della Terra, suo nuovo frivolo amore. Per questo odiava il Sole, anch’egli s’era infatuato della Terra: stanco di corteggiare l’unica di cui davvero era innamorato, s’era accontentato di un sentimento leggero e di poca importanza, mascherandolo per qualcosa di immenso ed incondizionato. Tutti nel Cielo parlavano dell’amore impossibile tra Sole e Luna, mormoravano della Terra, a detta di tutti una grande puttana.
Sorrisi. Perché ogni cosa mi ricordava il volto di Magnus? Sebbene la Luna fosse molto bella, non era niente in confronto a lui… nessuno brillava quanto il Sole, tranne Magnus Bane. Ovunque andasse, tutti soffermavano lo sguardo su di lui. Se lui era Sole e Luna, allora io chi ero? I miei pensieri vennero interrotti da un leggero fruscio di foglie. Non tutti l’avrebbero sentito, ma le mie orecchie erano addestrate a percepire anche il più minimo dei rumori, i miei muscoli a scattare come molle, la mia testa ad analizzare le situazioni ed a sfruttarle a mio vantaggio. Ero una macchina da guerra. Ero stato cresciuto come tale. Balzai in piedi, nella mano sinistra la bacchetta, nella destra il coltello con la lama d’argento. Sapevo chi mi scrutava nell’oscurità, ed ero pronto a fronteggiarlo. Innalzai attorno a me un incantesimo protettivo non verbale, insegnatomi l’anno scorso da Jace che era abile in incantesimi. Io me la cavavo in tutto quello in cui lui non riusciva, Difesa Contro le Arti Oscure era la mia specialità.
Da un cespuglio balzò fuori un grosso lupo fulvo con le zanne in bella vista. Produceva un ringhio basso e continuo. Gli occhi gialli fendevano la notte, alla ricerca di un qualsiasi mio punto debole, senza trovarlo. L’unica cosa che l’aveva attirato era la mia carne e la fame è la cosa di più simile alla pazzia che si possa provare. Per questo, ben sapendo di non trovarsi contro una preda facile, il lupo attaccò. Fece un lungo balzo, puntando alla mia gola, ma io fui più veloce e gli recisi la giugulare. Era morto ancor prima che toccasse terra. Altri cinque lupi, due neri, uno bruno e due grigi uscirono dalla boscaglia. Le loro ringhia erano l’unico suono udibile, almeno per le mie orecchie. Dietro di loro, spuntò qualcos’altro. Ma erano troppo piccoli per essere lupi, avevano una postura eretta e sembravano… Magnus ed Isabelle.


Io ed Isabelle avevamo deciso di addentrarci nella foresta e, nemmeno dieci minuti più tardi, sentimmo il rumore inconfondibile di una spada sguainata e di un corpo che sbatteva violentemente a terra.
-ALEC! -
Gridai. Ed il terrore ebbe la meglio sul buonsenso. Iniziai a correre come un dannato verso la fonte del rumore, nella mia mente immagini raccapriccianti prendevano forma: il bel corpo di Alec dilaniato dalle fauci di un lupo mannaro, nero come un ombra, che sfigurava quel viso idilliaco che popolava i miei sogni torturando il mio cuore senza alcuna pietà. Sbucai in una radura appena due minuti più tardi, deciso ad uccidere chiunque mi separasse da lui. Isabelle era passata in secondo piano, volevo solo rivedere il suo sorriso. Davanti a me, cinque lupi dall’aria minacciosa puntavano al MIO Alec. Senza nemmeno pensarci ne schiantai due, ma i più minacciosi erano ancora in piedi. Quello nero, che somigliava molto al lupo della mia immaginazione, era il più grosso e feroce: la bava gli colava dalla bocca, adorna di due file di denti ben affilati e letali, creati per uccidere e dilaniare la carne. Isabelle si stava occupando del lupo grigio, mentre Alec dell’altro cane nero. Il lupo nero era deciso ad assaporare il sapore del sangue di Alec, gli occhi gialli fissi sulla sua gola candida. Mi buttai sulla belva, circondandogli il collo con le braccia. Il coltello che Isabelle mi aveva affidato prima di introdurci nella foresta era agganciato alla caviglia, troppo lontano per essere preso. Avrei dovuto usare la magia. Con grande fatica, mentre il lupo tentava di staccarmi una mano, riuscì a puntare la bacchetta. Ma lui fu più veloce: mi disarcionò come un pupazzo dal suo dorso, e si scagliò dritto su di me deciso a sbrandellarmi senza pietà, come il gatto con il topo. La bacchetta l’avevo persa nella caduta, distava da me un paio di metri, ma la belva già mi correva incontro.
Alec… non lo vedevo… era fuori dalla mia visuale. Il lupo nero più piccolo giaceva a terra apparentemente incapacitato a muoversi. Ma del mio angelo nessuna traccia… era rimasto ferito? Presi in fretta il coltello dalla fondina deciso a tagliargli la gola a quel bastardo. Se era successo qualcosa ad Alec… il lupo era ormai a poco meno di un metri da me, le zampe anteriori s’erano staccate dal terreno… la mascella contratta ad esporre ogni dente giallognolo lungo quanto un mignolo. Il coltello tremava nelle mie mani inesperte… chiusi gli occhi, sapevo che non avevo alcuna possibilità. Ma il lupo non mi schiacciò mai con il suo peso. Alec gli era saltato addosso di lato e gli aveva reciso lo stomaco con un unico, profondo colpo all’addome. Quando si rialzò era coperto di sangue. La guancia destra colorata di scarlatto. Mi ricordai di un rituale africano a cui avevo assistito molti anni fa. Adornarsi con denti e dipingersi il volto con sangue di animale o maschere era un rituale propiziatorio molti diffuso. Mi guardai attorno: Isabelle era illesa, scrutava il bosco coprendo le spalle a me e ad Alec. Lui si avvicinò a me e si inginocchiò. Il peggio era passato.
-tutto a posto? –
Mi chiese con una voce apparentemente fredda, ma che celava tutta la tensione e la preoccupazione di cui un essere umano poteva disporre. Avrei voluto dirgli come mi sentivo, fargli sapere che piuttosto di vivere senza di lui mi sarei fatto divorare le interiora da quel cane troppo cresciuto, ma mi trattenni.
-si, credo di sì. –
Mi rialzai a fatica, la testa e il braccio doloranti. Alec mi afferrò il polso con impeto, quasi vorace.
-sei ferito-
Disse indicando il mio braccio. Avevo un profondo taglio sull’avambraccio, che sanguinava copiosamente.
-non è nulla di grave, non preoccupart...-
-dammi qua, faccio io. Flagramus! –
Delle bende comparvero e mi fasciarono la ferita.
-per ora non posso fare di più, ma dopo sarà meglio passare dall’infermeria… -
-aspetta Alec, avvicinati –
Gli tesi la mano verso la fronte, ove un brutto taglio la sfigurava.
-vieni qui –
Dissi protettivo e lo medicai con lo stesso incantesimo. Poi gli misi il cappuccio del mantello in modo che non si notasse la fasciatura. Lui barcollava un po’per il trauma subito e per il sangue perso, il che mi fece allarmare ancor di più. Senza dire niente gli feci avvolgere un braccio attorno alle mie spalle, in modo da sorreggerlo.
-Ho interrotto qualcosa? –
Isabelle Lightwood ci fissava a braccia conserte scandendo lo scorrere lento del tempo battendo a terra il piede e con un sorrisino finto ma apparentemente innocente stampato sul volto. La frusta in una mano, in apparenza inoffensiva ora che non era impegnata a strangolare un lupo mannaro. Io mi limitai a fulminarla con lo sguardo, ma Alec non si trattenne.
-Vai al diavolo Izzy –
Lei fece una faccia indignata, voltandosi verso il sentiero da cui eravamo arrivati facendo fluttuare i suoi capelli lunghissimi domati da una coda alta.
-scusate se non ho nessuna intenzione di giocare un altro round contro qualche altra bestia potenzialmente letale! –
Non l’ascoltammo e uscimmo velocemente dalla foresta percorrendo la stradina affiancata al lago in pochi minuti.
Arrivati ai piedi del castello, Alec si reggeva in piedi da solo e così ne approfittai per spingere il grosso portone d’ingresso della scuola, sperando di trovarla deserta. Ma la sfortuna sembrava decisa a perseguitarci. Feci entrare i due ragazzi, i cui postumi della battaglia stavano scomparendo in fretta. Merito del loro sangue da Cacciatori.
-COSA CI FACEVATE VOI DUE FUORI DALLE MURA DAL CASTELLO A QUEST’ORA?! –
La voce di un vecchio, vecchissimo Gazza rimbombò fra le spesse pareti del castello, infuriata come mai.
-noi… -
Biascicarono i due ragazzi, colti con le mani nel sacco. In quel momento entrai con un sorriso mesto che mi incorniciava il viso.
-oh, buonasera signor Gazza! Vedo che sta già egregiamente esercitando il suo nobile compito all’interno di questa scuola! Ma in questo caso i suoi servigi non sono necessari signore. –
-ma… gli studenti hanno violato il coprifuoco! –
-si dà il caso che i suddetti studenti siano entrambi Caposcuola, più che degni di fiducia. Stavo chiarendo con loro alcune questioni personali riguardo al corso che quest’anno terrò, Difesa Contro le Arti Oscure come be saprà. Abbiamo solamente preso una boccata d’aria e siamo rimasti seduti tutto il tempo sui gradini dell’entrata. Anche in presenza di un’insegnante è contro il regolamento? –
-ma io avevo chiuso il portone a chiave! –
-beh, non sarei insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure se non fossi in grado di utilizzare un incantesimo che viene imparato al primo anno di studi. Ed ora, con permesso, vorrei concludere la serata facendo un rilassante bagno caldo e sono già terribilmente in ritardo sulla tabella di marcia! Buona serata mastro Gazza. –
Fu così che mi diressi verso le mie stanze, seguito dallo sguardo sospettoso di Gazza, accomiatandomi da Isabelle appena fummo fuori dal campo visivo. Alec non aveva più aperto bocca da quando avevamo lasciato la foresta.
-signor Lightwood, la prego di seguirmi nel mio ufficio per parlare di quello che è successo nella foresta. –
-ma… Magnus… -
-non mi chiami per nome signorino! Lei è un mio studente, della mia Casata tra l’altro, e come tale deve essere trattato. Quindi non esigo alcun genere di scusa. Nel mio ufficio, immediatamente! –
Alec chinò il capo, demoralizzato. Mi faceva male vederlo così, ma era stato lui a volerlo. Lui ha voluto rispettare le regole, non i sentimenti... sto mettendo in pratica quello che lui mi ha chiesto.

Non era possibile. Voleva punirmi per qualcosa che lui stesso aveva provocato! Ma non ero stato proprio io a chiedergli di rispettare le regole? Nonostante questo, mi sentivo tradito. Non ero più speciale per lui, o forse lo ero, ma lui fingeva di essere completamente indifferente alla mia presenza. Lo seguii in silenzio fino al suo ufficio. Era un’ampia stanza circolare, tappezzata di colori. Tappeti esotici coprivano interamente il pavimento e un’ampia scrivania in mogano dominava il centro della stanza. In un angolo v’era una poltrona arancione dall’aspetto comodo e soffice ove riposava Il Presidente Meow, il gatto di Magnus. La parete dietro la scrivania era completamente nascosta da una libreria stracolma di strani oggetti e antichi libri.
Magnus Bane si sedette su una sedia con un alto schienale e imbottito: in quella stanza, contorniato da ciò che più rappresentava la sua personalità, Magnus sembrava un principe indiano. La pelle olivastra era un po’più pallida del solito, forse per la tensione di poco prima o per il clima più rigido rispetto alla Grande Mela. I capelli multicolori erano spettinati e imperlati di sudore. Ed era bello, bello e idilliaco.
-Signor Lightwood, prego si sieda -
Mi indicó una sedia di legno di fronte alla scrivania. Rimasi in silenzio e eseguii l’ordine.
-mi dica, cosa pensava di fare, da solo, nella foresta proibita, con la luna piena? La credevo più responsabile… -
-mi dispiace professore… non so che mi è preso. –
-Alexander Lightwood, alla sua età dovrebbe essere più responsabile delle sue azioni. Per questa volta, non dirò nulla, solo perché non ho voglia di rovinarmi il primo giorno di scuola. Ora, vai in dormitorio e non uscirci fino a domani mattina. Non verrò a pararti le chiappe un’altra volta.–
 Lo guardai sofferente: la sua indifferenza mi stava pugnalando il cuore e il mio corpo era scosso da forti tremiti. Gli augurai la buonanotte richiamando a me tutta la forza che in corpo m’era rimasta e uscii dall’ufficio. Fu lì, nell’eterno silenzio di quel corridoio vuoto, che caddi a terra. Iniziai a singhiozzare per la seconda volta nel giro di poche ore. Un lupo mannaro poteva dilaniarmi e farmi a pezzi lentamente, ma nulla era più crudele e devastante quanto quello che stavo provando. Mi trascinai fino in dormitorio. Prima di entrare cercai di nascondere il pianto isterico che m’aveva invaso un’altra volta. Fu in quel momento che notai la luce accesa: Juliàn.
Entrai senza bussare, consapevole di non disturbare nessuno. Juliàn era in piedi di fronte a me, che vegliava il mio ritorno. Appena entrai e chiusi la porta, lui si avvicinò e mi strinse fra le sue braccia protettive.
-Alec… sei distrutto… -
-ne sono consapevole purtroppo… credo di aver lasciato il mio cuore da qualche parte, in giro per il castello. –
-non preoccuparti, sono qui –
Rimanendo abbracciati ci sdraiammo sul mio letto, l’uno confortato dalle braccia dell’altro, alla disperata ricerca di un modo per riempire quel vuoto che aleggiava su entrambi. Quella notte fu memore di pianti e rancori.

 



ANGOLO DELL’AUTORE:

BUONASERA RAGAZZI!!! Siamo sempre noi due scassapluffe e non abbiamo nessuna intenzione di demordere!!!!
Questo capitolo, come tutti del resto, è dedicato a voi. In particolare a Marty060201, tini fray, GretaCrazyWriter, emily12_ e Trislot, che hanno recensito i nostri precedenti capitoli e ci seguono con costanza spronandoci a migliorare e ad impegnarci sempre di più per questo nuovo, piccolo, grande traguardo della nostra vita. Vi pensiamo sempre sperando di essere all’altezza delle vostre aspettative.
Un grazie va anche a tutti i lettori silenziosi che sebbene non lascino la loro impronta recensendo ci riempiono di gioia ed orgoglio.
GRAZIE DI CUORE!!!!

Elisa ed Anna

  
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