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Autore: Cassandra Dirke    16/10/2014    4 recensioni
[yaoi]
[yaoi][yaoi]< Misaki... >
Mi volto di botto. < Che vuoi?! >
Ha le mani in tasca. La cravatta è storta, la camicia è stropicciata e il gilet è sbottonato. Ma qui, circondato da questo meraviglioso verde e immerso in questa semirealtà dove nessuno può giudicare in alcun modo i miei pensieri, è bello da togliere il fiato.
< È questa, la direzione giusta > dice dolcemente, con un sorriso malizioso e lo sguardo lucente.
Arrossisco e corro nella giusta direzione, superandolo velocemente.
Gli dico che è un idiota, un arrogante, sicuro di sé e lui sorride.
Gli basta tenermi la mano e camminarmi affianco.
Ora che ci penso, non mi ha mai chiesto altro.
Invece vorrei dirgli che è vero, che non avevo paura.
Perché sapevo che lui mi avrebbe ritrovato.
In qualche modo, riesce a ritrovarmi sempre.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Piove.
Mille gocce di pioggia si staccano l'una dall'altra, dal ventre delle nuvole, per cadere. E cadere e cadere dall'alto dei cieli. Una caduta alta e rovinosa... per poi sfracellarsi sulla nuda terra.
La pioggia è acqua. Condensata dal freddo, resa ghiaccio dalla natura. Il ghiaccio si scioglie, l'acqua si frantuma e si divide. 
Cade, atterra sull'asfalto e si riunisce.
E corre. 
Corre velocemente, senza lasciare indietro niente. Non un rumore di troppo, non un goccia abbandonata. Corre sfrenata verso ogni via di fuga.
Rumore.
Ogni goccia di pioggia emette un debole, debolissimo suono. Una nota cupa e profonda, che dura meno di un secondo.
Due note, cupe ma più forti, che si fanno sentire nella notte.
Tre suoni, impossibili da ignorare... tre gocce di pioggia, tre suoni che la terra fanno tremare.
Da soli siamo niente. 
Deboli suoni che la gente non si ferma ad ascoltare.
Insieme siamo melodia... un'orchestra pronta a debuttare.
Un semplice tocco, seguite da semplici parole...
< Takahashi-kun >
Sussulto. Non mi ero accorto di essere ancora in grado di sentire.
Un fulmine squarcia il cielo... ma io non ci faccio caso. Non più... niente il mio cuore è più in grado di ferire.
Sbatto le palpebre un bel po' di volte, avvertendo la secchezza nelle mie scleree. Chissà da quanto tempo sono qui a guardare la pioggia. Chissà da quanto tempo esse continua integerrima. Chissà se si fermerà mai, o se continuerà fino a che tutto avrà incontrato la sua fine.
< Perché sei ancora qui? > domando con voce calma, ma roca. Perché io sono ancora qui? Non mi è bastato quello che fino ad ora ho ricevuto dal fato?
Haruhiko-san abbassa la mano dalla mia spalla. Non mi ero reso conto prima, ma ora mi accorgo che la sua mano era una fonte di calore. Una debole scintilla che dalla spalla si era distribuita al mio braccio. Una luce fiocca che illumina una vuota stanza.
< È mio fratello > dice come se quella sia davvero la risposta giusta. Come se davvero non abbia capito cosa gli sto chiedendo realmente.
Devo costringermi a fare un debole sospiro tra i denti serrati per mantenere la mia costante voce calma. < E allora perché non è con suo fratello? > domando con rabbia malcelata.
< Dorme > risponde lui semplicemente. < Al momento è lei ad avere più bisogno di me >
Chiudo gli occhi. Perché la gente è così brava a capire di cosa ho bisogno realmente? Mio fratello pensa che io abbia bisogno di una calorosa famiglia amorevole; quest'uomo pensa che abbia bisogno di lui; suo padre pensa che abbia bisogno di qualcuno della mia età, con i miei infantili principi, che non deve affrontare il mondo per me... ho bisogno di un amore fedele e indubbio, secondo lui. Sono tutti bravi a capire di che cos'ho bisogno... quando devono fuggire davanti ai loro. 
Di che cos'ho bisogno veramente? Solo io posso saperlo.
Ho bisogno che la pioggia smetta di cadere. Che la gente mi lasci solo... non capiscono proprio quanto benefica possa essere la solitudine? Ho bisogno di dormire... di sognare. Ho bisogno di svgliarmi nella mia stanza, con il sole dietro le tende e il cinguettio degli uccelli sopra il ramo dell'albero. Ho bisogno di una casa grande, immensa, pulita e profumata. Di una cucina familiare, di una colazione da preparare. Ho bisogno di passi strisciati, lenti ma risonanti. Di un volto mezzo addormentato, uno sbadiglio soffocato e un paio di occhi scuri... come un cielo stellato. Ho bisogno di un buongiorno mormorato... di capelli arruffati... di un tocco freddo e passionale... e di un bacio rubato.
Ho bisogno di tutte queste cose. Cose che fino a due giorni fa erano quotidiane e adesso sono solo dei miei ricordi.
< Non ho bisogno di niente > mento a metà. Niente che lui sarebbe in grado di darmi. 
Torno a guardare fuori... la pioggia è senza pietà anche nei miei ricordi.
 
1 anno fa...
13 marzo
 
La pioggia picchia violenta le vetrate del soggiorno, le tegole del tetto e il muro della casa. La sua furia tappa le orecchia e fa tremare il cuore.
Nella stanza fredda e oscura l'odore della cena è un invito squisito... verdure grigliate e arrosto di pollo, riso fritto, patate bollite, vino rosso e, per completare il tutto, una torta salata a lui, a cui non piacciono i dolci, e un budino alla fragola a me, che ne vado pazzo.
So che tornerà a momenti, la tavola è già pronta e mi ha detto che non tarderà per nulla al mondo... sono io che non riesco a stare fermo qui.
Domani sarà il mio compleanno... ventitrè anni... e sta piovendo.
Un fulmine divide il cielo, illlumina tutto quello che intende distruggere, scompare per lasciar venire il tuono e lascia che rimbomba su tutta la terra. Sono terribili i fulmini, così belli e accecanti. Così rumorosi, ma istantanei. In un momento, poche frazioni di secondo, scuote la tua vita per lasciarti solo, impaurito. Sono terribili i tuoni che un volta scomparsi lasciano il vuoto dentro.
Non riesco ad aspettare. Non riesco a stare qui. Afferro la giacca ed esco.
Non so neppure dove mi condurranno le mie gambe. So solo che giorno è oggi.
Non posso sentire che il vuoto. La paura e il rumore del tuono ancora dentro di me. Sento il freddo, l'umidità e... e la pioggia. Mi avvolge, mi afferra e mi bagna.
Cambio treno tre volte e poi un taxi per arrivare dove voglio, anche se esattamente non so dove io sia diretto. Il tassista non era entusiasta dei miei vestiti fradici, ma la mancia del tutto innopportuna ed esagerata gli fa cambiare idea, regalandomi persino un sorriso.
Cammino velocemente. È tardi, devo ritornare a casa da Usagi-san, però voglio assolutamente andarci.
Apro l'alto cancello in ferro nero e percorro i viali con il fiato corto. La pioggia sembra volermi fermare, ma io non glielo permetto. Corro a più non posso, superando le lapidi di centinaia di persone morte. Uomini, bambini, donne e anziani. Una volta sottoterra non abbiamo né un'età né un sesso. Siamo concime per i vermi... eppure mi piace pensare che non sia solo così. Mi piace pensare che dalla cenere nasciamo e al cielo arriviamo. Mi piace pensare che quindici anni fa i miei genitori siano morti questo stesso giorno, che siano saliti in cielo e che mi stiano osservando. Che, amandomi così come li ho sempre amati io, loro stiano vegliando su di me.
Mi piace pensare che siano fieri di me. Che a dispetto di chi io abbia accanto loro amino vedermi felice.
Le loro tombe sono vicine, i nomi e le foto non si riescono a scorgere sotto il flusso troppo abbandante d'acqua. Non importa... non ho bisogno di una foto per ricordare gli occhi caldi di mia madre e il sorriso protettivo di mio padre. Non mi serve un'immagine per accedere ai ricordi belli, felici che hanno caratterizzato la mia infanzia.
Mi piace pensare che quando due persone che ami muoiono ti lasciano qualcosa di più di qualche ricordo sfuocato. Un segno indelebile, nel cuore, sotto la pelle. Qualcosa che ti protegge e ti guida in ogni istante. Devo avere questi pensieri: è l'unico modo che ho per andare avanti, per non rimanere raggomitolato in un angolo a farmi soppraffare dal dolore della loro mancanza.
E mi piace la pioggia, adesso, in questo momento. Malgrado il freddo che mi trasporta alle ossa, malgrado il peso che aggiunge alle mie spalle..., mi piace. Perché è in grado di celare le mie lacrime, di oscurare il mio dolore.
Ma la odio anche questa pioggia. Perché porta via tutto. Le macchie, la polvere, le lacrime... ma non porta via il dolore.
Non so da quanto tempo sono qui. Non so perché sono venuto. Non so se qualcuno mi sta cercando, se Usagi-san è tornato a casa. Né so quanto freddo ancora io sia in grado di sopportare o quante altre lacrime io abbia ancora da versare... so solo che non posso andarmene da qui. Che oggi, quindici anni fa, i miei genitori morirono. So che trascorro i miei giorni vivendoli appieno, con una persona che amo. Quindi so che questo giorno lo devo a loro. Perciò sono seduto e sto raccontando loro quanto li abbia amati e quanto ancora li amo, quanto amo mio fratello, sua moglie e suo figlio. Racconto loro di ciò che mi fa felice... del modo in cui Usagi-san mi prende la mano e me la stringe quando si accorge che sono preoccupato di qualcosa, del profumo che ha a inizio giornata e di quello che ha a fine giornata, del suo sorriso, del tono felicemente sorpreso con cui dice il mio nome quando si accorge che sono nei paraggi... del suo sguardo magnetico, profondo, malizioso che mi rivolge quando mi prende in giro. Racconto loro tutto ciò e non posso fermarmi perché desidero ardentemente che mi conoscono e che conoscano la persona più importante della mia vita.
Mi fermo solo quando noto un sacchetto di plastica proprio dietro la tomba di mia madre. Mi arrabbio... come è possibile che non si riesca ad avere rispetto nemmeno per i morti? Lo raccolgo e lo butto. E poi ritorno. Rimango lì, davanti a loro, in piedi. Provo ad immaginare cosa potrebbero dirmi se mi vedessero... ma non posso saperlo.
La pioggia frusta il mio corpo, ma all'improvviso due braccia forti e delicate si avventano su di me. Sussulto, ma non urlo.
< Misaki > mormora con il fiato corto contro la mia nuca. Brividi che non hanno niente a che fare con il freddo mi percorrono in lungo, torturando il mio cuore. < Immagini quanto io mi sia preoccupato? >
È lui, mi ritrovo a pensare come una silenziosa preghiera rivolta ai miei genitori. È lui, l'unico.
Arretro, abbandonandomi al suo abbraccio. Facendomi avvolgere, catturare, sapendo di essere al sicuro. A casa. Dove il destino ha scolpito il mio posto: tra le sue braccia, contro il suo petto.
< No > mormoro piano ad occhi chiusi. < Non riesco proprio ad immaginarlo. Perché non me lo spieghi? >
La sua stretta si fa più ferrea, più desiderosa. Sto giocando un gioco pericoloso, che potrei non riuscire a sopportare. Ma non mi importa. Non oggi, non sotto questa pioggia che oscura tutto.
I nostri vestiti sono pesanti e fradici, freddi, ma è come se il suo corpo scaldasse il mio. Come un sole.
La pioggia adesso non è più insopportabile. Si è attenuata e sembra che il cielo si stia schiarendo.
Le sue mani scivolano sul mio petto tamburellante, sulla mia pancia e sul mio fianco.
< Torniamo a casa > dice e non so se è un invito o una minaccia alla mia provocazione.
< Come sapevi che ero qui? >
Lo sento sospirare sui miei capelli. < Misaki, sei venuto qui l'anno scorso e quello prima e quello prima ancora proprio la vigilia del tuo compleanno. Sapevo che ci volevi venire, solo mi sarebbe piaciuto che ti organizzassi insieme a me >
Lo costringo ad allentare la sua presa e a lasciare che mi volti. Lo guardo: i capelli sono appiccicati alla sua fronte, alla sua testa, il volto pieno di gocce d'acqua che scivolano, intruffolandosi sotto i vestiti.... gli occhi scuri, così scuri che riflettono il grigio del cielo di qualche attimo prima. 
La pioggia smette e alcune nuvole si separano lasciando che un debole raggio di sole ci illumini. E, davanti a me e in men che non si dica, i suoi occhi si accendono di viola.
< Saresti venuto con me? > gli chiedo in un sussurro.
La sua mano sulla parte bassa della mia schiena mi attira, facendo aderire il mio corpo al suo, l'altra mano cerca il mio volto, il mio collo e poi la bocca. 
Questa vicinanza mi fa ansimare. Le sue labbra pretendono il mio sguardo.
< Sarei disposto a seguirti ovunque > ringhiano le sue labbra sulle mia fronte. < Anche all'inferno > 
Mi lascio cullare, stringere... ho l'impressione che lui sia l'unico che sarebbe capace di trattenermi su questo mondo se fossi sull'orlo della morte. Lascio che il calore del suo corpo corroda il mio, che si insinui in me facendomi sentire vivo.
Sono felice. Felice che lui sia qui, nella mia vita, nel mio cuore... sono felice che si sia ricordato dove sarei potuto andare. Sono felice che mi abbia raggiunto.
Socchiudo le labbra concedendogli un lieve e dolce bacio sul pollice che mi accarezza dolcemente. Si ferma, sorpreso, e mi guarda con i suoi occhi maliziosi, sorpresi, desiderosi.
< Misaki che vuoi fare, esattamente? > domanda nello stesso modo in cui in genere mi accusa di sedurlo. 
Mi faccio spazio tra le sue braccia e mi abbandono al suo petto. < Voglio stare con te > gli confesso.
Adesso, questa notte, domani, dopodomani, il prossimo anno, tra cinquant'anni e per tutta la vita.
Voglio altri mille abbracci. Al caldo e sotto la pioggia.
Guardo alle sue spalle il sole che tramonta, prendondosi con sé tutta la luce.
Voglio stare con te, penso disperatamente, mentre tramonta il giorno.
< Voglio stare con te anche quando cala il buio >
 
< Takahashi >
È ancora accanto a me. Quest'uomo non si arrende.
< C'è il medico >
Il neurochirurgo è anche il primario del reparto chirurgia ed è decisamente più giovane di quanto immaginassi. Avrà l'età di Usagi-san, se non di meno... è alto e slanciato, magro, dai capelli scuri e arruffati, gli occhi stanchi per la sua età e due rughe agli angoli della bocca, come se sorridesse tutto il giorno o come se lo facesse con fatica. Il suo camice non è bianco come mi sarei aspettato: è verde.
Ci sorride mettendo un punto con uno svolazzo ad una cartella che poi consegna alla dottoressa che poco fa ci ha accompagnato da Usagi-san e si rivolge a Usami-sama.
< Buongiorno, Usami-sensei, piacere di rivederla per quanto la situazione non sia delle migliori... > Ha una parlata sciolta, sicura. Ipnotica.
< Oda-kun > lo saluta l'uomo senza allegria. < Ti trovo in forma >
Il chirurgo risponde con un sorrisoo cortese. < Dopo i quaranta gli anni iniziano a pesare anche per me.... >
Mi sorprendo alquanto. L'aspetto fisico di quest'uomo mi ha ingannato non poco.
Solleva la cartella e la scorre velocemente con lo sguardo. < Penso però che siate ansiosi di conoscere le condizioni di Akihiko-san.... stando ai risultati quello che ha è.... > Devo socchiudere gli occhi e concentrarmi sulle sue labbra per cercare di capire che diamine sta dicendo. Intendiamoci, io non sarò certo un genio fatto, ma il discorso che ci fa è da premio obel. Incomprensibile e inutile perché nel giro di trenta secondi ce ne dimentich... troppo tardi, l'ho già rimosso.
< Quello che ci sta dicendo > intervengo con un certo nervosismo: le conclusioni sono lampanti, non serve una laurea per arrivarci. < Quello che ci sta dicendo è che Usagi... ehm, Akihiko-san ha perso parte della sua memoria. Vale a dire gli ultimi quattro anni e mezzo, in seguito ad una botta alla testa non è così? >
Il chirurgo, interrotto a metà discorso, richiude la cartellina e annuisce con un sorriso comprensivo. < Esattamente... signor? >
< Takahashi Misaki >
Non mi offre la mano, perciò io non gli offro la mia. I miei genitori mi hanno insegnato l'educazione e mio fratello dopo di loro, ma davvero questa non è giornata per rispettare tutte le regole.
< Il coninquilino del paziente, a quanto mi è stato riferito >
Non può essere solo frutto della mia immaginazione l'occhiata d'intesa che lancia al padre di Usagi-san.
Non rispondo, non mi è stata posta una domanda.
< Come ha intenzione di procedere? > Torna a rivolgere la sua attenzione a Usami-sama, ignorandomi né più né meno di quanto abbia fatto all'inizio.
Haruhiko-san interviene. < Ci ha spiegato le cause della sua perdita di memoria, non ci ha detto che cosa può fare la medicina per aiutarlo >
Il sorriso costante del presunto quarantenne si attenua, riducendosi ad un'ombra immaginaria. < Purtroppo in casi come questi la medicina non ha voce in capitolo. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo, l'intervento di ieri gli ha permesso di non perdere completamente la sua memoria... il fatto che non ricordi gli ultimi anni può dipendere anche da una questione spicologica, un trauma che ha segnato il suo inconscio. Sono ferite dell'anima, la medicina non ha ancora trovato cure per quelle >
Stronzate.
< È una condizione permamente? > la voce di Isaka-san placa parte della mia rabbia.
< Molti dicono che dipenda dal paziente. Ho visto persone ricordarsi tutto appena dopo un'ora, o un giorno.... ho sentito casi in cui la memoria tornava dopo una settimana, un mese, un anno > Fa una pausa carica di suspence. < Oppure anni... >
< O mai > indovina Aikawa-san.
< Che cosa mi consigli? > domanda Usami-sama, rispondendo alla domanda originale del medico. < Avevo intenzione di portarlo a casa, in un ambiente che lo farà certamente sentire al sicuro e di parlargli del suo passato. Ha bisogno della sua famiglia >
Mi sento la testa infuocata. 
Immagina il mal di testa più terribile che possa esistere. La testa ti sembra che si stia crepando ovunque, che l'aria inizi ad entrarti nel cervello bruciando ogni minima parte. Un dolore acuto, insopportabile. Un'agonia mortale.
Così è la mia testa.
Così è il mio corpo.
Ho l'impressione che una vetrata immensa si sia frantumata su di me, infilzando il mio corpo con i suoi diamanti. Sto morendo della morte più crudele.
Non voglio.
Lui aveva scelto me. Mi aveva chiesto di andare a vivere da me. Aveva lasciato uscire mio fratello dal suo cuore per lasciarlo a me. Ero io, l'unico per lui. Non avrebbe mai e poi mai scelto di andarsene, di lasciarmi. Non avrebbe mai scelto di dimenticarmi, mai. Questo dottore sta sparando delle stronzate colossali: non ci sono traumi nel suo passato, c'ero solo io e l'amore che mi aveva donato.
Mi aveva ripetuto troppe volte di quante ne potessi contare che mi amava, che avrebbe scalato il mondo per me, che mai e poi mai.... MAI avrebbe permesso a qualcuno di dividerci.
E io gli avevo permesso che gli sarei stato accanto. Che avrei passato la mia vita al suo fianco, malgrado tutto. Malgrado tutti.
< Non sono d'accordo >
Neanch'io.
Cosa?
Torno a guardare il chirurgo, sorpreso della nota contrariata che ho udito nella sua voce. < Penso che la quotidianità possa essergli d'aiuto più di qualunque altra cura. Le stesse azioni di sempre, le stesse persone... sono tutti stimoli che potrebbero accendere la sua mente. Prima lo riporterete alla vita che non ricorda prima questa potrà trasformarsi in quella che ha sempre avuto >
Sono tornati tutti a guardarmi. Come se la mia testa avesse iniziato ad emettere luce, o avesse iniziato a tichettare. Forse il dolore lancinante che avvertivo stava diventando di dominio pubblico.
< Tu conosci meglio di chiunque altro la vita quotidiana di mio figlio, abiti con lui > osserva l'ovvietà Usami-sama.
Ma è Haruhiko-san a fare la giusta osservazione. < Tu lo conosci meglio di chiunque altro. Sei l'unico in grado di aiutarlo >
È che non riesco a fare a meno di pensare a tutte le cose che ho perso e non riesco a pensare a niente di buono che il futuro potrebbe riservarmi.
È che il dolore è così logorante che ho l'impressione che non esista nient'altro.
È che lui si è dimenticato di me. Si è dimenticato dell'amore che prova per me. Dell'amore che provo per lui. Si è dimenticato tutto quello che abbiamo fatto, che ci siamo detti, che ci siamo promessi.
È che ho paura. Una paura dannata che tutto ciò che abbiamo passato sia stato vano. Che l'unico a ricordarmene sarò io.
È che, lontano da lui, dal suo cuore, tutto quello che abbiamo passato... sembra così lontano.
E non è che io mi sia dimenticato.
È questo il problema: ricordo tutto troppo bene, per vivere come se non ci fosse mai stato niente.
Perciò tutto quello che posso fare adesso, in questo momento, è serrare la mia gola, il mio cuore e la mia testa. Annuire e dire che ci penserò, prima di scappare.
È che sono più codardo di quel che si potrebbe pensare.
 
La sua stanza sembra lontana anni luce e quando la raggiungo ho il fiatone. Ma prima di aprire la porta passano altri anni luce.
Sta dormendo.
Lo osservo da lontano... il suo respiro è lento e irregolare, affannoso. La cera farebbe a gara con il volto di un fantasma, gli occhi sono marchiati di grigio e nero. Le sue labbra sono pallide, secche. E i capelli sono umidicci. Nel sonno a volte si muove, si agita e geme. Un incubo?
Prendo un profondo respiro, trattenendo il dolore.
Com'è possibile? Come può.... come può cambiare tutto così radicalmente in così poco tempo?
Ieri avrei dato qualunque cosa pur di vederlo sveglio, adesso sono felice che dorma.
Gli rimbocco le coperte, sistemo per bene il cuscino nel modo in cui piace a lui... prendo un fazzoletto e lo innumidisco con l'acqua che c'è nel bicchiere appoggiato al comodino vicino alla sua testa. Sfioro la sua bocca con le dita e mi sento attraversare da una scarica elettrica.
C'è.... i suoi ricordi se ne sono andati. Il suo amore per me, meno concreto e forte di quel che pensavo, è stato dimenticato. Eppure io ci sono ancora. Il mio cuore batte ancora per lui. Il mio corpo lo desidera.
 
< Perché? > dico a denti stretti.
Ti sei portato via tutto... perché non hai preso anche me?
 
I suoi occhi tremano. Non mi sono accorto che ha smesso di agitarsi. Si sveglia e mi vede.
Mi sono ripreso in fretta. Almeno mi rendo conto che davanti a lui riesco a non andare in pezzi, a differenza di quando sto con gli altri. Forse perché sono io quello che in genere mantiene la calma tra noi. E questo la dice lunga sul nostro rapporto....
< Che ci fai qui? > Ah, è di cattivo umore. Beh, come dargli torto? Non ricorda gli ultimi cinque anni, ha appena avuto un incidente in cui ha rischiato di morire e deve anche aver un mal di testa da paura.
< Come ti senti? > gli chiedo invece di rispondere.
Mi lancia un'occhiataccia, prendendosi la testa con entrambe le mani. Almeno ho indovinato riguardo al mal di testa < Come se fossi stato preso sotto da un tyr >
Il mio cuore batte un colpo. < Te lo ricordi? > La mia voce non rende giustizia alla speranza che è appena sbocciata nel mio cuore.
Mi lancia uno strano sguardo da sotto i palmi delle mani. < Me lo ha raccontato mio padre > stermina le mie speranze. Abbassa le mani e mi guarda divertito. < Dice anche che abitiamo insieme >
Mi metto subito sulla difensiva. Assomiglia molto a suo padre, almeno ha usato lo stesso tono che usa Usami-sama per dirmi che sto facendo qualcosa di sbagliato.
< Sì >
La sua espressione si fa meno decisa. Non crede alle parole di suo padre? < Quanto hai dovuto supplicare per poter vivere sotto il mio tetto? >
Sento la pelle scottarmi. Riesce sempre a farmi arrabbiare, questo glielo riconosco. 
< Non te l'ho mai chiesto. Sei stato tu >
Alza un sopracciglio. < E perché lo avrei fatto? >
In effetti non lo so. So perché voleva che rimanessi con lui, dopo che mio fratello annunciò il suo matrimonio.... ma prima non so perché si fosse offerto di iutarmi.
< Non ne ho idea >
Probabilmente...
< Devo averlo fatto per Takahiro >
Siamo giunti alla stessa conclusione.
Il modo in cui pronuncia il suo nome mi fa venire i brividi. Accarezza quella parola con tutto sé stesso, dolcemente e con cura. Come se fosse la cosa più peziosa che esiste.
L'ho perso, è il pensiero che mi spezza. Mi frantuma.
Quante volte posso ancora rompermi, prima di sbriciolarmi in pezzi così piccoli da non potersi separare più? Perché sono ancora qui? Perché continuo a volermi fare del male?
Eppure non posso muovermi. Perché lui è qui, perché ho promesso che gli sarei stato sempre accanto. E adesso so per certo che farò qualunque cosa mi chiedano per lui. Che mi frantumerò ogni giorno, mi spezzerò, mi brucerò, mi annienterò per poi ricompormi e cominciare a scompormi nuovamente dall'inizio. Perché è ciò che io riesco a fare: stare con lui, solo questo.
< Allora... perché sei ancora qua? > mi chiede, come se riuscisse a leggere in me la mia lotta, la mia guerra furiosa interiore.
Non gli mentirò, non a lui. 
 
< Perché ho promesso che ti sarei sempre rimasto accanto >
E anche se tu te ne sei dimenticato... anche se ti sei dimenticato di amarmi, malgrado la tua promessa, io farò ciò che ho sempre detto. 
Starò al tuo fianco, te l'ho promesso.
Starò al tuo fianco, te lo prometto. 
 
 
 
 
 
 
 
 
N.d.A
 
 
Salve a tutti!
Mi chiamo Cassandra, ma Cassie è più semplice e immediato....
Mi spiace farmi conoscere.... no. 
Mi spiace presentarmi soltanto ora e, credetemi, avrei continuato anche a rimandare questo momento, ma non mi sembra giusto.
Sono felicissima che leggiate ciò che scrivo, non potete nemmeno immaginare quanto. Sono felice che vi piaccia, che non abbiate critiche, anche se mi emozionerò davvero tanto quando le avrete... e vorrei continuare così. Vorrei che comprendeste appieno quanto io ami scrivere e sognare di personaggi che amo particolarmente continuando a leggermi.
Mi sono fermata a "farmi conoscere" perché non è quello che mi sembra di fare, non credo di potervi dire molto su di me dicendovi il mio nome, la mia età, il mio luogo di nascita o il mio codice fiscale. Penso di potervi dire molto di me attraverso gli occhi dei miei pesrsonaggi, dei personaggi che ammiro e delle storie che amo.
Misaki e Akihiko mi hanno fatta innamorare, mi hanno fatta piangere, ingelosire, impazzire. Mi hanno fatta ridere e divertire... mi hanno ispirata e adesso vorrei trasmettere a voi i sentimenti che hanno suscitato in me.
Scusate, magari non riesco ad esprimermi appieno. Magari con il tempo, man mano che mi conoscerete meglio e io conoscerò meglio voi, riuscirò a comunicare... ma è ancora presto per me.
Intanto leggetemi... poi parleremo.
Come mi è venuta "Ricordami di amarmi"? 
Non so... è arrivata come le cose più inaspettate... silenziosa e potente, un'idea che mi ha acceso la mente.
Come andrà a finire?
Dai... non penserete veramente che ve lo dica...
 
Pensieri e parole.
Un groviglio di emozioni.
 
Cassie ♡
   
 
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