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Autore: EleEmerald    15/10/2014    3 recensioni
Cosa faresti se incontrassi una persona come te, identica in tutto e per tutto? Riusciresti a fidarti dei tuoi genitori che affermano tu sia loro figlia? La protagonista della nostra storia dovrà fare i conti con un'inevitabile verità. Tra amori, bugie, pianti e paure, la ragazza scoprirà chi è veramente.
"La ragazza tende la mano per aiutare ad alzarmi. Alzo la testa e spalanco la bocca. La ragazza davanti a me ha i capelli castani come i miei, più corti però, le arrivano alle spalle. Ha il mio stesso viso e ha gli occhi di un azzurro chiarissimo. Siamo due gocce d'acqua. Identiche."
Genere: Malinconico, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Entro in classe e traggo un respiro, pronta alla giornata più brutta della mia vita. La campanella suonerà tra molto ma, per la prima volta in vita mia, non ne sono affatto contenta. Cammino con la testa bassa dirigendomi al mio banco. 
Marco è già seduto al suo posto, così come Andrea, sento lo sguardo del primo puntato addosso ma non voglio alzare la testa. Lotto contro me stessa ma alla fine alzo lo sguardo. Marco ha gli occhi gelidi, che mi fanno rabbrividire, abbasso la testa ma continuo a guardarlo, probabilmente lui non si è accorto perché sospira e tira un pugno sul banco. Lo conosco troppo bene, quel pugno significa che ha odiato lanciarmi quello sguardo. Mi sento sollevata. 
Mi siedo al banco e volto la testa verso Andrea che ha un enorme livido su un pugno.
- Che hai fatto?! - dico preoccupata.
- Sono stato un idiota. Non avrei dovuto piangere come un bambino, me lo merito. E ora lasciami in pace Christal - dice prima di voltarsi verso il banco vuoto Sara.
Chino la testa poi Sara viene da me. 
- Quando ti deciderai a fare pace con Marco? - dice impettita.
Ci penso su. - Mai?  
- E quando invece la smetterai di essere orgogliosa? 
- Io, orgogliosa? Sara non sai il motivo per cui abbiamo litigato lasciami in pace, ti prego.
- D'accordo! - si volta - Marco! Quando chiederai scusa? Non potete buttare via 11 anni così! 
- Nessuno deve chiedere scusa, non è una cosa che ho deciso, ma lei poteva essere molto...meno vicina, molto meno vicina ai ragazzi diciamo - Marco mi lancia uno sguardo.
- Ti ho detto che non è come pensi! 
- E cosa penso? Come fai a sapere cosa penso? - ha di nuovo quello sguardo freddo. 
- Ragazzi non ci capisco più nulla - dice Sara. E poi sembra capire - Le stai dando della...Marco! Sei un idiota! Lei non ha ancora baciato nessuno, lo sai bene! A differenza tua.
Arrossisco violentemente. 
- Non credo sia così - dice Marco.
- E se fosse? Cosa te ne importa? 
- Gliene importa - lo fisso.
- Su dai, é tua amica non la tua ragazza. E tu quante ragazze hai baciato? Dieci? Venti? - Sara non sembra accorgersi del mio sguardo.
Marco bisbiglia qualcosa. Che cosa? Quante ragazze ha baciato? Sono gelosa, e parecchio. 
- Non mi importa quante ne ha baciate. Così a lui non deve importare di me - dico, ma non è vero, mi importa.
- Hai baciato qualcuno? - Sara resta a bocca aperta - Perché non me lo hai detto? Avete litigato per questo?
- Forse - diciamo all'unisono. 
- Ah! Io me ne vado - proprio mentre la mia amica si siede sento la campanella suonare.

Eccoci. Ci siamo. 
Sono davanti alla casa del dottore. la casa dove scoprirò chi sono, chi siamo io e Elettra. Un brivido mi percorre la schiena, poi, con un sospiro suono. Elettra è dietro di me, questa volta non ha voluto suonare il citofono, forse per farmi accorgere delle sue mani tremanti. Nessuno risponde e sono costretta a suonare due volte. Silenzio, poi una voce roca.
- Chi è?! - urla.
- Christian Meroni? - chiedo.
- Sono io Christian Meroni. Mi prende in giro? - anche se so che è impossibile mi sembra di sentire la puzza d'alcol fin da lì. 
- Ubriaco - mi rivolgo a Elettra.
- No - sembra che il signor Meroni mi abbia sentita - mi sono solo svegliato poco fa. 
- Abbiamo bisogno di parlare con lei! - dice Ele.
- Che volete da me? 
- Sappiamo che ha lavorato all'ospedale della città, è lei che si è occupato della nostra "nascita" - Elettra disegna delle virgolette nell'aria anche se sa benissimo che lui non la può vedere.
- Siete uguali, voi due? - dice con una punta di speranza.
- Si - diciamo all'unisono.
- Ce ne avete messo di tempo! - ci scatta la porta - Salite, forza! 
Guardo la ragazza identica a me: ha la bocca aperta. 
- Cos'è, uno scherzo? 
- Io dico di salire - metto un piede nell'edificio.
Mi guardo intorno, cercando l'ascensore di cui ci ha parlato la signora Pizzo, poi, una volta trovato, faccio cenno a Elettra di entrarci, mentre lo faccio io, sapendo che uscirò uguale a come sono entrata. L'ascensore si ferma sul pianerottolo e io sbircio dalla finestrella, davanti alla porta e riesco finalmente a scorgere quel famoso dottore. Ha i capelli brizzolati e non è troppo alto. Indossa una camicia hawaiana rossa e dei jeans consunti, so che se mi avvicinassi potrei forse sentire l'odore dell'alcol, dalla faccia penso non sia troppo ubriaco anche se prima lo sembrava. Esco dall'ascensore per prima.
- Cavolo - strabuzza gli occhi appena mi vede - siete, siete identiche. Federica - cerca di venirmi in contro ma appena scende anche Elettra si blocca a guardare anche lei e scoppia a piangere - Siete uguali a lei.
- Signore... 
- No, Ele! Sei stato tu? - dico. La paura sembrava essersene andata dal mio corpo. Non ho paura, ansia, pena per lui. Voglio sapere la verità. 
- A fare cosa? - si riprende e entra in casa mentre parla.
- A FARE QUESTO! - ci indico.
- Si - dice con leggerezza.
Sento Elettra irrigidirsi di fianco a me, ma io no, saremo uguali nel DNA, nell'aspetto fisico, nei geni. Ma non abbiamo lo stesso carattere, non ho ancora capito perché, ma ci sono vicina.
- E LO DICI COSÌ? COME SE FOSSE UNA SCIOCCHEZZA? - sto urlando. 
- Sedetevi. Penso che ormai abbiate capito. Come dicevo prima, ci avete messo tempo a trovarmi e a trovarvi - marca molto sul "vi".
- Io voglio solo sapere chi sono - la mia "gemella" inizia a tremare.
- Oh, giusto! Volete saltare al punto? Bene. Voi siete due cloni - sulla sua bocca inizia ad aprirsi un sorriso inquietante, decido di non assecondarlo, di non ribattere - Otto anni dopo della morte della mia Federica ho iniziato a capire che non potevo buttare via la mia vita. Volevo che lei vivesse, era tardi, ma un modo c'era. Io avevo il suo DNA. Aveva fatto molti esami e io sapevo riprodurlo in laboratorio. Ci ho messo due anni ma ce l'ho fatta. Purtroppo la scienza non è ancora in grado di creare essere adulti, non è ancora in grado di crearli in effetti ma a me bastava riprodurre Federica, grande o neonata che fosse. L'avrei cresciuta e l'avrei trattata come una figlia mia ma nessuna donna era disposta a far nascere la mia Federica. Io ero specializzato in queste cose, fecondazioni artificiali, e così capii che non mi importava averla per me, volevo solo che vivesse. Quale di voi ha diciotto anni? 
Elettra sussurra qualcosa che deve somigliare ad un io.
- I tuoi genitori vennero a fare la fecondazione il giorno sbagliato, scelsi loro. Loro due avrebbero cresciuto la mia Federica. Ti ho tenuto d'occhio per quei due anni, facevo in modo che il tuo pediatra mi dicesse come crescevi e poi... - si volta verso di me - Non eri programmata, lo sai? - fa un altro ghigno, quello, oltre al racconto, mi conferma ancora di più che sia è pazzo - Due anni dopo la sua nascita ho iniziato a desiderare di poterla avere io ma non potevo. Ho cercato di nuovo e poi ho pensato di farti partorire da una donna e rubarti appena messa nella nurse. L'ho fatto, tua madre era così felice e amava i tuoi occhi, come anche io li amavo, appena ti ho avuta davanti lì dentro ho deciso di lasciarti a loro. Federica era sulla terra di nuovo e io ero, dopo anni, finalmente felice, quello che mi iportava era quello. 
Terminato il racconto riacquisto la forza di parlare: - Tu non eri e non sei felice. Cosa credi? Che Elettra abbia davvero dato di nuovo la vita a tua moglie? Ti sei solo rovinato. Una cosa. Una cosa mi ha fatto capire tutta questa storia, ed è che, per quanto tu possa essere uguale ad una persona, non sarai mai come lei. Io e Elettra siamo identiche, siamo uguali a Federica, ma non siamo lei. Elettra non è me e io non sono lei, io sono impulsiva e testarda, ti sto gridando contro e spesso sono anche molto maleducata, quando mi arrabbio lo faccio davvero, sedici anni con i miei genitori e conosco le loro abitudini peggio di quelle di una persona che vedo per la prima volta. Per quel poco che ho conosciuto Elettra ho capito che lei è spesso l'opposto di me, sarebbe capace di dare del lei a una persona anche quando le grida contro anche se non penso lo faccia mai, è sempre così equilibrata e conosce benissimo i suoi genitori. Dimmi: ti sembriamo la stessa persona? Avremo lo stesso DNA per colpa sua, lo stesso viso, gli stessi occhi ma tutto questo non influenza l'anima di una persona. Quello che siamo DAVVERO dipende da noi e dalle persone che, volendoci bene, ci stanno intorno, un po' cambiando le nostre abutudini, un po' facendoci capire chi siamo. - Ecco ora ho capito.
Questo discorso lo lascia distucco. Mi fissa come se gli avessi fatto scoprire il mondo.
- Forse avrebbe dovuto pensarci prima. Andiamo Elettra - la prendo per un braccio e la porto via per sempre di lì. 

Sono in macchina con Elettra, quel discorso, che ha fatto capire tanto a quell'uomo mi è uscito così, la mia bocca ha preso a parlare dicendo cose in cui credo davvero. Quando siamo uscite da quella casa è iniziato a piovere, mi sono sentita come se quelle gocce stessero lavando via tutta la mia confusione. E ora, guardando fuori dal finestrino mi accorgo delle stupidaggini che tutta questa storia mi hanno fatto fare. Una in particolare. Ho ferito la persona più importante per me perché non mi sono fermata a pensare. Credevo che ora che avevo scoperto Elettra il mondo dovesse girare intorno a lei, le voglio bene ormai ma ho perso una persona a cui ne voglio di più. Non ho avuto il tempo di capire cosa quel bacio significa per me. Sento una stretta al cuore. Ho sempre voluto un ragazzo che ci sarebbe sempre stato per me, che mi amasse, che condivideva i miei stessi interessi e ce lo avevo davanti, ma non lo vedevo.  
- Ferma la macchina.
- Cosa? Christal piove, non hai l'ombrello, ti porto a casa.
- Devo fare una cosa. Sono stata una stupida, devo rimediare. Voglio essere felice. Ho fatto un casino e ora ho capito. Ferma la macchina.
Elettra mi guarda allibita e fa come le dico e io scendo dalla macchina.
- Ci vedremo ancora? 
Mi volto sorridendo: - Il fatto che ora sappiamo chi siamo non cambierà il fatto che mi sono affezionata a te. 
- Allora corri, corri da Marco.
- Come - cerco di formulare una domanda ma mi blocca.
- Conosco le abitudini dei miei genitori per un motivo: osservo le persone - sorride.
Prendo un respiro e corro sotto la pioggia. 

Suono il suo citofono. Tzz tzz.
- Chi è? - risponde la sua voce.
- Adesso mi ascolti. Hai sempre avuto ragione sono una stupida. 
- Ri?  - chiede. Poi sento chiudere il citofono e esce dalla porta per ascoltare quello che ho da dire.
- Ho fatto il più stupido errore della mia vita. Ti ho allontanato, ti ho detto che non avresti dovuto baciarmi a tradimento. Ti ho detto che eri un idiota perché non riuscivi a comportarti come sempre, perché dovevi stare con me, ti dicevo quelle cose perché sono una stupida egoista. Non volevo stare sola e invece mi sono ritrovata proprio così per tutti gli sbagli che ho fatto - lo guardo, lui mi osserva da lontano perché io sono ancora fuori dal cancello.
- Mi manchi, e mi accorgo solo ora che quello che sento per te non è amicizia! Mi manchi come l'aria. Mi sono innamorata di te. 
- È tardi - ma è sorpeso a sentire quelle parole.
- Lo so. Ma io sono quella che arriva sempre per ultima giusto? Capisco sempre le cose che hanno a che fare con i sentimenti per ultime. Io sono brava nella logica e il cuore non si usa esattamente come il cervello, no?
- Scusa, ma è tardi - si volta e chiude la porta dietro di sé, lasciandomi da sola sotto la pioggia. 
Suono il citofono di nuovo e urlo il suo nome, non ho intenzione di darmi per vinta. Lui non si fa vivo così scavalco il cancello e corro attraverso il giardino fino ad arrivare davanti alla finestra di camera sua, dove sono sicura si sia rintanato a pensare. 
- Marco!! - lo chiamo, e inizio a tirare dei piccoli sassi sul vetro. 
Arrivata al quinto apre la finestra.
- Che cosa fai?! 
- Ti obbligo ad ascoltarmi!
- Ti ho già ascoltata! 
- Fammi entrare - lo supplico.
Mi osserva, ho i vestiti fradici di pioggia e probabilmente domani avrò il raffreddore. Chiude la finestra. Possibile che sia così odioso? Ma dopo poco apre la porta di casa.
- Vieni - mi chiama.
Corro da lui e gli salterei in braccio se lui non mi guardasse arrabbiato.
- Ti do dei vestiti asciutti e ti cambi, poi torni a casa con l'ombrello. Me lo ridai a scuola. 
Senza dire una parola mi avvio in camera sua. 
- Vado a prenderti una maglietta da Beatrice, che è di là con Alessio. Sì - risponde ancora prima che io gli faccia la domanda - è tornata a casa anche questo weekend, lui non poteva andare da lei. Inizia a togliere i vestiti bagnati - detto questo se ne va.
Sbuffo e faccio come mi ha detto. Sfilo la felpa e mi tolgo la maglietta, brividi di freddo mi avvolgono poco prima che lui torni dalla camera a fianco.
- Metti queste - dice mettendo un piede in camera e poi si blocca.
- Che c'è? - chiedo.
Il suo sguardo indugia su di me ma io inizialmente non capisco. 
- Già - dice - Mi dimentico che non ti vergogni mai di me. 
- In che senso? - poi guardo il mio corpo. In effetti non è stata una grande idea togliermi la maglietta e restare in reggiseno nella camera di un ragazzo - Oddio! Giuro che non l'ho fatto apposta. Tu mi hai detto di iniziare a togliere le cose bagnate e io l'ho fatto! L'ultima volta che mi hai detto una cosa del genere avevo 11 anni e l'ho fatto, mi è venuto naturale. Chissà cosa pensi - dico velocemente quasi senza respirare, poi gli dico di passarmi la maglietta.
La mano che tiene la maglietta si protende verso la mia ma appena faccio per prenderla lui la lascia cadere, e invece di essere io ad afferrare la maglietta è lui ad afferrare la mia mano. Mi attira a se e in un attimo sono avvolta dal suo abbraccio. 
- Mi sei mancata così tanto - dice nell'abbraccio.
- Mi sei mancato anche tu - resto a farmi scaldare dall'abbraccio in silenzio per un po' poi gli dico di nuovo cosa provo - Mi sono innamorata di te.
- Anche io. Sono felice che tu non abbia detto "Ti amo". 
- Perché? Tu me lo avevi detto.
- Infatti io ti amo. Se me lo avresti detto sarei corso sotto la pioggia da te senza neanche essere sicuro che tu mi amassi sul serio.
- Ti amo.
- Ti odio quando fai così! Possibile che tu mi debba sempre far arrabbiare e stare male? 
- Scusa - stringo l'abbraccio.
Fa un sorriso poi inizia a camminare, vengo obbligata dall'abbraccio a fare gli stessi passi e poi mi accorgo di avere dietro qualcosa, lui continua a camminare e io cado su quello che c'è dietro di me. Fortunatamente è un atterraggio morbido perché mi ritrovo sul suo letto. 
E lui senza dire niente mi bacia. È il bacio più bello della mia vita, non che ne abbia dati molti ma sono sicura che resterà il migliore. Mi lascio trasportare da quella dolcezza e inizio a far scorrere le mani nei suoi capelli. Niente mi farebbe smettere se non il bisogno di respirare.
Sento dei passi in corridoio e la porta che si apre. Le nostre labbra si allontanano ma non riusciamo ad alzarci dal letto in tempo.
- Pensavo avessi bisogno di una felpa - Beatrice entra nella stanza e appena vede la scena di me, in reggiseno e Marco, sopra di me lascia cadere la felpa - suppondo di no - dice, e esce.
Restiamo in silenzio a guardarci e dal corridoio sentiamo Beatrice parlare con Alessio di quello che ha visto.
- Non aveva bisogno della felpa - sento dire lei.
- Perché?
- O mio fratello sta tentando di baciarsela a forza, o altro a giudicare che lei era in reggiseno, o penso che si siano messi insieme. 
- Secondo me è la prima - dice Alessio. 
Scoppio a ridere e Marco mi lancia un'occhiata, si alza a mi tira la maglietta. 
- Mettitela prima che pensino male.
- Troppo tardi - rido.
Poi si dirige alla porta e si mette a urlare a sua sorella - Per la cronaca, Christal è la mia ragazza! - chiude la porta e torna da me che nel frattempo ho messo la maglietta. 
- La tua ragazza? - chiedo. 
- Meglio che non ti dico qual era l'altra proposta.
Rido: - Sono felice.
- Felice? 
Annuisco. Sono felice come non lo sono mai stata prima e ora ridendo so davvero chi sono. Non sono la ragazza identica a Elettra, non sono la copia di qualcuno e non lo sarò mai. Sono Christal, ho 16 anni.
 

                           



Angolino dell'autrice: Eccomi. Questa volta non sono in ritardo. *Scoppia a piangere* La storia è finita. Volevo fare un epilogo ma amo questa fine. Questo è in assoluto il mio capitolo preferito per quello che dice Christal a Christian Meroni e perché finalmente si mette con Marco, tenevo tanto a questa cosa perché come ho detto nei vari capitoli quando un ragazzo si innamora della migliore amica nei libri resta sempre ferito. Mi era venuta l'idea della clonazione quando la studiavo a scuola :"D. Mi raccomando recensite e ditemi cose ne pensate del capitolo e della storia in generale, spero che la fine non sembri precipitosa. Grazie di aver letto e seguito la storia. *HO AGGIUNTO UN CAPITOLO QUINDI NON E' PIU' QUESTO L'ULTIMO, Scusate!*
  
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