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Autore: Lady Vibeke    14/10/2008    17 recensioni
Michelle è perfetta, la ragazza ideale: intelligente, simpatica, dolce, premurosa, gentile, altruista, di buona e ricca famiglia, modesta, bella… Peccato solo che sia completamente sbagliata per Gustav. Ma come diavolo si fa a dire ad uno dei propri migliori amici che sta per commettere il più clamoroso e colossale errore della propria vita, ad un passo dal compimento dell’errore stesso?
Georg, Tom e Bill darebbero qualsiasi cosa per conoscere la risposta a questa domanda e poter così sventare il più grande disastro della storia dei Tokio Hotel.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[ BILL ]

 

Io ed Elvis dobbiamo fare un bel discorsetto circa le attività da svolgersi in determinati orari notturni, come ad esempio dormire.

Ora, io non so esattamente come funzioni la vita del criceto medio, ma nessuno mi aveva avvertito che una bestiolina tanto minuscola potesse essere in grado di fare un tale baccano da sola. Voglio dire, gli ho comprato una gabbia enorme e piena di comfort, il sogno di ogni roditore domestico, praticamente una villa formato criceto, ma lui anziché godersi uno dei tanti angolini morbidi ed accoglienti e farsi un bel pisolino, che fa? Corre. Corre per ore e ore, tutta la notte, causando un fracasso allucinante.

Mi rigiro nel letto abbracciato ad Iwen (la nostra intimità è molto cresciuta, di recente), le sue orecchione soffici premute contro le mie per non sentire quel piccolo delinquente che sfreccia all’impazzata sulla sua bella ruota.

Sono un uomo disperato.

Basta, ho deciso: domani va in affidamento allo zio Tomi, che tanto ha il sonno pesante e non lo sveglia nemmeno la fine del mondo.

Non sono un genitore snaturato, gli voglio tutto il bene che si può volere a dieci grammi di pelliccetta setosa, ma, come si dice, a mali estremi, estremi rimedi.

Questa notte, come se non bastasse, ho avuto un incubo di quelli che ti fanno svegliare di soprassalto, ansante e tremante, con il cuore che batte a mille miglia orarie e la fronte imperlata di sudore, e tornano a tormentarti per il resto della vita. È stato davvero, davvero orribile.

Ho sognato che era il giorno del matrimonio, ma Gustav non si presentava alla cerimonia (il che, nella realtà, sarebbe una buona idea, a ben pensarci), così Michelle si incazzava come una iena e pretendeva di sposare uno di noi tre testimoni. E Tom e Georg hanno mandato me!

Oh, dio, ma perché ci sto ripensando? Mi serve della camomilla.

No, un bel bicchiere di whisky.

Afferro alla cieca un orecchio di Iwen e me lo porto via verso la porta, lasciando Elvis a scorazzare libero e felice su quella sua ruota infernale. È solo quando mi richiudo la porta alle spalle che sento dei rumori sospetti provenire dalla cucina.

Le luci sono spente, ma se porgo l’orecchio, riesco a sentire distintamente delle voci sommesse che bisbigliano.

Cazzo, i ladri!

E adesso cosa faccio?

Se vado a svegliare Georg o Tom (preferibilmente Georg, che è un po’ più utile di Tom, in caso di necessità di difesa), rischio l’uccisione istantanea, ma se non faccio niente… Ci ripuliscono l’appartamento!

Che cosa può fare un piccolo, indifeso Bill Kaulitz contro dei feroci assassini?

Facendo piano, striscio furtivo verso la cucina, nascondendomi dietro ad Iwen, per sicurezza. Le voci si fanno più nitide man mano che mi avvicino.

Oh, dio, ma dove sono le fan inferocite da aizzare contro i malintenzionati, quando se ne ha bisogno?

Mi fermo appena dietro alla porta chiusa, senza osare toccare la maniglia. Tutte le porte di questa casa cigolano come se avessero sei o sette secoli d’età, solo la mia si salva, e questo perché ho avuto il buonsenso di ungere i cardini (adesso puzzano un po’ di oliva, ma quasi non si nota più).

Mentre sono ancora immerso nei miei pensieri, con orrore vedo la maniglia che si abbassa, lentamente, come se stessi guardando un film in slow motion.

Il cuore mi balza in gola e le ginocchia sembrano voler cedere da un momento all’altro.

All’improvviso la porta si spalanca con un colpo deciso e io mi sento urlare a squarciagola, mentre due figure alte e scure mi appaiono di fronte. Vorrei scappare, ma le mie gambe non ne vogliono sapere di muoversi. Mi stringo convulsamente Iwen al petto, accasciandomi al suolo, strizzando gli occhi dalla paura. Mi chiederanno dov’è la cassaforte. Vorranno i nostri soldi, i nostri premi… I miei vestiti! Mi picchieranno, mi molesteranno, forse mi violenteranno! E poi mi minacceranno di uccidere mio fratello e il mio amico al mio cospetto, se non darò loro quello che vogliono!

Oh, no, no, sono troppo giovane, bello e pieno di talento per morire così! Ho ancora tante canzoni da scrivere, tante persone da stupire, tutta una vita davanti, brillante e piena di prospettive e…

“Bill, ma che cazzo urli?”

Tom?

Tremante, apro lentamente un occhio, sbirciando attraverso la semioscurità. Non vedo che le stesse ombre di prima, ma mi sembra di riconoscere una massa di rasta e due spalle muscolose.

“Credo di aver perso l’udito da un orecchio.” Bofonchia la voce roca di Georg.

Un momento…

Apro anche l’altro occhio, proprio mentre la luce del corridoio viene accesa. Dopo un attimo di cecità, la mia vista mette a fuoco le facce sonnolente ed alterate di Tom e Georg, che mi guardano dall’alto come se fossi una strana creatura con otto braccia e qualche bizzarra escrescenza sulla fronte.

“Bill,” Georg si accovaccia di fronte a me e mi scruta preoccupato. “Ti senti bene?”

Sono domande da farsi ad uno che ha appena avuto dieci attacchi di cuore consecutivi?

Cerco di darmi una calmata almeno superficiale e mi rimetto insieme, alzandomi in piedi con un piccolo aiuto da parte di Tom.

“Benissimo,” dichiaro, disinvolto. “Però, insomma… Non è proprio piacevole vedervi a quest’ora di notte.”

Tom inarca un sopracciglio e incrocia le braccia.

“Non è che tu abbia l’aspetto di un bocciolo di rosa, comunque…”

Indignato, lo allontano a colpi di Iwen, le mie pulsazioni che pian piano ritornano a livelli umani. Se solo le mie ginocchia la piantassero di tremare così…

Che infarto, cazzo!

“Cosa diavolo ci fai in piedi a quest’ora?” mi chiede Georg, che ancora non sembra convinto che io sia pienamente o parzialmente in possesso delle mie facoltà mentali.

Mi ficco Iwen sotto ad un braccio, accendo a livello minimo la luce della cucina ed entro, andando a lasciarmi cadere su una sedia. Camomilla. Ora me ne servirà almeno una doppia.

“Non potete immaginare che razza di incubo ho fatto!” esclamo, portandomi una mano alla fronte. “Traumatico, vi giuro! Non potete proprio immaginare!”

Georg e Tom mi hanno seguito e mi scrutano appoggiati al bancone di fronte a me.

“Hai sognato che Gustav dava forfait al matrimonio e tu eri costretto a sposare Michelle?”

Sgrano gli occhi, incredulo. Questa è telepatia!

“Anche voi avete sognato di essere costretti a sposare Michelle?!”

“No,” dice Tom con un sogghigno. “Anche noi abbiamo sognato che tu eri costretto a sposare Michelle.”

Sono senza parole. È un complotto! Un complotto alle mie spalle! Chi mi assicura che il loro piano non sia stato esattamente questo fin dall’inizio? Che non siano d’accordo con Gustav per sbarazzarsi di me, affibbiandomi a quella megera ossigenata?

“Ho bisogno di una camomilla,” sospiro affranto. “Una abbondante e forte, ben zuccherata.”

Attendo che uno dei due si metta al lavoro, ma non si muove un sola molecola.

“Beh?” Li guardo colmo di indignazione ed impazienza. “Non vedete che sono provato? Mi servono coccole!”

“E noi dovremmo fornirti queste coccole?” fa Georg, con un tono indisponente che proprio non mi piace.

Ma insomma, sono il più piccolo, che fine ha fatto il loro senso del dovere?

Ehm… Affetto. Volevo dire affetto. Che fine ha fatto il loro affetto?

“Sono sotto shock!” piagnucolo, affondando il viso nella pancia pelosa di Iwen. “E voi siete degli egoisti schifosi e meschini che ridono alle mie spalle e non si curano minimamente del mio stato e che…”

“Va bene, va bene,” sbuffa Tom, interrompendomi in modo piuttosto maleducato. “Ti faccio questa cazzo di camomilla.”

Ecco, ora si ragiona.

“Mentre Tom ti accudisce,” esordisce Georg. “Ti spiacerebbe spiegarmi cosa ci facevi appollaiato dietro alla porta della cucina?”

“Ehm…”

Non ho la benché minima intenzione di metterli al corrente della cosa dei ladri. Ci manca solo che trovino un nuovo spunto per stressarmi con i loro simpatici commentini ironici.

“Mi è venuta un’idea.” Rispondo, sorridendo misteriosamente, o così spero. Passato lo spavento, mi è tornato un sonno micidiale e non so bene se i muscoli del mio viso stiano obbedendo a dovere al cervello.

“Che tipo di idea?” indaga Tom, versando l’acqua bollente in una tazza.

Mmh, bella domanda.

“Dobbiamo portare Gustav in un night club.” Improvviso.

Night club? Gustav in un night club? Ma cosa diamine mi è saltato in mente?!

C’è una pausa di silenzio.

“Puoi ripetere, scusa?”

“Ma sì!” insisto. Ormai la frittata è fatta. “Lo portiamo in un night club, gli facciamo vedere… Ehm… Cosa si sta per precludere andandosi ad accasare con la strega, lui rinsavisce e… Puf, addio matrimonio!”

Di cosa diavolo sto parlando? E da quando uso termini come ‘precludere’? Ma soprattutto, conosco termini come ‘precludere’?

Attimo di silenzio. So già che diranno che è un’idea cretina, perché in effetti lo è (ma non ci si poteva aspettare diversamente, visto che l’ho montata in due secondi netti, no?).

“Gustav in un night club.” Ripete Georg, poco convinto.

“Sì.”

“Il nostro Gustav in un night club.” Ripete di nuovo.

“Sì!” Ma lo capiscono il tedesco?

“Non funzionerà mai.” Osserva Tom, sbattendomi la tazza sotto al naso. Un po’ di camomilla trabocca e bagna il tavolo, ma lui se ne frega.

“Ma l’addio al celibato glielo dobbiamo fare comunque!” protesto.

Non che queste feste volgari facciano per me (e nemmeno per Gustav, veramente), ma devo pur difendere la mia idea.

L’espressione di Georg si fa pensosa.

“Anche questo è vero…” ammette, e un’ombra di preoccupazione gli attraversa il viso stanco.

È il più preoccupato, tra noi. Sarà che lui e Gustav si conoscono da una vita e che hanno mosso i loro primi passi nel mondo della musica insieme, ma Georg si è preso molto a cuore questa storia e credo che se pensasse che esista qualche possibilità che davvero Michelle possa fare felice il suo migliore amico, lascerebbe correre. Ma Georg vuole bene a Gustav, così come gliene vogliamo io e Tom, e farebbe di tutto per salvarlo da un futuro infelice, anche trascinarlo brutalmente in un nightclub, facendosi così conseguentemente odiare a morte.

Lo vedo che scambia un’occhiata dubbiosa con Tom e capisco che stanno cominciando a guardare la cosa sotto un’ottica diversa. La loro.

“Ma sì, infondo…” Tom fissa Georg con un sorrisino beffardo. “Perché non approfittarne? Bill non ha tutti i torti, no?”

“No,” conviene Georg, con lo stesso sorrisino. “L’addio al celibato è di rito.”

No, rettifico. A questi due non importa un fico secco di Gustav. Vogliono solo andare a vedere quelle ragazze mezze nude che si attorcigliano attorno ai pali e si atteggiano da pornodive. Francamente, non riesco a condividere il loro entusiasmo. D’altro canto, però, sono curioso di vedere la reazione di terrorizzata claustrofobia di Gustav quando lo avremo trascinato là dentro.

Già mi pregusto la scena…

 

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[ TOM ]

 

 

Bill è straconvinto di essersene uscito con la genialata del secolo con questa storia del night club, ma se devo essere sincero temo che un espediente simile non farà altro che convincere Gustav che la sua gnocca fidanzata sia un mogliettina perfetta ed ideale. Ed umile e morigerata, magari. Il che potrebbe anche essere vero, per qualcuno, ma per lui proprio no. A Michelle serve un ragazzo superficiale e/o smidollato, che non si curi di certi suoi vizi vanesi; a Gustav serve una ragazza semplice, senza fronzoli e manie di protagonismo (quindi, anche volendo, non potrei rifilargli Bill), che sappia accettare il fatto di dover condividere il suo cuore con la musica. In pratica, Gustav non troverà mai e poi mai un’anima gemella, figuriamoci l’anima gemella, ma di questo si dovrà preoccupare lui. Come dice sempre mia madre, quel ragazzo è troppo perfino per se stesso, qualunque cosa voglia dire.

Dopo aver definito i dettagli del piano Night Club durante il giorno, io e i ragazzi ci siamo organizzati per arrivare a casa di Gustav e coglierlo di sorpresa, in modo da non lasciargli il tempo di reagire. Michelle non è in casa, grazie al cielo, quindi l’operazione non dovrebbe risultare poi così complicata.

Fortunatamente a Bill non piace guidare di notte, quindi ha caritatevolmente lasciato Bonnie nel garage ed ha concesso a Georg di prendere la sua BMW.

Fra parentesi, prima o poi mi devo ricordare di fare un inventario del numero di auto che possiedono questi due, perché non sono troppo sicuro di saperlo con esattezza, ma dopotutto secondo me nemmeno loro lo sanno.

Lancio un’occhiata a Bill, rannicchiato sul sedile posteriore con la testa appoggiata all’enorme pancia bianca di Iwen. Non so perché se lo sia voluto portare dietro anche stavolta, ma ormai mi sono rassegnato alle stranezze di mio fratello, per cui, come si suol dire: beata ignoranza.

Abbiamo deciso che porteremo il caro Gustav in un posto che si chiama Hot Pants Party. Non ci siamo mai stati, ma abbiamo controllato il sito internet e sembra proprio un posticino niente male, pieno di ragazze a cui basta sentire il frusciare di qualche banconota per spogliarsi. Pare ce ne siano per tutti i gusti, dai più ordinari ai più bizzarri. Troveremo per forza qualcosa che piaccia anche al nostro neofidanzatino (presto neosingle, se qualcuno, lassù, ci ama).

“Ci siamo.” Annuncia Georg, accostando al marciapiede.

Siamo arrivati di fronte al condominio extralusso che ospita l’appartamento di Gustav e Michelle: è bianco e illuminato come se fosse un’opera d’arte in un museo, e l’ingresso è sorvegliato da due guardie in uniforme, impettite ed immobili come statue.

Dio, quanto se la tirano!

Sono le undici passate, penso, schifato, possibile che questa gente non abbia voglia di farsi una vita?

Scendiamo dalla macchina e ci avviciniamo al display dei citofoni. Bill tenta tre volte di comporre il numero corrispondente all’appartamento di Gustav, ma le sue unghie lunghe continuano a premere anche i tasti sopra. Alla fine, per evitare di insospettire le guardie, Georg lo scansa e digita il codice esatto.

Restiamo a guardarci incerti mentre il bip intermittente segnala la connessione all’interno 15 e aspettiamo.

In un modo o nell’altro, Gustav questa serata non se la scorderà facilmente.

 

-------

 

[ GUSTAV ]

 

Promemoria per il futuro: mai aprire la porta dopo le undici di sera, soprattutto se la tua ragazza è fuori a cena con suo padre e in casa non c’è nessuno che possa salvarti da folli incursioni semicriminose.

Io me lo sentivo che non avrei nemmeno dovuto avvicinarmi al citofono, ma quando ho visto nello schermo gli occhioni di Bill che mi sorridevano e lui, Georg e Tom mi hanno detto in coro “Rimpatriata stile vecchi tempi?”, ammetto di essermi lasciato trasportare dalla commozione, ed ho aperto.

Gravissimo errore.

Anzi, catastrofico errore, visto che non appena ho dischiuso la porta sono stato aggredito e brutalmente sequestrato dalla mia stessa abitazione, e poi costretto a seguire i miei rapitori nella loro BMW (nello specifico, quella di Georg, e, grazie al cielo, non quella di Bill, che è quanto di più atroce una macchina possa essere, sotto molteplici aspetti).

Ho protestato, ho fatto domande, ho minacciato, ma nessuno di loro mi ha degnato della benché minima attenzione. Si sono limitati a sorridere in modo strano, facendomi salire un’ansia indicibile. Era palese ed ovvio che avevano qualcosa in mente. Avevo solo troppa paura di scoprire cosa, per insistere a chiedere.

Quando poi abbiamo svoltato in una delle strade meno raccomandabili della periferia, ho capito di essere autorizzato a temere il peggio.

E infatti eccomi qui, nel club più squallido e di cattivo gusto di tutta Amburgo, inchiodato ad un tavolino, costretto a subire ridicole esibizioni di ridicole donne, tra cui alcune decisamente giovani ed altrettante decisamente mature, il tutto per un prezzo ridicolmente alto, che se non altro i miei tre fedeli testimoni hanno avuto la decenza di offrire. Come se questo potesse in qualche modo cambiare la mia opinione in merito a tutta questa buffonata imbarazzante.

Continuo a non riuscire a spiegarmi come sono finito qui, comunque. Sicuramente non sarebbero riusciti in questa follia, se Georg non avesse praticamente vissuto in palestra, negli ultimi tempi, ma una cosa è certa: voglio uscire.

Il cosiddetto “locale”, come l’ha edulcoratamente definito Tom, è uno strip club identico a quelli che si vedono nei film americani, fumoso e scarsamente illuminato, pieno di sedicenti ballerine che si dimenano sui banconi lungo le pareti.

Georg e Tom sembrano divertirsi un mondo: bevono dai loro boccali di pilsner e osservano soddisfatti le due rosse che “ballano” (se ballare si può definire un ancheggiamento fronte-retro nemmeno troppo aggraziato) di fronte a noi. Bill, invece, se ne sta ricurvo sul suo cocktail senza mai sollevare lo sguardo, ed ha l’aria particolarmente annoiata, e anche un po’ impaurita. In effetti ci sono diversi uomini dall’aria poco raccomandabile che da quando siamo entrati non hanno smesso un attimo di fissarlo in modo strano. Ho notato che la sua sedia si è lentamente spostata attorno al tavolo, fino a raggiungere Goerg, che però non lo considera di striscio.

Per quel che mi riguarda, avrei solo voglia di infilare la porta e sparire, tanto più che non riesco nemmeno a fingere di gradire l’improvvisata. Insomma, sto facendo del mio meglio per estraniami da questo schifo volgare, prego (invano, lo so) che tutto finisca presto e mi concentro sulla mia cocacola. Niente alcol, nemmeno una goccia. In posti come questo è sconsigliabile perdere  anche solo un grammo di lucidità.

Spogliarelliste da quattro soldi, ubrianconi pervertiti e cocacola: questo dovrebbe essere il mio addio al celibato.

Wow.

Per la verità non l’ho mai voluto un addio al celibato, ma se proprio lo dovevo avere, avrei preferito qualcosa di diverso, magari un po’ più elegante.

Cioè, lo so che dovrei apprezzare il pensiero, ma non mi sto divertendo affatto.

Sto per dire addio alla mia libertà, alla mia vita da single, alle nottate brave e alle pazzie in cui mi sono sempre lasciato trascinare da questi tre, e lo sto facendo…. Così.

Non so perché, ma sento un’improvvisa amarezza in bocca.

Sollevo un attimo gli occhi e vedo Bill con una faccia strana, appiattito contro un lato della sua sedia.

“Ciao bella,” gli sta dicendo un tizio sui quaranta che sembra appena uscito da una sessione di body building. “Cosa ci fa una cosina delicata come te in questa topaia di balordi?”

Vedo Bill che si ritrare stizzito, un’espressione di puro ed incomparabile orrore dipinta in volto. Ha gli occhi sgranati e il labbro inferiore che trema e, in tutta onestà, è uno spettacolo. Né Georg né Tom si sono accorti di niente, imbambolati a rimirare la rossa che ha cominciato a toglierswi strati di indumenti pressoché inesistenti.

“Non mi dirai che sei qui con il tuo ragazzo.” Insiste l’omaccione, sollevando lo sguardo su noi tre. Io mi affretto a guardare altrove, rifuggendo lo sguardo implorante di Bill, così lui è costretto ad arretrare ancora, annaspando alla cieca fino a che non riesce a conficcare i suoi artigli nel braccio di Georg, senza staccare nemmeno per un secondo gli occhi dal tizio.

Georg sobbalza e si volta corrucciato, pronto a rifilare a Bill qualche parolina gentile, ma Bill non gli lascia il tempo di aprire bocca.

“Sto con lui!” afferma, aggrappandosi a Georg con entrambe le braccia. Sorride nel modo più nervoso che io abbia mai visto e sarei già scoppiato a ridere, se il colosso umano non avesse un aspetto così minaccioso.

Georg impallidisce e tenta di scrollarsi Bill di dosso, ma lui lo tiene sempre più stretto e ancora un po’ che gli si avvicina, gli finisce in braccio, ma non escluderei che possa essere esattamente quello che vuole.

Il tizio scruta Georg, truce, e per un fugace momento temo seriamente che possa scatenarsi una rissa da cui nessuno di noi uscirà vivo, ma alla fine l’uomo grugnisce qualcosa e se ne va borbottando fra sé e sé.

“Gran bel posticino, vero?” commenta Tom, che non si è minimamente accorto di niente ed è ancora in fissa sulla rossa, che, me ne accorgo solo ora, porta una specie di maschera veneziana che le nascondo il viso Soltanto. Immagino sia il pezzo forte dello strip, l’ultimo che verrà lasciato cadere, e suppongo questo avverrà presto, visto che ormai è rimasta in bikini, e si tratta anche di un bikini particolarmente striminzito, che non lascia dubbi sul fatto che le sue doti frontali siano o meno frutto di un’evidente chrurgia plastica.

Mi astengo da ogni commento e prendo un sorso di coca, poi controllo l’ora: mezzanotte e mezza. Soltanto mezzanotte e mezza.

Siamo qui soltanto da una fottuta mezz’ora.

Come diavolo è possibile?

Ad un tratto mi accorgo che la rossa si è sciolta il nastro che le sorregge la maschera e se la sta sfilando con quello che devo supporre voglia essere un movimento sexy. Quando se la scosta dal viso, io, Bill, Tom e Georg non riusciamo a trattenere un moto di disgusto.

Non è affatto una ragazza, ma una donna di mezza età rifatta da capo a piedi la cui faccia è così carica di trucco che potrebbe tranquillamente togliersi una seconda maschera.

Lei evidentemente non ha notato la nostra reazione e deve aver interpretato il nostro stupore come attonita ammirazione.

Nulla di più sbagliato.

Inorridisco internamente mentre si abbassa e mi lancia la maschera di plastica con un sorriso che forse dovrebbe passare per seducente, ma che mi fa rivoltare la cena nello stomaco.

Sembra che questa donna abbia subito una specie di mummificazione al silicone: zigomi, labbra e diverse altre parti della sua anatomia a cui preferisco non pensare hanno l’aspetto rigido e plastico di pezzi di gomma impiantati e, sarò onesto, fanno abbastanza ribrezzo.

Mi fa un occhiolino, increspando le labbra contornate da infinite piccole rughe, poi si mette ad attorcigliarsi attorno al palo lì accanto, suscitando esclamazioni di approvazione da parte di molti ospiti del club. Noi sembriamo gli unici a non apprezzare, forse perché siamo anche gli unici sobri o quasi.

Tom appare sconvolto e Georg improvvisamente sembra quasi trovare allettante l’idea di tenersi Bill incollato addosso, piuttosto che guardare un simile spettacolo.

Butto giù il mio ultimo sorso di coca, proprio mentre la rossa scende gli scalini che conducono il piano del bancone al pavimento e si dirige verso di me, ondeggiando a destra e a sinistra.

Che qualcuno mi salvi. Chiunque, qualunque cosa…

Avverto una vibrazione nella tasca della giacca e trasalisco, sollevato. È come se qualcuno avesse ascoltato le mie preghiere: il mio cellulare sta vibrando.

Non ho la minima idea di chi possa essere a quest’ora di notte, ma non mi interessa. Con uno scatto mi alzo in piedi ed estraggo il cellulare.

“Esco un attimo a vedere chi è.” Comunico ai ragazzi e, prima che possano fermarmi o dire qualcosa, mi precipito fuori.

Una volta al sicuro nella strada semideserta, prendo un bel respiro d’aria fresca e finalmente controllo il display: è un numero che non conosco.

“Pronto?”

“Signor Schäfer, grazie al cielo! Non sa che spavento mi ha fatto prendere!”

Resto interdetto a fissare il vuoto avanti a me, un po’ disorientato da questo tono pieno di panico. È una voce che non mi sarei mai aspettato di sentire, non a quest’ora, non così spaventata.

“Tari?”

 

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A/N: dedicato ad Ali e Ale, per aver pazientemente atteso. Ali, sono in ritardo di almeno un paio di settimane, ma ce l’ho fatta. ^^ Ale, ti avevo promesso che avrei aggiornato lunedì, ma non ce l’ho fatta entro mezzanotte… è mezzanotte e sette, ho sforato di sette minuti… sorry. ^^

   
 
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