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Autore: OneWingedAngel    13/10/2008    1 recensioni
Post Advent Children: Nel mondo sembra tornata la pace ma...se Kadaj Loz e Yazoo avessero un quarto fratello? E se la loro venuta non fosse stata solo un'opera del destino? Tempi bui in arrivo Cloud
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 10

CAPITOLO 10: Il Piano di Cid


Cloud rimase ancore per qualche istante nascosto dietro parete scorrevole costruita da master a osservare la situazione dal suo minuscolo spiraglio.

Non appena sentì che il silenzio era sceso di nuovo nella sala e fu certo che Phobos e Deimos si fossero allontanati abbastanza aprì con un colpo fin troppo veemente la porta del suo nascondiglio e di diresse in fretta verso Master, che giaceva ancora rannicchiato dopo il colpo ricevuto.

Cloud era fuori di se. La mano era ancora serrata convulsamente attorno al manico della spada e la presa si faceva sempre più forte man mano che si avvicinava al suo vecchio amico.

Una volta raggiunto il master si chinò prontamente e si passò il suo braccio attorno alle spalle, cercando di alzarlo senza fargli male. Gli riusciva difficile muoversi con delicatezza quando il suo animo era divorato dalla rabbia, ma si costrinse, in nome dell'affetto che provava per lui a inspirare profondamente ed agre con la massima cautela.

Appoggiò Master su di una sedia in legno al centro della stanza, e quando lo lasciò andare il vecchio diede ancora qualche potente colpo di tosse roca e strozzata.

“Master, va tutto bene?” chiese lui preoccupato.

“No, ragazzo mio, va tutto bene. Ora sono a posti” si affrettò a rispondere l'altro, ma i suoi occhi erano ancora umidi per lo sforzo e il dolore, le guance arrossate e il fiato corto.

Davanti agli occhi di Cloud per un secondo baluginò il ricordo di come Master gli era apparso durante gli anni della sua infanzia, un uomo forte, coraggioso e sebbene un po' duro, di buon cuore, che aveva la capacitò di scaldargli l'animo. Lo aveva sempre paragonato ad una quercia, un albero forte e saggio, che sotto la scorza dei rami nodosi celava il sapere di secoli.

Ora invece sembrava che quella pianta gloriosa fosse andata in rovina. La sua tosse sembrava il rumore di rami secchi che si spezzano, la sua pelle pallida e rugosa sembrava corteccia marcia e il suo respiro affannoso sembrava il lamento del vento che soffia nelle cavità di un albero morto.

Il paragone gli fece male.

Sentì l'amarezza inondargli il cuore e strinse i pugni facendo scricchiolare la pelle dei guanti.

Vincent osservando quel gesto dell'amico si sorprese di nuovo di quanto fosse cambiato. Fino ad un anno prima tutto gli era indifferente, gli amici, il mondo, la sua stessa sorte. Si era abbandonato, lasciandosi sprofondare nella calma quiete delle tenebre, anelando soltanto alla sicurezza dell'oblio.

Una sicurezza che permette di non soffrire più, cosa che in un mondo che sembra fatto solo di dolore, è una prospettiva allettante.

E quello aera per l'appunto il mondo in cui Cloud aveva vissuto fino ad un anno prima.

Poi per fortuna era riuscito a ritrovare la via per la luce. Senza dubbio era stato in gran parte grazie a Tifa e ai bambini, ma Vincent sapeva che anche essere guarito dal geostigma e aver di nuovo i suoi amici accanto era stato determinante.

Ora ,però, c'era un altro dubbio che tormentava la mente del moro. Aveva paura che i sentimenti riemersi da Cloud non fossero tutti positivi. Nella sua faccia riusciva a leggere chiaramente l'odio verso Kramer e tutta quella situazione. E l'odio portava solo alla sofferenza.

E ancora di più temeva che Cloud potesse tornare a vivere nel suo amaro passato, proprio ora che aveva chiuso il conto con i suoi personali fantasmi.


Cadde un silenzio grave nella sala. Anche i feriti avevano smesso di lamentarsi e le donne avevano cominciato silenziosamente a prendersene cura. Tutti però evitavano di parlare e di guardare verso il centro della stanza, la schiena del master che si alzava e si abbassava freneticamente accompagnata dai gemiti rochi del suo respiro.

Cloud aveva lo sguardo basso e Master fuggiva i suoi occhi per paura di leggervi il suo rimpianto.

Cid, che non era mai stato bravo a sopportare momenti di troppa tensione cominciò a zigzagare annoiato per la stanza e si fermò ad esaminare la parete scorrevole che li aveva nascosti.

Fece scorrere il meccanismo lungo i cardini e dopo averlo chiuso potè notare che la sagoma della porta era praticamente indistinguibile dal resto della parete anche per chi ne conosceva l'ubicazione.

“Questo è davvero un ottimo lavoro.” commentò con l'aria di chi se ne intende “ i cardini non fanno il minimo rumore, e dall'esterno è praticamente invisibile. Era già parte della casa?” si informò

“No ragazzo mio, l'ho costruita io di nascosto mentre organizzavamo la nostra resistenza.” gli rispose Master, contento di aver trovato un argomento di conversazione.

Cid rispose con un fischio di ammirazione.

“Davvero niente male nonno. Te la cavi davvero con le mani.”

“Il capo della resistenza deve saper fare questo ed altro hehehe” rise di gusto e anche Cid si unì alla sua rista felice che l'atmosfera si fosse rasserenata.

“A proposito di resistenza – continuò lui – mi sembra strano che abbiate cercato di tirare su un gruppo senza nemmeno delle armi. Non credo che sarebbe servito a molto contro quelli, - disse alludendo allo spaventoso duo che aveva appena concluso la sua visitina ai malati -, ma almeno per precauzione....”

“Effettivamente qualche arma l'abbiamo, ma la maggior parte delle già poche armi che si trovavano in un paesino pacifico come questo le hanno sequestrate i soldati di Kramer.”

Cid inarcò le sopracciglia e si guardò attorno con aria interrogativa.

“E quelle sopravvissute alla confisca dove le tenete?” chiese ripercorrendo con la memoria la strada che aveva percorso prima di sbucare in quella saletta. Non gli era parso minimamente di vedere qualche fucile o spada di alcun tipo, anzi nemmeno picconi, forche o altre oggetti contundenti che in mano ad un gruppo di rivoltosi avrebbero costituito quantomeno delle armi improvvisate.

Master, guardando la sua espressione persa sorrise con gusto e nei suoi occhi si riaccese un po' del brillio caldo e furbesco che Cloud ricordava dagli anni della sua infanzia.

“Non vi ho ancora mostrato tutti i nascondigli di questa casa. Il bello deve ancora arrivare giovanotto.” e diede un risolino compiaciuto mentre si alzava dalla sedia appoggiandosi allo schienale.

Nel momento in cui le sue dita si staccarono dalla sedia, Cloud fu percorso istantaneamente dall'immagine di Master che barcollava per qualche secondo per poi inclinarsi e precipitare a terra come un peso morto. Prima di riflettere si mosse verso il vecchio con l'intenzione di sorreggerlo ma si ritrovò la mano sua vecchia e sicura a fermarlo.

Master si reggeva in piedi senza problemi e l'istante dopo si mise a marciare con passo sicuro in direzione della porticina da cui Cloud e soci avevano fatto il loro ingresso nel quartier generale.

Cloud pensò che forse si preoccupava troppo, o forse era Master che cercava di ostentare una sicurezza che non aveva.

Non riusciva a togliersi dalla testa l'idea che il vecchi soffrisse ancora e che fosse colpa sua che non era riuscito a proteggerlo prima che tutto questo avesse inizio (come se avesse potuto ), ma la sua espressione convinta e il fuoco che gli ardeva negli occhi convinsero Cloud a calmare un attimo i suoi nervi.

Il gruppo guidato da Master percorse a ritroso la via da cui erano venuti vino a ritrovarsi esattamente nel buio scantinato in cui erano entrati dopo aver scavalcato (Cid se lo ricordava bene) la montagna di rifiuti che copriva il vialetto posteriore dell'edificio.

Si guardarono ancora attorno ma non videro assolutamente nulla di nuovo in quell'ambiente, e sopratutto nulla che sembrasse anche vagamente un arma.

“Ora avrei bisogno che due di voi mi dessero una mano con questo” fece master indicando una pesante scatola di legno che apparentemente conteneva legna da ardere.

Cloud e Vincent alzarono la pesante cassa e la allontanarono dall'angolo di muro nella quale era riposta, ma ancora i loro sguardi, per quanto acuti, non colsero nulla.

Master si rallegrò ancora di più alla vista delle loro espressioni interrogative e li superò chinandosi nel punto esatto in cui c'era stata la pesante scatola fino ad un attimo prima.

Le sue dita callose vagarono per un attimo, esperte, sul pavimento in legno, cercando con precisione il minimo dislivello. Quando trovarono il punto giusto master sollevò con un leggero scricchiolio una botola completamente invisibile.

La bocca di Cid si aprì in una muta “O” di ammirazione e Master gongolò rivolgendosi a loro.

“Questa mi è costata ancora più lavoro dell'altra” affermò “ ma il risultato mi sembra soddisfacente”

e sorrise con i denti anneriti dal tempo e dalla vita insalubre degli ultimi tempi. Tuttavia, pensò Cloud, sembrava ringiovanito.

Fece segno di seguirli nello stretto passaggio dentro la botola.

Quando anche l'ultimo (Cid) fu entrato intimò loro di richiuderla e per alcuni secondi si ritrovarono nel bui più completo.

Si udì un leggero click e dopo pochi istanti delle instabili lampadine disposte sul basso soffitto del corridoio in cui si trovavano si accesero in tempi diversi e lampeggiando.

Il corridoio era spoglio, basso e stretto. Il gruppo stava con difficoltà in fila indiana e i più alti dovettero abbassare leggermente la testa per non cozzarla contro il soffitto. I mattoni lungo le pareti erano a vista e un filo elettrico esposto partiva dal pavimento e si inerpicava fino al soffitto per diffondere la luce. Il luogo era pervaso da un odore inteso di chiuso e muffa, elaborate ragnatele decoravano tremolanti gli angoli del soffitto e l'umidità era quasi tangibile nel piccolo seminterrato.

Master si incammino e loro lo seguirono fino a quando giunsero ad una piccola porticina di ferro arrugginita che il vecchio aprì con un po' di fatica facendo cigolare i cardini attempati.

La stanza che li accolse condivideva l'odore e l'aspetto decadente del corridoio precedente, ma era molto più ampia (decisamente enorme in effetti ) e le pareti e i tavolini rugginosi che la occupavano era affollati da ogni sorta di cosa.

C'erano vecchi attrezzi agricoli, forconi, picconi, falci, vecchi schioppi buoni per la caccia e non certo per la battaglia ma indubbiamente funzionanti. C'erano attrezzi da falegname, seghe, trapani, una morsa, ma anche piedi di porco e spranghe contorte e addirittura..

“Esplosivi?” fece Cid osservando il gruzzoletto di petardi e fuochi d'artificio (magari il residuo di qualche festa che non si è mai potuta festeggiare) petardi e polvere da sparo raccolta in sacchetti di stoffa.

Insomma in quella specie di covo sotterraneo erano ammassati e accatastati tutti i corpi contundenti che avrebbero potuto diventare utili in un improbabile confronto armato. Fortunatamente gli abitanti di Niblehim non si erano spinti a tanto.

“Allora che ne dite?” chiese Master soddisfatto

“Vi siete dati davvero da fare, eh? Farla così sotto il naso di Kramer è un buon risultato...”

“A proposito, dove ci troviamo di preciso adesso?” chiese Nanaki con la sua voce roca e intelligente.

A questo punto Master non rispose ma si voltò verso Cloud.

“Ragazzo, non ti ricorda nulla questo posto.”

Il biondo sulle prime rimase in silenzio, guardandosi attorno e cercando di far riemergere dalle nebbie della memoria i tratti di quel luogo così trasformato.

Dopo un po' le sue sopracciglia contratte si distesero in un espressione di stupore.

“Questi sono senz'altro i sotterranei della bottega! Era qui che ci nascondevamo spesso io e Tifa!”

“Già, e mettevate sempre le mani dappertutto... che piccole pesti heheh”

“Ma, mentre venivamo verso la casa l'avevo vista bruciata! Ne sono sicuro!”

La bottega di Master infatti si trovava esattamente affianco alla casa-quartier generale, dove Cloud e compagnia erano stati accolti da Master.

Cloud ricordava perfettamente il senso di angoscia che gli aveva attanagliato il cuore, simile ad una gelida mano scheletrica, quando aveva visto il grande casermone dove una volta era solito nascondersi con Tifa, ridotto ad un cumulo di macerie annerite e lamiere contorte.

Era sicuro che Master si fosse dato da fare immediatamente per organizzare qualcosa, però temeva anche le rappresaglie dei soldati e la vista dell'edificio carbonizzato prima, e del cumulo di rifiuti davanti alla “loro” via, avevano iniziato a far palpitare il cuore di quella sensazione velenosa e corroborante che è il panico, che si era placato solo davanti agli occhi ingrigiti di Master.

Il vecchio assunse un aria seria e spigò.

“Effettivamente è da molto che i soldati di Kramer hanno sentore di quello che stiamo facendo, e per scoraggiare ogni possibile tentativo di ribellione hanno pensato bene di appiccare un piccolo incendio alla mia attività. Ed invece guardate qui, ci hanno fornito un nascondiglio ideale. Grazie al cielo questa stanza ha retto e l'incendio si è spento prima di intaccare questo lato dell'edificio.”

Cid stava girando incuriosito per la stanza controllando ogni singolo strumento con sguardo attento e stranamente professionale.

“Credo di aver avuto una grande idea.” dichiarò concentrando su di lui gli sguardi di tutti “mi serve però un minimo di collaborazione, in cambio vi prometto che entro la fine del giorno Niblehim sarà liberata!”

Qualche minuto dopo l'intero gruppo era di nuovo in casa di Master attorno al grande tavolo di legno dal soggiorno aspettando con impazienza l'arrivo del vecchio.

Cid non si era sbottonato riguardi i dettagli della sua grande idea, aveva invece fatto una piccola richiesta a Master.

“Eccomi qua.” annunciò il falegname scendendo dal piano di sopra “C'è voluto un po' ma alla fine l'ho trovata.” e così dicendo distese sul tavolo una piantina ingiallita e rosicchiata che illustrava dettagliatamente l'intera città di Niblehim.

“Ora – cominciò Cid – Sapete dirmi esattamente quante guardie ci sono in tutta la città e dove si trovano.”

Lui aggrottò le sopracciglia riflettendo.

“Non con assoluta certezza” affermò “Per via del coprifuoco non sappiamo bene quante guardie c siano in città ma per quanto ne sappiamo sono qui, qui...qui...”

E così dicendo cominciò a segnare con un pennarello rosso alcune zone specifiche sulla mappa.

“Però i nostri dati sono vecchi e poco accurati, dopo la tentata fuga dei nostri ragazzi credo che la sorveglianza si sia intensificata. Mi dispiace di non poter essere più utile.”

Cid si grattò la nuca per un po' con aria riflessiva e disse

“Va be'. Vorrà dire che andremo a controllare di persona. Per il mio piano è assolutamente necessario conoscere quante guardie ci siano in città.”

Cloud era sempre più confuso e curioso, guardò per un attimo Vincent negli occhi per cercare di cogliere qualche indizio nella sua espressione ma gli occhi vermigli del moro gli riflessero i suoi stessi dubbi.

“Inoltre mi serve sapere se la vostra resistenza ha un qualche metodo per comunicare velocemente e segretamente tra i vari membri” continuò Cid.

“Abbiamo i nostri metodi certo..” gli rispose Master.

“Bene, proprio come speravo.”

Cloud a quel punto non si trattenne più.

“Ma insomma, cos'è questa storia? Vorresti spiegarci cos'hai in mente?” sbottò in tono pratico.

Un sorriso sornione increspò il volto di Cid e gli lanciò un' occhiata furbesca.

“Oh, è davvero semplice, credetemi. Ora aprite bene le orecchie, e stampatevi tutto a fuoco nelle vostre testacce! Il mio piano consiste....”


Quel giorno, dopo lo spettacolo dei prigionieri torturati pubblicamente in piazza e il ritorno dei due terribili generali non era successo niente di rilevante nella piatta vita di Soldier di Kramer e dopo una momentanea eccitazione residua, senza nessuno da pestare in mezzo alle strade, la noia e la monotonia erano precipitate pesantemente nell'atmosfera.

I soldati stavano placidamente fermi nelle loro postazioni, chiacchierando, sonnecchiando, e cercando qualsiasi modo per svagarsi attendendo intrepidi l'ora del cambio.

Nessuno di loro ebbe nemmeno il vago sentore di essere osservato dall'alto, dai tetti della città.

Nessuno si accorse che dalla casa del master quattro figure erano sgusciate dalla strada coperta e avevano perlustrato con calma l'intero villaggio.

Muoversi col sole era stato più difficile per il gruppo di Cloud piuttosto che sfruttare la foschia della prima mattina, ma grazie alla distrazione e alla svogliatezza serpeggiante tre gli occupatori di Niblehim non avevano avuto problemi di sorta.

Per tre volte il gruppo sgusciò dal suo nascondiglio, percorse la salita di detriti che lo nascondeva e si inerpicava sui tetti scoscesi delle casette della cittadina. Andarono e guardarono. Nulla sfuggiva ai loro occhi e alla loro memoria.

Prendevano le misure del paesino come uno stratega prende le misure del campo di battaglia.

Tre volte.

Le prime due furono nella tarda mattina e nel primo pomeriggio e furono le due più lunghe. Sotto il sole cocente di poco mitigato dalle nubi che si andavano pigramente a riunire fu steso un elenco dettagliato di tutti i sorveglianti della città e delle loro ubicazione senza che nessuno di loro lo sospettasse. Lasciarono che si crogiolassero nella loro placida noia....e anche questo faceva parte del piano.

Tra la seconda e la terza volta ci furono molte ore d'intervallo. Ore in cui Cid sembrò sparire dal mondo.

La parte che coinvolgeva gli altri membri del gruppo era conclusa, almeno per ora, e quello era il tempo adatto perchè toccasse a lui scendere in campo.

Dopo aver squadernato il suo sconfinato arsenale di attrezzi (“Ahahaha! Per fortuna che mi sono portato dietro i miei tesorini”aveva esclamato tirando fuori quel vasto assortimento dallo zaino) e dopo aver frugato qua e la nella casa si era sigillato ermeticamente nella cantina segreta di Master.

Non aveva fatto pause. Non era emerso neanche un istante nell'intervallo di tempo trascorso tra la seconda e la terza spedizione. Era sprofondato in quella che lui definiva la sua “fase creativa”, un periodo di tempo in cui smetteva di essere il vecchio burbero e acciaccato che era di solito, abbandonava il suo carattere consueto e si trasformava in una perfetta macchina di assemblaggio, concentrando ogni sua possibilità cognitiva nel suo progetto, qualunque esso sia.

Nel frattempo era scatta un'altra fase del piano. Ad un preciso ordine di Master, la macchina collaudata della resistenza di Niblehim scattò per fare la sua parte.

Un reticolo preciso e invisibile di piccoli gesti, movimenti studiati, frasi in codice tese all'unico scopo di passare informazioni segrete e in poche ore l'intera città era al corrente del piano.

Quando Cid era riemerso dalla “sua” buia cantina con un ordine imperioso si fece seguire dal gruppo per la loro terza spedizione all'esterno del rifugio.


Erano appunto appena tornati dalla loro uscita e Cid si accingeva ad atterrare con malagrazia ruzzolando per terra dopo l'ultimo, stoico tentativo di scavalcare per la terza volta consecutiva l'immenso cumulo di immondizie varie che proteggevano l'entrata segreta del rifugio.

Tirandosi su con la schiena dolorante fece cenno agli altri di precederlo ed entrare.

Non appena fu solo in quella specie di piccolo giardinetto interno che si creava tra il cumulo d' immondizie, il muro della casa, i detriti della bottega carbonizzata e la parete rocciosa che cominciava a salire verso le pendici del monte Niblehim, si sedette per terra con un sospiro e reclinò indietro la testa sbuffando e chiudendo gli occhi.

Era davvero distrutto. L'entusiasmo iniziale con cui aveva affrontato il piano era scemato poco a poco e dopo il colpo di grazia ricevuto da quel maledetto cumulo di schifezze aveva il morale sotto i tacchi, sopratutto all'idea che tra poco avrebbe dovuto ripercorrere la strada un' ultima volta.

Alzò lo sguardo e vide che la grande quantità di nubi che si erano andate riunendosi per tutto il pomeriggio aveva raggiunto il suo apice in un grosso ammasso, grigio e denso, che oscurava anche la luce delle stelle appena sorte.

Quello era senz'altro un colpo di fortuna, pensò, ma dava a tutto quel luogo un aria ancora più tetra.

Si accese in fretta una sigaretta e aspirò avidamente il fumo, lieto di concedersi ancora una volta il suo amato vizio. Guardò la sigaretta consumarsi lentamente ,stretta fra le sue labbra, e constatò che di tutto il pacchetto gliene era rimasta una solo.

Meglio conservala, realizzò, e si rimise in tasca il pacchetto stropicciato.

Sentì il fumo invadergli la bocca, bruciargliela con la sua consistenza corroborante, e fluire giù per i polmoni.

Anche se faceva male, riflettè, era davvero una medicina per i nervi.

D'un tratto la porta vicino a lui si aprì bruscamente e Cloud ne uscì con uno sguardo duro impresso sul volto.

“Abbiamo finito di dare tutte le istruzioni a Master. Ora dovremmo andare.” gli fece notare.

Era troppo bello per essere vero...cinque minuti in pace erano davvero un' utopia, pensò Cid.

Si rialzò scocciato e buttò il mozzicone a terra pestandolo con rabbia e si preparò ad affrontare il famigerato ostacolo per l'ultima volta.


La notte era cupa e senza stelle. Il paesaggio mesto era uniformato dal grigiore sospeso nell'aria e questo non contribuiva a rendere la giornata del soldato di guardia all'accampamento più interessante.

Lui odiava il turno di notte e odiava doverlo fare con il compagno a lui assegnato che se stava tutto il tempo a dormicchiare appoggiato al portone di ferro, con l'elmetto calcato sugli occhi.

Quando emise un brontolio soffocato nel sonno lui gli lanciò un'occhiata seccata.

Il portone che divideva la città dall'accampamento vero e proprio in cui vivevano i soldati era un'imponente cancello di ferro situato all'inizio del sentiero da che portava alla vetta del monte Nibel, con ai lati due alte torrette sghembe, su cui alla fine, nessuno restava mai di vedetta. Dalle due torrette si estendeva un muro robusto costruito dagli stessi soldati, e al di là di quello si ergeva un'alta struttura metallica che reggeva il serbatoio d'acqua principale di tutto l'accampamento.


Proprio mentre il soldato pensava che quella sarebbe stata l'ennesima serata piatta della sua carriera militare e si apprestava ad accompagnare le sue congetture con un sonoro sbadiglio che un colpo di pistola esplose nell'aria e gli inondò le orecchie.

Ebbe appena il tempo di scorgere il suo compagno di guardia che veniva scaraventato dal colpo addosso al cancello col petto squarciato e che si accasciava lentamente lasciando una grossa strisciata di sangue sulla sua superficie.

La prima sensazione che lo colse fu l'orrore, puro e semplice, poi venne la consapevolezza di essere sotto attacco, e poco dopo la paura che gli attanagliò il cuore e si trasformò in ceco terrore.

Quasi incapace di coordinare i movimenti del suo copro imbracciò il fucile scompostamente con mani tremanti e gli occhi sgranati dal panico guizzarono febbrilmente da una parte all'altra del paesaggio.

Non ebbe neppure il tempo di realizzare che c'era una figura umana avvolta nel lungo mantello sforacchiato che aveva avvistato su di un tetto spiovente quando si udì una seconda deflagrazione e il suo elmetto fu disarcionato dal suo cranio imbrattato di sangue.

Vincent abbassò la Cerberus ancora fumante e si guardò indietro scambiando uno sguardo con i suoi compagni nascosti nell'ombra.

“Credete che basterà ad attirare l'attenzione?”chiese.

“Credo di si – disse Cloud – ci sono parecchie guardie qui nei dintorni e gli spari erano ben udibili in questo maledetto silenzio.”

Come quasi a sottolineare l'ultima frase del biondo dall'angolino in fondo alla strada sbucò un gruppetto spaurito e circospetto di soldati.

“E con questi fanno sei – tenne il conto mentalmente Vincent – Forse è ora di far fare qualcosa anche a loro.”

Prese la mira verso quello che gli pareva più spavaldo e premette il grilletto un'unica volta con precisione.

La pallottola squarciò il braccio con cui il soldato reggeva il mitragliatore emettendo un fiotto copioso di sangue che investì il suo vicino, mentre lui rantolava per terra e l'emorragia si estendeva.

L'altro soldato lo fissava contorcersi e urlare con gli occhi sgranati e le mani tremanti, inzuppato del suo sangue. Con orrore sempre crescente vide i suoi altri due commilitoni voltargli le spalle gridando a squarciagola e cadere sanguinanti poco dopo.

Impietrito dall'orrore cercò di muovere le mani impiastricciate di sangue verso il fucile, ma la sua presa fu poco salda e maldestra. Si accorse solo allora, vedendo la punta dell'arma muoversi spasmodicamente in tutte le direzioni, di quanto tremavano le sue mani.

Poi notò i due soldati morti vicino al cancello. Sentì che il suo terrore sfociava in umida sensazione attorno all'inguine.

Vincent lo prese di mira accuratamente e lo abbattè con sicurezza. Il colpo non fu mortale, ma fece esplodere l'arma tremolante che teneva in mano, e la paura fece il resto.

In quel poco tempo i quattro soldati avevano urlato e sparato nel vuoto nel vano tentativo di colpire il loro aggressore invisibile, ottenendo solo di sprecare munizioni sui cocci dei tetti.

Avevano fatto abbastanza confusione, pensò Vincent.

“Adesso tocca a te” disse rivolto a Cloud.

Impugnata solidamente l'arma il biondo scese con un agile balzo dal tetto atterrando davanti ai battenti serrati dal portone dell'accampamento.

“E' tempo di pagare il risarcimento” mormorò.

Sollevò il gigantesco spadone ,caricandosene il peso sulla spalla protetta, e concentrandosi in uno sforzo abituale accumulò nella lama quanta più energia riusciva.

L'aria attorno alla lama cominciò a sfrigolare e il metallo a tremare emanando un suono stridulo.

Calò il colpo con una velocità sorprendente, esattamente al centro del portone.

Il pesante catenaccio che lo bloccava dall'interno saltò via, spazzato come fosse burro, in un groviglio di calcinacci incandescenti. Le due ante di metallo resistenti furono spinte verso l'interno che furono sradicate dai cardini, investendo gli incauti soldati che erano usciti dalla caserma allertati dagli spari.

Per quelli che furono risparmiati dalla deflagrazione del portone la sorte fu ben peggiore.

Cloud aveva fatto saltare il tappo che aveva chiuso la sua ira dentro di lui per tutta quella giornata e adesso non era decisamente li per fare prigionieri.

I primi due che furono investiti dalla spada incandescente ebbero l'impressione di essere schiacciati da un treno in corsa. Sentirono le ossa comprimersi e sbriciolarsi, i muscoli stirarsi e rompersi, gli organi interni gemere e scomporsi in una poltiglia sanguinolenta.

I corpi furono scaraventati contro i loro compagni in seconda linea che tentavano distrattamente di contrattaccare.

Cloud notò il loro movimento confuso e li puntò come un predatore punta una preda. Lo sguardo era formo, deciso, convinto. Nessun rimorso, nessuna pietà.

I più sprovveduti tentarono di colpirlo con il fucile, ma data la troppa vicinanza non fecero in tempo a puntare con la dovuta cura che la loro armi furono troncate di netto, prima di essere a loro volta travolti dalla carica brutale di Cloud.

I più accorti invece estrassero le spade senza filo che avevano in dotazione, con l'intenzione di fermare il fendente che gli veniva in contro. Purtroppo la scarsa qualità delle loro armi rovinò l'azione teoricamente corretta.

Le lame si spezzarono, anzi, quasi esplosero, e le schegge si conficcarono nei loro occhi e nel petto.


Vincent aveva osservato con calma e lucidità l'evolversi della situazione e quando notò che ormai tutti i soldati di guardia alla città erano confluiti nell'accampamento preso di assedio e si radunavano attorno a Cloud, e a Cid e Nanaki scesi a dar man forte nel campo di battaglia.

Anche lui compì un agile balzo e raggiunse il resto del gruppo.

Caricò l'arma con dei proiettili particolari e sparò un colpo verso l'alto che esplose in una luce rossa che rimase tremolante nel cielo nero per un interminabile secondo.

Era il segnale.

Cid estrasse dal marsupio un piccolo telecomando artigianale e premette con forza l'unico pulsante presente.

L'esplosione non fu gigantesca, ma fu la più grande che Niblehim avesse mai ricordato nella sua storia.


Cid era ,per alcuni versi, un uomo geniale e fuori dagli schemi. Aveva un talento naturale per ogni cosa rientrasse nell'ambito della tecnica. Non solo le areonavi, ma tutto ciò che aveva meccanismi e ingranaggi lui lo capiva alla perfezioni, faceva parte di un linguaggio ce lui per natura riusciva a comprendere e a fare proprio.

Ecco come aveva fatto ,in un tempo decisamente record, a costruire tre bombe artigianali con qualche informazione teorica e la ridotta artiglieria disponibile a Niblehim, e qualche pezzo rubato dalla radio segreta.

Fu così che le due torrette che stavano attorno al cancello scardinato e la torre dell'acquedotto crollarono su se stesse formando una sorta di sbarramento che impediva ai soldati entrati di uscire dall'accampamento.

Quando il polverone si diradò e tutti poterono vedere che erano intrappolati come topi il panico li prese, e non venne in mente a nessuno che ora la città era completamente sguarnita di carcerieri e che dopo aver sentito l'esplosione, tutta la popolazione di Niblehim si riversò in piazza e sotto la guida del Master.

Era questo il risultato del piano di liberazione di Niblehim di Cid.


Nota dell'autore.

Che dire, sono veramente e profondamente commosso. Dico sul serio. Avere delle lettrici che comprendono così bene le mie trame e i miei personaggi mi rende felicissimo. E le vostre recensioni davvero mi riempiono di gioia.

Spero che continuiate a seguire questa mia modesta fic anche se questo capitolo è arrivato con un ritardo catastrofico. Vi prego di perdonarmi, ma non sono rimasto inattivo.

Ho iniziato una long fic si Kingdom Hearts e ho scritto una one shot du Auron, quindi se volete rifarvi per tutto il ritardo accumulato, pergo leggete pure heheh (pubblicità :P)

Non so quando aggiornerò ma prima o poi la finirò sta storia, e vorrei avervi vicino fino alla fine.

Grazie a voi Vinnie e Heli, tutta questa fic dal primo all'ultimo capitolo la dedico a voi, il vostro supporto mi è molto importante.

  
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