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Autore: ILoveItBaby    15/10/2014    4 recensioni
[NUOVO RIENTRO]
18 Vite.
18 Possibilità. 18 Morti. 18 volte nasco, cresco e muoio.
Ogni vita devo ricominciare da capo. Ogni volta mi spengo. E subito dopo rinasco, fino a che non mi rimarrà solo una vita.
Ogni volta lui mi trova e mi uccide. Fino a quando non potrò più tornare.
Ogni volta la sua mano trema sempre di più.
***************
The Soul... (dal primo capitolo):
"Persone si fermarono e accorsero, in una folla agitata. Un lampo viola passò davanti ai miei occhi appannati e vedendo il mio sangue una luce illuminò quegli occhi ametista di desiderio irrefrenabile... sicuramente frutto della mia immaginazione.
Prima di svenire, per non riaprire più gli occhi, guardai il mio braccio.
Apparve un bel 18, rosso fuoco, come un tatuaggio, che si trasformò lentamente in un 17.
Oh, meraviglioso, avevo appena iniziato e già una vita era andata. Davvero, davvero stupendo. E spirai."
***************
... And the Hunter (dal capitolo 2):
"Sorrise dal suo angolino buio, e il terrore mi invase. Aveva un'aria molto, molto, mooolto da cattivo ragazzo.
Si tolse il passamontagna.
Ora sì, che ero spacciata. Ormai l'avevo visto in faccia."
***************
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4 - TS & TH


-Spiaggia-

Eastbourne, Inghilterra
23 Ottobre 1997, ore 15.45


Era un inverno insolitamente caldo e tremendamente secco.

In sessant'anni avevo vissuto quattro vite. Tutto ciò non era per niente buono.
In realtà noi non eravamo affatto diversi da qualsiasi altra anima, l'unica cosa che ci differenziava da quelle umane era che noi ricordavamo le vite precedenti, come in una sorta di reincarnazione.
Corpo diverso ma con uguale aspetto, stessa mente e stessi ricordi. Rinascevamo.
Ma tutti noi abbiamo un numero limitato di vite e in media sono sul centinaio. Io invece ero nata con pochissime, solamente diciannove, e quel Cacciatore invasato continuava ad uccidermi!
Dovevo stare molto attenta.
Me lo ripetevo da diciotto anni e da diciotto anni ero allerta.
Sapevo che i cacciatori erano bravi nel loro lavoro e che prima o poi mi avrebbero trovata, soprattutto quel cacciatore. Mi aveva promesso che m'avrebbe scovata e distrutta... e io ci credevo.
Insomma, porca miseria, non ero riuscita ad arrivare nemmeno a trent'anni con la stessa vita!
Certo era anche vero che avevo sempre lo stesso aspetto: lunghi capelli castani lisci, occhi verdi e corpo snello. Mi piaceva il mio corpo, un po' meno come mi guardavano i ragazzi. Sembravano morti di fame, ma forse dovevo smetterla di lamentarmi.
Li ignorai mentre mi dirigevo a casa con la mia amica Mary-Ann, altona con i capelli neri e la frangia.
Questi genitori mi piacevano molto di più, erano carini e mi amavano sul serio. Nella mia seconda vita ero orfana quindi non saprei dire chi o come fossero i miei genitori.
Non mi dispiaceva, ma nemmeno era stato bello essere affidati ad altre famiglie.
Comunque amavo la Eastbourne di quegli anni e speravo di rimanerci più a lungo possibile.
Sorrisi a Mary-Ann che parlava a macchinetta su quanto fosse stupido studiare la fisica, che non servisse a nessuno a meno che uno non voleva progettare razzi spaziali, e mi assicurò che lei non era tra quelle persone.
La salutai ed entrai in casa mia, che era quella subito a destra della sua. Vicine di casa e migliori amiche, proprio utile.
Entrai in casa e baciai i miei, Johanna e Michael Bresbitt, che stavano attorno al tavolo della cucina, mio padre leggendo un giornale e mia madre facendo la maglia. Oh, no, mi stava facendo un altro magione con i cervi! Una volta mi era sfuggito che quegli animali mi affascinavano incredibilmente e da quel giorno mi aveva fatto solo maglioni con i cervi (avevo 12 anni, immaginatevi voi quanti ne ha fatti).
«Mike, come mai a casa così presto?» chiesi. Chiamavo sempre i miei per nome, anche perché era complicato chiamarli solo “mamma e papà” per me visto che avevo quasi la loro età, se si contavano gli anni che avevo vissuto in tutte le mie vite.
«Il signor Hacket ha chiuso il negozio prima per il matrimonio della figlia, ve la ricordate Hanna?»
Mike aveva ricominciato a parlare del suo capo al negozio di stoffe, era ora di andare. Non avrei sopportato un altro racconto.
«Io vado di sopra.»
«Ma... »
«Ti voglio bene papino» gli diedi un bacio sulla guancia e scappai di sopra. Funzionava sempre.

24 Novembre, ore 7.56

«E poi cosa vuol dire che gli piaccio, ma non in quel senso?!» sbuffò Mary-Ann «A me lui piace proprio in quel senso! Insomma l'ho mandato a cagare!»
«Dai, non essere così dura, insomma, magari lui...» ha solo bisogno di tempo, avrei detto se lei non mi avesse interrotta ricominciando il suo monologo. Pazienza. Ecco una buona qualità che si aveva quando dovevi passare un bel po' di volte prima dall'infanzia, dalla pubertà e per poi ricominciare ogni vita da capo, in un ciclo lunghissimo, la pazienza.
Entrammo e mi sedetti, con Mary-Ann alle spalle. Dall'inizio dell'anno gli insegnanti del piccolo paesino vicino Eastbourne, Lloyds, vicino al famoso promontorio Beachy Head, celebre anche come “Seven Sisters”, dimenticata da Dio e dal genere umano, avevano deciso che io e lei eravamo troppo comare, e che combinavamo troppi danni insieme (cosa non del tutto falsa... qualche piccola scorribanda l'abbiamo fatta).
Così, anche se ci sedevamo vicine, poi una delle due veniva spostata dall'altro capo della classe, perciò avevamo scelto di comune accordo il minor male: sedersi una davanti all'altra (e, fidatevi, è molto più facile comunicare così che da un capo all'altro dell'aula).
Qualcuno si sedette accanto a me ma non ci badai minimamente. Ero abituata ad ignorare tutti quelli che mi stavano accanto a scuola, tranne Mary-Ann.
«Ciao», mi disse il ragazzo accanto a me e mi congelai.
Conoscevo quella voce.
Mi girai lentamente e spalancai gli occhi. Lui si compiacque della mia reazione.
Tremavo e lo guardavo, terrorizzata.
Il professor Kork mi chiamò «Ci sei? Stai male?» chiese preoccupato.
Non riuscivo a spiaccicare parola e così non rispose. E fu la cosa più stupida che potessi fare perché fu il cacciatore a prendere la parola.
«La accompagno in infermeria?»
«Sì, è meglio, Hatter.»
No, non era possibile che mi avesse trovata. Di nuovo.
Scossi la testa e finalmente parlai «N-no sto bene... »
«Andiamo, sei uno straccio, l'infermiera ti aiuterà di certo.» disse il moro, si alzò in piedi e mi guardò intensamente, poi diede una veloce occhiata a Mary-Ann.
Era una chiara minaccia.
Chinai il capo, con lo sguardo cupo, ed annuii.
Lui mi prese per un braccio e mi tirò su, in modo che al resto della classe quello sembrasse un gesto gentile, mentre invece era una condanna a morte.
Albert, il mio ragazzo mi guardò perplesso e preoccupato.
Ovviamente Eriam gli restituì un'occhiata a dir poco feroce e che lo ammoniva a starsene al suo posto, perché altrimenti avrebbe giocato anche con lui.
Rabbrividii e pregai che lo lasciasse fuori da questa storia. Il mio povero Alby.
«Mar?» chiamai la mia amica.
Mi guardò perplessa, ma io continuai «Ti voglio bene... e anche ai miei... ti prego diglielo... io... » ma venni tirata via. Mi guardava come se pensasse fossi malata.
Ma avrebbe capito, dopo che avessero trovato il mio corpo...se lo avessero trovato.
Mi guardavo le scarpe. Avevo una gonna a pois. Forse mi portava sfortuna. O forse no.
Mi prese con più forza il braccio appena fummo fuori e mi sbatté contro al muro scrostato. Urtai l'osso della scapola, che prese a farmi un male cane.
Mi bloccò i polsi in una mano (certo che erano grosse) e mi guardò divertito.
«Ti ho trovata. Di nuovo.» e rise malevolo.
«Vaffanculo!»
«Ohh, come siamo su di giri. L'aria inglese ti fa diventare acida!»
Tentai di tirargli un calcio nelle sue parti oscure, ma lo schivò, mi storse le braccia all'indietro e mi obbligò in ginocchio di schiena davanti a lui.
Si chinò e mi sussurrò all'orecchio «Magari prima di farti fuori potrei divertirmi un po'».
Mi fece alzare con malagrazia e mi fece uscire sul retro da una porta di emergenza.
Purtroppo per me eravamo vicino alla scogliera e con una passeggiata di a malapena dieci minuti arrivammo dove il mare turbinava.
Ci fermammo e mi fece voltare.
Dovevo prendere tempo, magari si sarebbero accorti della mia assenza, magari mi sarebbero venuti a cercare e...a salvare.
«Dove sono i tuoi amici, eh?» dissi scontrosa.
«In altri paesi. A caccia» sorrise vedendomi sbiancare «E visto che io ci tenevo a farti fuori di persona hanno pensato che sarei dovuto venire da solo.» si avvicinò come per farmi una confidenza tra amici del cuore e disse «Mi piace darti la caccia. Solo tu riesci a darmi questo brivido» e detto ciò repentinamente mi attrasse a sé, tenendomi in una morsa senza via di scampo.
«E come mai sei ancora come allora?!» dissi stizzita, con la faccia schiacciata contro i suoi capelli corvini.
«Quella volta, dopo che Arja ti ha fatto fuori, sono arrivati gli sbirri e hanno sparato a palla. Sono stato colpito e sono leggermente morto.»
Quelle parole mi colpirono.
Sprofondò il viso nell'incavo del mio collo, e risalì fino alla mascella, al mento e si ritrovò a pochi centimetri dalla mia bocca.
Si morse il labbro inferiore.
«Dio, non immagini quanto mi attiri. E con quella gonna a pois... ! Ci incontriamo sempre con quella gonna.» e detto ciò posò una mano sul mio sedere e sganciò la cerniera.
Quell'essere orribile voleva prima uccidermi dentro, nella mente, ma non glielo avrei permesso.
Mi lasciò libero un polso, sapendo che non sarei riuscita comunque a sovrastarlo in uno scontro.
Gli posai una mano sul sedere, lo interpretò come un cenno d'assenso a farmi tutto ciò che voleva, così mi baciò con passione.
Con la mano viaggiavo, cercavo... e poi lo trovai, lo tirai fuori lentamente, in modo che non se ne accorgesse e feci scattare la lama.
Intanto aveva cominciato a sbottonare anche la camicia.
Eravamo sul bordo di una scogliera, dovevo scostarmi appena lo avessi colpito.
Portai la mano in avanti, tra me e lui, che non si era ancora accorto di nulla, e lo affondai con tutta la forza che avevo nella sua pancia.
Nei suoi occhi vidi qualcosa simile a tradimento, ma forse mi ero sbagliata. Fatto sta che non riuscii a scostarmi. Una parte di me era davvero affranta.
In un secondo riuscì a trascinarmi con lui. Sentii il vento passarmi tra i capelli e per un attimo mi sembrò la cosa più bella del mondo, la cosa più vicina al volare con le proprie ali.
E finimmo contro gli scogli di testa.
Ma non morimmo subito.
Vidi prima il suo braccio illuminarsi e cambiare numero, da 16 a 15... come me cambiava numero, che segnavano le vite possedute, solo che il suo era nero come la pece, come il buio.
Poi toccò a me, il 15 che si trasformò in 14, rosso fuoco.
Dovevo ricominciare tutto ancora. Che palle, pensai sconfortata.









Angolino Autrice:
Scusate l'assenza! :(
Proprio non riesco a trovare la testa per pubblicare o mettere mano ai miei lavori (infatti se trovate problemi su questo vi invito nuovamente a segnalarmeli).
Non riesco a trovare un equilibrio -per di più un po' la voglia mi è tornata in questi giorni quando avevo la febbre quindi nada T_T.
In ogni caso, scusate se non ho ancora risposto alle 7561765813 recensioni che con cuore mi avete lasciato, prima o poi risponderò a tutte! XD appena potrò farlo deganmente.
Spero che questo capitolo non sia insipido come lo è la mia mente in questo istante preciso! XD
Un grossissimo bacione <3
Juls


ATTENZIONE! Per contattarmi, tutti i miei dati sono sulla Bio del Profilo EFP! Grazie
   
 
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