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Autore: futacookies    13/10/2014    3 recensioni
Lui riusciva sempre a sfuggirle tra le mani, l’attimo prima c’era e poi – puff! – non c’era più. A volte si chiedeva se ci fosse mai stato, tra le sue mani, se non fosse stata sempre una mera illusione della sua patetica mente innamorata. [...] Non accettava quel suo dire, non dire, parlare per sottintesi, quando si aspettava che lo capisse e non c’era nulla capire, perché effettivamente non aveva detto nulla. Non accettava quel niente che erano sempre stati – quel niente che lui considerava tutto –, quell' osservare da lontano ciò che sarebbero potuti essere – se solo tra loro non ci fossero stati tutti quei pezzetti di vetro, che le impedivano di raggiungerlo e di essere raggiunta –, quella finestra appena aperta sulla sua vita - lui che disseminava indizi troppo tortuosi per essere decifrati.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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È il mio compleanno, avevo voglia di scrivere qualcosa ed è uscito questo. Una flash Draco/Pansy, ambientata al sesto anno. Non dovrei aver scritto qualcosa di incomprensibile senza note, quindi vi lascio perché è tardi e tra un po’ non sarà più il mio compleanno ù.ù
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Pezzi di vetro

 
«Dove vai?»
Era riuscita ad afferrarlo per un lembo della camicia e aveva il terrore che potesse sfuggirle tra le mani.
Lui riusciva sempre a sfuggirle tra le mani, l’attimo prima c’era e poi – puff! – non c’era più. A volte si chiedeva se ci fosse mai stato, tra le sue mani, se non fosse stata sempre una mera illusione della sua patetica mente innamorata.
«Non dovrebbe interessarti.», le rispose, lasciandole addosso la sensazione di essere ancora più scivoloso del solito.
Non riusciva proprio a capirlo, a volte. Era sempre stato limpido e trasparente – almeno per lei –, limpido come l’acqua, lui che aveva l’unica capacità di scappare da lei nel momento in cui avrebbe voluto tenerlo più vicino; trasparente come quei pezzetti di vetro che le lanciava contro quando litigavano, quando rivolgeva un sorriso in una direzione che non fosse la sua, quando – come in quei momenti – l’acqua diventava talmente torbida da sembrare fango e il vetro diventava talmente opaco da non lasciare trasparire nulla, se non polvere.
Non riusciva a capirlo perché sentiva che c’era qualcosa che non andava, lo sentiva sulla pelle, prima ancora di leggerlo nei suoi occhi, come quando sentiva il sapore dei suoi baci prim’ancora di riceverli, come quando l’epidermide formicolava e non l’aveva neppure sfiorata.
E poi la guardava, con quello sguardo triste – ma con un riflesso di speranza – come se potesse cavargli le parole dagli occhi, quegli occhi che la seguivano ovunque e sembravano vivisezionarla in ogni gesto che compiva, dal più banale al più complesso.
E si sentiva un po’ tagliata a metà, con tutti quei pezzettini di vetro che stava scaricando su di lei, in quei giorni in cui le ombre sotto i suoi occhi erano sempre più scure – il vetro che diventava opaco –, in cui il suo carattere assumeva le stesse sfumature delle occhiaie – l’acqua che diventava torbida.
«Forse dovremmo parlarne.», borbottò, e la sua voce le sembrò troppo affilata, troppo pungente, troppo cattiva, come se potesse ferire il ragazzo, che era così fragile, che si sarebbe frantumato nell’esatto istante in cui avesse toccato terra. In fondo, anche lui era un pezzo di vetro.
«Daphne dice sempre che il dialogo uccide il rapporto di coppia.», ribatté, e non sembrò curarsi di poterle far del male, lei che non era fatta di vetro, ma che si sentiva altrettanto effimera – come tutte le sue illusioni.
«Daphne è una sciocca.» sentenziò, decisa. «Ha trovato qualcuno che sembra amarla incondizionatamente, e si diverte a mandare tutto a rotoli. E poi noi non siamo una coppia, non lo siamo mai stati.», non aveva quel sapore amaro, la frase, quando l’aveva pensata.
«Non pensavo ne avessimo bisogno.»
Non accettava quel suo dire, non dire, parlare per sottintesi, quando si aspettava che lo capisse e non c’era nulla capire, perché effettivamente non aveva detto nulla. Non accettava quel niente che erano sempre stati – quel niente che lui considerava tutto , quell
osservare da lontano ciò che sarebbero potuti essere – se solo tra loro non ci fossero stati tutti quei pezzetti di vetro, che le impedivano di raggiungerlo e di essere raggiunta –, quella finestra appena aperta sulla sua vita - lui che disseminava indizi troppo tortuosi per essere decifrati.
E continuava a camminare su quel sentiero, seguendo le briciole – i pezzi di vetro? – che lui aveva disseminato, nonostante non sapesse dove conducesse, quella strada, nonostante avesse paura di scoprirlo.


  
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