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Autore: jamesguitar    14/10/2014    9 recensioni
'Un per sempre è come prendere la luna per me, Brad.'
'E allora riuscirò a prenderti la luna.'
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bradley Simpson, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 14.
 
Quella notte accadde tutto in fretta. Troppo in fretta.
Noah si svegliò tossendo, non riusciva a respirare. Anche quando provò ad alzarsi, scoprì di non avere le forze.
Andò avanti per secondi interminabili, finché Dorothea e Paul non entrarono spaventati tra la stanza ed accesero la luce. La trovarono a starnutire sangue.
Paul la prese in braccio velocemente e corsero all’ospedale, mentre Dorothea avvertiva Bradley tramite il telefono della figlia.
Era tutto così improvviso, tutti avevano paura che il tempo fosse terminato, che quello fosse il finale di una stupida storia incompiuta.
Noah finì nel reparto delle emergenze, le attaccarono una bombola dell’ossigeno e aspettarono che stesse meglio. Oltre a darle medicine, non seppero cos’altro fare.
 
Bradley arrivò trafelato dopo una decina di minuti, con il terrore negli occhi, e trovò i signori Evans davanti alla stanza della figlia.
“Cosa…” era sconvolto. “Sta bene?”
“Le stanno facendo delle analisi” Dorothea piangeva sommessamente, appoggiandosi al marito.
Brad era inquieto, non riusciva a stare calmo. Gli balenavano in testa ricordi su ricordi, promesse su promesse, risate su risate.
Ed il senso di colpa arrivò come un’onda, lo travolse senza che potesse fare nulla.
Non avrebbero dovuto fare l’amore qualche giorno prima, non avrebbero dovuto fare tutti quei giri in moto il giorno precedente. Gli si riempirono gli occhi di lacrime.
La nave stava affondando, la tempesta era diventata troppo potente da affrontare. Nonostante la mancanza di paura la malattia stava vincendo, se non l’aveva già fatto.
 
***
 
Il dottore li raggiunse fuori dalla stanza un paio d’ore dopo, e li trovò distrutti. Occhiaie, occhi rossi di pianto, capelli scompigliati.
Perfino lui aveva un groppo in gola.
“Io…” iniziò. “Non so cosa dire. Mi dispiace, gli esami precedenti non tenevano conto del comportamento che avrebbe tenuto nei giorni successivi alla visita. È evidente che il suo corpo ha subito sforzi che non ha potuto sopportare. Vostra figlia sta per morire. Le mancano al massimo ventiquattr’ore.”
Dorothea scoppiò a piangere sulla spalla di Paul, il cui viso fu solcato da lacrime.
Bradley rimase paralizzato ad assimilare le parole dell’uomo.
 
Comportamento dei giorni successivi.
Sforzi.
Morire.
Ventiquattr’ore.
 
Si sentì crollare sulle ginocchia e il mondo attorno a lui svanì. Riuscì solo a vedere il sorriso di Noah seduta su di lui sulla spiaggia di Brighton e il vento tra i suoi capelli, prima di perdere i sensi.
 
***
 
Aprì gli occhi dopo quelli che sembravano secondi ma che era stata un’ora buona, secondo ciò che diceva Paul.
Scattò a sedere sconvolto sulle sedie d’ospedale e la sua mente ripensò a tutto. Dentro di sé crollò di nuovo.
“È colpa mia” sussurrò ai due genitori, singhiozzando senza riuscire a fermarsi. “Solo colpa mia.”
Dorothea scosse la testa e lo abbracciò forte, piangendo insieme a lui. Continuarono per un po’, finché Brad non ricordò una cosa che si era ripromesso di fare.
 
Si alzò di scatto guadando i due adulti. “Mi servono le chiavi di casa vostra, per favore, è importante.”
Paul gliele porse e lui non perse tempo. Corse fuori dall’ospedale, verso la sua macchina. E poi attraverso le strade, ad ignorare i clacson che strombazzavano dietro di lui e le persone che lo mandavano a quel paese, pensando solo ad un’unica, singola cosa.
Parcheggiò con furia sotto casa degli Evans e con una fitta al cuore entrò, salì le scale velocemente, fino ad arrivare in camera di Noah.
Si spaventò a vedere le lenzuola piene del sangue che aveva starnutito, e le lacrime caddero sul suo viso immacolato mentre frugava in lungo in largo.
Li trovò.
Gli spartiti erano sepolti sotto un mare di cose nella scrivania, e li afferrò con violenza.
 
Poi uscì di casa e rifece tutta la strada al contrario, sempre ignorando i limiti di velocità e correndo come se potesse servire a salvarla. Ma non poteva. Non aveva mai potuto.
Quando raggiunse il piano di ospedale di Noah, i genitori lo guardarono comprensivi.
“Si è svegliata” disse Paul. “Andiamo a parlarle un po’ noi, okay?”
Lui annuì.
 
I due genitori entrarono nella stanza di ospedale, bianca e spoglia, e videro la figlia rannicchiata su un letto, con addosso il camicie azzurro di tutti i pazienti.
Si accorsero di quanto era dimagrita in poche ore, e Dorothea si portò una mano alla bocca per soffocare un urlo.
“Ciao” mormorò la ragazza.
I due iniziarono a piangere e si sedettero ai bordi del letto, accarezzandole i capelli.
“Piccola mia” disse Paul. “Ti sei stancata troppo, ed è arrivato il momento.”
 
Noah gettò la testa all’indietro, e chiuse gli occhi.
Lo sapeva.
Lo aveva sentito, la sera prima, aveva sentito di non potercela più fare. Che era arrivato il momento di andare via.
“Lui dov’è?” sussurrò, mentre una lacrima le percorse il viso.
“Qui fuori” disse Paul.
“Quanto mi resta?”
“Un giorno a malapena” singhiozzò Dorothea, stringendo quelle dita minute tra le sue.
“Okay.”
 
***
 
Quando Bradley entrò nella stanza, erano passate quattro ore.
Tremò a vederla in quello stato, così indifesa, così debole.
“Ehi” le disse, cercando di essere forte. “Non ti trovo un granché in forma.”
Riuscì a strapparle un sorriso, prima di sedersi accanto a lei.
“Capita, quando mancano una ventina di ore alla tua morte”
Anche quella doveva essere una battuta, ma provocò una lacrima sul viso del ragazzo.
“Scusa” si affrettò a dire, asciugandola. “Non sono pronto a lasciarti andare, tutto qui”
Aveva la voce incrinata, e lei non poteva fargliene un torto. Come avrebbe potuto farlo?
 
“Non devi scusarti” sussurrò lei. “Al tuo posto io sarei già svenuta”
Lui fece una piccola risata. “L’ho fatto.”
Lei sorrise e lasciò che prendesse la sua mano, stringendola fra la sua. Il contatto con quel corpo freddo fece sussultare Bradley.
Stava morendo davvero.
Scoppiò a piangere, abbassando la testa e nascondendola tra le braccia di lei.
Noah gli accarezzò i capelli ricci. “Va tutto bene” disse, anche se nemmeno lei ne era sicura.
“No, non va bene”
“Brad, devi essere forte” la sua voce dolce non bastò a calmare quel cuore tormentato. “Lo siamo sempre stati. Non cambiare a causa mia, o almeno non in peggio, va bene?”
 
Bradley la guardò con gli occhi rossi.
“La malattia è una bastarda” le disse. Lei sorrise un po’, ma ricevette una coltellata al cuore. “Tu eri un cielo sereno e lei è arrivata con le sue nubi, esse si sono infittite sempre di più e ora sta per piovere.”
Una lacrima scese sul viso della ragazza.
“Ti prego, devi cercare di resistere.”
“Non posso. È colpa mia, capisci?”
Lei lo allontanò. “Non dirlo nemmeno. Non è vero.”
“Invece si. Il dottore ha detto che ti sei sforzata troppo. Fa male, Noah, più male di quanto potrai mai capire.”
Noah lo attirò di nuovo a sé e lo strinse con le poche forze che aveva.
“Shh” cercò di calmarlo, mentre singhiozzava violentemente su di lei.
“Ti amo, non voglio che tu muoia. Non adesso, cazzo, non adesso.”
 
Anche Noah scoppiò a piangere e gli fece spazio nel letto di ospedale, in modo che potesse stendersi con lei. Si abbracciarono a vicenda, Brad cercò di trasmetterle il calore di cui aveva bisogno.
“Mi mancherai più dell’aria, lo sai?” le disse, singhiozzando sul suo collo.
Lei annuì.
“Brad, non mi interessa se sto morendo prima del previsto. Se non avessi fatto quelle esperienze con te, morire non avrebbe avuto lo stesso sapore.”
Lui si allontanò per guardarla. “Che sapore ha?” chiese.
“Il sapore della completezza. Non sarò mai pronta per andarmene, ma so che questo è il momento migliore.”
 
Bradley si alzò dal letto e prese gli spartiti da un mobile, dove li aveva appoggiati.
“Ho pensato che volessi morire con questi” sussurrò, porgendoglieli.
Lei li afferrò e sorrise.
“La ho suonata una sola volta, qualche giorno fa. Ha fatto male, ma… mi ha fatto conoscere te.”
Lui prese un grande respiro, cercando di controllare le emozioni.
“Posso confessarti una cosa?”
“Certo.”
La fissò negli occhi, e poi disse: “Tardavo a darti quegli spartiti solo perché… ho inventato la canzone al momento. Ti ho vista e boh, ho suonato. Ecco perché erano scritti a matita. Non ho mai avuto il coraggio di dirtelo.”
Lei pianse ancora, ma le scappò un sorriso.
“Davvero?”
Bradley annuì e si avvicinò di nuovo, stringendo la sua mano ossuta.
“Allora ti amo ancora di più, Brad”
Lui si perse nei singhiozzi ancora una volta.
 
***
 
Passarono altre svariate ore che sembrarono anni, in cui mari di familiari andarono a salutare Noah, con finte lacrime e finti dispiaceri. Sapevano tutti che nessuno che la conoscesse davvero poteva definirsi addolorato dalla sua morte.
 
***
 
C’era quasi. Lo dicevano le macchine dietro di lei, le infermiere commosse dalla situazione. Tutto era così esplicito che faceva ancora più male.
Dorothea e Paul avevano appena dato un ultimo saluto alla figlia, ed ora aspettavano tremanti sulla soglia.
Mancava solo lui.
Bradley voleva esserci fino alla fine, fino a quando non avesse chiuso gli occhi per non aprirli mai più.
 
“Sto morendo” mormorò Noah, così piano che solo lui la sentì.
“Lo so”
“Grazie. Grazie per avermi reso la ragazza libera che sono”
La macchina segnava che stava per succedere, i suoi battiti si stavano affievolendo sempre di più.
“Ti amo” disse Noah.
“Non dirlo come se fosse un addio” replicò lui. “Te l’ho detto, tu resterai nel mio cuore per sempre.”
Le annuì, mentre iniziava a chiudere gli occhi.
“Senza paura?” sussurrò Bradley, piangendo.
Senza paura” rispose lei.
 
E fu l’ultima volta che lo disse.

 



#ANGOLOAUTRICE
Sono in lacrime perfino io, vi rendete conto?
Mio dio, scrivere questo capitolo mi ha uccisa e correggerlo oggi è stato peggio.
Come avrete letto, Noah è morta. Non ho fatto accadere nessun miracolo ed è andata via per sempre spezzando il cuore di Bradley.
Non è così che deve finire questa storia, ma allo stesso tempo è giusto che rispecchi la realtà, secondo me.
Perchè nella vita vera la gente non sopravvive per miracolo, muore e basta e ferisce chi ama di più.
Okay, smetto di fare la depressa e vi assicuro che questo non è l'ultimo capitolo.
Quello della prossima settimana, il quindicesimo, lo sarà, ma un paio di giorni dopo pubblicherò un piccolo epilogo.
Sfogate i vostri dolori e si, odiatemi, anche perchè mi odio da sola.

Jamesguitar
  
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