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Autore: inevitable_vale    15/10/2014    5 recensioni
Alex Vause a 26 anni si ritrova a lavorare in un college come assistente. Non sa che quel luogo
e quell'annata, le cambieranno la vita. Così come cambierà la vita di Piper Chapman, finita nel college che i suoi genitori hanno voluto che lei scegliesse.
Genere: Comico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Alex Vause, Altri, Piper Chapman
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Grazie a tutte per le recensioni, sono felice di sapere che apprezzate! Ecco il nuovo capitolo, un po' più lungo. Spero di non deludervi, un abbraccio! :)

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Di tanto in tanto, nascosto nella sua mente, riaffiorava in Alex il desiderio di incontrare suo padre. Non l'aveva mai cercato, perché sapeva che sua madre non l'avrebbe presa bene. Ma ora era una persona indipendente, poteva provare ad incontrare quell'uomo che non sapeva neanche della sua esistenza. Sua madre, Diane, le aveva solo detto che era stato il front-man di una rock-band molto seguita ai suoi tempi, e che lei era stata una delle poche fortunate a far breccia nel suo cuore. Poi però, aveva deciso di tenerlo fuori dalla sua vita, aveva preferito crescere Alex da sola. Quell'uomo non era decisamente pronto per essere il padre di sua figlia. E forse non lo sarebbe mai stato. Durante il cammino verso un nuovo giorno di lavoro, Alex si trovò di fronte una locandina dove figurava la band di suo padre: si sarebbero esibiti nel pub del campus. Le si gelò il sangue, rimase ferma, con la sua tracolla in spalla, a leggere e fissare quella locandina. Quante possibilità c'erano che una band vecchia di 30 anni potesse ritornare a suonare proprio nel pub del college dove Alex aveva finalmente un lavoro? Cercò di riprendersi, segnò la data nel suo cellulare e rimase lì, ferma. D'improvviso, sentì qualcuno chiamarla:“Miss Vause!”. Arrivò dalla sua sinistra e cautamente, si avvicinò a lei. Non aveva ancora capito da quale direzione la stessero chiamando, quando sentì una mano che all'altezza del gomito, delicatamente, la sfiorò. Quando si girò, e ritrovò la bionda studentessa, sgranò gli occhi e si riprese definitivamente.

- “Aspettavi me, Vause?” - disse Piper, sorridendo. Quando però si accorse che Alex rimase a fissarla, si sentì in soggezione. Quegli occhi verdi la lasciarono immobile.
-“No. Assolutamente.” - Alex cercava di rimanere distante dalla giovane, e quella mattina ci sarebbe riuscita più delle altre volte. Era troppo scossa. Avrebbe avuto la possibilità di conoscere, finalmente, suo padre. Piper, dal canto suo, si aspettava una risposta del genere e divertita, guardò la locandina che aveva rubato tutte le attenzioni di Alex.
- “Cercavi forse il coraggio di chiedermi di accompagnarti a questa specie di concerto di nonnetti?” - Alex non poté evitare di ridere. Piper ne fu compiaciuta.
- “Non credo accadrà, anche perché ho già chi mi accompagna. Ci vediamo in aula, ragazzina.” - rispose Alex, lasciando Piper che, per un attimo, si era incupita, torturata da mille domande. Che? Ha già qualcuno? L'avrà detto per allontanarmi. Bel tentativo, ma no. Piper, segnò la stessa data su uno dei suoi fogli e raggiunse l'aula. La lezione iniziò e il Prof. Bloom spiegava come quel giorno avrebbero dato un'occhiata alla letteratura nel cinema. Quando si ritrovarono a guardare sprazzi di “Orgoglio e Pregiudizio”, Alex inarcò lo sguardo, scetticamente seguì quel pezzo perché non sapeva esistesse un film di un libro che tanto aveva amato. 

“Devo dirvelo, mi avete stregato anima e corpo.”.

Istintivamente, senza alcuna razionalità, Alex andò con lo sguardo da Piper che era lì, a fissarla. Nonostante cercasse di rimanere sulle sue, c'era una parte di lei che contro ogni barriera da lei stessa imposta, la spingeva verso l'esile bionda. Piper abbozzò un sorriso e Alex ricambiò. Le due continuarono a scambiarsi occhiate per tutta la lezione, separarsi per la fine della giornata fu strano. Tornando a casa, dove trovò solo Lorna, Alex posò le sue cose.
- “Quella ragazzina...mi farà perdere questo stupido lavoro.” - Lorna la guardò e le sorrise affettuosamente.
- “Alex, a me puoi dirlo. Lo sai che ho guardato troppo West Side Story e adoro le cose complicate e impossibili.” - Alex scosse la testa.
- “Io ci provo con tutta me stessa, ad allontanarla. Ad allontanarmi. Ma lei è sempre lì e io so sempre dove trovarla. Non so praticamente niente di lei, ma è come un fottuto magnete. Non so quanto riuscirò ancora ad evitarla.” - Lorna era sorpresa, mai aveva sentito parlare così Alex. Aveva avuto qualche storia, ma finiva sempre perché Alex non aveva più interesse. Questa volta era il contrario. L'interesse non andava via, nonostante ci provasse con tutte le forze. Era come se s'innescasse un meccanismo di difesa; dentro di se aveva paura di trovare qualcuno che non avrebbe mai mollato ma avrebbe stretto a sé, diventandone dipendente.
- “Non puoi sopprimere ciò che senti...ciò che desideri, non ne sei neanche capace.” - amorevolmente, Lorna, prese il suo cappotto, baciò Alex sulla guancia e uscì per andare a lavoro.
- “Grazie.” - le disse la mora che, rimasta sola, andò nella sua stanza e cercò uno dei cd di suo padre. Mentre lo ascoltava, iniziava a pensare a cosa avrebbe detto a quell'uomo, all'oscuro della sua esistenza. Non sapeva cosa aspettarsi, che tipo di persona avrebbe trovato.

Quando arrivò il venerdì, quel venerdì che aspettava da due settimane, Alex si sentiva strana. Le tornava in mente la prima volta che sua madre le aveva mostrato una vecchia foto di lei e quell'uomo. Del primo cd di suo padre che aveva comprato. La prima volta che aveva ascoltato la sua voce. Tornò bambina per un attimo e si ricordò quanto soffriva, nel sentirsi così diversa da tutti. Quell'inutile sensazione era scomparsa con gli anni. Ma ricompariva in quei giorni, perché inevitabilmente, ricollegava l'assenza di suo padre a quei duri anni. Aveva sempre immaginato che l'avrebbe incontrato indossando una giacca in semi-pelle bianca. Ma la sua giacca era di pelle ed era nera. Le fantasie che aveva sviluppato da bambina erano inevitabilmente cambiate; la giacca non importa – pensò tra se e se. Indossò un jeans nero, degli stivali in pelle, una tshirt grigia e la sua giacca di pelle nera. Avrebbe voluto chiedere a Nichols e Lorna di andare con lei ma, avendo avuto paura dell'epilogo che quell'incontro avrebbe potuto avere, immaginò quanto sarebbe stato strano spiegare loro chi era quell'uomo. Nessuno sapeva nulla di suo padre, non amava parlarne. Quindi, uscì di casa e si ritrovò nel pub, in anticipo di mezz'ora. Il locale le era familiare, ci era stata altre volte, anche quella sera con Piper. Ripensare a quel sorriso luminoso, anche se per un attimo, le portò un briciolo di serenità, che però sparì quando intravide il camerino della band. Si fece coraggio e andò a bussare. Ad aprirla fu proprio lui: era invecchiato, ma era rimasto lo stesso di quelle foto. Quando lo guardò, le si illuminarono gli occhi.
- “E tu chi sei, bambola?” - le disse l'uomo, con quella voce che aveva ascoltato per anni solo da un cd.
- “Alex, tua figlia.” - gli porse la mano, lui la strinse e rimase per un attimo senza parole. La fece entrare nel camerino, dove c'erano gli altri membri della band. Alex si sedette in quella stanza, piena di fumo, opprimente, con risate da ogni dove. I due si scrutarono sospettosamente. Quando suo padre si sedette di fronte a lei, la guardò meglio.
- “Cavolo. Sei uno schianto. Se non m'avessi detto chi eri, ci avrei fatto sicuramente un pensierino.” - rideva con gli altri, mentre Alex si sentì profondamente a disagio. E' questo l'uomo che ho sognato di incontrare per anni? Ecco perché non voleva che lo incontrassi.
Chiese se ci fosse un bagno e sparì per qualche momento, andò a trattenere le lacrime e a rimanere compatta. In fondo, non era niente. Non aveva mai avuto un padre, poteva continuare a non averlo se questo era il suo. Quando uscì, si trovò di fronte l'unico uomo che in quella stanza non ridacchiava ubriaco.
- “Delusa?” - le disse l'uomo, dalla carnagione scura, sicuramente non americano.
- “Non avevo chissà che aspettative.” - rise scetticamente Alex.
- “Non sono esattamente le parole che ci si aspetta da un padre, immagino. Ma per fortuna, non mi sembri assolutamente uguale a lui..” - continuò a guardarla, mentre Alex pensò che quell'uomo, non aveva tutti i torti - “Io sono Fahri, comunque.” - aggiunse in fine. La mora, si sistemò gli occhiali e rispose - “Alex. E tu cosa ci fai con questi nonnetti? Io ho la scusa di essere la figlia di una di loro.” - rise, per un attimo si sentì più rilassata.
-“Diciamo che sono miei clienti.”
- “Sei il loro manager? Hanno ancora un manager?”
- “Non questo tipo di clientela. Diciamo che offro altri tipi di servizi, diversi.”
- “Cosa fai quindi?” - chiese Alex sospettosa.
- “Lavoro per un cartello internazionale di droga.” - disse lui.
Alex inizialmente rise, poi si rese conto che non era uno scherzo e tornò in lei una sensazione di inquietudine. Fahri le si avvicinò e le porse un biglietto dicendole qualcosa.
- “Se dovessi mai avere bisogno di qualcosa, ecco il mio numero.”
- “Non ho bisogno di queste schifezze.” - lo guardò con un'aria convinta.
- “Qualsiasi cosa, anche un lavoretto extra.” - Alex prese il biglietto, lo infilò in tasca e salutò il fornitore di droga di suo padre. Uscita dal bagno, si trovò difronte suo padre, che ora preferiva chiamare “coglione”. Era troppo fatto per rendersi conto di lei, di sua figlia.
- “Addio!” e lo lasciò alle sue spalle, come aveva fatto sempre, quando si sentiva diversa, quando guardava le sue compagne di scuola abbracciare i loro perfetti padri. Uscì abbastanza delusa da lì. Non era delusa da quel coglione perché alla fine era così che se lo immaginava. Era delusa da se stessa. Per averci sperato. Per aver sperato che potesse avere anche lei un padre. Ma quel treno era passato e ormai aveva imparato a farne a meno. Doveva ricordarselo, sarebbe stato facile andare avanti. Non aveva ancora voglia, però, di stare in mezzo alla gente. Rimase per qualche minuto nei pressi dei bagni, ben lontani dai camerini. Spalle al muro e testa alta. Un po' come tutta la sua vita, sempre a lottare per non essere buttata giù. La testa alta ora le serviva per trattenere le lacrime. Quando si sentì quasi al sicuro dalle incombenti lacrime, si guardò intorno e come un film che ormai le sembrava di aver visto più volte, si ritrovò, dall'altro lato del corridoio, quel biondo angelo che ormai sbucava nella sua vita in ogni momento. Si guardarono a distanza di qualche metro, Piper si era accorta del precario stato di Alex e aveva timore ad avvicinarsi. Lo fece e si mise al suo fianco, guardandola attentamente, senza dire niente. Quando Alex smise di evitarla, la guardò e continuò a non dire niente. Era uno sguardo combattuto. Si era di nuovo acceso quel conflitto che la torturava ogni volta che Piper le si avvicinava.
- “Serataccia?” - chiese Piper timidamente.
- “Scherzi? E' così che mi diverto.” - ridacchiò amaramente Alex. Piper la guardò trattenere le lacrime, cosa che non le riuscì questa volta. Alex si voltò dall'altro lato, non voleva spiegare nulla a nessuno. Sentì l'indice di Piper sul suo volto; le raccolse quella lacrima. Con lo stesso indice, le sfiorò il mento e ne riportò lo sguardo lì dove lo voleva: nel suo. La guardò intensamente, aveva ancora il suo dito sul volto di Alex che voltatasi senza opporre forza, raggiunse la mano di Piper con la sua e la allontanò dal suo visto, senza però lasciarla, stringendola più forte.
- “Vuoi andare via di qui?” - le sussurrò Piper. Alex fece cenno di si con la testa e le due, ancora mano nella mano, andarono via di lì. Fu così naturale lasciarsi andare, stringere quella mano, guardare quegli occhi. Fu come trovarsi di nuovo, ricomporsi. Andarono in un market, comprarono della vodka e trovarono una panchina, dove avrebbero potuto iniziare a parlare. Dopo il primo sorso di tequila, le parole iniziarono a venire e tutto da lì, fu più naturale. Alex aveva lasciato un po' di spazio tra se e Piper ma quest'ultima lo riempì avvicinandosi improvvisamente alla mora. Allora Alex, in risposta a quella mossa, portò il suo braccio alle spalle di Piper, lungo la panchina, ma senza sfiorarla.
- “Non ti arrendi mai tu?” - disse Alex, guardando con serietà Piper.
- “Vorresti davvero che lo facessi?” - fu la risposta di Piper, anch'essa seria.
- “No.”
- “Bene. Non l'avrei fatto.” - questa volta Piper sorrise. E Alex abbozzò anche lei un sorriso.
- “Non avrei mai dovuto stuzzicarti il primo giorno, ora guarda in che situazione siamo.” - disse Alex sollevando un sopracciglio, come al suo solito. Ma aggiungendo un sorriso.
- “Non avresti dovuto, davvero poco professionale.”- disse Piper, provocatoriamente.
- “Sono nota per essere poco professionale. Non mi dici niente di nuovo.” - Alex questa volta fece una smorfia. Piper sorrise ancora. Continuavano a guardarsi compiaciute, senza dirsi nulla ma dicendosi tutto. Quando una persona ti prende così, non c'è molto da dire – pensò Alex nella sua mente. Piper, nel tentativo di rubare la vodka da Alex, sfiorò le sue dita e iniziò ad accarezzarle, dimenticando completamente la bottiglia. Dopo aver osservato quel gesto, Alex si inumidì le labbra, portò la mano che era alle spalle di Piper sulle guancia della bionda, spostò una ciocca di quei dorati capelli, avvicinò lentamente la sua faccia a quella di fronte a lei. I loro nasi si sfiorarono, i loro sguardi si trovarono per un momento e poi Alex la baciò, lasciando la mano sulla guancia, quasi per paura che questa potesse sfuggirle. Ma Piper, mai l'avrebbe fatto. Alex si allontanò per prendere fiato e posare quell'ingombrante bottiglia al suo lato. La bionda aprì gli occhi, osservò le labbra di Alex, portò la sua mano lungo il collo della sua assistente preferita e questa volta fu lei ad avvicinarsi. Alex sorrise e posando la sua mano su quella di Piper, rispose alla richiesta di quest'ultima. Quando la bottiglia di vodka cadde per terra, urtata da Alex, le due, distratte dall'urto, si allontanarono. Si continuarono a guardare, strette l'un nell'altra, come se fossero da sempre lì.
- “Perché stavi in disparte, al pub?” - ruppe il silenzio Piper.
- “Ho incontrato mio padre, quella specie di frontman della band, per la prima volta. Un coglione. Una delusione che mi sarei dovuta aspettare. E tu perché eri lì?”
- “Io amo le band di nonnetti un po' coglioni.” - le due risero, a loro agio. Lo scoccare dell'orologio della piazza, fece rendere conto le due ragazze che era mezzanotte. Entrambe furono sorprese. Alex accarezzò di nuovo il volto di Piper, sospirando, scosse la testa.
-“Domani ti vedrò? - chiese la mora.
- “Se sento la sveglia, si.” - sorrise Piper, di nuovo. Aveva sorriso ad Alex per tutta la sera.

- “Vedi di sentirla, allora.” - la baciò dolcemente sulla guancia, le diede un ultimo sguardo e slegandosi dalla presa, le due si rimisero in piedi.
- “A domani.” - Dissero contemporaneamente. Risero di nuovo e si lasciarono lì, con la consapevolezza che si sarebbero ritrovate. Quella serata, per Alex, fu decisamente dolce-amara. Ma come si era sempre detta, il passato era passato e non avrebbe influenzato il suo presente. Suo padre non le avrebbe offuscato la mente e non avrebbe cancellato quella gioia che Piper aveva riportato in lei. Non aveva spazio per il passato. Piper invece, era al settimo cielo. Tornò nella sua stanza sentendosi come un adolescente al primo bacio. Ripensava agli occhi di Alex, alle sue soffici labbra e al delicato tocco che aveva. Ripensò anche al fatto che domani non avrebbe potuto sfiorarla e si rese conto che non sarebbe stato facile. Alex non era così semplice da avere, l'aveva capito. Ma non aveva paura di legarsi a lei, di perdersi in lei, come era successo nelle ore precedenti, quando il mondo era scomparso e Alex era diventata il suo sole.

   
 
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